Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21303 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21303 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 30/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 3337/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in
Oggetto: tributi accertamento
calce al controricorso, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 2673/05/17 depositata in data 14 giugno 2017 Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME nella pubblica udienza del 9 aprile 2024;
udita la relazione del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore RAGIONE_SOCIALE NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso ;
udito l’AVV_NOTAIO dell’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato per il ricorrente;
udito l’AVV_NOTAIO per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
1. La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2006, con il quale venivano riprese maggiori IRES, IRAP e IVA oltre sanzioni e accessori, a seguito di verifica fiscale, facendosi applicazione dell’istituto del raddoppio dei termini di cui all’art. 43, terzo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. La verifica faceva seguito a una segnalazione riguardante un fornitore della società contribuente, la quale aveva innescato l’invio di un questionario e un accesso breve e, infine, la verifica fiscale con redazione di PVC. L’Ufficio, in particolare, riteneva che la società contribuente avesse preso parte a una frode carosello tramite il mentovato fornitore in veste di missing trader, per cui disconosceva la detrazione per acquisti di semilavorati in acciaio (vergella) di provenienza non unionale, ritenute operazioni soggettivamente inesistenti in quanto compiute a valori di transazione inferiori a quelli di mercato. La verifica si nutriva, inoltre, di accertamenti bancari, estesi a prelevamenti per € 40.000,00 e a
versamenti per € 156.220,00 sui conti correnti personali di quattro soci; tra le riprese veniva contestato sia il rimborso di un finanziamento soci, sia la mancata corresponsione di emolumenti agli amministratori, contabilizzati in precedenti periodi di imposta e registrati come fatture da ricevere e ratei passivi, per complessivi € 151.020,00 , costi che l’Ufficio riteneva indeducibili, con conseguenti riprese di imposte dirette e IVA quali operazioni imponibili.
La CTP di Lecco ha parzialmente accolto il ricorso in relazione all’IRAP in punto raddoppio dei termini, nonché in relazione all’IVA e, quanto, alle riprese per IRES, in relazione ai prelevamenti e ai costi indeducibili rilevati sui conti correnti personali dei soci, mentre lo ha rigettato in relazione ai versamenti risultanti dai conti correnti personali dei soci.
La CTR della Lombardia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello principale dell’Ufficio e l’appello incidentale della società contribuente. Per quanto qui ancora rileva, è stato confermato l’annullamento della ripresa IRAP e, quanto alle riprese IRES, il giudice di appello ha ritenuto che l’Ufficio non ha assolto all’onere di provare che i prelevamenti sui conti correnti dei soci attenessero a operazioni imponibili. Il giudice di appello ha, poi, ritenuto -quanto alle contestate operazioni di acquisto di merce di provenienza non Ue -che non sussiste interposizione fittizia del fornitore e che vi fosse « errore nel computo della differenza di prezzo » riscontrata dall’Ufficio nell’acquisto dei semilavorati, ritenendosi, pertanto, non provata l’assenza di buona fede della società contribuente.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a quattro motivi; resiste con controricorso la società contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., violazione degli artt. 112, 115, 116, 132,
secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4, 53, 54 e 61 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nullità della sentenza e omessa pronuncia. Osserva, in primo luogo, parte ricorrente come manchi il percorso logico che ha condotto il giudice di appello alla decisione sia in relazione alla ritenuta insussistenza di una interposizione fittizia, tenuto conto dell’Ufficio ha contestato la falsità soggettiva degli acquisti, sia in relazione al dedotto errore nel computo del prezzo dei prodotti, sia in relazione al mancato assolvimento dell’onere della prova della ripresa a tassazione in relazione ai prelevamenti operati sui conti correnti dei soci, tenuto conto che la società contribuente è società a ristretta base partecipativa, avuto riguardo alla relazione di parentela tra i soci della società partecipata. Osserva, inoltre, assenza di motivazione e motivazione perplessa in relazione al rigetto dell’appello in punto raddoppio dei termini quanto all’IRAP, nonché omessa pronuncia in relazione all’appello in punto recupero a tassazione della somma di € 151.020,00 risultanti dai versamenti sui conti correnti di due dei soci (NOME e NOME COGNOME), per i quali non sarebbe predicabile alcun assorbimento, trattandosi di motivi di impugnazione autonomi.
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 53 Cost., 2697, 2727, 2728, 2729 cod. civ., degli artt. 32, comma 1 e 2, 7, 39, primo comma, lett. a) e d), 40, 43, terzo comma, 67 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 85 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), degli artt. 51, secondo comma, 7 e 57, terzo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 25 d. lgs. 15 dicembre 1997. n. 446, nonché (nel suo complesso) del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, censurandosi con tale motivo tutte le statuizioni della sentenza impugnata. In particolare, il ricorrente censura:
2.1. il rigetto del motivo di appello relativo alla ripresa a tassazione dei prelevamenti registrati sui conti correnti dei soci per € 40.000,00, osservando che la ristretta base del gruppo sociale giustifica la riferibilità alla attività economica della società partecipata le risultanze dei prelevamenti riscontrati sui conti correnti dei soci, essendo nel qual caso onerato il contribuente della prova contraria della non riconducibilità a tassazione delle suddette movimentazioni, anche in considerazione del l’inversione dell’onere della prova in materia di prelevamenti risultanti dai conti correnti bancari di un imprenditore;
2.2. il rigetto dell’appello in punto raddoppio dei termini per l’accertamento IRAP, in considerazione della irrilevanza (come invero ritenuto dalla sentenza impugnata) della trasmissione della notitia criminis ai fini di quanto prevede l’art. 43, terzo comma, d.P.R. n. 600/1973, ove si sia in presenza di un fatto penalmente rilevante, rilevante anche ai fini IRAP in forza della disciplina transitoria di cui all’art. 25, comma 1, d. lgs. n. 446/1997 e dell a conseguente omogeneità della disciplina sia delle imposte dei redditi, sia dell’IRAP e del relativo accertamento delle imposte;
2.3. il rigetto del recupero a tassazione della somma di € 151.020,00 ai fini IRAP e IRES, derivanti dalla ripresa a tassazione di versamenti operati sui conti correnti di alcuni dei soci quali ricavi non dichiarati per effetto del disconoscimento dei relativi costi come indeducibili, come risultante dall’avviso di accertamento trascritto per specificità.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 , degli artt. 2697, 2727, 2728, 2729 cod. civ., degli art. 21, settimo comma e 54 d.P.R. n. 633/1972, nonché della Direttiva n. 77/388/CEE , dell’art. 167 Dir. 2006/112/CE nella parte in cui è stata rigettata la ripresa ai fini IVA. Il ricorrente osserva
che, ove si ritenesse debitamente motivata la sentenza in punto ripresa IVA, il giudice di appello avrebbe -in ogni caso -violato le regole di riparto dell’onere della prova, che comportano l’onere per l’Ufficio di provare la partecipazione del cessionario a una frode IVA, ove sia dimostrato -ai fini del disconoscimento della detrazione – che il cessionario non abbia adottato le opportune cautele nel caso in cui abbia preso parte a una frode IVA consumata a monte. In particolare, il ricorrente Ufficio osserva che le operazioni di acquisto dal fornitore privo di organizzazione devono ritenersi soggettivamente inesistenti per assenza di organizzazione del fornitore al fine di ottemperare la prestazione fatturata. Sotto questo profilo, il ricorrente deduce di avere addotto elementi gravemente indiziari della falsità soggettiva degli acquisti in parola, in considerazione della insussistenza di organizzazione del fornitore, del prezzo di cessione delle merci (vergella, quale semilavorato in acciaio), inferiore ai prezzi di mercato unitari praticati da terzi fornitori per tonnellata, delle modalità di effettuazione degli ordini (per via telefonica o verbale) tramite un intermediario o procacciatore d’affari del fornitore che, in realtà, non avrebbe ad avviso dell’Ufficio avuto alcun collegamento con il fornitore, dei pagamenti, eseguiti tramite assegni consegnati al suddetto intermediario, nonché alla logistica, posto che la merce veniva custodita presso il magazzino di titolarità di terzi, tutti elementi che farebbero propendere per mancata adozione delle idonee cautele ad evitare di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, costituito dalla omessa valutazione della falsità soggettiva degli acquisti compiuti presso il fornitore RAGIONE_SOCIALE, relativamente alla natura di soggetto privo di organizzazione, nonché avuto riguardo
alle dichiarazioni rese ai verificatori dal legale rappresentante del fornitore.
Vanno preliminarmente respinte le eccezioni preliminari articolate dal controricorrente in relazione ai singoli motivi di ricorso, non trattandosi nella specie di revisione del ragionamento decisorio, bensì di censure attinenti a violazioni della legge processuale, nonché alle disposizioni relative alla corretta valutazione delle norme in tema di distribuzione dell’onere della prova da parte del giudice del merito.
Il primo motivo di ricorso è fondato in relazione alla dedotta omessa pronuncia sullo specifico motivo di appello in punto recupero a tassazione della somma di € 151.020,00 risultante dai versamenti sui conti correnti di due soci (NOME e NOME COGNOME). Il ricorrente ha dato atto di avere proposto uno specifico motivo di appello (pag. 14, nota 17). La motivazione della sentenza impugnata è, sul punto, del tutto omessa, posto che la sentenza impugnata si è concentrata sulle altre riprese (prelevamenti, IRAP e disconoscimento detrazione IVA su operazioni soggettivamente inesistenti), per cui la sentenza va cassata per omessa pronuncia. E’ assorbita la relativa censura contenuta nel secondo motivo.
Il primo motivo è fondato in relazione anche alla ripresa IRAP, posto che la motivazione appare ben al di sotto del minimo costituzionale (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), per palese contraddittorietà. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto in un primo momento che opera il raddoppio dei termini per gli avvisi che, come nella specie, sono stati notificati entro il 2 settembre 2015 anche in assenza di trasmissione della notizia di reato, e in un secondo momento ha incomprensibilmente rigettato l’appello dell’Ufficio . Tuttavia, essendo il giudice di legittimità anche giudice del fatto processuale, la censura del ricorrente può essere qui esaminata e rigettata, in conformità della consolidata giurisprudenza di questa
Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, secondo cui la disciplina del raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP, non essendo questa un’imposta la cui omissione comporta l’applicazione di sanzioni penali (Cass., Sez. V, 16 marzo 2023, n. 7739; Cass., Sez. V, 13 marzo 2023, n. 7219; Cass., Sez. VI, 20 maggio 2020, n. 9314; Cass., Sez. VI, 24 febbraio 2020, n. 4742; Cass. sez. VI, 3 maggio 2018, n. 10483). E, quindi, assorbito l’esame della relativa censura contenuta nel secondo motivo di ricorso.
8. Il primo motivo è infondato in relazione alle ulteriori riprese, essendo la motivazione, sia pur succinta, idonea a far comprendere il percorso motivazionale seguito dal giudice ai fini della decisione. Quanto alla detrazione IVA, la sentenza ha ritenuto che non vi fosse assenza di buona fede, stante la mancata prova dell’ interposizione fittizia del missing trader e previo accertamento dell’erroneità che i prezzi di trasferimento indicati dall’Ufficio. Quanto, invece, ai prelevamenti risultanti dai conti correnti dei soci, è stato ritenuto che non vi fosse prova che le mo vimentazioni indicate dall’Ufficio fossero ascrivibili a operazioni imponibili.
9. Il secondo motivo è fondato in relazione alla ripresa relativa ai prelevamenti per € 40.000,00 dai conti correnti personali dei soci. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, L’ufficio può, in caso di accertamenti sui redditi di società a ristretta base partecipativa, legittimamente utilizzare – nell’esercizio dei poteri attribuitigli dall’art. 32 d.P.R. n. 600/1973 – le risultanze di conti correnti bancari intestati ai soci, riferendo alla società le operazioni ivi riscontrate, perché la relazione di parentela tra i soci è idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione tra interessi personali e societari, identificandosi gli interessi economici in concreto perseguiti dalla società con quelli propri dei soci, salva la facoltà dell’ente di dimostrare l’estraneità delle singole operazioni alla comune attività d’impresa (Cass., Sez. V, 14 luglio
2023, 20414; Cass., Sez. V, 21 novembre 2018, n. 30098; Cass., Sez. V, 14 gennaio 2015, n. 428; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2014, n. 26829; Cass., Sez. V, 1° ottobre 2014, n. 20668).
10. E’ stato, inoltre, precisato che l’Amministrazione finanziaria non è esonerata dalla necessità della prova presuntiva in ordine alla riferibilità alla società delle somme movimentate sui conti intestati ai terzi, ma tale prova va rinvenuta nel requisito di serietà e gravità dell’elemento indiziario costituito dallo stretto legame parentale che, valutato unitamente ad altri elementi significativi desunti dalle circostanze del caso concreto, converge alla formazione della prova concludente della riferibilità delle movimentazioni sui conti correnti dei soci alla società (Cass., Sez. V, 28 giugno 2023, n. 18414). Ne consegue, in ordine alla distribuzione dell’onere probatorio, che una volta dimostrata la pertinenza alla società dei rapporti bancari intestati alle persone fisiche a essa collegate, l’Ufficio non è tenuto a provare che tutte le movimentazioni che risultano da quei rapporti rispecchino operazioni aziendali, ma al contrario la corretta interpretazione dell’art. 32 d.P.R. n. 600/73 impone alla società contribuente di dimostrare la estraneità di ciascuna di quelle operazioni alla propria attività di impresa (Cass., Sez. V, 24 settembre 2010, n. 20199). La sentenza impugnata, nel ritenere che l’Ufficio non ha provato che le movimentazioni dei prelevamenti sui conti dei soci non siano riferibili a operazioni imponibili, non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio.
11. Il terzo motivo, relativo al disconoscimento della detrazione IVA, è fondato. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ove si verta in tema di corretto esercizio della detrazione in relazione a fatture di acquisto emesse da società prive di organizzazione o da soggetti interposti l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inserisse in una
evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva al proprio onere della prova, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2022, n. 37889; Cass., Sez. V, 13 luglio 2022, n. 22190; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2021, n. 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
12. Tali principi riposano sulla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui la natura indebita della detrazione si configura nel caso in cui un soggetto passivo avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (Corte di Giustizia UE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; Corte di Giustizia UE, 18 dicembre 2014, N. 1272 .G. 6di 11 Est. F. Schoenimport «Italmoda» NOME COGNOME, C-131/13, C-163/13 e C-164/13, punti 49 e 50; Corte di Giustizia UE, 6 dicembre 2012, Bonik, C-285/11, punti da 38 a 40;
Corte di Giustizia UE, 6 settembre 2012, NOMEGabona, C-273/11, punto 54; Corte di Giustizia UE, 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C/142/11, punto 46; Corte di Giustizia UE; 6 luglio 2006, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C- 439/04 e C440/04, punti 45, 46, 56). Ragione per cui deve ritenersi che sia esigibile da un accorto operatore commerciale l’adozione di tutte le misure che gli si possa ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Corte di Giustizia UE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C-656/19, punto 80; Corte di Giustizia UE, Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 8 novembre 2018, RAGIONE_SOCIALE Spedition, C-495/17, punto 41; Corte di Giustizia UE, Litdana, cit., punto 34).
13. In secondo luogo, Il giudice del merito deve valutare gli indizi, singolarmente e analiticamente in relazione al peso ponderale dell’elemento indiziario, nonché sinteticamente, in modo che i vari elementi addotti consentano al giudice del merito di cogliere e apprezzare il quadro complessivo che l’Amministrazione finanziaria ha inteso dare al coacervo degli stessi fatti indiziari; quadro complessivo che si nutre della valutazione complessiva dei singoli indizi -ove rilevanti (gravi e precisi) e concord anti rispetto all’oggetto della prova – al fine di fondare la prova logica del fatto ignoto (Cass., Sez. V, 14 dicembre 2023, n. 35085; Cass., Sez. V, 12 luglio 2022, n. 22003), fatto ignoto costituito, in questo caso, dalla consapevolezza indiziaria del cessionario di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte.
14. Nella specie, l’Ufficio ha addotto una serie di elementi indiziari in base ai quali è stat a dedotta l’assenza di adeguata diligenza da parte di accorto operatore del settore di avere preso parte a una frode IVA
consumata a monte (fornitore privo di organizzazione, prezzo delle merci a tonnellata inferiore al prezzo praticato dagli altri concorrenti praticati da terzi fornitori, ordini effettuati per via verbale o telefonica, intermediario del fornitore che non avrebbe avuto alcun collegamento con il fornitore, pagamenti eseguiti tramite assegni consegnati al medesimo intermediario, merce acquistata stoccata presso terzi). La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, avendo preter messo l’esame complessivo degli elementi di prova addotti dall’Ufficio. E’ assorbito l’esame del quarto motivo.
15. La sentenza va cassata con rinvio, per esame de ll’ assolvimento da parte dell’Ufficio dell’ onere della prova in punto detrazione IVA, nonché per esame delle ulteriori riprese su prelevamenti e versamenti, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo e il secondo motivo per quanto in motivazione, accoglie il terzo motivo, dichiara assorbito il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 9 aprile 2024