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Frode carosello: onere della prova e buona fede

In un caso di presunta frode carosello, la Corte di Cassazione ha annullato la decisione di merito che aveva riconosciuto il diritto alla detrazione IVA ad una società. La Corte ha ribadito che, una volta che l’Amministrazione Finanziaria fornisce indizi gravi, precisi e concordanti sull’esistenza di una frode, l’onere della prova si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto, non essendo sufficiente la mera regolarità formale dei documenti contabili.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello: Onere della Prova e Buona Fede, i Chiarimenti della Cassazione

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione sulla detrazione IVA nel contesto delle operazioni soggettivamente inesistenti, tipiche della frode carosello. La Corte di Cassazione, con una pronuncia dettagliata, ribadisce i principi che regolano la ripartizione dell’onere della prova tra Fisco e contribuente, sottolineando come la buona fede non possa basarsi sulla mera apparenza formale.

Il Contesto: Detrazione IVA e Operazioni Inesistenti

Il caso trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate negava a una società la detrazione dell’IVA relativa all’anno d’imposta 2011. La contestazione si fondava sulla convinzione che le fatture provenissero da una cosiddetta ‘società cartiera’, interposta fittiziamente in acquisti di merce che, in realtà, avvenivano direttamente tra la società contribuente e un fornitore comunitario. Si configurava, quindi, una classica operazione soggettivamente inesistente, elemento chiave di una frode carosello.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici tributari avevano dato ragione al contribuente. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che l’azienda avesse agito in ‘buona fede’ e che l’onere di provare la partecipazione consapevole alla frode gravasse interamente sull’Amministrazione finanziaria, onere che, a loro avviso, non era stato assolto. La decisione si basava su elementi come l’esistenza di un contratto, la tracciabilità dei pagamenti e le visure camerali della società fornitrice.

La Decisione della Cassazione sulla Frode Carosello

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede in una scorretta applicazione, da parte dei giudici di merito, dei principi consolidati a livello nazionale ed europeo in materia di onere probatorio nelle frodi IVA.

La Corte ha stabilito che la Commissione Tributaria Regionale ha errato nel considerare sufficienti gli elementi formali prodotti dal contribuente, ignorando i numerosi e specifici indizi di anomalia presentati dall’Ufficio. Tali indizi, una volta provati, sono sufficienti a invertire l’onere della prova, richiedendo al contribuente di dimostrare di aver adottato la massima diligenza possibile per verificare l’affidabilità del proprio partner commerciale.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova nella Frode Carosello

La motivazione della Suprema Corte si articola su principi chiari e consolidati, definendo nettamente i confini degli obblighi probatori delle parti.

Il Ruolo dell’Amministrazione Finanziaria

In primo luogo, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che l’operazione si inserisce in un contesto fraudolento. Deve fornire elementi oggettivi specifici che facciano sorgere il sospetto che il cessionario (il contribuente) sapesse o avrebbe dovuto sapere della frode. Nel caso specifico, l’Agenzia aveva evidenziato: l’inesistenza di una sede legale operativa del fornitore, la mancanza di dipendenti e di una struttura adeguata, l’assenza di documentazione contabile e anomalie nei flussi di pagamento.

L’Obbligo di Diligenza del Contribuente

Una volta che il Fisco ha fornito questi indizi, la palla passa al contribuente. A quest’ultimo non basta più attestare la regolarità formale dell’operazione. Deve, invece, provare di aver agito con la ‘massima diligenza esigibile da un operatore accorto’. Ciò significa dimostrare di aver intrapreso tutte le verifiche ragionevoli e proporzionate alle circostanze per accertarsi che il fornitore non fosse coinvolto in un’evasione.

L’Irrilevanza delle Prove Formali

La Corte ha specificato che elementi come la regolarità dei pagamenti tramite bonifico, l’esistenza di un contratto o la congruità dei prezzi sono irrilevanti o addirittura neutri. Questi aspetti, infatti, sono intrinseci alla struttura stessa della frode carosello, che si basa proprio su un’apparenza di normalità per mascherare l’illecito. Dare peso a tali elementi significherebbe vanificare la lotta all’evasione IVA.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Imprese

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese: la lotta alla frode carosello richiede un ruolo attivo da parte degli operatori economici. La buona fede non è uno stato passivo di ‘non conoscenza’, ma un comportamento attivo di diligenza. Le aziende devono implementare procedure di controllo e ‘due diligence’ sui propri fornitori, specialmente in presenza di segnali di allarme. Ignorare indizi come prezzi anomali, strutture societarie inconsistenti o canali commerciali paralleli può costare caro, con il disconoscimento della detrazione IVA e l’applicazione di pesanti sanzioni. La sentenza riafferma che, nel commercio, la prudenza non è mai troppa e la responsabilità di scegliere partner commerciali affidabili ricade, in ultima analisi, sull’imprenditore stesso.

In caso di contestazione di una frode carosello, chi deve provare la consapevolezza del contribuente?
Spetta all’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche tramite presunzioni basate su elementi oggettivi, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione faceva parte di un’evasione IVA.

Per dimostrare la propria buona fede in una frode carosello, è sufficiente per il contribuente presentare fatture e pagamenti regolari?
No. Secondo la Corte, la regolarità formale delle scritture contabili e dei pagamenti non è sufficiente a dimostrare la buona fede, poiché queste circostanze sono spesso utilizzate proprio per mascherare l’operazione fittizia.

Cosa deve fare un’impresa per tutelarsi dal rischio di essere coinvolta in una frode carosello?
L’impresa deve adottare la massima diligenza esigibile da un operatore accorto. In presenza di indizi di anomalia (es. prezzi troppo bassi, fornitori privi di struttura reale), deve assumere opportune informazioni sull’effettiva esistenza e operatività del fornitore per evitare di essere coinvolta in una frode.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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