Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7499 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7499 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6454/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SARDEGNA n. 488/2020 depositata il 07/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/01/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con distinti avvisi di accertamento, recanti i nn. TW7010101181/2011 per l’anno d’imposta 2006, TW7010101184/2011 per l’anno d’imposta 2007 e
TW7010100049/2012 per l’anno d’imposta 2008, l’Agenzia delle Entrate recuperava nei confronti di COGNOME NOME, quale titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, i maggiori importi dovuti a titolo di II.DD, IRAP ed IVA, in relazione ad operazioni soggettivamente inesistenti effettuate nelle annualità su riportate. Gli atti impositivi si poggiavano due PVC redatti dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Oristano nelle date del 31.01.2011 e del 15.04.2011, rappresentanti l’epilogo di una verifica fiscale eseguita a carico della summenzionata ditta individuale, esercente l’attività di commercio di autoveicoli in Oristano. Secondo la prospettazione erariale la ditta RAGIONE_SOCIALE aveva effettuato acquisti di autoveicoli, tra l’altro, dalla ditta RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE con sede in Cornedo Vicentino (VI), ponendo in essere una cd. ‘frode carosello’ ai danni dell’Erario, servendosi di imprese cartiere, create ed utilizzate al solo fine di consentire l’evasione dell’imposta.
Contro gli atti di accertamento indicati, il contribuente proponeva distinti ricorsi.
La Commissione Tributaria Provinciale di Oristano con sentenze n. 58/02/18, 59/02/18 e 60/02/18, depositate il 27.02.2018, sulla base della stessa motivazione, rigettava i ricorsi per i tre anni di imposta.
La Commissione Tributaria Regionale di Cagliari, con sentenza n. 488/2020, depositata in data 7.12.2020, previa riunione degli appelli distintamente avanzati in relazione a ciascuna sentenza, li accoglieva, annullando gli atti impositivi.
Il ricorso per cassazione dell’Agenzia delle Entrate è affidato a quattro motivi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si contesta la nullità della sentenza per motivazione inesistente, apparente o comunque gravemente
illogica, con la violazione e falsa applicazione degli artt. 36, co, 2, e 61 del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 132, co. 2, n. 4 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c.
Il motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La ratio decidendi della sentenza si coglie. In tal senso, non consta la nullità per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., posto che la sentenza non è affatto priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto il giudice d’appello a disattenderle. Quel che conta è, in altri termini, che nella sentenza è percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente idonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento. Va, pertanto, rammentato che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 22598 del 2018).
Con il secondo motivo si lamenta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per avere la CTR assertivamente ritenuto che ‘ l’apparato probatorio presuntivo costruito dall’Agenzia appare inidoneo a fondare l’accertamento impugnato e che la prova contraria incombente sul contribuente, anche in termini argomentativi contrari di quella dedotta dall’Agenzia pare essere stata sufficientemente addotta ‘.
Con il terzo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727, 2729 c.c., 39 e 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973, 54 d.P.R. n. 633 del 1972 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997, in combinato disposto con l’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la CTR fatto malgoverno degli oneri probatori in tema di operazioni inesistenti.
Il secondo e il terzo motivo sono intimamente connessi e si prestano a trattazione unitaria, che ne rivela la fondatezza per quanto di ragione.
Il giudice di secondo grado ha fatto assurgere ad elemento cardine della statuizione adottata la mancanza di un ‘ accordo collusivo ‘ che assume come indispensabile ai fini della legittimità del recupero fiscale, quindi della fondatezza della pretesa erariale. Ad avviso della CTR, infatti, ‘ nessun elemento induce a comprovare l’accordo collusivo tra il soggetto venditore e il contribuente ‘. A questo profilo saliente si affianca, nel ragionamento del giudice d’appello, la valorizzata assenza -del pari reputata condizionante ostativamente le riprese fiscali -di contatti fra le due società e di prelievi finalizzati al pagamento di ‘ parte del prezzo in contanti ‘. Queste argomentazioni culminano, infine, nella valutazione apodittica secondo cui ‘ l’apparato probatorio presuntivo costruito dalla Agenzia’ è ‘inidoneo a fondare l’accertamento impugnato’, mentre ‘la prova contraria incombente sul contribuente … pare essere stata sufficientemente assolta ‘.
Nel reputare imprescindibile l’accordo collusivo fra il venditore e l’odierna contribuente, quindi la compartecipazione attiva di quest’ultima alla frode, la CTR si è posta in urto frontale con l’indirizzo sedimentato di legittimità, al lume del quale per le operazioni soggettivamente inesistenti l’amministrazione finanziaria ha un onere della prova circoscritto alla dimostrazione, anche in via indiziaria che il fornitore era fittizio e che il destinatario ne era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre
sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; nella specie, infatti, incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 24471 del 2022). Invero, ‘ qualora l’Amministrazione finanziaria contesti che la fatturazione attiene ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, incombe sulla stessa l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto ‘ (Cass. n. 15369 del 2020). In ultima analisi, il fulcro dell’onere probatorio in capo all’Amministrazione Finanziaria non è dato dall’accordo collusivo fra il fornitore e l’acquirente, riassumendosi nella dimostrazione, anche in via presuntiva, della ‘ ricorrenza di elementi oggettivi dai quali emerga che il contribuente, nel momento in cui acquistò il bene o il servizio, sapeva o avrebbe
dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode ‘ (Cass. n. 9721 del 2018). Il vaglio e l’apprezzamento dell’esistenza e dell’incidenza di detti elementi presuntivi, pur dedotti dall’Agenzia in corso di giudizio e richiamati puntualmente in ossequio al principio di specificità -nel corpo del ricorso per cassazione, è del tutto mancato nella sentenza d’appello.
I due motivi vanno conseguentemente accolti.
Con il quarto motivo si censura l’omesso esame di fatti decisivi oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c., avendo la CTR trascurato il complesso degli elementi istruttori e probatori dedotti dall’Agenzia.
Il motivo rimane assorbito.
Il ricorso va, in ultima analisi, accolto in relazione al secondo e al terzo motivo, respinto il primo motivo e assorbito il quarto motivo. La sentenza d’appello va conseguentemente cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sardegna.
P.Q.M.
Rigetta il primo motivo del ricorso, accoglie il secondo e il terzo, dichiara assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sardegna.
Così deciso in Roma, il 16/01/2025.