Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33512 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33512 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3988/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato preventivo (C.F. P_IVA), in persona del liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale del difensore all’indirizzo PEC
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Oggetto: tributi IVA – operazioni soggettivamente inesistenti
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, n. 2585/04/23 depositata in data 29 agosto 2023, notificata il 10 ottobre 2023.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 novembre 2024
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2004, con il quale -a seguito di verifica -si contestava alla società contribuente l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti attraverso l’esecuzione di false operazioni di triangolazione intracomunitarie nel settore della commercializzazione di prodotti della telefonia e di elettrodomestici, nella cui filiera la società contribuente veniva indicata come interposta, con recupero di IRES, IRAP, IVA e irrogazione di sanzioni.
La CTP di Vicenza ha parzialmente accolto il ricorso, con sentenza riformata dalla CTR del Veneto che, nel rigettare l’appello incidentale della contribuente e accogliere l’appello principale dell’Ufficio, ha ritenuto la società contribuente consapevole della frode IVA commessa a monte. La sentenza di appello è stata cassata con rinvio (Cass., Sez. V, 15 giugno 2021, n. 16780), per la rivalutazione degli elementi indiziari addotti dall’Ufficio a comprova dell’inesistenza sia soggettiva, sia oggettiva delle operazioni sottostanti.
La CGT di secondo grado del Veneto adita in sede di rinvio, con la sentenza qui impugnata, ha accolto l’appello dei contribuenti in punto indeducibilità dei costi, rigettandolo in punto detrazione IVA. Ha ritenuto il giudice del rinvio fornita in tema di operazioni soggettivamente inesistenti la prova della società contribuente della
consapevolezza di avere preso effettivamente parte a una frode IVA consumata a monte. In particolare, la sentenza impugnata ha ricostruito la complessa filiera che originava da una società « capofila » (RAGIONE_SOCIALE e coinvolgeva diverse società europee e italiane, tra cui la società contribuente in veste di società filtro, ciò sulla base di diverse dichiarazioni di terzi , nonché attraverso l’analisi dei prezzi di transazione, ritenendo irrilevanti le emergenze del giudizio penale.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a quattro motivi; resiste con controricorso l’Ufficio . E’ stata emessa proposta di definizione accelerata in data 28 aprile 2024, ritualmente opposta da parte ricorrente. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. Osserva parte ricorrente che il giudice del rinvio si sarebbe limitato a richiamare apoditticamente gli elementi indicati nel PVC, senza dare contezza dell’iter logico seguito e senza indicare le fonti del proprio convincimento, con specifico riferimento alle dichiarazioni di terzi alle quali il giudice di appello avrebbe attinto. Tale impostazione sarebbe, poi, contraria alla valenza probatoria del PVC, che non può assurgere a fede privilegiata delle circostanze in esso indicate. Deduce, inoltre, che la sentenza avrebbe violato il principio di diritto del giudice rescindente.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la società contribuente non avesse assolto all’onere della prova. Osserva parte ricorrente che il giudice del rinvio avrebbe, anche sotto tale profilo, violato il principio di diritto assumendo un
atteggiamento « colpevolista », nonché valorizzando erroneamente il coinvolgimento in procedimenti penali di alcune persone fisiche riferibili alla società contribuente, prive di rilevanza nel caso di specie, nonché in contrasto con il principio del doppio binario.
Con il terzo motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia. Evidenzia parte ricorrente come non sarebbe stata condotta alcuna analisi sulla coerenza con il mercato di prezzi di trasferimento, trattandosi di circostanza decisiva ai fini del coinvolgimento del cessionario in operazioni soggettivamente inesistenti.
Con il quarto motivo si deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. proc. civ. e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione su un fatto controverso e decisivo della controversia. Osserva parte ricorrente che la società contribuente ha effettuato analisi mirate sui fornitori per verificare l’esistenza di una organizzazione produttiva e di effettiva solvibilità, commissionando un rapporto informativo a una società specializzata, dal quale emergeva che la società capofila era soggetto solvibile ed esistente e che le società tedesche della filiera risultavano operative alla Camera di Commercio locale, per cui non si sarebbe potuto chiedere alla contribuente un inasprimento dell’onere di diligenza esigibile da un accorto operatore commerciale.
La proposta di definizione accelerata del Consigliere Delegato ha evidenziato , in relazione al primo motivo, l’esistenza di una motivazione comprensibile e non al di sotto del cd. « minimo costituzionale »; ha indicato come inammissibile il secondo motivo quale revisione della valutazione delle prove e il terzo per difetto di specificità, evidenziando l’infondatezza del quarto motivo per contrasto con il diritto dell’Unione,
oltre che inammissibile in relazione alla censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.
Con memoria in data 14 ottobre 2024 il ricorrente evidenzia come la partecipazione alla frode si sia incentrata solo in relazione al primo di una serie di tre periodo di imposta, quando la frode si sarebbe dovuta considerare all’epoca ancora « embrionale » e che la sentenza di appello si sarebbe puramente appiattita sulle risultanze dell’Ufficio, senza valutare complessivamente il quadro probatorio addotto dalla società contribuente, alla luce anche del fatto che -come ribadito nel terzo motivo – non si sarebbe verificato uno scostamento al ribasso dai prezzi di mercato, elemento ritenuto decisivo ai fini della decisione della controversia.
Il collegio ritiene che la proposta di definizione accelerata va confermata. Quanto al primo motivo, la sentenza impugnata ha ritenuto che l’Ufficio abbia assolto al proprio onere della prova, valorizzando gli elementi contenuti nel PVC del 30 ottobre 2007, che ha ricostruito l’intera filiera nella quale era inserita la società contribuente e che vedeva coinvolte diverse società, ciò al fine di ritenere che la società contribuente non fosse inconsapevolmente incorsa in una frode IVA, percorso logico compiuto e comprensibile rientrante nel « minimo costituzionale » idoneo ad assolvere l’obbligo di motivazione costituzionalmente imposto. Né al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio
non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153).
Quanto al secondo motivo « che nella sostanza tradisce una censura di violazione del principio di diritto indicato dal giudice remittente» (PDA, cit.), il giudizio di revisione della valutazione delle prove è sin anche evidente (avuto riguardo anche alle deduzioni contenute in memoria) , a dispetto dell’analitica analisi compiuta dal giudice di appello dei numerosi elementi indiziari, come richiamato nella PDA (« il giudice del rinvio ha, difatti, ricostruito il complesso sistema che vedeva la società, in veste di broker, inserita in una frode che aveva capofila una terza società (RAGIONE_SOCIALE e che si nutriva di società intracomunitarie interposte prive del ruolo di beneficiario effettivo delle singole transazioni (Conduit Companies), oltre che di una società interna priva di organizzazione (missing trader); in questo sistema, come accertato dall’Ufficio, la posizione della società contribuente è stata qualificata quale società filtro, sulla base di dichiarazioni acquisite in sede penale (s.i.t.) di soggetti con ruoli diversi tra loro (trasportatori, collaboratori esterni, collaboratori interni, amministratori), di informazioni del sistema VIES (ai fini del tracciamento delle operazioni sottostanti) e ulteriori attività di indagine, che hanno consentito al giudice di appello di ritenere che ‘la frode carosello all’IVA è stata attuata da una pluralità di soggetti economici in perfetta sinergia tra loro, realizzando una fittizia rete di passaggi cartolari e finanziari’; le deduzioni di parte ricorrente non attengono all’erroneo riparto dell’onere della prova ma a una valutazione delle fonti di prova, riservata al giudice del merito» ). Le deduzioni contenute in memoria non aggiungono ulteriori utili argomenti di discussione.
Quanto all’inammissibilità del terzo motivo, in disparte l’inammissibilità di una censura incentrata sull’omessa motivazione, «il ricorrente, pur avendo evidenziato il fatto storico, costituito dall’assenza
dell’abbattimento dei prezzi per la contribuente (con indiretto riferimento a elementi quali il mark-up dell’operazione o il margine di contribuzione), lo ha indicato in termini alquanto generici come mero ‘margine di ricarico a prezzi congrui’ senza ulteriore specificazione; né (per quanto più rileva) parte ricorrente ha sufficientemente descritto la decisività di tale fatto storico, sia alla luce del fatto che la motivazione del provvedimento impugnato si è dipanata lungo direttrici del tutto differenti (la accertata sinergia tra plurime società finalizzata a creare una rete fittizia di passaggi cartolari), sia alla luce delle considerazioni esposte dal controricorrente, che ha evidenziato come la ricorrente, quale società filtro, ha essenzialmente goduto dei vantaggi della cessione sottocosto» (PDA, cit.).
10. Va aggiunto, al riguardo, che la sentenza impugnata si è concentrata -come del resto, aveva indicato la sentenza rescindente di questa Corte -sull’accertamento che la società contribuente fosse stata effettivamente coinvolta in una complessa frode IVA consumata a monte, accertandone il consapevole ruolo (attraverso i suoi organi) nella complessa filiera delle società interessate dalla frode (pag. 7, 1° e 2° cpv. sent. imp.). Lo spostamento dell’indagine su un elemento di fatto, per quanto astrattament e rilevante, avulso dall’accertamento compiuto dal giudice rescissorio in base al principio di diritto enunciato da questa Corte, comporta che il motivo tende, nella sostanza, a rimettere in discussione l’accertamento in fatto compiuto dal giudice del rinvio attraverso un nuovo apprezzamento delle prove (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476).
11. Si conferma la PDA anche in relazione al quarto motivo, manifestamente infondato «quanto alla censura di violazione di legge, posto che non deve essere provata una consapevolezza soggettiva o una ‘intesa fraudolenta’ di un contribuente di avere preso parte a una frode IVA, bensì deve individuarsi uno standard oggettivo sulla base del
quale gli si possa ragionevolmente imputare la partecipazione a una evasione di imposte (Corte di Giustizia UE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C656/19, punto 80; Corte di Giustizia UE, Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33), come accertato dal giudice del rinvio; il quarto motivo è, invece, inammissibile nella parte in cui deduce la censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., sia per omessa indicazione del fatto storico, sia perché tale motivo è volto anch’esso alla censura di omesso esame di elementi istruttori, che non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo (Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476)». Standard di diligenza di accorto operatore economico che il giudice del rinvio, alla luce degli elementi indiziari esaminati, ha ritenuto non rispettato.
11. Il ricorso va, pertanto, rigettato, confermandosi la proposta di definizione accelerata, con condanna alle spese liquidate come da dispositivo e il raddoppio del contributo unificato. La condanna alle somme di cui al terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ . consegue alla conferma della proposta di definizione accelerata ed è quantificata equitativamente in relazione alla liquidazione delle spese legali (Cass., Sez. U., 28 novembre 2022, n. 32001; Cass., n. 34693/2022), come da dispositivo, così come viene equitativamente determinata la somma di danaro di cui al quarto comma del medesimo articolo, anch’essa come da dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 10.600,00, oltre spese prenotate a debito; condanna, altresì, il ricorrente al pagamento dell’importo di € 6.000,00 a termini dell’art. 96, terzo comma cod. proc. civ., nonché all’importo ulteriore di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende; dà atto che sussistono
i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 5 novembre 2024