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Frode IVA: onere della prova e sanzioni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31788/2024, ha rigettato il ricorso di una società contro un accertamento per Frode IVA legata a operazioni inesistenti. La Corte ha ribadito che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi presuntivi sulla frode e sulla consapevolezza del contribuente, spetta a quest’ultimo dimostrare la propria buona fede e la massima diligenza. La Corte ha inoltre accolto parzialmente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, rinviando alla commissione tributaria regionale la corretta determinazione delle sanzioni secondo i principi del ‘favor rei’ e della ‘continuazione’.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode IVA: la Cassazione chiarisce l’onere della prova e i criteri sanzionatori

L’ordinanza n. 31788/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti in materia di Frode IVA, delineando con precisione i confini dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. La vicenda analizzata riguarda una società accusata di aver partecipato a un sistema fraudolento tramite operazioni soggettivamente inesistenti e di aver indebitamente utilizzato il plafond IVA. La decisione della Suprema Corte conferma un orientamento consolidato, ponendo l’accento sulla diligenza richiesta all’operatore economico per non essere coinvolto in meccanismi evasivi.

I Fatti di Causa: Il Contenzioso sulla Frode IVA

Una società si vedeva recapitare un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2014, con cui l’Amministrazione Finanziaria contestava l’effettuazione di operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, nonché l’utilizzo indebito del plafond IVA. Secondo l’accusa, la società si sarebbe avvalsa di fornitori ‘cartiera’, ovvero entità create al solo scopo di emettere fatture false per consentire a terzi di evadere l’imposta.

Il contenzioso giungeva dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la quale accoglieva solo parzialmente il ricorso della società, riducendo l’importo delle sanzioni ma confermando nel merito le maggiori imposte accertate. La successiva sentenza della Commissione Tributaria Regionale rigettava sia l’appello della contribuente che quello incidentale dell’Agenzia, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione. La società lamentava, tra i vari motivi, una motivazione apparente della sentenza di secondo grado e un’errata ripartizione dell’onere della prova riguardo la sua presunta buona fede.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso principale della società, ritenendo infondati tutti i tredici motivi presentati. Al contrario, ha accolto parzialmente il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, cassando con rinvio la sentenza impugnata. La Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale dovrà riesaminare la causa, in particolare per quanto riguarda la corretta determinazione delle sanzioni.

Le Motivazioni della Decisione: Onere della Prova nella Frode IVA

Il fulcro della decisione risiede nella ripartizione dell’onere della prova. La Cassazione ha ribadito un principio ormai consolidato: in tema di Frode IVA, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche tramite presunzioni, non solo la fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura di partecipare a un’operazione evasiva. Elementi come l’inconsistenza economica e strutturale dei fornitori sono sufficienti a creare un quadro presuntivo grave, preciso e concordante.

Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali prove, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto nella frode. La Corte ha specificato che la mera regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a provare la buona fede. Il contribuente deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele ragionevoli in rapporto alle circostanze concrete del caso.

Irrilevanza della Sentenza Penale e Applicazione delle Sanzioni

La Corte ha inoltre ritenuto inammissibili i motivi con cui la società cercava di far valere una precedente sentenza di assoluzione penale, sottolineando che essa riguardava soggetti e annualità diverse da quelle oggetto del giudizio tributario.

Per quanto riguarda il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, la Cassazione lo ha accolto su punti cruciali relativi alle sanzioni. In particolare, ha censurato la decisione della Commissione Regionale per non aver adeguatamente motivato il calcolo delle sanzioni alla luce del principio del favor rei (applicazione della norma più favorevole) e per aver trascurato l’analisi dei presupposti per l’applicazione dell’istituto della ‘continuazione’ tra le violazioni, che consente un trattamento sanzionatorio più mite.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza l’orientamento giurisprudenziale che impone agli operatori economici un elevato standard di diligenza nelle transazioni commerciali per non incorrere in contestazioni di Frode IVA. Non basta la correttezza formale: è necessario verificare concretamente l’affidabilità e la struttura dei propri partner commerciali. La decisione, inoltre, sottolinea l’importanza per i giudici di merito di motivare in modo analitico e trasparente il calcolo delle sanzioni, applicando correttamente istituti complessi come il favor rei e la continuazione, la cui errata valutazione può portare alla cassazione della sentenza.

In un contenzioso per Frode IVA, su chi ricade l’onere della prova?
Inizialmente, l’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche con indizi, l’esistenza della frode e la consapevolezza del contribuente di parteciparvi. Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza e di essere in buona fede, cioè di non sapere e di non poter sapere di essere coinvolto in un’evasione.

La regolarità formale di fatture e pagamenti è sufficiente per dimostrare la buona fede del contribuente?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola regolarità formale della documentazione contabile e dei pagamenti non è sufficiente a provare la diligenza e la buona fede del contribuente. È necessario dimostrare di aver adottato cautele concrete per verificare l’affidabilità e la reale operatività del fornitore.

Come vengono applicate le sanzioni se la legge cambia dopo la violazione?
Si applica il principio del favor rei, secondo cui va applicata la disciplina sanzionatoria più favorevole al contribuente tra quella in vigore al momento della violazione e quella successiva. Il giudice deve effettuare un’analisi complessiva e concreta per determinare quale delle due discipline risulti, nel suo insieme, più mite per il caso specifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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