Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29458 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29458 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9936/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, domicilio digitale EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 7723/06/17 depositata il 18/09/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza n. 7723/06/17 del 18/09/2017, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE)
avverso la sentenza n. 4924/40/16 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) nei confronti di un avviso di accertamento per IVA relativa all’anno d’imposta 2010.
1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione dell’emissione, da parte di PC, di fatture per operazioni ritenute soggettivamente inesistenti.
1.2. La CTR respingeva l’appello della società contribuente evidenziando che: a) l’appello risultava regolarmente notificato come risultava dall’avviso di ricevimento prodotto; b) l’Amministrazione finanziaria aveva «fornito idonei elementi probatori, sia pur di natura presuntiva, della natura di ‘cartiere’ RAGIONE_SOCIALE società collocate a valle della serie di cessioni, con la conseguenza che spettava alla società contribuente, che con tali società aveva intrattenuto rapporti commerciali, fornire la prova di avere svolto tali trattative in buona fede, ritenendo incolpevolmente che le merci fornite fossero effettivamente procurate dalla società cedente»; c) la prova fornita al riguardo era sicuramente insoddisfacente.
RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis .1 cod. proc. civ.
NOME resisteva con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso PC deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 3 della l. 20 dicembre 1982, n. 890 e degli artt. 16, 20 e 53 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l’inammissibilità dell’appello proposto da AE, essendo assolutamente incerta la data di consegna del gravame al pubblico ufficiale cui è stata demandata la notificazione, non ricavabile dai documenti depositati.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Dalla documentazione prodotta unitamente al ricorso si evince che il ricorso in appello è stato spedito in data 14/10/2016 e, dunque, tempestivamente rispetto alla scadenza del termine semestrale previsto per l’impugnazione.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ., per avere la CTR fatto malgoverno dei principi in tema di onere della prova.
2.1. Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di IVA, « l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della
contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita RAGIONE_SOCIALE merci o dei servizi » (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf., tra le tante, Cass. n. 11873 del 15/05/2018; Cass. n. 17619 del 05/07/2018; Cass. n. 21104 del 24/08/2018; Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018; Cass. n. 5873 del 28/02/2019; Cass. n. 15369 del 20/07/2020).
2.3. Nel caso di specie, la CTR ha affermato che: i) PC è una società filtro, avendo acquistato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) per poi rivendere a società ‘cartiere’, tutte facenti parte del sistema fraudolento ideato dalla prima; ii) la rivendita alle società filtro è avvenuta senza IVA sulla base di false dichiarazioni d’intenti; iii) PC ha ceduto a tali soggetti esclusivamente merci provenienti da EOS, tutte oggetto di un ricarico del dieci per cento; iv) il pagamento da parte dei missing traders è avvenuto anticipatamente e solo successivamente è stata pagata EOS; v) il meccanismo di acquisto/vendita ha garantito a PC vantaggi rilevanti in ordine al pagamento dell’IVA; vi) i responsabili di PC hanno affermato la circostanza, poco plausibile, che i rapporti con EOS e con le società cartiere fossero stati gestiti unicamente dal defunto sig. NOME COGNOME, senza che loro ne avessero contezza; vii) la circostanza che le merci hanno fatto un lungo giro per l’Italia per poi finire nuovamente a EOS lascia presumere la natura fittizia della cessione.
2.4. È ben vero che l’affermazione, contenuta in sentenza, in base alla quale l’Amministrazione finanziaria si sia limitata a provare la natura di cartiera RAGIONE_SOCIALE società cessionarie di PC non è propriamente conforme alla giurisprudenza più sopra citata, che impone la prova della conoscenza o conoscibilità della cessione. Tuttavia, il ragionamento effettuato dalla CTR evidenzia chiaramente che i giudici di appello hanno fondato il proprio convincimento sulla conoscenza
della frode da parte di PC su molteplici elementi indiziari, che prescindono dalla natura di cartiere RAGIONE_SOCIALE società cessionarie. E va, altresì, chiarito che operazioni soggettivamente inesistenti possono intervenire anche tra due società non cartiere, quali in ipotesi EOS e PC.
2.5. In altri termini, dall’ampia motivazione della sentenza impugnata si evince con chiarezza che PC ha consapevolmente assunto il ruolo di società filtro nel meccanismo organizzato da EOS al fine di ottenere vantaggi fiscali in frode alla disciplina dell’IVA e che da tale partecipazione PC ha conseguito un considerevole vantaggio patrimoniale, senza essere stata in grado di fornire la prova contraria.
2.6. La ricostruzione in fatto della CTR è, dunque, corretta e rispettosa dei principi di ripartizione dell’onere della prova e non può essere messa in discussione in questa sede con la proposizione di una censura di violazione di legge. Invero, in tal modo la ricorrente mira alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).
Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., per avere la CTR omesso l’esame di punti decisivi della controversia che, se esaminati, l’avrebbero condotta a conclusioni diverse.
3.1. Il motivo è inammissibile.
3.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, introduce nell’ordinamento un vizio
specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie » (Cass. n. 17005 del 20/06/2024; Cass. n. 27415 del 29/10/2018).
3.3. Nel caso di specie, la CTR ha indicato -con motivazione logica ed esauriente -le ragioni per le quali ha ritenuto che la società contribuente sia coinvolta nel meccanismo fraudolento posto in essere da EOS e, nell’ambito di tale valutazione, ha considerato anche i fatti dedotti da PC (le false dichiarazioni d’intenti rilasciate dalle società cartiere; il ricarico nella misura del dieci per cento; le informazioni richieste ai responsabili della ricorrente), dandone un’interpretazione plausibile.
3.4. PC tende, dunque, a contrapporre a quella fornita dalla CTR una diversa interpretazione dei medesimi fatti storici dalla stessa già presi in considerazione, sicché la censura implica la proposizione di un vizio di insufficiente motivazione e si rivela inammissibile anche alla luce della nuova formulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (Cass. S.U. n. 8053 del 07/04/2014; conf. Cass. n. 21257 del 08/10/2014; Cass. n. 23828 del 20/11/2015; Cass. n. 23940 del 12/10/2017; Cass. n. 22598 del 25/09/2018).
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 6 e 19
del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA), per avere la CTR indebitamente ritenuto l’IVA di rivalsa non detraibile.
4.1. Il motivo è inammissibile.
4.2. Non è dubbio che, in via generale, il cessionario abbia il diritto di detrarre l’IVA versata a monte. Tuttavia, l’esercizio di tale diritto presuppone che l’operazione fatturata sia esistente e non inesistente.
4.3. Nel caso di specie, la CTR ha accertato l’inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE operazioni intercorse tra EOS e PC e tale accertamento non può essere messo in discussione in questa sede con la proposizione di un vizio di violazione di legge. Ne consegue, ancora una volta, l’inammissibilità del motivo di violazione di legge con il quale la ricorrente tende surrettiziamente a dare una diversa qualificazione dei fatti posti a base della sentenza impugnata.
Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 8, primo comma, lett. c), del decreto IVA, per avere la CTR addossato su PC la responsabilità RAGIONE_SOCIALE false dichiarazioni di intenti emesse dalla società cartiere.
5.1. Il motivo è infondato.
5.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, « in tema d’IVA, nelle cessioni all’esportazione in regime di sospensione d’imposta ex art. 8 d.P.R. n. 633 del 1972, se la dichiarazione d’intenti si riveli ideologicamente falsa, perché emessa da soggetto privo del requisito di esportatore abituale, al cedente non è consentito l’esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività correlato alla suddetta qualità di esportatore abituale qualora, anche in base ad elementi presuntivi, disponga di elementi tali da sospettare l’esistenza di irregolarità, gravando sul medesimo un onere di diligenza mediante l’adozione di tutte le ragionevoli misure in proprio
potere». (Cass. n. 14979 del 15/07/2020; conf. Cass. n. 9586 del 05/04/2019; cfr. anche la motivazione di Cass. n. 34260 del 21/12/2019).
5.3. Orbene, la CTR si è puntualmente conformata ai superiori principi di diritto in quanto, preso atto della sussistenza di dichiarazioni d’intenti non veritiere (circostanza incontestata) ha ritenuto che la loro semplice esistenza (con la conseguente comunicazione formale all’Amministrazione finanziaria) non sia sufficiente a far venir meno l’obbligo di diligenza gravante in capo al cedente; il quale, nella prospettazione del giudice di appello, è pienamente consapevole del meccanismo fraudolento posto in essere da RAGIONE_SOCIALE e della sua partecipazione allo stesso.
Con il sesto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla sentenza della CTR intervenuta su fatti analoghi e passata in giudicato, con conseguente violazione dell’art. 2909 cod. civ.
6.1. A prescindere dalla circostanza che -trattandosi di asserita violazione di un giudicato -la censura avrebbe dovuto essere proposta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il motivo è infondato.
6.2. Invero, nessuna valenza di giudicato può avere nel presente giudizio un accertamento riguardante diverse operazioni relative ad un differente anno d’imposta (cfr. Cass. n. 38950 del 07/12/2021).
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, che si liquidano come in dispositivo avuto conto di un valore dichiarato della lite di euro 385.002,00.
7.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto –
ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente procedimento, che si liquidano in euro 8.200,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/09/2025.
La Presidente NOME COGNOME