Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4397 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 4397 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24689/2023 R.G. proposto da:
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO CAMPANIA n. 5402/2023 depositata il 03/10/2023. Udite le conclusioni dell’avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente, dell’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura dello Stato e del Sost. Proc. dr. NOME COGNOME per la Procura Generale della Corte di cassazione all’udienza del 20/11/2024. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2024
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 5402/2023, depositata in data 03/10/2023, la Corte di Giustizia di secondo grado della Campania (d’ora in poi C GT) ha rigettato l’appello proposto da COGNOME & COGNOME (già RAGIONE_SOCIALE, d’ora in poi indicata come COGNOME) contro la sentenza n. 1177/2022, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, in data 25/05/2022, aveva rigettato il ricorso proposto contro quattro avvisi di pagamento e gli atti di irrogazione delle sanzioni prot. n. 2642/RU del 25/01/2021, prot. n. 2827/RU del 25/01/2021, prot. n. 3450/RU del 28/01/2021 e prot. n. 5313/RU del 10/02/2021 emessi dall’Ufficio delle Dogane di Salerno, per il pagamento di accisa, iva, interessi e sanzioni, per un totale di Euro 1.238.922,56.
La CGT ha premesso che: a) l’Agenzia delle Dogane di Salerno aveva notificato (anche) alla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) e alla Unicredit Italiano Spa (quale corrispondente in Italia della banca tedesca RAGIONE_SOCIALE
Reuschel AG) quattro avvisi di pagamento per accisa, IVA, interessi e sanzioni, per un totale di Euro 1.238.922,56; b) dagli avvisi di pagamento risulta che tali importi erano chiesti al titolare del regime di transito comunitario (MDF) e al suo garante (COGNOME per merce proveniente dagli Emirati Arabi e destinata in Marocco, che ad avviso dell’Ufficio delle Dogane non sarebbe uscita dal territorio doganale, con la conseguente nascita di un’obbligazione doganale; c) la pendenza di un ricorso proposto da MDF, pendente presso la medesima CGT.
3. In sintesi la sentenza della CGT ha rigettato l’appello con le seguenti motivazioni: a) non sussisteva il difetto di motivazione contestato dalla parte appellante e il giudice di prime cure si era pronunciato sul thema decidendum , i.e. sulla responsabilità di COGNOME quale fideiussore, rispetto alla quale erano da ritenere inconferenti le eccezioni sollevate sul merito della pretesa fiscale; b) COGNOME rivestiva la qualità di fideiussore per l’adempimento dell’obbligazione altrui e tale garanzia « non viene meno né per l’eccepita sua limitaz ione e neanche per la pretesa violazione dei termini di notifica dell’appuramento.» ; c) in merito all’eccezione della mancata preventiva escussione di MDF ha rilevato che « l’obbligo di prestare una garanzia configura una responsabilità solidale tra il titolare del regime, nella fattispecie RAGIONE_SOCIALE ed il Garante, nel caso la banca tedesca RAGIONE_SOCIALE, avente quale corrispondente fideiussore in Italia la Unicredit Spa. »; d) in merito all’eccepita mancanza di invio della notifi ca del mancato appuramento del regime di transito per cui è causa entro nove mesi dalla data di presentazione delle merci all’ufficio doganale di destinazione è stato rilevato che l’Ufficio delle Dogane di Salerno (che ha emesso gli atti impugnati) aveva posto tutti gli adempimenti, nel pieno rispetto dell’art. 85 del Regolamento Delegato della
Commissione (UE) 2015/2446 del 28/07/2015. A tal fine ha evidenziato che a fondamento della pretesa tributaria non erano state poste irregolarità verificatesi durante il regime di transito Germania-Italia, ma piuttosto la circostanza che « la merce, successivamente alla presentazione della documentazione presso l’Ufficio doganale di Salerno, non sia stata esportata e sia rimasta nel territorio doganale della Comunità Europea. Con il termine ‘transito comunitario’ si intende quel particolare ‘regime sospensiv o’ che consente la circolazione di merci, sotto vigilanza doganale, tra due punti del territorio doganale dell’Unione Europea.» La CGT ha quindi rilevato che, con tale regime, le merci possono circolare all’interno del territorio doganale europeo senza dover assolvere agli oneri previsti, normalmente, per il loro transito da un punto all’altro dell’Unione; d) non può considerarsi assolto l’obbligo previsto dall’art. 233, par. 2, CDU da parte del titolare del regime nell’ipotesi in cui le merci siano sottrat te alla vigilanza doganale e l’obbligato principale non abbia fornito le prove della corretta conclusione del regime di transito; e) è necessario distinguere tra conclusione (che si verifica quando le merci accompagnate dai documenti o i documenti di transito sono presentate all’ufficio doganale di destinazione o a un destinatario autorizzato) e appuramento del regime di transito (che si verifica quando è constatata la corretta conclusione dell’operazione di transito, confrontando i dati disponibili presso l’ufficio doganale di destinazione e quelli in possesso dell’ufficio doganale di partenza, secondo quanto previsto dall’art. 215, par. 2, CDU).
Contro la sentenza della CGT Donner ha proposto ricorso in cassazione, con cinque motivi.
L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato (d’ora in poi ADMO)
ha resistito con controricorso.
La Procura Generale presso la Corte di cassazione ha depositato requisitoria scritta.
Con ordinanza interlocutoria n. 17399/2024, depositata in data 24/06/2024, questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo, a seguito del deposito da parte di Donner di istanza di trattazione congiunta con il procedimento iscritto a R.G. n. 6376/2024.
COGNOME ha deposito memoria ex art. 378 cod. proc. civ. in data 28/05/2024 e in data 06/11/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – mancata pronuncia sull’importo limite della garanzia e sul co nseguente importo massimo per il quale potrebbe semmai essere fatta richiesta di pagamento al garante del titolare del regime doganale.
1.1. Con tale motivo la ricorrente contesta la violazione degli artt. 89 ss. Reg. UE n. 952/2013 del 09/10/2013 (Codice doganale dell’Unione, d’ora in poi indicato come CDU). Richiama, in particolare, l’art. 89, par. 5, CDU (secondo il quale le autorità possono autorizzare il debitore a costituire una garanzia globale per più operazioni di transito), l’art. 95, par. 5, CDU e l’art. 90 CDU, con riferimento all’ammontare della garanzia.
Richiama, poi, l’art. 155 Regolamento di esecuzione (UE) 2015/2447 della Commissione del 24/11/2015 e il Regolamento n. 2018/1118 UE, con il quale sono previste le condizioni per ridurre la garanzia al 50% o al 30% dell’importo di riferimento o per l’esone ro dalla garanzia.
1.2. Rileva, poi, che nella specie MDF aveva chiesto all’ufficio doganale di Monaco di autorizzare una garanzia globale (doc. 6) pari al 30% rispetto all’importo di riferimento (« fino alla concorrenza di 25.000 Euro che corrisponde al 30% dell’importo di riferimento.» ). La dogana ha acconsentito a tale richiesta e la banca RAGIONE_SOCIALE si è resa disponibile ad assumere la garanzia per tali importi. In data 12/08/2010 è stato, quindi, emesso il certificato di garanzia n. NUMERO_DOCUMENTO, con il quale la banca si è impegnata a pagare gli importi richiesti fino al massimale di Euro 25.000 entro un periodo di trenta giorni dalla prima richiesta scritta dell’autorità doganale competente. Dopo otto anni l’ufficio doganale di Salerno ha inviato a MDF e alla banca domiciliataria di Donner in Italia (Unicredit Spa) le richieste di pagamento relative al trasporto di merci di tabacco e pipa ad acqua, senza specificare la limitazione di garanzia riferibile a Donner, pari a Euro 25.000.
1.3. La ricorrente contesta, quindi, che la sentenza della CGT abbia violato la normativa europea in materia di obbligazioni e garanzie doganali (art. 89 ss. CDU), laddove fa riferimento all’istituto della fideiussione.
1.4. Rileva, infine, che il mancato riferimento alla limitazione di garanzia integra anche un vizio di contenuto della sentenza, tale da determinare la nullità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Con il secondo motivo di ricorso è stata censurata la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.- mancata pronuncia sullo svincolo della garanzia per mancato rispetto dei
termini di cui all’art. 85 del Regolamento delegato UE 2015/2446 del 28/07/2015.
2.1. La ricorrente, richiamato il contenuto del l’art. 85 Reg. delegato n. 2015/2446, rileva di non aver ricevuto la notifica circa il mancato appuramento del regime e che, di conseguenza, una volta maturato il termine di nove mesi, l’Autorità Doganale è decaduta dalla potestà di richiedere il pagamento contro il garante .
2.2. COGNOME evidenzia come la difesa delle dogane sia stata incentrata nei precedenti gradi di giudizio nella contestazione che era la dogana di partenza (cioè quella tedesca) e non quella di destinazione (cioè quella di Salerno) a dover informare il garante. Tale circostanza è, tuttavia, irrilevante, dal momento che quest’ultimo non ha ricevuto alcuna informazione. Tanto più che l’art. 85, par. 3, Reg. esec. prevede che « il fideiussore è dispensato dai suoi obblighi se una delle notifiche di cui ai paragrafi 1 e 2 non è stata effettuata entro i termini previsti. » Di conseguenza, non essendo stata data prova delle notifiche la sentenza della CGT viola la norma appena richiamata.
2.3. La ricorrente evidenzia, poi, come proprio il dipendente dell’ufficio doganale di Salerno avesse inserito nel sistema informatico dell’amministrazione doganale il « codice 084100 -merce giunta alla destinazione effettiva» (cioè Salerno), inducendo così la dogana di partenza (tedesca) a ritenere che i procedimenti di transito fossero conclusi e regolarmente appurati. Solo dopo molto tempo l’ufficio doganale di Salerno ha ritenuto di accertare l’irregolarità per la mancata esportazione della merce e si è rivolta al titolare del regime obbligato per il tragitto Germania-Italia. Non è, tuttavia, possibile rivolgersi al garante del titolare del regime, in caso di omessa informazione del mancato appuramento entro il termine di nove mesi.
2.4. La mancata esposizione dei motivi che hanno portato la CGT a escludere la violazione dell’art. 85 Reg. delegato 2015/2446 integra, infine, anche la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Con il terzo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. – nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. – mancata ovvero non corretta applicazione dell’articolo 79 CDU.
3.1. La ricorrente ha evidenziato che l’obbligazione doganale per merci soggetta ai dazi all’importazione, ai sensi dell’art. 79 CDU, sorge: « in seguito all’inosservanza di: a) uno degli obblighi stabiliti dalla normativa doganale in relazione all’introduzione di merci non unionali nel territorio doganale dell’Unione, alla loro sottrazione alla vigilanza doganale o per la circolazione, la trasformazione, il magazzinaggio, la custodia temporanea, l’ammissione temporanea o la rimozione di siffatte merci all’i nterno di tale territorio; b) uno degli obblighi stabiliti nella normativa doganale per quanto concerne le merci in regime di uso finale all’interno del territorio doganale dell’Unione; c) una condizione fissata per il vincolo di merci non unionali a un re gime doganale o per la concessione, in virtù dell’uso finale delle merci, di un’esenzione dai dazi o di un’aliquota ridotta di dazio all’importazione. »
In tale ipotesi il debitore « è una delle persone seguenti: a) qualsiasi persona che era tenuta a rispettare gli obblighi in questione; b) qualsiasi persona che sapeva o avrebbe dovuto ragionevolmente sapere che non era rispettato un obbligo previsto dalla normativa doganale e che ha agito per conto della persona tenuta a rispettare l’obbligo, o che ha partecipato all’atto che ha dato luogo al mancato
rispetto dell’obbligo; c) qualsiasi persona che ha acquisito o detenuto le merci in questione e che sapeva o avrebbe dovuto ragionevolmente sapere nel momento in cui le ha acquisite o ricevute che non era rispettato un obbligo previsto dalla normativa doganale. Nei casi di cui al paragrafo 1, lettera c), il debitore è la persona tenuta a rispettare le condizioni stabilite per il vincolo delle merci a un regime doganale o per la dichiarazione in dogana delle merci vincolate a tale regime doganale o per la concessione, a causa dell’uso finale delle merci, di un’esenzione dai dazi o di un’aliquota di dazio all’importazione ridotta. »
Rileva, quindi, che non solo negli avvisi di accertamento mancava il riferimento a una delle irregolarità elencate nell’art. 79 CDU, ma che il garante del titolare del regime di transito comunitario non era neppure indicato dalla norma appena richiamata come uno dei possibili debitori. Per il legislatore europeo la garanzia doganale ha solamente carattere accessorio e viene fatta valere dalle autorità doganali solo nell’ipotesi in cui il titolare del regime abbia commesso una delle irregolarità di cui all’a rt. 79 CDU e non sia in grado di pagare quanto richiesto. Anche la CGUE ha chiarito la natura delle fideiussioni doganali (sentenza 09/03/2023, causa C-358/22, punti 38, 39, 40 e 43; CGUE, C-266/01, punti 27 ss.).
3.2. La ricorrente contesta, infine, che la mancata indicazione da parte della CGT delle ragioni secondo le quali la fideiussione avrebbe carattere solidale e non accessorio (come stabilito dalla CGUE) integra anche un vizio rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Con il quarto motivo di ricorso è stata censurata la violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – omesso esame circa un fatto decisivo per il
giudizio ex art. 360, primo comma, n.5, cod. proc. civ. -falsa applicazione dell’art. 270 CDU riguardante il regime di esportazione.
4.1. La ricorrente rileva che, a pag. 4 della sentenza impugnata si legge che: « La Corte rileva che l’Ufficio Doganale di Salerno a fondamento della pretesa tributaria non ha posto delle irregolarità verificatesi durante il regime di transito Germania-Italia, ma solo del fatto che la merce, successivamente alla presentazione della doc umentazione presso l’Ufficio Doganale di Salerno, non sia stata esportata e sia rimasta nel territorio doganale della Comunità Europea. ». La CGT dà, quindi, atto che l’irregola rità denunciata dall’Ufficio doganale di Salerno riguarda eventi successivi alla conclusione del regime di transito di cui era responsabile MDF, circostanza che avrebbe dovuto portare alla declaratoria degli avvisi di pagamento. Al contrario, la CGT giustifica l’operato della Dogana, imputando a MDF la mancata prova di adempimenti ai quali non era tenuta.
4.2. Rileva, poi, che le motivazioni contenute a pag. 4-5 della sentenza impugnata violino la normativa doganale, posto che il CDU distingue, da un lato, il regime di transito comunitario (per il quale aveva garantito MDF) e, dall’altro, lato il regime di esportazione merci non unionali di cui all’art. 270 CDU.
La responsabilità di MDF veniva meno con il regime di transito, con la conseguenza che esulava dalle sue responsabilità l’iscrizione dei M.R.N. (numero di registrazione) nel Manifesto Merce in Partenza. Il regime di transito si conclude prima della consegna del Manifesto di Partenza da parte dell’Agente Marittimo. La consegna attiene al diverso e successivo regime di esportazione di merci non unionali ex art. 270 CDU. Non è, pertanto, corretta l’affermazione della CGT, secondo la quale: « l’iter di acquisizi one del documento di transito si completa presso l’Ufficio della Dogana di destinazione, al termine di
tutte le operazioni, ovvero all’atto della consegna del Manifesto di Partenza da parte dell’Agente Marittimo, con tutti i dati e i relativi allegati. »
Con il quinto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. – mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 305 del d.P.R. 23/01/1973 n. 43.
5.1. La ricorrente rileva come la norma appena richiamata trovi applicazione solo nei confronti dello spedizioniere e non nei confronti del garante, anche nell’ipotesi in cui la merce non sia stata consegnata alla dogana di destinazione.
Nella sentenza impugnata si legge, tuttavia, che: « La Corte rileva che l’Ufficio delle Dogane di Salerno a fondamento della pretesa tributaria non ha posto delle irregolarità verificatesi durante il regime di transito Germania-Italia, ma solo del fatto che la merce, successivamente alla presentazione della documentazione presso l’Ufficio doganale di Salerno, non sia stata esportata e sia rimasta nel territorio doganale della Comunità Europea .»
Tale affermazione implicherebbe, tuttavia, che le persone che hanno garantito per il regime di transito dalla Germania all’Italia non possono essere chiamate a rispondere, in quanto, secondo giurisprudenza consolidata, il titolare del regime e il garante sono responsabili sono fino alla fine del regime, cioè fino a quando la merce è arrivata all’ufficio doganale di destinazione. Nondimeno, l’Ufficio doganale ha insistito non solo nella richiesta di pagamento dei dazi doganali sia nei confronti del titolare del regime che del garante, ma ha altresì applicato a quest’ultimo la sanzione che l’art. 305 d.P.R. 23/01/1973, n. 43 riferisce solamente allo speditore.
La ricorrente ha chiesto, infine, il rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell’art. 267 TFUE, al fine di ottenere risposta ai seguenti quesiti.
6.1. Il primo quesito è se « Gli articoli 79 e 233 del regolamento UE n. 952/2013 ed il commento della Commissione Europea espresso nella versione italiana a pagina 206 del Manuale di transito TAXUD/A2/TRA/003/2016-IT possono essere interpretati nel senso che il titolare del regime di transito ed il garante di un regime di transito comunitario già conclusosi possono essere assoggettati a richieste di accise e sanzioni per circostanze successive all’arrivo della merce alla dogana di destinazione. »
6.2. Il secondo quesito è se «Gli articoli 79, 89, 94 e 233 del regolamento UE n. 952/2013 (‘Codice Doganale dell’Unione’ CDU) possono essere interpretati nel senso che il garante possa essere considerato debitore di un’obbligazione doganale prima ancora che sia stato accertato se il titolare del regime di transito comunitario sia da considerare debitore e nonostante il fatto che il garante non venga elencato nell’art. 79 CDU come uno dei possibili debitori per il pagamento dell’obbligazione doganale.»
6.3. Il terzo quesito è se « Gli articoli 89 e 94 del regolamento UE n. 952/2013 possono essere interpretati nel senso che la garanzia ha carattere accessorio e che può pertanto essere fatta valere dall’autorità doganale solo se ed in quanto il titolare del regime di transito comunitario non dovesse essere in grado in pagare quanto richiesto dall’autorità doganale e sempre entro i limiti del massimale della garanzia. »
L’ADMO nel controricorso ha rilevato, in via preliminare, l’inammissibilità dei primi quattro motivi di ricorso ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dal momento che il ricorrente, attraverso la prospettazione di un unico motivo di ricorso,
finisce con dedurre autonomi e differenziati profili di censura, con conseguente violazione della regola della cd. chiarezza.
7.1. In via subordinata la controricorrente ha eccepito l’inammissibilità dei primi quattro motivi di ricorso in relazione al vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. e, in via ulteriormente subordinata, l’infondatezza di tali motivi. Evidenzia in merito all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. come la CGT abbia deciso in conformità alla decisione assunta dal giudice di prime cure. Peraltro, nei primi tre motivi di ricorso, il richiamo alla norma appena evocata è contenuto solo nella rubrica, dal momento che nell’illustrazione dei motivi viene fatto riferimento solamente all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e nel quarto motivo di ricorso non è articolata alcuna censura inerente alla motivazione. In ogni caso, alla luce della cd. doppia conforme sarebbe evidente, ad avviso della controricorrente, l’inammissibilità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. In ogni caso, la CGT si è soffermata su tutte le que stioni di cui è lamentato l’omesso esame.
7.2. In subordine, la controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del primo, secondo e terzo motivo di ricorso , in relazione al vizio di nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 360 bis , n. 2, cod. proc. civ.: la ricorrente evoca l’asserita insufficienza della motivazione quale vizio che non integra la violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (che ricorre solo nelle ipotesi di motivazione apparente, contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile e mancanza assoluta dei motivi sotto l’aspetto materiale e grafico).
7.3. In subordine ha eccepito l’inammissibilità del primo motivo di ricorso con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ., per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ. e, in via ulteriormente subordinata, ha contestato altresì la sua infondatezza. In particolare, ha eccepito l’omessa indicazione delle norme di legge che si assumono violate e l’omessa riproduzione, per esteso, nel corpo del ricorso della parte del contratto da cui si evince la limitazione dell’importo della garanzia. Rileva, poi, come non sia sufficiente un mero richiamo per estratto, dal momento che tale modalità di redazione del ricorso impone alla Corte di dove, ingiustificatamente, far rinvio ed accedere a fonti esterne al ricorso.
7.4. In via subordinata, la controricorrente ha eccepito l’infondatezza del secondo motivo di ricorso in relazione alla (contestata) violazione dell’art. 85 Reg. delegato (UE) 2015/2446, trattandosi di norma non applicabile al contratto autonomo di garanzia, come quello che viene in rilievo nel caso in esame. E videnzia, poi, come l’art. 92 CDU faccia riferimento a sia all’ impegno assunto dal fideiussore che ad altre forme di garanzia.
7.5 . Sempre in via subordinata, rispetto all’eccezione di inammissibilità, è stata contestata l’infondatezza del terzo motivo di ricorso, evidenziando l’irrilevanza del mancato richiamo dell’art. 79 CDU alla figura del fideiussore, dal momento che la tipologia delle obbligazioni indicate nella norma rientra, comunque, tra quelle coperte dalla garanzia.
7.6. In via subordinata la controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del quarto motivo di ricorso per violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., evidenziando come -in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. sia richiamata quale unica disposizione l’art. 270 CDU.
7.7 . In via subordinata rispetto all’eccezione di inammissibilità ha contestato l’infondatezza del quinto motivo di ricorso, evidenziando come non sussista, in concreto, alcuna violazione
dell’art. 305 d.P.R. n. 43 del 1973, evidenziando come anche le sanzioni rientrino nella categoria delle obbligazioni doganali per le quali è richiesta la garanzia.
7.8 . Infine, la controricorrente ha contestato l’ammissibilità del rinvio richiesto dalla ricorrente alla CGUE ai sensi dell’art. 2 67 TFUE, poiché, da un lato, riguarda questioni per le quali non sussiste alcuna pluralità di interpretazione e, dall’altro lato, evoca anche disposizioni irrilevanti ai fini del presente giudizio.
In via preliminare occorre fissare le coordinate ermeneutiche che condurranno la disamina dei motivi di ricorso, in relazione alle eccezioni di inammissibilità prospettate da ll’ ADMO.
8.1. Con particolare riferimento all’eccezione di inammissibilità incentrata sull’inserimento, all’interno dei singoli motivi di ricorso, di plurime violazioni astrattamente riconducibili all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. occorre richiamare quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali: « In materia di ricorso per cassazione, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati. » (Cass., Sez. U., 06/05/2015, n. 9100). Peraltro, nel caso di specie (come vedremo, infra, sub 9.1. e 10 ss.) i motivi di ricorso presentano profili di specificità e di ammissibilità solamente con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
C on riferimento all’ulteriore eccezione di inammissibilità articolata dalla controricorrente in relazione alla violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ. -tenuto conto di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (« Quanto all’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla RAGIONE_SOCIALE per asserita violazione del principio di autosufficienza del ricorso ai sensi dell’art. 366, c.1, n.6, c.p.c. quale corollario del requisito di specificità dei motivi- è appena il caso di ricordare che tale principio, anche in relazione a recenti pronunzie della Corte di Strasburgo -menzionate nella più recente Corte edu, 28 ottobre 2021, Succi et al. c. Italia (ric. nn. 55064/11, 37781/13 e 26049/14) – non deve essere interpretato in modo troppo formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, non potendosi tradurre in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso. » Cass., Sez. U., 18/03/2022, n. 8950) deve evidenziarsi l’implausibilità di opzioni meramente formalistiche nell’interpretazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ. tali da incidere sulla sostanza del diritto in contesa.
9.1. Deve, quindi, ritenersi che il ricorrente non incorra nella violazione dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ. nell’ipotesi in cui richiami l’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. senza indicare nell’intitolazione (o rubrica) d el motivo di ricorso le norme che ritiene essere violate o falsamente indicate, ma nell’illustrazione del motivo individui, in modo univoco, sia le norme rilevanti ai fini del motivo di ricorso, sia le ragioni per le quali il provvedimento impugnato sia incorso nella violazione o nella falsa applicazione delle norme indicate, in modo da consentire alla Corte l’esame dei profili relativi alla violazione o falsa applicazione di
queste ultime, senza incorrere in un’impropria integrazione del contenuto del motivo di ricorso.
9.2. In terzo luogo, in relazione alla trascrizione degli atti è sufficiente che la parte indichi il documento (con gli estremi necessari per la sua individuazione) e riporti la parte rilevante ai fini dell’articolazione del motivo.
9.3. Infine, in relazione alle eccezioni preliminari della ricorrente occorre richiamare il contenuto dell’art. 360, quarto comma, cod. proc. che, in caso di cd. doppia conforme, esclude la proponibilità del ricorso in cassazione in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., mentre lascia ferma la proponibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
Venendo all’esame dei motivi di ricorso il secondo motivo è fondato, con il conseguente assorbimento degli altri motivi. Con tale motivo è stata contestata la violazione dell’art. 85 (UE) 2015/2446 del 28/07/2015 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
L’art. 85 Reg. (UE) 2015/2446 prevede che: « 1. Quando il regime di transito unionale non è stato appurato, le autorità doganali dello Stato membro di partenza notificano al fideiussore il mancato appuramento del regime entro nove mesi dalla data prescritta per la presentazione delle merci all’uffici o doganale di destinazione. 2. Quando il regime di transito unionale non è stato appurato, le autorità doganali determinate a norma dell’articolo 87 del codice notificano al fideiussore, entro tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione di transito, che egli è o potrà essere tenuto al pagamento delle somme di cui risponde relativamente all’operazione di transito unionale. 3. Il fideiussore è dispensato dai suoi obblighi se una delle notifiche di cui ai paragrafi 1 e 2 non è stata effettuata entro i termini previsti. »
L’art. 85 Reg. (UE) 201 5/2446 prevede, quindi, due notifiche da eseguire al fideiussore in caso di mancato appuramento del regime di transito unionale.
La prima (art. 85, par. 1, Reg. UE 2015/2446) è posta a carico delle autorità doganali dello Stato membro di partenza (nella specie la Germania) e deve essere eseguita entro nove mesi dalla data prescritta per la presentazione delle merci all’ufficio dogan ale di destinazione.
La seconda (art. 85, par. 2, Reg. UE 2015/2446) è a carico delle autorità doganali determinate a norma dell’articolo 87 del codice e deve essere eseguita entro tre anni dalla data di accettazione della dichiarazione di transito. Le autorità doganali identificate mediante il rinvio all’art. 87 CDU sono quelle del luogo in cui è sorta l’obbligazione. L’art. 87 CDU prevede, infatti, che: « 1. L’obbligazione doganale sorge nel luogo in cui è presentata la dichiarazione in dogana o la dichiarazione di riesportazione di cui agli articoli 77, 78 e 81. In tutti gli altri casi, il luogo in cui sorge l’obbligazione doganale è il luogo in cui si verifica il fatto che la fa sorgere. Se detto luogo non può essere determinato, l’obbligazione doganale sorge nel luogo in cui le autorità doganali constatano che le merci si trovano in una situazione che ha fatto sorgere l’obbligazione doganale. 2. Se le merci sono state vincolate a un regime doganale che non è stato appurato ovvero se una custodia temporanea non è terminata in modo corretto, e il luogo in cui è sorta l’obbligazione doganale non può essere determinato a norma del secondo o del terzo comma del paragrafo 1 entro un termine stabilito, l’obbligazione doganale sorge nel luogo in cui le merci sono state vincolate al regime in questione o sono state introdotte nel territorio doganale dell’Unione sotto tale regime ovvero erano in custodia temporanea. »
Nel caso di specie trattandosi di merci vincolate a un regime che non è stato appurato si applica l’art. 87, par. 2, CDU che rinvia al secondo e terzo comma del par. 1 dell’art. 87 CDU. Deve quindi ritenersi che l’obbligazione doganale sia sorta nel luogo in cui le autorità doganali constatano che le merci si trovano in una situazione che ha fatto sorgere l’obbligazione doganale. Di conseguenza, considerato che la contestazione -come emerge anche dalla lettura della sentenza della CGT -sorge dal fatto che « la merce, successivamente alla presentazione della documentazione presso l’Ufficio doganale di Salerno, non sia stata esportata e sia rimasta nel territorio doganale della Comunità Europea. », deve ritenersi che l’autorità doganale competente fosse quella di italiana, che ha notificato gli avvisi di pagamento in cui veniva contestato il mancato appuramento del regime entro il triennio previsto nell’art. 85, par. 2, Reg. (UE) 2015/2446.
Nel ricorso in cassazione (pag. 4) si legge, infatti, che: « Nonostante la Dogana di Salerno avesse inserito nel sistema elettronico l’arrivo della merce a destinazione, la stessa Dogana, quasi tre anni dopo, notificava alla MDF gli avvisi di pagamento e atti di irrogazione sanzioni prot. n. 2642/RU dd. 25.1.2021, prot.n. 2827/RU dd. 25.1.2021, prot. n. 3450/RU dd. 28.1.2021 e prot. n. 5313/RU dd. 10.2.2021, chiedendo alla MDF accise, IVA, interessi e sanzioni per un totale di € 1.238.922,56. »
Gli avvisi di pagamento sono stati notificati, pertanto, nelle date del 25/01/2021 e 10/02/2021, a fronte del riscontro delle dogane italiane indicato dalla ricorrente (pag. 3 del ricorso in cassazione) come ‘CA’ (indicato nella sentenza impugnata come con trollo automatizzato) nelle date del 30/03/2018, 13/04/2018 e 16/04/2018.
L’art. 85, par. 3, Reg. (UE) 2015/2446 prevede, tuttavia, che il se una delle notifiche di ».
fideiussore sia dispensato dai suoi obblighi « cui ai paragrafi 1 e 2 non è stata effettuata entro i termini previsti Il tenore della norma è, pertanto, inequivoco nel prevedere la necessità di entrambe le notifiche. Per la decadenza della fideiussione doganale deve, quindi, ritenersi sufficiente che non sia stata eseguita una delle due comunicazioni indicate nei par. 1 e 2 dell’art. 85 Reg. (UE) 2015/2446. Nella specie, come già rilevato, può considerarsi eseguita regolarmente solamente la notifica da parte dell’ufficio di destinazione, mentre manca la prova di quella cui era tenuto l’ufficio di partenza, ai sensi dell’art. 85, par. 1, Reg. (UE) 2015/2446, da eseguire entro nove mesi dalla data prescritta per la presentazi one delle merci all’ufficio doganale di destinazione . L’eccezione di decadenza formulata dalla parte ricorrente è pertanto fondata.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato deve essere accolto il secondo motivo, con assorbimento degli altri motivi di ricorso. La sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo e dichiara assorbiti gli altri motivi di ricorso;
cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 20/11/2024.
Il Presidente
NOME COGNOME
La Consigliera est. NOME COGNOME