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Frode IVA: onere della prova e consapevolezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 32024/2024, interviene su un complesso caso di frode IVA legata a operazioni di leasing immobiliare. La Corte cassa la sentenza di secondo grado, riaffermando che nel giudizio di rinvio il giudice non può riesaminare l’esistenza della frode, già accertata, ma deve limitarsi a valutare la consapevolezza della partecipazione del contribuente. Viene inoltre ribadito il principio sull’onere della prova: spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire elementi presuntivi sulla consapevolezza, dopodiché è il contribuente a dover dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode IVA: Onere della Prova e Limiti del Giudice di Rinvio

L’ordinanza n. 32024/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui meccanismi processuali e sostanziali legati alla frode IVA. La Suprema Corte ha chiarito i confini del giudizio di rinvio e ribadito i criteri per determinare la consapevolezza del contribuente coinvolto in operazioni fraudolente. Questa decisione è fondamentale per le imprese che operano in settori complessi e che devono prestare la massima attenzione per non essere implicate, anche inconsapevolmente, in schemi evasivi.

I Fatti del Contenzioso

Il caso trae origine da avvisi di accertamento emessi dall’Amministrazione Finanziaria nei confronti di una società per gli anni d’imposta 2005 e 2006. L’Agenzia contestava la partecipazione della società a un complesso meccanismo fraudolento basato su operazioni di leasing immobiliare. Secondo l’accusa, la società aveva indebitamente dedotto costi e detratto l’IVA relativa a canoni di leasing, i quali erano parte di un’operazione più ampia volta a frodare il fisco attraverso l’intervento di società intermediarie inesistenti e la sopravvalutazione di immobili.

Il percorso giudiziario è stato tortuoso. Inizialmente, la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso della società. L’Agenzia aveva appellato la decisione limitatamente alla ripresa IVA. La Commissione Tributaria Regionale (CTR), in un primo momento, aveva respinto l’appello. Questa sentenza era stata però cassata dalla Suprema Corte con una precedente pronuncia (n. 13138/2020), che aveva rinviato la causa alla CTR. Il motivo della prima cassazione era che la CTR aveva erroneamente basato la sua decisione su giudicati esterni non pertinenti e aveva omesso di valutare la consapevolezza della società contribuente nella partecipazione alla frode.

Nel successivo giudizio di rinvio, la CTR ha nuovamente dato ragione alla società, commettendo però un errore fatale: anziché limitarsi a valutare la consapevolezza della contribuente come indicato dalla Cassazione, ha riesaminato e messo in discussione l’esistenza stessa della frode, un punto che doveva considerarsi già accertato. Contro questa nuova sentenza, l’Amministrazione Finanziaria ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Frode IVA

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, cassando per la seconda volta la sentenza della CTR. Il cuore della decisione risiede in un principio fondamentale del diritto processuale: il giudice del rinvio è vincolato dal dictum della Cassazione. In questo caso, la Corte aveva stabilito che l’unico punto ancora controverso era la “consapevole partecipazione alla frode di ICS”, non l’esistenza della frode stessa. Il giudice di secondo grado, sindacando nuovamente l’esistenza del meccanismo fraudolento, ha violato i limiti del proprio mandato, rendendo la sua sentenza nulla.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova nella Frode IVA

La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire le regole sulla ripartizione dell’onere della prova in materia di frode IVA. L’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche tramite presunzioni, non solo l’oggettiva inesistenza delle operazioni ma anche la consapevolezza del destinatario delle fatture. Deve dimostrare, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di essere parte di un’evasione d’imposta.

Una volta che l’Amministrazione ha assolto a questo onere, la palla passa al contribuente. Quest’ultimo deve fornire la prova contraria, dimostrando di aver adottato la “massima diligenza esigibile da un operatore accorto” per non essere coinvolto. La Corte specifica che, a tal fine, non sono sufficienti elementi formali come la regolarità della contabilità, l’effettivo pagamento delle fatture o il versamento dell’IVA. Questi elementi non sono rilevanti per escludere la consapevolezza della partecipazione a uno schema fraudolento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La pronuncia ha due importanti implicazioni. La prima, di carattere processuale, è un monito per i giudici di merito: nel giudizio di rinvio, il perimetro di indagine è strettamente delimitato dai principi di diritto fissati dalla Cassazione e non può essere esteso a questioni già decise. La seconda, di natura sostanziale, riguarda le imprese: per difendersi da accuse di coinvolgimento in una frode IVA, non basta dimostrare la regolarità formale delle proprie operazioni. È necessario provare di aver agito con un livello di diligenza particolarmente elevato, verificando attivamente la sostanza economica delle transazioni e la reale esistenza delle controparti contrattuali.

Cosa deve provare l’Amministrazione Finanziaria in un caso di frode IVA?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore o dell’operazione, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura. Questa prova può essere fornita anche in via presuntiva, basandosi su elementi oggettivi e specifici che dimostrino che il contribuente sapeva, o avrebbe dovuto sapere usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione faceva parte di un’evasione d’imposta.

Quali sono i limiti del giudice nel giudizio di rinvio?
Il giudice del rinvio è vincolato al principio di diritto (dictum) stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza che ha annullato la precedente decisione. Non può quindi riesaminare questioni che sono già state decise o che non rientrano nel perimetro del rinvio, ma deve limitarsi a decidere la causa applicando i principi indicati dalla Suprema Corte.

Cosa deve fare un contribuente per dimostrare di non essere consapevole di partecipare a una frode IVA?
Il contribuente deve fornire la prova contraria, dimostrando di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto. Secondo la Cassazione, non è sufficiente provare la regolarità della contabilità, dei pagamenti o la mancanza di benefici diretti, ma è richiesta una diligenza sostanziale che vada oltre gli aspetti puramente formali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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