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Frode IVA: diligenza dell’operatore e onere prova

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di due società accusate di partecipazione a una frode IVA. La sentenza sottolinea che, per dimostrare la propria buona fede, l’acquirente deve provare di aver esercitato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, verificando attivamente la sostanza economica del fornitore tramite documenti pubblici, specialmente in presenza di indicatori di anomalia come prezzi insolitamente bassi.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode IVA e Onere della Prova: La Diligenza che Salva l’Imprenditore

Essere coinvolti, anche inconsapevolmente, in una frode IVA può avere conseguenze devastanti per un’azienda. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità dell’acquirente e delinea cosa significa concretamente agire con la ‘massima diligenza’ per dimostrare la propria buona fede. Il caso analizzato riguarda due società che si sono viste contestare la detrazione dell’IVA per aver acquistato beni da fornitori risultati essere delle ‘società cartiere’.

I Fatti: Un Sospetto di Frode IVA

L’Agenzia delle Entrate ha emesso avvisi di accertamento nei confronti di due società per le annualità 2011, 2012 e 2013, accusandole di aver partecipato a una frode IVA. Secondo l’Amministrazione finanziaria, le società avevano utilizzato fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, emesse da due fornitori che si sono rivelati essere mere ‘cartiere’, ovvero entità prive di una reale struttura organizzativa.

Le società acquirenti si sono difese sostenendo di essere estranee al meccanismo fraudolento. Hanno affermato di aver operato a prezzi di mercato e con margini normali, e di non aver potuto rilevare le anomalie dei fornitori, emerse solo a seguito delle indagini dell’autorità fiscale. Nonostante ciò, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella di secondo grado hanno dato ragione all’Agenzia delle Entrate, ritenendo che le società acquirenti non avessero adempiuto al loro dovere di diligenza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi presentati dalle due società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. I giudici hanno stabilito che l’onere di provare la propria buona fede e l’estraneità alla frode ricade sul contribuente. Questa prova non può limitarsi a una verifica formale, ma richiede un comportamento attivo e diligente, tipico di un operatore economico accorto.

Le Motivazioni della Sentenza: Oltre la Buona Fede Formale

La Corte ha articolato il proprio ragionamento su alcuni pilastri fondamentali, rafforzando un orientamento giurisprudenziale consolidato in materia di frode IVA.

Il Concetto di Diligenza dell’Operatore Professionale nella Frode IVA

Il punto centrale della decisione è il livello di diligenza richiesto all’acquirente. Non basta la regolarità formale dei pagamenti o della contabilità. L’imprenditore deve dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni ragionevoli per assicurarsi che l’operazione non facesse parte di un’evasione.

Nel caso specifico, la Corte di secondo grado aveva rilevato due elementi cruciali:
1. La totale assenza di strutture organizzative da parte delle società fornitrici.
2. L’applicazione di prezzi inferiori a quelli di mercato.

Questi sono considerati ‘campanelli d’allarme’ che avrebbero dovuto indurre un operatore prudente a effettuare verifiche più approfondite.

L’Onere della Prova a Carico del Contribuente

Quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi indiziari sulla consapevolezza dell’acquirente riguardo alla frode (come i prezzi anomali o la natura fittizia del fornitore), spetta al contribuente dimostrare il contrario. La Corte ha chiarito che le società ricorrenti avrebbero potuto e dovuto acquisire documenti facilmente accessibili, come visure camerali e bilanci depositati, per verificare la reale consistenza operativa dei loro fornitori. Non avendolo fatto, non hanno assolto al loro onere probatorio.

È stato inoltre precisato che l’autonomia tra procedimento penale e procedimento tributario rende le risultanze del primo (in questo caso favorevoli all’amministratore delle società) non vincolanti per il giudice tributario, che può valutarle liberamente insieme agli altri elementi di prova.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per ogni operatore economico: la lotta alla frode IVA richiede un ruolo proattivo. Per tutelarsi, le aziende devono implementare procedure di controllo sui propri fornitori che vadano oltre la semplice acquisizione di un certificato di partita IVA. È essenziale effettuare verifiche sulla loro effettiva struttura aziendale, consultando i registri pubblici e prestando attenzione a segnali di anomalia, come condizioni commerciali eccessivamente vantaggiose. Ignorare questi segnali significa esporsi al rischio di vedersi contestata la detrazione dell’IVA e di essere considerati, a fini fiscali, complici della frode.

Cosa deve fare un’azienda per dimostrare la propria buona fede in caso di acquisti da un fornitore coinvolto in una frode IVA?
L’azienda deve provare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore professionale accorto. Questo significa adottare tutte le precauzioni ragionevoli per verificare la liceità dell’operazione, come l’acquisizione di visure camerali, bilanci depositati e altra documentazione pubblica che attesti la reale esistenza e operatività del fornitore, specialmente se ci sono indicatori di anomalia.

I prezzi di acquisto significativamente più bassi della media di mercato costituiscono un indizio di frode IVA?
Sì, secondo la Corte, prezzi inferiori a quelli praticati da altri operatori nazionali possono costituire un importante indizio che avrebbe dovuto mettere in allarme l’acquirente e spingerlo a effettuare controlli più approfonditi sul fornitore per escludere il rischio di essere coinvolto in una frode.

L’archiviazione di un procedimento penale a carico dell’amministratore per gli stessi fatti è sufficiente a escludere la responsabilità fiscale dell’azienda per frode IVA?
No. La sentenza ribadisce l’autonomia tra il procedimento penale e quello tributario. Le risultanze del processo penale, pur essendo a disposizione del giudice tributario, costituiscono solo semplici elementi liberamente valutabili e non sono di per sé vincolanti per la decisione in ambito fiscale, dove vigono regimi probatori differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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