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Frode carosello: onere della prova e buona fede

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24818/2025, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in materia di frode carosello. Se l’Amministrazione Finanziaria fornisce indizi gravi, precisi e concordanti che l’operazione è inserita in un meccanismo fraudolento, spetta al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza per verificare la reale operatività del fornitore e la sua estraneità alla frode. La mera regolarità formale delle fatture e dei pagamenti non è sufficiente a provare la buona fede e a garantire il diritto alla detrazione dell’IVA.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello e Onere della Prova: La Cassazione Chiarisce le Responsabilità dell’Acquirente

L’ordinanza della Corte di Cassazione in commento affronta un tema cruciale per ogni operatore economico: la responsabilità dell’acquirente in una frode carosello e il conseguente diritto alla detrazione dell’IVA. La pronuncia stabilisce principi chiari sulla ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, sottolineando come la semplice regolarità formale dei documenti non sia sufficiente a dimostrare la propria buona fede.

I Fatti: Un Commercio di Autoveicoli Sotto la Lente del Fisco

Il caso riguarda una società operante nel commercio di autoveicoli che ha ricevuto un avviso di accertamento per l’indebita detrazione dell’IVA relativa all’anno d’imposta 2006. Secondo l’Amministrazione Finanziaria, la società aveva acquistato veicoli da due imprese italiane che, in realtà, fungevano da mere “società cartiere” in un complesso schema di frode carosello.

Queste società interposte acquistavano i veicoli da fornitori comunitari e li rivendevano immediatamente alla società contribuente a prezzi vantaggiosi, omettendo sistematicamente il versamento dell’IVA incassata. Le indagini avevano rivelato che le società fornitrici erano prive di qualsiasi struttura aziendale, personale o capacità finanziaria, agendo di fatto come filtri per perpetrare la frode.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia in primo che in secondo grado, i giudici tributari avevano dato ragione alla società contribuente. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, aveva ritenuto che l’Amministrazione Finanziaria non avesse fornito prove sufficienti a dimostrare che l’acquirente fosse a conoscenza, o potesse conoscere, della frode. Secondo i giudici d’appello, elementi come la rivendita con uno sconto o il regolare pagamento dell’IVA da parte dell’acquirente non costituivano indizi sufficienti a far sorgere il sospetto di un illecito.

L’Onere della Prova nella Frode Carosello secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa prospettiva, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici supremi hanno riaffermato un principio fondamentale: in tema di frode carosello, l’onere della prova è ripartito.

1. Onere dell’Amministrazione Finanziaria: Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria dimostrare, anche tramite presunzioni, l’esistenza di elementi oggettivi e specifici che facciano sospettare il coinvolgimento del contribuente in un’operazione fraudolenta. Questi elementi devono essere tali da indicare che l’acquirente sapeva o, usando l’ordinaria diligenza, avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in un’evasione IVA.

2. Onere del Contribuente: Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali indizi, l’onere si sposta sul contribuente. Quest’ultimo deve provare la sua buona fede, dimostrando di aver agito con la “massima diligenza esigibile da un operatore accorto” per evitare di essere coinvolto nella frode.

Gli Indizi di Frode e la Massima Diligenza

La Corte ha evidenziato che la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente ignorato una serie di “campanelli d’allarme” forniti dal Fisco. Tra questi:

* La totale assenza di una struttura operativa (dipendenti, uffici, magazzini) delle società fornitrici.
* La mancanza di capacità finanziaria, desumibile dal fatto che gli acquisti venivano saldati solo dopo aver ricevuto l’intero anticipo dal cliente finale.
* La vendita di automobili a un prezzo inferiore a quello di acquisto, con un margine di guadagno basato unicamente sul mancato versamento dell’IVA.

Di fronte a tali indizi, un operatore commerciale diligente avrebbe dovuto assumere opportune informazioni sull’effettiva esistenza e operatività del fornitore. La regolarità formale delle fatture o il fatto di aver pagato l’IVA non sono sufficienti a scagionare l’acquirente, poiché questi elementi sono spesso parte integrante dello schema fraudolento per farlo apparire legittimo.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha cassato la sentenza d’appello perché i giudici di merito hanno commesso un errore di diritto nel non applicare correttamente i principi sulla ripartizione dell’onere probatorio. Hanno illegittimamente trascurato gli elementi oggettivi presentati dall’Amministrazione Finanziaria, che erano più che sufficienti a invertire l’onere della prova a carico della società contribuente. Era onere di quest’ultima, quindi, fornire la prova positiva della propria buona fede e dell’adozione di tutte le cautele necessarie per verificare l’affidabilità del partner commerciale, prova che nel caso di specie non è stata fornita.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per le Imprese

Questa ordinanza ribadisce un messaggio molto chiaro per tutte le imprese: la lotta all’evasione IVA richiede una partecipazione attiva e responsabile da parte di tutti gli operatori economici. Non è possibile nascondersi dietro la mera apparenza formale delle transazioni. Per tutelare il proprio diritto alla detrazione IVA, un’impresa deve adottare un approccio proattivo, verificando l’affidabilità e la reale consistenza dei propri fornitori, specialmente quando le condizioni commerciali (come prezzi eccessivamente bassi) appaiono anomale. Ignorare gli indizi di una potenziale frode carosello significa rischiare di essere considerati complici, con la conseguente perdita del diritto alla detrazione e l’applicazione di pesanti sanzioni.

A chi spetta l’onere della prova in una frode carosello?
Inizialmente, spetta all’Amministrazione Finanziaria fornire indizi oggettivi che l’operazione è parte di una frode e che l’acquirente ne era o poteva esserne a conoscenza. Successivamente, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza per evitare di essere coinvolto.

Cosa deve fare un’impresa per dimostrare la propria buona fede?
Deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele esigibili da un operatore commerciale accorto. Questo include l’assunzione di informazioni sull’effettiva esistenza e struttura operativa del fornitore, specialmente in presenza di indizi anomali come prezzi inspiegabilmente bassi o modalità di pagamento insolite.

Il regolare pagamento dell’IVA al fornitore garantisce il diritto alla detrazione?
No. Secondo la Corte, il regolare pagamento dell’IVA e la correttezza formale della documentazione contabile non sono di per sé sufficienti a provare la buona fede, in quanto sono elementi che possono essere perfettamente compatibili con lo schema di una frode carosello e anzi ne costituiscono parte integrante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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