Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23802 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23802 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/09/2024
Oggetto: accertamento analitico-induttivo studi di settore gestione antieconomica
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24162/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, nei cui uffici domicilia in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
‘RAGIONE_SOCIALE‘, in persona del legale rappresentante, e COGNOME NOME quale persona fisica, entrambi rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (PEC: EMAIL), presso il quale sono elettivamente domiciliati a Roma, INDIRIZZO (studio AVV_NOTAIO), in virtù di procura speciale in calce al controricorso -controricorrenti – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, depositata 13 marzo 2017, n. 835/4/17;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DELLA CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE notificava alla società RAGIONE_SOCIALE avviso di accertamento, con contestuale irrogazione di sanzioni amministrative, in relazione al periodo d’imposta 2006, rilevando come la società oggetto di verifica fiscale – esercente servizi di trasporto pubblico ed altri trasporti su strada – avesse indicato nella dichiarazione dei redditi costi per complessivi euro 698.980, a fronte di ricavi, dichiarati nelle scritture contabili, per euro 575.688. Per l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE q uesta differenza denotava una conduzione antieconomica della gestione aziendale, non giustificabile nel settore in cui operava la società e per di più protrattasi nel corso degli anni, essendo state dichiarate perdite dal 2004 al 2007 e nel 2008 un utile di soli euro 9.254.
L’Ufficio accertava quindi a carico della società, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1973, ricavi di esercizio per euro 873.725 (in applicazione della percentuale media di incidenza pari all’80% dei costi sui ric avi attesi dai dati dichiarati dalle imprese operanti nel settore, in condizioni di ordinaria gestione economica) e di conseguenza un reddito d’impresa pari a euro 142.444, liquidando così maggiori imposte dovute a titolo di Irap e Iva, oltre sanzioni.
Con altro avviso, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sempre relativamente al periodo d’imposta 2006, aveva conseguentemente accertato a carico di COGNOME NOME, socio al 90% della RAGIONE_SOCIALE, un maggior reddito di partecipazione a lui imputabile e, per l’effetto, maggiore Irpef a suo carico, con irrogazione RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni amministrative.
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione tributaria provinciale, che lo rigettava, sostenendo che la contribuente, sulla quale gravava il relativo onere, non aveva fornito
alcuna prova a giustificazione dell’antieconomicità della sua gestione aziendale.
Anche il socio COGNOME NOME impugnava l’atto impositivo a lui notificato, con ricorso che veniva respinto in via consequenziale rispetto al rigetto del ricorso presentato dalla società.
Contro queste sentenze proponevano appello sia la società contribuente che il socio.
5.1. La prima rilevava che la CTP aveva errato nel ritenere che l’avviso di accertamento avesse davvero preso in considerazione l’esistenza di due attività svolte dalla società -quella di ‘servizio pubblico di trasporto passeggeri’ e quella di ‘autonoleggio con conducente’ – e che la contribuente non avesse argomentato alcunché sul persistente risultato antieconomico di quest’ultima.
5.2. Il secondo ribadiva come l’accertamento a carico della società fosse infondato e pertanto da annullare, per le medesime ragioni già esposte nell’atto di appello della società contribuente.
Riuniti gli appelli, la CTR li accoglieva, condividendo l’osservazione dei ricorrenti secondo cui la CTP aveva errato nel ritenere che l’avviso di accertamento avesse adeguatamente valutato l’esistenza di due diverse attività svolte dalla società, dal momento che una tale considerazione non si rinveniva nella motivazione degli atti impositivi.
Secondo la CTR, se l’Ufficio finanziario avesse preso in considerazione questa circostanza, non avrebbe valutato come antieconomica l’attività complessivamente svolta dalla società contribuente.
Evidenziava, infatti, che solo per l’attività di autonoleggio con conducente potevano valere i normali criteri di gestione RAGIONE_SOCIALE attività commerciali, tanto che risultava, per l’anno di imposta 2006, la produzione di ricavi pari a euro 496.209. Al contrario, rilevavano sempre i giudici di secondo grado, l’attività di gestione del pubblico trasporto passeggeri, in quanto servizio di rilevante interesse
pubblico, veniva svolta nell’osservanza di determinati obblighi, tra i quali quello di assicurare il collegamento con località remote anche se caratterizzato da scarsa percorrenza, e di fornire il servizio a tariffe concordate con il Comune e la Regione. Tali tariffe, evidenziava ancora la CTR, proprio per la loro funzione sociale, impedivano di produrre profitti, essendo insufficienti a coprire i costi fissi (come quello per la manutenzione degli autobus e per il pagamento dei dipendenti), tanto che risult ava, proprio nell’anno d’imposta 2006, l’erogazione di contributi regionali alla società oggetto di accertamento fiscale per euro 230.655, per permettere alla stessa di fronteggiare i suddetti costi malgrado le tariffe concordate. Rilevava, a tal proposito, che dal punto di vista fiscale questi contributi non potevano essere considerati componenti positivi di reddito, sicché la perdita evidenziata dall’Ufficio nell’avviso di accertamento non coincideva in realtà con una reale gestione antieconomica della società.
A giudizio della CTR, dell’esistenza di due distinte attività l’Amministrazione finanziaria avrebbe dovuto tenere conto prima di emettere avviso di accertamento e di pervenire all’affermazione di antieconomicità della gestione aziendale, sicché la motivazione adottata dall’Ufficio nell’avviso di accertamento impugnato doveva considerarsi inadeguata, in violazione dell’articolo 42, comma 2, del d.P.R. 600 del 1973.
Contro questa sentenza l’RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi.
Resistono con controricorso, illustrato con successiva memoria, sia la società, in persona del legale rappresentante COGNOME NOME , sia quest’ultimo quale persona fisica a cui il ricorso è stato notificato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 c.c., 39 e 40 del d.P.R. n. 600 del 1973.
Secondo la ricorrente, l’accertamento induttivo sarebbe stato posto in essere dall’amministrazione finanziaria in perfetta conformità con le norme che lo regolano, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti che – nonostante la regolarità formale dei documenti contabili rendevano evidente l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate.
Per la ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE si sarebbe «arrestata ad esaminare la circostanza secondo la quale l’attività della società andava ‘scissa’ in due parti distinte», senza esaminare tutte le ulteriori circostanze di fatto evidenziate dalla difesa dell’Ufficio, dal le quali si sarebbe dovuto evincere la sussistenza di quegli elementi indicatori di redditi occultati nella dichiarazione, quali l’allegazione alla dichiarazione dei redditi per l’anno 2006 di uno studio di settore nel quale veniva evidenziato unicamente il codice di attività relativo ai trasporti terrestri non regolari di passeggeri, senza alcun riferimento all’espletamento di due distinte attività, riferibili presumibilmente a distinti rami di azienda. Di conseguenza, l’Ufficio non avrebbe potuto, e neppure dovuto, effettuare tale sconosciuta e non documentata distinzione tra le attività esercitate dalla società contribuente, sicché la motivazione posta base dell’atto impositivo non avrebbe dovuto essere considerata carente, in violazione RAGIONE_SOCIALE norme di riferimento, essendosi basata su risultati negativi di gestione protrattisi nel tempo e tali da giustificare la legittimità del ricorso all’accertamento induttivo.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., si denuncia ancora una volta la violazione degli artt. 39 e 42 del d.P.R. n. 600 del 1973.
La ricorrente riconosce che l’Amministrazione ha motivato l’accertamento senza fare riferimento a una (mai dedotta in fase endoprocedimentale) ‘doppia’ attività svolta dalla società contribuente, ma rileva che ciò è avvenuto proprio sulla base della dichia razione presentata da quest’ultima e della documentazione allegata.
La documentazione contabile formalmente corretta, osserva la ricorrente, non poteva impedire l’emissione di un accertamento induttivo, dal momento che l’Amministrazione finanziaria aveva individuato altre circostanze di fatto tali da far presumere una ingi ustificata gestione antieconomica dell’attività d’impresa tale da rendere inattendibile la ricostruzione globale dei ricavi e dei redditi dichiarati, procedendo poi ad esporre le ragioni del suo convincimento negli avvisi di accertamento notificati, in perfetta aderenza alle disposizioni di legge ritenute violate.
Va in primo luogo scrutinata l’eccezione dei controricorrenti ribadita nella memoria illustrativa – di passaggio in giudicato del capo della sentenza della CTR relativo all’avviso di accertamento notificato a COGNOME NOME in qualità di socio al 90% della RAGIONE_SOCIALE, in quanto il ricorso per cassazione dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risulta notificato alla società e a COGNOME NOME, persona fisica che non ha preso parte in proprio -ma solo quale rappresentante legale della società – alle fasi di merito del presente giudizio, introdotto, sia in primo che in secondo grado, da ricorsi presentati dalla società e dal socio COGNOME NOME (e non NOME).
3.1. La circostanza corrisponde alla documentazione versata in atti, ma occorre rilevare d’ufficio una nullità processuale assorbente.
3.1.1. Dei giudizi di merito, infatti, non risulta essere stato parte NOME COGNOME in qualità di socio, pur dovendosi egli considerare, proprio in tale veste, litisconsorte necessario, in considerazione dell’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei redditi della società di persone e di quelle dei singoli soci (tra le tante, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 14227 del 08/07/2020, rv. 658526-01; Sez. 5, Ordinanza n. 27603 del 30/10/2018, rv. 650967-01; Sez. 5, Ordinanza n. 26648 del 10/11/2017, rv. 646219-01; Sez. U, Sentenza n. 14815 del 04/06/2008, rv. 603330-01).
3.1.2. Tuttavia, ritiene il collegio di dover fare applicazione del principio espresso da Sez. 5, Ordinanza n. 18890 del 03/07/2021 (rv. 661760-01), secondo cui, in presenza di un accertamento di maggiore imponibile a carico di una società di persone ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, Irap e Iva, fondato sugli stessi fatti o su elementi comuni, la nullità dei giudizi di merito – per essere stati celebrati, in violazione dei principio del contraddittorio, senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) – non va dichiarata qualora il ricorso per cassazione dell’Amministrazione finanziaria risulti (come nel caso di specie, per quanto di dirà) inammissibile o prima facie infondato, atteso che in tal caso, non derivando ai litisconsorti pretermessi alcun danno dalla detta pronuncia, disporre la rimessione al giudice di primo grado contrasterebbe con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento nell’art. 111, comma 2, Cost. e nell’art. 6, par. 1, CEDU.
Va altresì respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso avanzata dai controricorrenti, in quanto se è vero – come pure si dirà – che la sentenza impugnata ha deciso le questioni in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, è anche vero che la particolarità del caso concreto poteva indurre a prospettare anche un diverso approdo decisorio.
Nel merito, entrambi i motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente connessi, sono da rigettare.
Va senz’altro ribadito che solo l’accertamento operato sulla base della mera applicazione degli studi di settore impone, a pena di nullità, l’obbligo di un preventivo contraddittorio con il contribuente, in quanto il sistema RAGIONE_SOCIALE presunzioni semplici su cui gli studi si fondano – la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati – richiede un percorso di adeguamento dell’elaborazione statistica alla concreta realtà economica del contribuente, il cui esito confluisce nella motivazione, la quale deve ricomprendere le ragioni per le quali i
rilievi del destinatario dell’attività accertativa sono stati disattesi; al contrario, il predetto obbligo non ricorre se l’accertamento trova fondamento anche su ulteriori elementi giustificativi, come la reiterata antieconomicità dell’attività (Sez. 5, O rdinanza n. 9554 del 09/04/2024, Rv. 670823-01; conf. Cassazione civile sez. VI, 08/09/2021, n. 24210 e Sez. 5, Ordinanza n. 31814 del 05/12/2019, rv. 656539-01).
Nel caso di specie, quindi, un contraddittorio preventivo non era necessario, in quanto l’accertamento è scaturito essenzialmente dall’accertamento induttivo operato ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, all’esito della valutata antie conomicità della gestione aziendale, come pure i giudici di secondo grado hanno riconosciuto nelle premesse in fatto della sentenza impugnata.
Essendo incontestato che la società contribuente solo in sede giudiziale ha argomentato circa l’esistenza di due distinte attività da essa svolte -una RAGIONE_SOCIALE quali in perdita, per i motivi in precedenza illustrati -ben poteva l’amministrazione finanziaria considerare la successione di annualità in perdita complessiva di esercizio come conduzione ingiustificatamente antieconomica dell’impresa, tale da far presumere la violazione di norme tributarie.
Tuttavia, ciò non basta a condurre, secondo i desiderata della ricorrente, alla cassazione della sentenza impugnata, dal momento che la motivazione esibita ha comunque affrontato anche il merito della vicenda fiscale oggetto di causa, valutando la giustificazione addotta dalla società contribuente per contrastare la contestata antieconomicità della sua condotta imprenditoriale.
Tale valutazione, idonea di per sé a sorreggere il dictum , non può dirsi operata in contrasto con le regole che governano il riparto dell’onere della prova in materia, come denunciato dalla ricorrente. Sul punto, questa Corte (Sez. 5, Ordinanza n. 24578 del 09/08/2022, rv. 665798-01) ha affermato che, in tema di accertamento tributario, ove la contabilità risulti formalmente regolare, ma si riveli intrinsecamente inattendibile per
l’antieconomicità del comportamento del contribuente, in applicazione dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 300 del 1973, l’Amministrazione finanziaria può desumere in via induttiva -sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti – il reddito del contribuente, utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi e i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, lasciando al contribuente l’onere di fornire la pro va contraria mediante la dimostrazione della correttezza RAGIONE_SOCIALE proprie dichiarazioni.
In sostanza, una volta contestata dall’erario l’antieconomicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo contribuente l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 (Sez. 5, Ordinanza n. 21128 del 22/07/2021, Rv. 661938-01). 10. Orbene, nel caso di specie, la società contribuente ha assolto l’onere su di lei gravante, documentando la circostanza RAGIONE_SOCIALE svolgimento di una duplice attività, che la controparte non ha affatto contestato nelle fasi di merito, limitandosi ad evidenziare la scorrettezza della contribuente nell’indicare in dichiarazione un solo codice di attività relativo ai soli trasporti terrestri non regolari di passeggeri nonché ad offrire una diversa lettura dei dati contabili esibiti.
A fronte di ciò, non può dirsi integrata una violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., che si configura solo nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era gravata in applicazione di detta norma, non anche quando, a seguito di una (in tesi) anche incongrua valutazione RAGIONE_SOCIALE acquisizioni istruttorie, abbia ritenuto erroneamente che la parte onerata avesse assolto tale onere, poiché in questo caso vi sarebbe, al più, un erroneo apprezzame nto sull’esito della prova, sindacabile
in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c. (Sez. L, Sentenza n. 17313 del 19/08/2020, rv. 658541-01) e nei ristretti limiti nei quali è oggi ammesso il controllo sulla motivazione della sentenza impugnata.
E, a tale ultimo proposito, è appena il caso di ricordare che non può pretendersi che la Corte di legittimità, esorbitando dai compiti che le sono propri, sovrapponga una diversa valutazione del medesimo compendio probatorio già esaminato dalla CTR: il momento dell’individuazione RAGIONE_SOCIALE informazioni probatorie che dal dato probatorio possono desumersi, infatti, è affare del giudice di merito, ed è per questo sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che la sentenza impugnata -come in questo caso -abbia in proposito speso una motivazione eccedente la soglia del ‘minimo costituzionale’ (così, da ultimo, Cass. S.U. Sentenza n. 5792 del 05/03/2024 – Rv. 670391 – 01).
Ne deriva l’inammissibilità del motivo con il quale in maniera inconferente rispetto al vizio di violazione e/o falsa applicazione di legge – ci si dolga del modo in cui il giudice di merito ha compiuto le proprie valutazioni discrezionali, in ordine ai diversi significati in astratto ricavabili dai mezzi di prova acquisiti al giudizio e certamente valutati per l’assunzione della decisione.
Il ricorso va in definitiva rigettato.
12 . L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE va condannata al rimborso RAGIONE_SOCIALE spese di lite nei confronti sia della società che di NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE in proprio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.
PQM
Rigetta il ricorso.
Condanna l’RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore dei controricorrenti, RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 7.600, per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie al 15 per cento, e accessori se dovuti.
Così deciso, in Roma, il 12 luglio 2024.