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Frode carosello: onere della prova e detrazione IVA

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha confermato il rigetto del ricorso di una società coinvolta in una frode carosello. La Corte ha stabilito che la detrazione dell’IVA è negata non solo in caso di consapevolezza della frode, ma anche quando l’imprenditore, usando la normale diligenza, avrebbe dovuto sapere dell’evasione. L’Amministrazione Finanziaria ha fornito sufficienti elementi indiziari per dimostrare il coinvolgimento, invertendo l’onere della prova sul contribuente, che non è riuscito a dimostrare la propria buona fede.

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Pubblicato il 20 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello: la Cassazione nega la detrazione IVA a chi non vigila

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un caso emblematico di frode carosello, chiarendo i confini dell’onere della prova e le condizioni per la detrazione dell’IVA. La vicenda riguarda una società di distribuzione a cui l’Amministrazione Finanziaria ha contestato un ingente importo IVA, ritenendola partecipe di un meccanismo fraudolento basato su operazioni soggettivamente inesistenti. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, consolidando un principio fondamentale: la diligenza dell’imprenditore è cruciale per non perdere il diritto alla detrazione.

I Fatti di Causa

All’origine della controversia vi è un avviso di accertamento notificato a una società di distribuzione per un importo di oltre 9 milioni di euro a titolo di IVA. Secondo la Guardia di Finanza, la società avrebbe agito come “buffer”, ovvero come un filtro, all’interno di una complessa frode carosello. Questo schema fraudolento era orchestrato attraverso l’uso di fatture false emesse da società “missing trader” nazionali, create al solo scopo di evadere l’IVA.

L’Amministrazione Finanziaria ha evidenziato una serie di gravi indizi a carico della società, tra cui:
* Un aumento vertiginoso e anomalo del volume d’affari.
* La mancanza di magazzini per lo stoccaggio della merce.
* L’irreperibilità della società stessa presso la sede legale dichiarata.
* La presenza di società “cartiere” tra i fornitori.
* L’assenza di una reale sede operativa, di personale e di attrezzature.
* L’antieconomicità delle operazioni di vendita.

Nonostante la società avesse impugnato l’atto impositivo, sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto i suoi ricorsi, confermando la validità dell’accertamento. Di qui, il ricorso in Cassazione basato su quattro motivi, tutti incentrati su presunte violazioni di legge processuale e sostanziale.

L’Analisi della Corte sulla Frode Carosello

La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti i motivi del ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. L’analisi si è concentrata sui principi che regolano la prova nelle contestazioni relative a operazioni inesistenti.

La Validità della Motivazione d’Appello

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Corte ha ritenuto che la sentenza di secondo grado fosse adeguatamente motivata. I giudici d’appello avevano correttamente applicato i principi giurisprudenziali in materia, osservando che l’Amministrazione Finanziaria aveva fornito “molteplici e gravi elementi indiziari” non solo sull’inesistenza soggettiva dei fornitori, ma anche sulla consapevolezza della società appellante di partecipare alla frode.

L’Onere della Prova nella Frode Carosello

Il cuore della decisione riguarda l’onere della prova. La Cassazione ha ribadito che, in tema di frode carosello, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, che il contribuente era consapevole della frode o che, usando la diligenza esigibile da un operatore accorto, avrebbe dovuto esserlo. Una volta fornita questa prova, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito in totale buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per non essere coinvolto in un’evasione fiscale. La regolarità formale della contabilità o dei pagamenti non è, da sola, sufficiente a dimostrare tale buona fede.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha sottolineato che il diritto alla detrazione dell’IVA viene meno non solo quando c’è la piena e provata consapevolezza di partecipare a un’evasione, ma anche quando l’operatore economico, in base alle circostanze, avrebbe dovuto sospettare dell’esistenza della frode. La diligenza richiesta è quella dell’imprenditore accorto, che deve valutare la situazione con ragionevolezza e proporzionalità.

Nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente valutato l’insieme degli indizi (l’enorme volume d’affari, l’assenza di strutture operative, la natura dei fornitori) come prova presuntiva sufficiente a dimostrare il coinvolgimento della società. La Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimità, non può riesaminare nel merito tale valutazione dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme di diritto, cosa che è avvenuta.

Le Conclusioni

L’ordinanza si chiude con il rigetto definitivo del ricorso e la condanna della società al pagamento delle spese legali. La decisione rafforza un orientamento ormai consolidato: nel contesto di una frode carosello, la neutralità dell’IVA non è un diritto incondizionato. Le imprese hanno il dovere di agire con la massima diligenza e di verificare l’affidabilità dei propri partner commerciali. Ignorare segnali di allarme evidenti, come quelli riscontrati nel caso esaminato, equivale a una colpevole negligenza che comporta la perdita del diritto a detrarre l’IVA e l’esposizione a pesanti sanzioni.

Chi deve provare la consapevolezza del contribuente in una frode carosello?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria l’onere di provare, anche tramite indizi gravi, precisi e concordanti, che il contribuente era a conoscenza della frode o che avrebbe dovuto conoscerla usando la normale diligenza. Una volta fornita questa prova, l’onere si inverte e tocca al contribuente dimostrare la sua totale buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie.

Quando un’azienda perde il diritto alla detrazione dell’IVA in operazioni soggettivamente inesistenti?
Un’azienda perde il diritto alla detrazione dell’IVA non solo quando è dimostrata la sua piena consapevolezza di partecipare alla frode, ma anche quando, sulla base delle circostanze e usando la diligenza di un operatore accorto, avrebbe dovuto sapere dell’esistenza dell’evasione fiscale a monte.

Cosa deve fare un’azienda per dimostrare di non essere coinvolta in una frode carosello?
L’azienda deve fornire la prova contraria di aver agito senza la consapevolezza di partecipare a un’evasione fiscale e di aver adoperato la massima diligenza esigibile per non essere coinvolta. La semplice regolarità formale della contabilità e dei pagamenti non è sufficiente a tal fine.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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