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Frode carosello: onere prova e consapevolezza del reato

Una società si è vista negare la detrazione IVA per acquisti da una ‘società cartiera’ nell’ambito di una frode carosello. La Corte di Cassazione ha stabilito che, di fronte a gravi indizi forniti dall’Amministrazione Finanziaria (come l’assenza di struttura del fornitore), l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode, ribaltando la precedente decisione di merito.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode carosello: l’onere della prova si inverte con la consapevolezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i principi sull’onere della prova in materia di frode carosello IVA, stabilendo quando la responsabilità di dimostrare la propria buona fede ricade sull’acquirente. La decisione sottolinea che, di fronte a solidi indizi di frode presentati dall’Amministrazione Finanziaria, non è sufficiente per l’impresa mostrare la regolarità formale delle fatture: è necessario provare di aver agito con la massima diligenza.

I Fatti: La contestazione di una frode carosello

Il caso riguarda un’impresa attiva nel commercio di telefoni cellulari che si è vista recapitare un avviso di accertamento per l’indebita detrazione dell’IVA relativa all’anno 2010. Secondo l’Agenzia delle Entrate, la società aveva acquistato ingenti partite di merce da un’altra azienda, risultata essere una mera ‘società cartiera’. Quest’ultima era un intermediario fittizio inserito in un meccanismo fraudolento per evadere l’IVA: acquistava beni da operatori esteri senza applicare l’imposta e li rivendeva a prezzi sottocosto a società nazionali, le quali poi detraevano un’IVA mai versata a monte.

Mentre la Commissione tributaria regionale aveva dato ragione all’impresa, sostenendo che l’Ufficio non avesse provato la sua ‘connivenza’, l’Agenzia delle Entrate ha portato il caso in Cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme sull’onere probatorio.

La Decisione della Cassazione: Ribaltato l’onere della prova in caso di frode carosello

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza precedente e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella ripartizione dell’onere della prova. I giudici hanno riaffermato un principio consolidato, anche a livello europeo: spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire gli elementi, anche presuntivi, che dimostrino la consapevolezza del contribuente di partecipare a un’operazione fraudolenta.

Le Motivazioni della Corte

Tuttavia, una volta che l’Ufficio ha fornito indizi gravi, precisi e concordanti, l’onere si inverte. A quel punto, è il contribuente a dover provare ‘la prova contraria’. Non basta dimostrare la regolarità contabile o l’effettivo pagamento delle fatture; occorre dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nell’evasione. La Corte ha specificato che elementi come la qualità di ‘cartiera’ del fornitore (privo di dipendenti, beni strumentali e sede operativa) e la vendita sistematica sottocosto sono indizi sufficienti a far sorgere il sospetto e, di conseguenza, a invertire l’onere della prova.

La sentenza impugnata è stata censurata proprio per aver ignorato questi elementi, considerandoli irrilevanti e valorizzando invece aspetti formali come il pagamento tramite mezzi bancari, che in schemi fraudolenti così strutturati sono la norma e non un indice di buona fede.

Conclusioni: Le implicazioni per le imprese

Questa ordinanza rappresenta un monito fondamentale per tutte le imprese. La lotta alla frode carosello richiede un approccio proattivo nella scelta dei partner commerciali. Non è più sufficiente limitarsi a un controllo formale dei documenti. È indispensabile adottare una diligenza rafforzata, verificando la reale struttura operativa dei propri fornitori, specialmente in settori ad alto rischio e in presenza di condizioni commerciali anomale, come prezzi significativamente inferiori a quelli di mercato. L’ignoranza ‘incolpevole’ è una difesa sempre più difficile da sostenere: la giurisprudenza richiede agli operatori economici di essere guardiani attivi della legalità della catena commerciale in cui si inseriscono.

Quando si inverte l’onere della prova in una frode carosello?
L’onere della prova si inverte e passa al contribuente quando l’Amministrazione Finanziaria fornisce elementi oggettivi, anche presuntivi, gravi, precisi e concordanti, che dimostrano che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’IVA.

La regolarità formale delle fatture e dei pagamenti è sufficiente a dimostrare la buona fede?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la prova della regolarità formale delle scritture contabili e delle evidenze dei pagamenti è priva di rilievo per dimostrare la buona fede, poiché si tratta di circostanze facilmente falsificabili e intrinseche alla stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente.

Cosa deve fare un’impresa per dimostrare di non essere coinvolta in una frode carosello?
L’impresa deve dimostrare di aver adoperato la ‘massima diligenza esigibile da un operatore accorto’. Questo significa provare di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare all’evasione e di aver adottato tutte le misure ragionevoli per evitare di essere coinvolta, specialmente in presenza di indizi idonei a far sorgere il sospetto (es. prezzi anomali, fornitore privo di struttura).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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