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Frode carosello: onere della prova e consapevolezza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22932/2025, ha rigettato il ricorso di una società coinvolta in una frode carosello. La Corte ha confermato che l’Amministrazione Finanziaria ha assolto il proprio onere probatorio dimostrando, tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, l’esistenza della frode e la consapevolezza della società. Di contro, la contribuente non è riuscita a fornire la prova contraria della propria buona fede e dell’adozione della massima diligenza, rendendo legittimo il recupero delle imposte non versate.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello: La Cassazione Sull’Onere della Prova e la Consapevolezza

L’ordinanza n. 22932 del 2025 della Corte di Cassazione offre un’analisi dettagliata dei principi che regolano l’onere della prova in materia di frode carosello. La pronuncia ribadisce che, di fronte a un quadro probatorio solido fornito dall’Amministrazione Finanziaria, spetta al contribuente dimostrare la propria totale estraneità al meccanismo fraudolento, non essendo sufficiente invocare la mera regolarità formale delle operazioni. Vediamo nel dettaglio i fatti e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Una società operante nel commercio all’ingrosso di abbigliamento si è vista notificare diversi avvisi di accertamento con i quali l’Amministrazione Finanziaria recuperava costi indebitamente dedotti e IVA indebitamente detratta per gli anni dal 2006 al 2008. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, la società svolgeva il ruolo di ‘società filtro’ in un complesso meccanismo di frode carosello.

Lo schema era il seguente: una società con sede a Malta fatturava merce a società italiane definite ‘cartiere’, le quali, a loro volta, vendevano la merce alla società ricorrente. Quest’ultima rivendeva i beni a grossisti, che li cedevano a società estere in regime di esenzione IVA. Questo meccanismo era finalizzato alla creazione di fittizi crediti IVA di ingente valore, utilizzati poi per compensare altre imposte dovute.

La Commissione Tributaria Regionale aveva confermato la legittimità degli accertamenti, ritenendo provato sia il meccanismo fraudolento sia la consapevolezza della società ricorrente. Contro questa decisione, la società ha proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione e l’onere della prova nella frode carosello

La Suprema Corte ha dichiarato infondati i motivi di ricorso, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della controversia riguarda la ripartizione dell’onere della prova.

La Corte ribadisce un principio consolidato, anche a livello europeo: in caso di operazioni soggettivamente inesistenti inserite in una frode carosello, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare due elementi:

1. L’oggettiva fittizietà del fornitore (o l’inserimento dell’operazione in un contesto fraudolento).
2. La consapevolezza del destinatario della fattura, ovvero che egli ‘sapeva o avrebbe dovuto sapere’, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta.

Questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Una volta che l’Amministrazione ha assolto a questo onere, la palla passa al contribuente. Spetta a quest’ultimo dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adottato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode.

Gli Elementi Presuntivi e la Consapevolezza del Contribuente

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che l’Amministrazione avesse fornito un quadro probatorio presuntivo solido e convincente sulla partecipazione consapevole della società alla frode carosello. Tra gli elementi chiave vi erano:

* La natura dei fornitori: Le società italiane che vendevano la merce alla ricorrente erano risultate essere mere ‘cartiere’, prive di qualsiasi struttura operativa, rappresentate da soggetti nullatenenti e con bilanci depositati ma senza alcun versamento di imposte.
* Collegamenti soggettivi: Erano emerse comunanze tra la società verificata e un’altra entità coinvolta nello stesso schema, come la presenza del medesimo amministratore e la coincidenza della sede legale presso lo stesso studio commerciale.
* Anomalie operative: L’utilizzo dello stesso formato di stampa per le fatture (compresi gli errori), il ‘ribaltamento’ automatico delle fatture di acquisto verso clienti esteri e l’indicazione di una società di trasporti fallita come responsabile della logistica.

Di fronte a questi indizi, la difesa della società è stata giudicata generica e insufficiente. La ricorrente si era limitata a contestare gli elementi senza fornire prove concrete a contrario, come la dimostrazione di aver effettuato le dovute verifiche sui propri partner commerciali.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda sulla corretta applicazione dei principi giurisprudenziali in materia. I giudici hanno sottolineato che la motivazione della sentenza d’appello non era meramente apparente, ma aveva chiaramente illustrato il percorso logico-giuridico seguito, basandosi sugli elementi emersi dal processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza. Questo atto, secondo la Corte, costituisce un elemento di prova che il giudice deve valutare insieme agli altri. La Corte ha chiarito che la prova della regolarità contabile, dei pagamenti tracciabili o della consegna effettiva della merce non è sufficiente a dimostrare la buona fede. Tali circostanze, infatti, sono pienamente compatibili e spesso necessarie per mascherare una operazione soggettivamente inesistente. Il contribuente deve fare di più: deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele ragionevolmente esigibili per verificare l’affidabilità del proprio fornitore, specialmente in presenza di indicatori di anomalia.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio per gli operatori economici: la lotta all’evasione IVA, in particolare nelle forme complesse come la frode carosello, richiede un elevato standard di diligenza. Le imprese non possono limitarsi a una verifica formale dei propri partner commerciali. Di fronte a elementi che possono far sorgere un sospetto (prezzi anomali, strutture societarie opache, modalità operative insolite), è necessario attivarsi per acquisire informazioni supplementari. In caso contrario, il rischio è quello di vedersi contestare la detrazione dell’IVA e la deducibilità dei costi, con l’onere, molto gravoso, di dover dimostrare a posteriori la propria totale estraneità e buona fede.

In una frode carosello, chi deve provare cosa?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche tramite presunzioni gravi, precise e concordanti, che l’operazione è inserita in una frode e che il contribuente ne era a conoscenza o avrebbe dovuto esserlo con l’ordinaria diligenza. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per evitare il coinvolgimento.

La regolarità formale della contabilità e dei pagamenti è sufficiente a escludere il coinvolgimento in una frode carosello?
No. Secondo la Corte, la regolarità formale e l’effettivo pagamento delle fatture sono circostanze pienamente compatibili con una frode fiscale, anzi, sono spesso utilizzate per dare un’apparenza di realtà a un’operazione fittizia. Pertanto, non sono di per sé sufficienti a dimostrare la buona fede del contribuente di fronte a solidi indizi di frode.

Quale valore probatorio hanno le dichiarazioni di terzi raccolte dalla Guardia di Finanza in un processo tributario?
Le dichiarazioni di terzi, così come le altre risultanze del processo verbale di constatazione, costituiscono elementi di prova di natura indiziaria. Non hanno valore di prova legale, ma il giudice è tenuto a valutarle nel loro complesso, insieme a tutti gli altri elementi acquisiti nel giudizio, per formare il proprio convincimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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