Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32703 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Cart. Pag. IRPEF -IVA -IRAP 2004
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19476/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente – contro
DI NOME COGNOME
-intimato -n.
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. MOLISE 66/02/2017, depositata in data 13 febbraio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 settembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In data 13 luglio 2010 veniva notificata a NOME COGNOME la cartella di pagamento n. 02720100001387486, contenente l’iscrizione a ruolo (a titolo definitivo), ai sensi dell’art. 15 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, delle imposte ai fini IVA, IRAP e IRPEF per € 69.576,28, più relativi interessi e sanzioni, in
conseguenza della mancata impugnazione dell’avviso d’accertamento n. R1W010100117 emesso, per l’anno 2004, dall’Agenzia delle Entrate -Ufficio di Larino e notificato al contribuente il 6 settembre 2008.
Avverso tale cartella proponeva ricorso il contribuente dinanzi alla C.t.p. di Campobasso; si costituiva in giudizio anche l’ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del relativo operato.
La C.t.p., con sentenza n. 181/01/2011, accoglieva integralmente il ricorso del contribuente.
Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. del Molise; si costituiva anche il contribuente, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 66/02/2017, depositata in data 13 febbraio 2017, la C.t.r. adita rigettava l’appello dell’ufficio, condannandolo al pagamento delle spese di lite.
Avverso la sentenza della C.t.r. del Molise, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo. Il contribuente resta intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 13 settembre 2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 8 e 9 D.Lgs. n. 19 giugno 1997, n. 218, del D.L. 25 marzo 2010, n. 40, nonché dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha attribuito efficacia retroattiva al d.l n. 40/2010, che prevede come non più necessaria la presentazione di polizza fideiussoria contestualmente al versamento della prima rata per il perfezionamento della procedura di accertamento con adesione nel caso in cui l’importo
delle rate successive sia inferiore a € 50.000,00, in questo modo non facendo salva l’iscrizione a ruolo, conseguente al mancato perfezionato dell’adesione (per omessa presentazione della polizza fideiussoria), effettuata dall’ufficio in data 4 febbraio 2010; il contribuente, poi, neppure versava totalmente quanto concordato in sede di adesione.
Il motivo di ricorso proposto è infondato.
2.1. Innanzitutto, occorre premettere che l’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 218 del 1997 è stato oggetto di modifica, dapprima, da parte dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 40/2010 (cui fa riferimento la ricorrente), che ha previsto come non più necessaria la presentazione di polizza fideiussoria contestualmente al versamento della prima rata per il perfezionamento della procedura di accertamento con adesione nel caso in cui l’importo delle rate successive sia inferiore a € 50.000,00, e, successivamente, per mezzo dell’art. 23, comma 20, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. in Legge 15 luglio 2011, n. 111, il quale ha abolito tout court l’obbligo di presentazione di previa garanzia fideiussoria.
2.2. La giurisprudenza di questa Corte è concorde nel ritenere che, in vigenza dell’art. 8, comma 2, del D.Lgs. n. 218 del 1997, poi oggetto di modifica come sopra specificato, il pagamento della prima rata e la prestazione della garanzia non costituiscano mera modalità di esecuzione della procedura, bensì presupposto fondamentale ed imprescindibile di efficacia della stessa; ne consegue che, quando sia stata omessa la prestazione della garanzia prevista dalla legge, in caso di pagamento rateale, i futuri pagamenti non possono essere rimessi alla sola diligenza del debitore e la procedura non può dirsi perfezionata, permanendo, nella sua integrità, l’originaria pretesa tributaria oggetto di accertamento, da impugnare in via autonoma (Cass. n. 26681/2009, Cass. n. 22510/2013, Cass. n. 13750/2013, Cass. n. 13143/2018 e Cass. n. 2161/2019).
2.3. Con riguardo alla possibilità di applicazione retroattiva della disciplina che prevede come non più obbligatoria la presentazione di idonea garanzia fideiussoria, questa Corte si è espressa relativamente all’art. 23, comma 20, del D.L. 98/2011, che, come si è detto, è intervenuto successivamente all’art. 3, comma 1, del D.L. n. 40/2010 e ha abolito definitivamente l’obbligo, statuendo che: «In effetti in tal senso depone l’interpretazione dell’art. 23, comma 20, del d.-l. n. 98 del 2011, conv. in l. n. 111 del 2011, il quale dispone: ‘Le disposizioni di cui ai commi da 17 a 19 non si applicano agli atti di adesione, alle definizioni ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, ed alle conciliazioni giudiziali già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia, alla data di entrata in vigore del presente decreto’. La norma afferma con evidenza che l’abolizione della garanzia non opera (quindi la garanzia rimane necessaria) per le definizioni “già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia” (nel senso che, in tali casi, il contribuente non può chiedere il rimborso degli oneri sostenuti per la garanzia prestata). Per converso, ciò significa (secondo l’interpretazione letterale e la chiara ratio legis , diretta a dettare un ‘regime transitorio’, come si esprime la relazione del Governo al citato d.l.) che l’abolizione della garanzia opera (quindi la garanzia non è più richiesta) in tutti gli altri casi, ivi comprese le definizioni che, sub iudice (come nel caso di specie), non siano ‘già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia’. Diversamente opinando (nel senso che l’abolizione della garanzia avrebbe effetto solo per le definizioni successive al 6 luglio 2011, data di entrata in vigore del decreto-legge), il citato comma 20 non avrebbe alcun senso o effetto concreto, stante il generale canone interpretativo previsto dall’art. 11 delle preleggi. A tale interpretazione (avente effetto retroattivo) non osta il disposto di cui all’art. 3, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212
(Statuto del contribuente) dovendo questo Collegio ribadire il principio secondo cui ‘Le disposizioni dello statuto del contribuente – che costituiscono meri criteri guida per il giudice in sede di applicazione ed interpretazione delle norme tributarie, anche anteriormente vigenti, per risolvere eventuali dubbi ermeneutici non hanno, nella gerarchia delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria, con la conseguenza che esse non possono fungere da norme-parametro di costituzionalità, né consentire la disapplicazione delle norme tributarie in asserito contrasto con le stesse; pertanto, sebbene sia esclusa l’applicazione retroattiva, in via generale, in base al principio di irretroattività codificato, in materia fiscale, in seno all’art. 3 della legge n. 212 del 2000, può essere espressamente prevista dalle singole leggi tributarie’ (da ultimo Cass. Sez. 5, 20 giugno 2018, n. 16227)» (Cass. n. 22043/2020).
2.4. Orbene, alla luce dei suddetti principi, deve ritenersi corretta la decisione del Giudice di appello nella parte in cui ha disposto l’applicazione della disciplina che prevede l’abolizione dell’obbligo di presentazione di previa garanzia fideiussoria anche ad un accertamento con adesione sottoscritto dal contribuente in data 16 febbraio 2009 e, dunque, precedente all’entrata in vigore dei due decreti legge che hanno modificato la disciplina (n. 40 del 25 marzo 2010 e n. 98 del 6 luglio 2011), in questo modo ritenendo esso perfezionato; non può rivivere, allora, l’originaria pretesa tributaria oggetto di accertamento, cui l’ufficio si è riferito con la cartella presupposta al presente giudizio, mentre è solo con riguardo all’accertamento oggetto di adesione che lo stesso ufficio potrà far valere il proprio credito (anche con riferimento ad eventuali rate non pagate).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Nulla per le spese essendo il contribuente rimasto intimato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma il 13 settembre 2024.