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Frode carosello e onere della prova: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21311/2024, ha chiarito la ripartizione dell’onere della prova in materia di frode carosello e la presunzione di riferibilità alla società dei prelievi dai conti correnti personali dei soci di una S.r.l. a ristretta base partecipativa. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato a una società la partecipazione a una frode IVA, disconoscendo la detrazione per acquisti soggettivamente inesistenti, e aveva ripreso a tassazione prelievi dai conti dei soci. La Corte ha cassato la decisione di merito, affermando che spetta all’Amministrazione fornire gli indizi della frode, dopodiché grava sul contribuente l’onere di provare la propria buona fede e l’adozione della massima diligenza. Inoltre, ha ribadito la presunzione legale per cui i prelievi dai conti dei soci si considerano ricavi della società, invertendo l’onere della prova a carico di quest’ultima.

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Pubblicato il 9 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello: la Cassazione Definisce l’Onere della Prova

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21311 del 30 luglio 2024, è intervenuta su due temi cruciali del diritto tributario: la ripartizione dell’onere della prova in caso di frode carosello e la presunzione di riferibilità alla società dei prelievi effettuati sui conti correnti personali dei soci. Questa decisione offre chiarimenti fondamentali per le imprese, specialmente quelle a ristretta base partecipativa, delineando i confini tra le responsabilità del Fisco e quelle del contribuente.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società a responsabilità limitata operante nel settore della lavorazione dei metalli. L’Amministrazione Finanziaria contestava alla società di aver partecipato a una frode carosello attraverso acquisti di semilavorati in acciaio da un fornitore considerato un missing trader. Di conseguenza, l’Ufficio disconosceva la deducibilità dei costi e la detrazione dell’IVA relative a tali operazioni, ritenute soggettivamente inesistenti. Inoltre, l’accertamento includeva la ripresa a tassazione di somme prelevate dai conti correnti personali di alcuni soci, presumendo che tali movimentazioni fossero riconducibili all’attività d’impresa non dichiarata.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione alla società, ritenendo che l’Agenzia non avesse provato né il coinvolgimento consapevole nella frode, né la natura imponibile dei prelievi dei soci. L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Frode Carosello e la Ripartizione dell’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia in merito alla frode carosello, ribaltando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio consolidato, anche a livello europeo: per negare la detrazione dell’IVA, l’Amministrazione Finanziaria ha l’onere di provare, anche tramite presunzioni, gli elementi oggettivi che facciano ritenere che il contribuente sapesse o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in un’evasione.

Nel caso specifico, l’Ufficio aveva fornito una serie di indizi gravi, precisi e concordanti:
* L’assenza di una reale struttura organizzativa del fornitore.
* Un prezzo di vendita della merce significativamente inferiore a quello di mercato.
* Modalità anomale di gestione degli ordini (verbali o telefonici).
* Pagamenti effettuati tramite un intermediario non collegato formalmente al fornitore.

Una volta che il Fisco ha assolto a questo onere probatorio, la palla passa al contribuente. Spetta a quest’ultimo dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per non essere coinvolto nella frode. La Corte ha censurato la sentenza di secondo grado per non aver effettuato una valutazione complessiva di tutti questi indizi, limitandosi a un esame superficiale.

Prelievi dai Conti dei Soci: la Presunzione per le Società Ristrette

Anche sul fronte dei prelievi bancari, la Cassazione ha dato ragione all’Agenzia delle Entrate. La Corte ha ribadito che, nel caso di società di capitali a ristretta base partecipativa (come le S.r.l. a conduzione familiare), opera una presunzione legale. Si presume, cioè, che le operazioni finanziarie riscontrate sui conti correnti personali dei soci siano attribuibili alla società stessa e costituiscano ricavi non contabilizzati.

Questa presunzione determina un’inversione dell’onere della prova. Non è l’Ufficio a dover dimostrare che ogni singolo prelievo sia un’operazione aziendale, ma è la società contribuente a dover fornire la prova contraria, dimostrando l’estraneità di ciascuna movimentazione alla propria attività d’impresa. I giudici di merito avevano errato nel ritenere che l’onere della prova gravasse interamente sull’Amministrazione Finanziaria, disapplicando di fatto un principio giurisprudenziale ormai consolidato.

Le Motivazioni della Corte

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri argomentativi. Per quanto riguarda la frode carosello, la motivazione attinge direttamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale richiede un bilanciamento tra il diritto alla detrazione dell’IVA e la necessità di contrastare le frodi. Il contribuente non può limitarsi a una verifica formale dei documenti, ma deve adottare cautele ragionevoli in presenza di indicatori di anomalia. L’analisi del giudice di merito deve essere complessiva e non atomistica, valutando il quadro indiziario nel suo insieme per stabilire la consapevolezza del cessionario.

In relazione ai prelevamenti bancari, la motivazione si basa sulla natura stessa delle società a ristretta base sociale, dove spesso si verifica una confusione tra il patrimonio personale dei soci e quello societario. La stretta relazione tra i soci è considerata un elemento indiziario sufficiente a far scattare la presunzione di riferibilità alla società delle movimentazioni finanziarie, spostando sul contribuente l’onere di dimostrare la pertinenza di tali operazioni alla propria sfera privata.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per combattere le frodi IVA, chiarendo che un quadro indiziario solido è sufficiente a invertire l’onere della prova. Le imprese sono chiamate a un livello di diligenza sempre più elevato nelle transazioni commerciali, specialmente quando si presentano condizioni anomale (prezzi troppo bassi, fornitori poco strutturati). In secondo luogo, la decisione conferma il rigore della giurisprudenza nei confronti delle società a ristretta base partecipativa, imponendo una gestione contabile e finanziaria rigorosamente separata tra la società e i suoi soci per evitare presunzioni fiscali difficili da superare. La Corte ha cassato la sentenza e rinviato la causa alla Commissione Tributaria Regionale per una nuova valutazione alla luce dei principi enunciati.

In una società a ristretta base partecipativa, chi deve provare che i prelievi dai conti personali dei soci non sono ricavi della società?
Spetta alla società contribuente fornire la prova contraria. La giurisprudenza presume che tali prelievi siano riconducibili all’attività d’impresa, invertendo l’onere della prova a carico della società.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per contestare la detrazione IVA in una frode carosello?
L’Agenzia delle Entrate deve provare, anche tramite presunzioni (indizi gravi, precisi e concordanti), gli elementi oggettivi da cui si possa desumere che il contribuente sapesse o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, di partecipare a un’operazione fraudolenta.

Una volta che il Fisco ha fornito gli indizi di una frode carosello, cosa deve fare il contribuente per difendersi?
Il contribuente deve dimostrare di aver adottato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per assicurarsi che l’operazione non fosse parte di un’evasione fiscale. Deve quindi provare la propria buona fede e le cautele adottate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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