Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3949 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Iva 2015 Relatore: COGNOME NOME
Operazioni
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3949 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero 21375 del ruolo generale dell’anno 202 3, proposto
Da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) del difensore: EMAIL
– ricorrente –
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo n. 405/07/2023, depositata in data 24 maggio 2023, non notificata. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
1. RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro-tempore , propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di Giustizia Tributaria di II grado dell’Abruzzo aveva accolto l’appello proposto dall’ Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , avverso la sentenza n. 143/01/2022 della Commissione Tributaria Provinciale di Pescara che aveva accolto il ricorso proposto avverso l’avviso di accertamento con il quale l’Amministrazione, giusta segnalazione dell’Ufficio Grandi Contribuenti della D.R.E. Puglia, aveva contestato, per il 2015 , l’indebita detrazione di Iva in relazione a fatture emesse da società c.d. cartiere (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME; RAGIONE_SOCIALE) -che si assumevano interposte tra la RAGIONE_SOCIALE e la cedente RAGIONE_SOCIALE – afferenti ad operazioni, soggettivamente inesistenti, di acquisto sottocosto di carburante. In particolare, nell’ambito della emersa frode Iva carosello, le societ à c.d. cartiere, utilizzando false lettere di intento e non versando l’Iva, acquistavano il carburante da RAGIONE_SOCIALE e lo rivendevano ad un prezzo più basso della concorrenza alla RAGIONE_SOCIALE la quale, quale destinataria finale, detraeva indeb itamente l’imposta medesima, realizzando il salto d’imposta.
In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR ha osservato che: 1) era condivisibile la prospettazione dell’Amministrazione secondo cui le società fornitrici di RAGIONE_SOCIALE presentavano anomalie soggettive rivelatrici di frode ravvisabili già nel 2015 con una interrogazione camerale e con una diligenza esigibile da un operatore economico del settore mediamente accorto; infatti le società in questione avevano le caratteristiche di c.d. cartiere non avendo né mezzi né tantomeno uomini per effettuare le prestazioni di servizio fatturate, non presentando le dichiarazioni dei redditi né effettuando alcun versamento di imposte; 2) a fronte di tale costrutto probatorio fornito dall’Ufficio sia per quanto atteneva ai profili oggettivi che soggettivi della contestata frode carosello, RAGIONE_SOCIALE non aveva fornito alcuna concreta prova a contrario , non risultando, pertanto, avere adoperato la diligenza massima (e nemmeno quella minima) esigibile da un operatore accorto.
3.Resiste, con controricorso, l ‘Agenzia delle entrate .
La ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 7, comma 5-bis, del d.lgs. n. 546/1992, 2697 c.c. per avere la CGT di secondo grado ritenuto legittimo l’avviso di accertamento in questione sebbene , ai fini del disconoscimento della detraibilità dell’Iva in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, riguardanti anche rapporti triangolari come nella specie, l’Ufficio non avesse assolto all’onere probatorio circa la oggettiva fittizietà dei soggetti interposti e la consapevolezza da parte della contribuente, sulla base di documentati elementi circostanziali obiettivi e specifici, della sussistenza della frode Iva; in particolare, ad avviso della ricorrente, la sola motivazione dell’avviso di accertamento, in mancanza di prova delle circostanze ivi affermate (essendosi l’Amministrazione limitata a produrre soltanto generici articoli di riviste non attinenti al caso di specie), non era idonea a superare le
argomentazioni svolte della contribuente nei gradi di merito in ordine al carattere di effettivi esportatori abituali delle società fornitrici, essendosi la stessa determinata a compiere gli acquisti di carburante in questione dopo avere verificato l’assenza da parte dell’Amministrazione di rilievi sul contenuto delle lettere di intento predisposte dai cessionari e inviate telematicamente all’Ag enzia delle entrate da RAGIONE_SOCIALE
1.1.Il primo motivo è infondato.
1.2.Sulla scia della giurisprudenza unionale (Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C277/14), questa Corte ha affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi’ (Cass. Sez. 5, n. 9851 del 20/04/2018; Sez. 5, n. 27566 del 30/10/2018; Cass, sez. 5, 18 dicembre 2019, n. 33598; Cass. Sez. 5, Ord. n. 15369 del 20/07/2020; n. 28562 del 2021); come chiarito da questa Corte (Cass., sez. 5, 20/04/2018, n. 9851), la prova che deve essere fornita dall’Amministrazione in caso di operazioni soggettivamente inesistenti si incentra su due circostanze di valenza costitutiva rispetto alla pretesa erariale,
ossia che il soggetto formale non è quello reale e che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione I.V.A. e, a tale ultimo fine, non è necessaria la prova della partecipazione all’evasione, ma è sufficiente e necessario che il contribuente avrebbe dovuto esserne consapevole.
1.3.Con riguardo a tale ultima circostanza, secondo il consolidato orientamento della Corte di Giustizia, deve essere soddisfatta l’esigenza di tutela della buona fede del soggetto passivo, il quale non può essere sanzionato, con il diniego del diritto di detrazione, se non sapeva o non avrebbe potuto sapere che l’operazione si collocava nell’ambito di un’evasione commessa dal fornitore o che un’altra operazione facente parte delle cessioni, precedente o successiva a quella da detto soggetto passivo, era viziata da evasione dell’I.V.A. (Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C439/04 e C-440/04; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, COGNOME e NOME, C-80/11 e C-142/11; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14).
1.4.Con riguardo al ‘tipo’ di prova incombente sull’Amministrazione si è precisato che essa può ritenersi raggiunta se quest’ultima fornisce attendibili indizi idonei ad integrare una presunzione semplice e, dunque, non occorre la prova “certa” e incontrovertibile di ogni operazione e dettaglio: l’Amministrazione può assolvere al suo onere probatorio anche mediante presunzioni, come prevede per l’I.V.A. il D.P.R. n. 633 del 1973, art. 54, comma 2, e mediante elementi indiziari (Cass., sez. 5, 5/12/2014, n. 25778; Cass., sez. 5, 24/09/2014, n. 20059; Cass., sez. 6-5, 7/06/2017, n. 14237; Corte di Giustizia 6 luglio 2006, Kittel, C439/04 e C-440/14; Corte di Giustizia 21 giugno 2012, COGNOME e NOME, C-80/11 e C-142/11) che il contribuente al momento in cui ha acquistato il bene o il servizio sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’uso dell’ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente, con l’emissione della relativa fattura, aveva evaso l’imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei a “porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale
inesistenza del contraente” (Corte di Giustizia, 6 dicembre 2012, Bonik, C285/11; Corte di Giustizia, Ppuh, C 277/14, par.50). L’onere dell’Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario deve dunque essere ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obbiettivi e specifici, che spetta alla Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’I.V.A. e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell’ordinaria diligenza, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’affare (Cass. n. 9851 del 2018, cit .; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27566; Cass., sez. 5, n. 15369 del 2020). Pertanto, sebbene al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell’esigibile, in presenza di indici personali ed operativi anomali dell’operazione commerciale ovvero delle scelte dallo stesso effettuate ovvero tali da evidenziare irregolarità ed ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa atteso il carattere strutturale e professionale della presenza dell’imprenditore nel settore del mercato in cui opera e l’aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo (Cass., sez. 5, 2/12/2015, n. 24490). Ne consegue che la sussistenza di indizi, che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasioni nella sfera dell’emittente, deve indurre l’operatore avveduto ad assumere le opportune informazioni sul soggetto dal quale intenda acquistare beni o servizi (Cass., Sez. V, 4 luglio 2022, n. 21072; Cass., Sez. V, 2 dicembre 2021, n. 38012; Cass., Sez. V, 16 novembre 2021, n. 34531; Cass., Sez. VI, 3 giugno 2021, n. 15356; Cass., Sez. V, 3 marzo 2021, n. 5748; Cass., Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 25779). Il contenuto della massima diligenza esigibile nei confronti di un accorto operatore, al fine di non essere parte di una frode IVA, si incentra sulle opportune informazioni circa l’effettiva esi stenza del fornitore, da acquisirsi direttamente (in relazione alla struttura organizzativa dello stesso), sia
indirettamente, attraverso l’esame delle modalità con le quali si è estrinsecato il rapporto commerciale con l’emittente (Sez. 5, Ordinanza n. 28165 del 2022). 1.5.Questa Corte ha precisato che, in tema di evasione dell’IVA a mezzo di frodi carosello, quando l’operazione soggettivamente inesistente è di tipo triangolare, poco complessa e caratterizzata dalla interposizione fittizia di un soggetto terzo tra il cedente comunitario ed il cessionario italiano, l’onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla consapevolezza da parte del cessionario che il corrispettivo della cessione sia versato al soggetto terzo non legittimato alla rivalsa né asso ggettato all’obbligo del pagamento dell’imposta, è soddisfatto dalla dimostrazione che l’interposto sia privo di dotazione personale e strumentale adeguata alla prestazione fatturata, mentre spetta al contribuentecessionario fornire la prova contraria della buona fede con cui ha svolto le trattative ed acquistato la merce, ritenendo incolpevolmente che essa fosse realmente fornita dalla persona interposta (Cass. n. 10120 del 2017; Cass. sez. 5, n. 35591 del 2023).
1.6.Raggiunta tale prova, incombe sul contribuente l’onere di dimostrare, oltre all’effettività del cedente, la propria buona fede, ossia di ” avere agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto – secondo i criteri di ragionevolezza e di proporzionalità, in rapporto alle circostanze del caso concreto – al fine di evitare di essere coinvolto in una tale situazione, in presenza di indizi idonei a far insorgere il sospetto “, stante la inesigibilità di ulteriori verifiche (Cass. Sez. U, 12/09/2017, n. 21105; Cass., sez. 5, 30/10/2018, n. 27566; Cass., sez. 5, 20/07/2020, n. 15369; Cass., sez. 6-5, n. 13409 del 2021).
1.7. Il contribuente, in altri termini, può dimostrare sia l’anomalia degli elementi posti in evidenza dal Fisco, sia l’attività preventiva posta in essere da cui emergeva l’effettività ed operatività dell’impresa interposta. Risulta, invece, priva di rilievo tanto la prova sulla regolarità formale delle scritture e sulle evidenze contabili dei pagamenti, quanto sull’inesistenza di un dimostrato
vantaggio, e ciò in quanto le prime circostanze sono già insite nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente, mentre l’ultima si riferisce ad un dato di fatto esterno alla fattispecie, inidoneo di per sè a dimostrare l’estraneità alla frode (Cass., sez. 5, 24/09/2014, n. 20059; Cass., sez. 5, 14/01/2015, n. 428; Cass., sez. 6-5, 5/12/2017, n. 29002; Cass., sez. 6-5, n. 13409 del 2021; Corte di Giustizia 22 ottobre 2015, Ppuh, C-277/14, che afferma che “in circostanze del genere il soggetto passivo deve essere considerato… partecipante a tale evasione, e ciò indipendentemente dalla circostanza di trarre o meno beneficio dalla rivendita dei beni o dall’utilizzo dei servizi nell’ambito delle operazioni soggette a imposta da lui effettuate a valle “). Nessun rilievo assume poi la riscontrata congruità dei prezzi e la regolarità formale delle operazioni , poiché il primo costituisce un elemento neutro ai fini della prova della buona fede, e la seconda è addirittura utilizzata proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. 19/12/2019, n.33915; Cass. sez. 5, n. 25192 del 2022). Né, a tal fine, è sufficiente dedurre che la merce sia stata consegnata e rivenduta e la fattura, IVA compresa, effettivamente pagata, poiché trattasi di circostanze pienamente compatibili con la frode fiscale perpetrata mediante un’operazione soggettivamente inesistente » (Cass. n. 20059 del 2014; id. n. 10939 e n. 20060 del 2015, n. 17818 del 2016), ovvero, « di circostanze non concludenti, la prima in quanto insita nella stessa nozione di operazione soggettivamente inesistente, e la seconda perché relativa ad un dato di fatto inidoneo di per sé a dimostrare l’estraneità alla frode» (cfr. Cass. n. 17377 del 2009; id. n. 867 e n. 5912 del 2010; n. 12802 del 2011; n. 428 del 2015; Cass. sez. 5, n. 17153 del 2018).
1.8. Nella specie a fronte della contestazione circa l’indebita detrazione Iva da parte di RAGIONE_SOCIALE in relazione a fatture emesse da società c.d. cartiere che, secondo il rilievo dell’Ufficio, compravano da RAGIONE_SOCIALE, in regime di non imponibilità senza avere i requisiti di esportatori abituali, per rivenderlo sottocosto alla contribuente che, quale destinataria finale, si detraeva indebitamente l’imposta – la CGT ha ritenuto – con un accertamento di fatto non
sindacabile in sede di legittimità e in ossequio ai suddetti principi e al criterio distributivo dell’onere probatorio – che gli elementi indiziari forniti dall’Ufficio denotavano non solo l’oggettiva fittizietà delle società fornitrici ma anche la consapevolezza della destinataria-contribuente che le operazioni in questione si inserissero in una evasione dell’imposta (‘ le prove e circostanze addotte nell’atto di appello da parte dell’Agenzia delle entrate … appaiono fondate nonché circostanziate ‘ ); in particolare, come si evince anche dall’esposizione in fatto della sentenza, l’Ufficio aveva posto in evidenza elementi – stimati dal giudice di appello ‘ circostanziati’ e verificabili già nel 2015 – (con riferimento a RAGIONE_SOCIALE messa in liquidazione nel 2015, mancata presentazione del bilancio e dichiarazioni fiscali dal 2012 in poi e mancato versamento di imposte; con riguardo a RAGIONE_SOCIALE inizio di attività di commercio all’ingrosso di prodotti petrolifici solo nel 2014, messa in liquidazione nel 2015, contraddittorietà tra i dati del bilancio relativo al 2014 con ricavi di gestione pari a euro 53.254.419,00 e un utile di euro 2.477.156,00 e quelli delle dichiarazioni Iva con un volume di affari di euro 310.105,00 e con Iva a credito di euro 7.471,00 e della dichiarazione dei redditi con reddito pari a zero, senza alcun versamento delle imposte dovute; con riferimento a RAGIONE_SOCIALE, chiusura del fallimento nel 2020, mancata presentazione dal 2015 in poi di alcun bilancio né di alcuna dichiarazione fiscale, con false e indebite compensazioni per crediti di imposta per inesistenti investimenti in aree svantaggiate; con riferimento a RAGIONE_SOCIALE, estinzione nel 2017, esercizio fino al 2015 di commercio all’ingrosso di biancheria e solo dal 15.2.2015 inizio dell’attività di commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi; con riferimento a RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e a RAGIONE_SOCIALE mancato svolgimento ufficialmente di commercio di prodotti petroliferi ma solo di commercio all’ingrosso di carta e cessazione di attività nel dicembre del 2015 ) che, consentendo di sospettare l’esistenza di irregolarità e/o di evasioni nella sfera delle emittenti le fatture, dovevano indurre la contribuente -usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta ( ‘ con una semplice
interrogazione camerale ‘ ) -ad assumere le opportune informazioni sull’effettiva esistenza dei soggetti fornitori del carburante. Peraltro, va osservato che, trattandosi di operazioni soggettivamente inesistenti di tipo triangolare (acquisto di carburante da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE tramite l’interposizione di società cartier a), l’onere probatorio a carico della Amministrazione finanziaria, sulla conoscibilità da parte della contribuente della partecipazione ad una frode Iva è soddisfatto dalla dimostrazione della fittizietà del soggetto interposto, il che, nella specie, è accertato dalla stessa CGT (‘ le società in questione hanno le caratteristiche di società cartiere senza avere né mezzi, né tantomeno uomini per effettuare le prestazioni fatturate, senza rispettare alcun adempimento fiscale ivi compreso il versamento delle imposte, non presentavano dichiarazione dei redditi, non effettuavano versamenti Iva ‘). A fronte del suddetto costrutto probatorio fornito dall’Ufficio e ritenuto dal giudice di appello ‘ più che convincente sia per quanto atteneva l’analisi dei profili soggettivi che oggettivi ‘, la CGT ha ritenuto – con un apprezzamento di merito non sindacabile in questa sede – non provata da parte di RAGIONE_SOCIALE la sua buona fede non avendo fornito ‘ alcuna concreta prova ‘ ( a contrario ) circa l’effettività delle società asseritamente interposte di talché la medesima contribuente risultava ‘ non adoperato la diligenza massima (e nemmeno quella minima) esigibile da un operatore accorto ‘.
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso per avere la CGT omesso di considerare le argomentazioni difensive svolte dalla società contribuente nei gradi di merito in ordine alla diligenza massima esigibile adoperata da lla stessa nell’ambito dei rapporti commerciali con le fornitrici (acquisto da parte della contribuente di carburante dopo avere verificato l’assenza di rilievi provenienti dall’Amministrazione in ordine al contenuto delle dichiarazioni di intento predisposte dai cessionari e inviate dall’Agenzia da RAGIONE_SOCIALE; rapporti commerciali del tutto ordinari, anche piuttosto radi con le compagini ‘ indiziate ‘ ) e agli elementi probatori offerti in ordine alla effettiva operatività delle società interposte (dichiarazioni di intento dei cessionari non
contestate dall’Amministrazione ; rapporti telematici intrattenuti dalla contribuente con la fornitrice RAGIONE_SOCIALE tramite il proprio consulente NOME COGNOME nel 2015; intrattenimento da parte di RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME di rapporti commerciali con società primarie del settore petrolifero a dimostrazione della effettiva esistenza dell’intermediario , etc.). Peraltro, il giudice di appello non avrebbe considerato che l’avere acquistato a prezzi ‘mediamente sottocosto del 19,47%’ non pot eva rivelarsi un indice di consapevolezza da parte di RAGIONE_SOCIALE della inesistenza soggettiva dei propri contraenti in quanto una c.d. major quale RAGIONE_SOCIALE proprio a seguito delle operazioni oggetto di contestazione, aveva praticato – sebbene per un certo periodo- dei prezzi notevolmente ribassati rispetto a quelli applicati dai fornitori tradizionali.
2.1.Il motivo si profila inammissibile.
2.2.L ‘interpretazione di questa Corte ha chiarito come l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probato rie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n. 7983; Cass. Sez.
1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Sez. 6-1, Ord. n. 2268 del 26/01/2022); nella specie, la censura formulata dalla ricorrente non riguarda l ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma la valutazione di deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito – relativamente alla assunta effettiva operatività delle società interposte e alla diligenza massima esigibile adoperata nell’ambito dei rapporti commerciali con le fornitrici -sollecitando, in definitiva, una inammissibile rivisitazione di un accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito.
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 5.800,00, per compensi oltre spese prenotate a debito;
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 28 gennaio 2025