LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Frode carosello: la prova della colpa del cessionario

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26761/2025, interviene sul tema della frode carosello in materia di IVA. Il caso riguardava una società a cui l’Agenzia delle Entrate contestava la detrazione dell’IVA per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti. La Corte ha stabilito che per negare la detrazione non è necessario provare il coinvolgimento attivo e doloso dell’acquirente nella frode, ma è sufficiente dimostrare, anche tramite presunzioni, che questi sapesse o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di partecipare a un’operazione evasiva. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per non aver applicato correttamente questo principio, avendo richiesto un erroneo “coinvolgimento fattivo” nella frode.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode carosello e detrazione IVA: basta la ‘colpevole ignoranza’

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale della lotta all’evasione fiscale: la frode carosello. La Suprema Corte ha chiarito i contorni della responsabilità dell’acquirente e i requisiti probatori che l’Amministrazione finanziaria deve soddisfare per negare il diritto alla detrazione dell’IVA. La decisione sottolinea come non sia necessario dimostrare un ruolo attivo del contribuente nella frode, essendo sufficiente provare che egli avrebbe dovuto accorgersene usando la normale diligenza professionale.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società commerciale. L’amministrazione contestava, per diverse annualità d’imposta, l’indebita detrazione dell’IVA derivante da fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti. Secondo l’ufficio, la società aveva intrattenuto rapporti commerciali con delle ‘società cartiere’, ovvero entità fittizie create al solo scopo di evadere l’imposta, e aveva beneficiato di un regime di sospensione d’imposta tramite dichiarazioni d’intento ideologicamente false.

La società si era opposta agli atti impositivi e, dopo un iter giudiziario, la Commissione tributaria regionale aveva respinto l’appello dell’Agenzia, ritenendo non sufficientemente provato il coinvolgimento della contribuente nella condotta fraudolenta. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando l’errata applicazione delle norme sull’onere della prova in materia di frode carosello.

La disciplina della Frode Carosello e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto i motivi di merito proposti dall’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dei principi, anche di matrice europea, che regolano la detrazione dell’IVA in presenza di una frode carosello.

I giudici di legittimità hanno ribadito che, per negare il diritto alla detrazione, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare due elementi:
1. La natura fraudolenta dell’operazione, ovvero che il fornitore reale era un soggetto diverso da quello indicato in fattura.
2. La consapevolezza o la ‘doverosa conoscibilità’ della frode da parte dell’acquirente.

La Corte ha censurato la decisione dei giudici di merito per aver richiesto una prova troppo rigorosa, ossia un ‘coinvolgimento fattivo’ della società acquirente, un requisito non previsto dalla normativa.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte chiariscono in modo approfondito i principi da applicare in queste complesse fattispecie.

Onere della Prova nella Frode Carosello

La Cassazione ha specificato che l’onere probatorio dell’ufficio può essere assolto anche tramite presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti. Elementi come la mancanza di una reale struttura operativa del fornitore (assenza di magazzini, dipendenti, attrezzature) o anomalie nelle transazioni (prezzi fuori mercato, modalità di pagamento inusuali) costituiscono indizi significativi.

Una volta che l’Amministrazione ha fornito questi elementi, spetta al contribuente dimostrare la propria buona fede, provando di aver adottato tutte le misure ragionevoli per assicurarsi che l’operazione non fosse inserita in un contesto fraudolento.

Il Principio della ‘Colpevole Ignoranza’

Il punto focale della decisione è il superamento del concetto di ‘coinvolgimento attivo’. La giurisprudenza, sia nazionale che unionale, non richiede la prova che l’imprenditore abbia partecipato attivamente e con dolo alla frode carosello. È invece sufficiente dimostrare che egli ‘sapeva o avrebbe dovuto sapere’, usando l’ordinaria diligenza richiesta a un operatore economico accorto, che la transazione si inseriva in un’evasione d’imposta.

Si configura quindi una responsabilità per ‘colpevole inconsapevolezza’ o ‘ignoranza colpevole’. Un imprenditore non può limitarsi a verificare la regolarità formale della fattura, ma deve adottare un comportamento diligente per verificare l’affidabilità e la reale esistenza della sua controparte commerciale.

Irrilevanza dell’Esito di Procedimenti Penali non Definitivi

La Corte ha inoltre chiarito che l’esito di un procedimento penale, specie se concluso con un’archiviazione (come nel caso di specie per l’amministratore della società), non ha un’efficacia vincolante nel processo tributario. Quest’ultimo segue regole probatorie autonome, e la valutazione degli indizi di una frode carosello deve essere condotta in modo indipendente dal giudice tributario.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rappresenta un importante monito per tutti gli operatori economici. La lotta alla frode carosello richiede una collaborazione attiva da parte delle imprese, che non possono invocare una presunta buona fede se non hanno adottato le cautele necessarie per verificare la sostanza economica delle loro controparti. La decisione ribadisce che la neutralità dell’IVA non può proteggere chi, per negligenza o imprudenza, si rende partecipe, anche inconsapevolmente, di un meccanismo fraudolento. Le aziende sono quindi chiamate a un livello di diligenza superiore, che va oltre il mero controllo formale dei documenti, per non rischiare di vedersi negato il diritto alla detrazione e di subire pesanti sanzioni.

Cosa deve provare l’Agenzia delle Entrate per negare la detrazione IVA in un caso di frode carosello?
L’Agenzia delle Entrate deve provare, anche tramite presunzioni, che l’operazione si inserisce in un contesto fraudolento e che il contribuente acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di partecipare a tale frode.

È necessario dimostrare che un’azienda ha partecipato attivamente a una frode carosello per essere considerata responsabile?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non è necessario provare un ‘coinvolgimento fattivo’ o doloso. È sufficiente dimostrare la ‘colpevole inconsapevolezza’, ovvero che l’imprenditore avrebbe dovuto accorgersi della frode se avesse agito con la diligenza richiesta a un operatore professionale.

Quale tipo di diligenza è richiesta a un’impresa per non essere coinvolta in una frode carosello?
L’impresa deve adottare tutte le misure ragionevoli in suo potere per assicurarsi della reale esistenza e affidabilità dei propri fornitori. Questo va oltre il semplice controllo della regolarità formale delle fatture e implica una verifica sostanziale della controparte commerciale, specialmente in presenza di anomalie o ‘campanelli d’allarme’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati