Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6345 Anno 2024
sul ricorso 22352/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata
e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO pec:
e NOME COGNOME pec:
, tutti elettivamente domiciliati in Roma, al INDIRIZZO.
Emanuele II, n. 229, presso l’AVV_NOTAIO pec:
;
– ricorrente –
Civile Ord. Sez. 5 Num. 6345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/03/2024
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
– controricorrente –
proposto avverso la sentenza n. 559/2/2022 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA, depositata in data 17/2/2022;
Udita la relazione della causa svolta in data 14/9/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
La Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 559/2/2022 depositata in data 17/2/2022 ha rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Varese n. 237/4/2020, la quale ha a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla contribuente relativo all’a vviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno 2013, con il quale l’Amministrazione contestava alla RAGIONE_SOCIALE la detraibilità di tutta l’I VA afferente tutte le fatture ricevute dalla RAGIONE_SOCIALE nel suddetto anno di imposta, considerata cartiera.
Le riprese traevano origine dalla notifica di un questionario e dalla contestazione di operazioni di acquisto considerate soggettivamente inesistenti. Al questionario, notificato il 24 settembre 2018, faceva seguito la risposta della società in data 9 ottobre 2018 e il 19 novembre 2018 un incontro in contraddittorio presso l’RAGIONE_SOCIALE .
Il giudice di prime cure, disattese le questioni preliminari, inclusa la doglianza di violazione del contraddittorio endoprocedimentale, ha concluso affermando di ritenere che « sul piano della prova della non consapevolezza la ricorrente non sia riuscita a dimostrare la propria buona fede o di aver compiuto tutti gli atti e le ricerche diligenti ri-
chieste a un imprenditore, pur riconoscendo che non si possono richiedere indagini che vadano oltre la normalità dei corretti rapporti commerciali ». La decisione veniva integralmente confermata dal giudice d’appello.
La contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, che illustra con memoria, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con un unico motivo di ricorso la contribuente – in relazione all’art 360 n. 3 cod. proc. civ. – prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, co. 5 bis, del d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 2697, 2727, 2729 cod. civ., degli artt. 21, 51 e 54 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 17 della Dir. N. 77/388/CE, e dell’art. 167 del Dir. 2006/112/CE, per avere la CTR erroneamente ascritto alla società la conoscibilità della frode perpetrata da altre società, ritenendo che l’onere di fornire la prova incombesse in capo alla contribuente, senza aver preventivamente accertato l’esistenza di elementi oggettivi e specifici da parte dell’Ufficio da cui desumere tale circostanza.
Il motivo non può trovare ingresso per concorrenti profili di inammissibilità e di infondatezza. Al proposito, la Corte rammenta che, per consolidata interpretazione giurisprudenziale, ove l’Amministrazione finanziaria, contesti « che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di
avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. » (Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 9851 del 20/04/2018; conforme Sez. 5 – , Ordinanza n. 27555 del 30/10/2018).
Orbene, alla luce del principio di diritto che precede, vanno innanzitutto escluse le prospettate violazioni di legge quanto alla corretta individuazione dell’onere della prova, dal momento che la sentenza impugnata si è attenuta pienamente a tale canone giurisprudenziale, citando e facendo applicazione della giurisprudenza più recente della Sezione conforme ai principi di diritto summenzionati circa il canone di riparto della prova tra Amministrazione e contribuente in relazione alle operazioni fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE.
Quanto poi alla valutazione dell’elemento soggettivo in capo alla ricorrente e in particolare alla conoscibilità della frode, la CTR ha statuito: « (…) la società eccepisce che non era a conoscenza della fraudolenta attività della società fornitrice, che tra l’altro ha operato nel settore per pochi anni, ma questo non è credibile, in quanto la dimensione della RAGIONE_SOCIALE, la sua presenza e conoscenza del mercato, dovevano indurla ad una maggiore attenzione negli acquisti. Si tratta di una colpevole negligenza da parte della RAGIONE_SOCIALE, nonostante, come evidenziato dall’ufficio, diversi elementi inducevano a ritenere che la società fornitrice era una società cartiera, costituita al solo scopo di evadere l’iva, che infatti non risulta mai versata dalla RAGIONE_SOCIALE. L’ufficio ha evidenziato diversi elementi che avrebbero dovuto suscitare l’attenzione della RAGIONE_SOCIALE nei confronti del fornitore, quali: 1) Non aver assunto nessuna informazione sulla RAGIONE_SOCIALE, tanto meno aver effettuato una visura camerale; 2) Assenza di qualsiasi
documentazione attestante i rapporti tra le due aziende, email, note di carico, ecc.. 3) Emissione di fatture con la stessa numerazione; 4) Le modalità di pagamento della merce con assegni bancari; 5) Consegna della merce da parte di vettori assolutamente sconosciuti nel settore e comprovati evasori fiscali; 6) La stragrande maggioranza dei DDT prodotti non presenta timbro, data e firma del trasportatore; 7) Ricarico esiguo delle merci rispetto a quello solitamente praticato nel settore. Tutti questi concomitanti elementi complessivamente considerati sono validi “indizi” che consentano di sospettare l’esistenza di irregolarità o di evasioni nella sfera dell’emittente delle fatture (…) ».
Si tratta all’evidenza di un accertamento fattuale articolato, motivato e fondato su precisi dati istruttori raccolti nel processo, e va al proposito rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
10. Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato
comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato e valutato dalla CTR.
Trova in conclusione accoglimento anche l’eccezione preliminare dell’RAGIONE_SOCIALE di inammissibilità della censura, dal momento che la contribuente ripropone le questioni fattuali già affrontate nei due gradi precedenti, tentando di prospettare come violazione di legge la mera riproposizione di profili di fatto oggetto di accertamento da parte del giudice del merito.
12. Il ricorso è perciò complessivamente rigettato e da questo esito discende il regolamento delle spese di lite come da dispositivo, secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 4.100,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Roma, così deciso in data 14 settembre 2023