Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22432 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22432 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
Oggetto: litisconsorzio – costi – operazioni soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti ai nn. NUMERO_TELEFONO/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME di RAGIONE_SOCIALE, in persona della legale rappresentante p.t., società estinta, COGNOMERAGIONE_SOCIALE, COGNOME ORAZIO, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME NOME COGNOME;
-intimati – avverso le sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia, nn. 4136, 4137, 4138, 4140 e 4143 depositate l’11 maggio 2023, non notificate.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 23 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Con le sentenze della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Sicilia nn.4143/10/2023 e 4138/10/2023, veniva rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate e accolto l’appello incidentale della società RAGIONE_SOCIALE cancellata in data 19.6.2014, e dai soci NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME proposti avverso le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Messina nn.500 e 511/7/2012 di parziale accoglimento del ricorso introduttivo, con cui i contribuenti impugnavano l’avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2004, notificato in un caso alla società e, nell’altro, ai soci. Con tale atto impositivo ai sensi degli artt.41 bis e 40 d.P.R. n.600/73 veniva rettificato il reddito di impresa della società, ai fini IRAP, IVA e sanzioni, in relazione ad operazioni contestate dall’Amministrazione finanziaria come soggettivamente inesistenti, di importazione infracomunitaria di autoveicoli; venivano disconosciuti costi in dipendenza delle operazioni inesistenti.
Avverso le decisioni l’Agenzia delle Entrate propone due ricorsi per Cassazione, nei confronti della società iscritto all’RGN 24157/2023 e nei confronti dei soci iscritto all’RGN 24231/2023, ciascuno affidato ad un unico motivo. I contribuenti sono rimasti intimati.
Le ulteriori due sentenze nn.4137 e 4140/10/2023 rigettavano gli appelli dell’Agenzia delle Entrate proposti avverso le sentenze della Commissione Tributaria Provinciale di Messina nn.505 e 507/7/2012 di accoglimento del ricorso introduttivo, con cui, rispettivamente, NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO e NOME COGNOME l’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO ciascuno per IRPEF per l’anno di imposta 2004, in corrispondenza delle rispettive quote della società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE
Avverso le due decisioni l’Agenzia delle Entrate propone due distinti ricorsi per Cassazione iscritti agli RGNN. 24222/2023 e 24224/2023, ciascuno per un unico motivo, mentre i due contribuenti sono rimasti intimati.
Con la sentenza n.4136/10/2023 veniva rigettato l’appello dell’Agenzia delle Entrate, proposto avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Messina n.509/7/2012 di accoglimento del ricorso introduttivo, con cui NOME COGNOME impugnava l’atto di contestazione sanzioni per l’anno di imposta 2004. Con tale atto l’Amministrazione finanziaria contestava alla contribuente violazioni tributarie commesse nella qualità di legale rappresentante della società.
Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate propone il ricorso RGN 24437/23 per Cassazione affidato ad un unico motivo e la contribuente è rimasta intimata.
Considerato che:
In via pregiudiziale, il Collegio osserva che, in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle
dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22/12/1986 n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali. Pertanto, tutti questi soggetti devono essere parti dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi. Siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 546/92 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Cass. Sez. U., sentenza n.14815 del 4.6.2008).
1.1. Sono possibili eccezioni, in presenza di cause decise separatamente nel merito e, ad esempio, relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone e alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio. Così, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza
di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: 1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; 2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; 3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; 4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111, comma 2, Cost. e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perché non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio . (Cass. Sez. 5, sentenza n. 29843 del 13/12/2017).
1.2. Tali condizioni sussistono nel caso di specie, in cui sia in primo sia in secondo grado le decisioni nei confronti della società e dei soci sono state assunte contemporaneamente, con motivazioni analoghe e complementari, avuto riguardo per il rispettivo oggetto, relativo alla rettifica del reddito di impresa 2004 della società, ai fini IRAP e IVA quanto all’avviso di accertamento n.RJE020103094 , alla base dei due processi celebrati nei confronti della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e dei soci NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME e NOME COGNOME e dei due processi relativi alle conseguenti riprese IRPEF per trasparenza in corrispondenza delle quote della società possedute da NOME COGNOME (avviso di accertamento
RJE010103288) e NOME COGNOME (avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO). Il giudice d’appello ha mancato di rilevare il difetto di riunione in primo grado e, a sua volta, ha omesso di riunire le cause avanti a lui proposte, adempimento che dev’essere senz’altro disposto in questa sede.
1.3. Inoltre, nei confronti del ricorso RGN 24437/2023 non vi è un vero e proprio litisconsorzio, ma sussiste una connessione oggettiva e parzialmente soggettiva rilevante ai fini dell’art.274 cod. proc. civ. , dal momento che in esso NOME COGNOME ha impugnato l’atto di irrogazione sanzioni per l’anno di imposta 2004, con il quale l’Amministrazione finanziaria le ha contestato violazioni tributarie commesse nella qualità di legale rappresentante della società nel periodo di imposta.
Per l’effetto, i ricorsi più recenti, iscritti agli RGNN. 24222, 2424, 24231 e 24437/2023 sono riuniti al ricorso, più risalente, RGN 24157/2023.
2. Sempre in via pregiudiziale, il Collegio osserva che la società è stata cancellata dal registro delle imprese il 19.6.2014, dopo la proposizione dell’appello, ma prima della sentenza di secondo grado. Con riferimento alla proposizione del ricorso per Cassazione nei suoi confronti, va data ulteriore continuità alla giurisprudenza della Corte (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 15177 del 22/07/2016 e giurisprudenza ivi citata), secondo cui è inammissibile il controricorso proposto da una società, originaria parte attrice, ormai cancellata dal registro delle imprese atteso che, da un lato, l’estinzione, intervenuta in pendenza di giudizio, determina la perdita della capacità processuale, l’interruzione del processo ex art. 299 ss. cod. proc. civ. e la successione dei soci ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ., e, dall’altro, la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, pur consentendo la notifica del ricorso della controparte presso il difensore in appello della società estinta, non vale per la proposizione del ricorso per cassazione, che esige la procura speciale e deve, quindi, essere effettuata dai soci. Da quanto sopra si
evince che il ricorso notificato al difensore in appello della società estinta è regolare, e ciò in disparte dal fatto che, per effetto della disposta riunione dei processi, sono stati ritualmente evocati in giudizio anche i soci successori ex art.2495 cod. civ.
Con un analogo unico motivo i ricorsi relativi agli avvisi di accertamento n.RJE020103094, iscritti agli RGNN 24157 e 24231/2023 , in relazione all’art.360, primo comma, n.3 cod. proc. civ., deducono la violazione e falsa applicazione degli artt.19, comma 1, e 54, comma 2, d.P.R. n.633/72, 2697 e 2729 cod. civ., nonché dei principi affermati dalle sentenze della Corte di Giustizia UE il 12.1.2006 nelle cause C-354/03, 355/03 e 484/03 e il 6.7.2007 nelle cause C439/04 e 440/04, per aver il giudice escluso che la contribuente fosse consapevole di partecipare alla frode carosello contestata.
I motivi dei suddetti ricorsi sono fondati.
4.1. In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittiziet à del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualit à professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalit à in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, n é la regolarit à della contabilit à e dei pagamenti, n é la mancanza di benefici dalla rivendita
delle merci o dei servizi (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 9851 del 20/04/2018, poi sempre confermata).
Egualmente, anche ai fini delle imposte dirette, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione, ad esempio nel caso in cui contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione un costo, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode, e la dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti (Cass. Sez. 6-5, ordinanza n. 5873 del 28/02/2019). In assenza di tale dimostrazione, la volontaria utilizzazione di documentazione fiscale non corrispondente alla realtà economica, configurando nei confronti del contribuente a partecipazione ad una frode fiscale, impedisce al contribuente di avvalersi del principio della tutela del terzo di buona fede, così come delineato dalla giurisprudenza unionale (cfr. CGCE 6 luglio 2009, in cause riunite C-439/04 e C440/04) e preclude, quindi, la detraibilità dell’imposta risultante dalle fatture (v. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 17335 del 19/08/2020).
4.2. Nel caso di specie la decisione del giudice del merito è problematica non solo perché identifica il canone di riparto dell’onere della prova tra Amministrazione e contribuente in riferimento alle operazioni soggettivamente inesistenti sulla base di una giurisprudenza molto risalente e in parte superata, ma soprattutto perché non lo cala correttamente nel caso concreto: si legge nelle sentenze impugnate con i ricorsi in disamina: «restano indimostrati i rapporti ed i comportamenti consapevolmente collusi tra l’AUTO NOME COGNOME e le ipotizzate “frodi carosello”». Così argomentando il giudice dichiara che non vi è la prova della partecipazione di parte contribuente alla frode, ma non compie, come necessario, un accertamento circa la mera
conoscibilità della stessa e, oltretutto, valorizza elementi irrilevanti ai fini di tale valutazione («pagamento con mezzo tracciabile» facilmente retrovertibile, «prezzi altamente concorrenziali» laddove il risparmio decisivo è fiscale, ecc..), sulla base dei principi di diritto sopra richiamati.
5. Con un unico motivo i ricorsi relativi agli avvisi di accertamento IRPEF notificati ai soci in conseguenza della rettifica del reddito di impresa nn.RJE010103288 e RJE010103284, iscritti agli RGNN 24222 e 24224/2023, e il ricorso iscritto al RGN 24437/2023 avente ad oggetto l’atto di contestazione sanzioni n.RJECO0102041/2010, in relazione all’art. 360, primo comma, n.4 cod. proc. civ., deducono la violazione e falsa applicazione degli artt.111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n.4, cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 1, comma 2, 36, comma 2 nn.2 e 4, 53, 54, d.lgs. n.546/92 e la nullità della sentenza per assoluta mancanza o mera apparenza della motivazione delle sentenze impugnate, facenti meramente relazione alla decisione resa sulla rettifica del reddito d’impresa della società.
6. I motivi dei suddetti ricorsi sono fondati. In entrambe le sentenze rese impugnate con i due suddetti ricorsi i l giudice d’appello , nel pronunciarsi sul merito della controversia avente ad oggetto l’avviso ex art. 5 TUIR emesso per l’annualità 2004 nei confronti di due soci, non ha scrutinato i motivi degli atti d’appello dedotti dall’Agenzia delle entrate e riportati nei ricorsi. La motivazione, analoga nelle due sentenze e molto succinta, si limita a richiamare la coeva decisione assunta dal medesimo collegio resa nel processo d ‘appello nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, con la quale è stata dichiarata la nullità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società per l’anno 2004 . Tale decisione, non definitiva, è stata riformata con la presente ordinanza, come sopra visto e, in conseguenza, trovano accoglimento anche le due censure gemelle
formulate dall’Agenzia con i due ricorsi proposti nei confronti dei soci in riferimento alle consequenziali riprese IRPEF dal momento che il giudice ha errato a trarre conclusioni, assimilabili a quelle di un giudicato esterno ex art.2909 cod. civ., oltretutto rilevato d’ufficio e desunto da una sentenza non definitiva e qui riformata, omettendo di decidere sui singoli motivi di appello.
In conclusione, in accoglimento dei ricorsi riuniti, tutte le sentenze impugnate sono cassate con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte:
riunisce i ricorsi RGNN 24222, 24224, 24231 e 24437/2023 al ricorso RGN 24157/2023;
accoglie i ricorsi riuniti, cassa le sentenze impugnate e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti e per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma il 23 aprile 2025