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Frode carosello: Cassazione su termini e accertamenti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15436/2024, ha rigettato il ricorso di una società coinvolta in una complessa frode carosello sull’IVA. La Corte ha confermato la legittimità degli avvisi di accertamento, chiarendo punti fondamentali: la suddivisione interna di competenze di un ufficio fiscale non invalida l’atto; una precedente verifica senza emissione di accertamento non preclude un successivo controllo; il raddoppio dei termini per l’accertamento scatta in presenza dell’obbligo di denuncia penale, a prescindere dalla data di presentazione della stessa.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frode Carosello: la Cassazione sui Termini di Accertamento e la Validità degli Atti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 15436 del 3 giugno 2024, è tornata a pronunciarsi su un caso di frode carosello, offrendo importanti chiarimenti in materia di competenza degli uffici fiscali, legittimità di accertamenti successivi a semplici verifiche e applicazione del cosiddetto ‘raddoppio dei termini’. La decisione consolida principi fondamentali a tutela dell’azione accertatrice dell’Amministrazione Finanziaria di fronte a complesse architetture elusive.

I fatti del caso: una complessa operazione nel settore software

La vicenda trae origine da diversi avvisi di accertamento notificati dall’Agenzia delle Entrate a una società operante nel settore software, con cui veniva contestato il recupero di ingenti somme a titolo di IVA indebitamente detratta. Secondo la ricostruzione dell’Amministrazione Finanziaria, la società era parte integrante di un sofisticato meccanismo di frode carosello.

Il sistema fraudolento, incentrato su ripetute cessioni di ‘moduli software’, coinvolgeva una costellazione di società italiane ed estere. Attraverso passaggi di beni meramente cartolari e antieconomici, realizzati a prezzi sostanzialmente identici, veniva creato artificialmente un ingente credito IVA in capo alla società contribuente. Quest’ultima, infatti, detraeva l’IVA assolta sugli acquisti da una società ‘interposta’, la quale a sua volta ometteva sistematicamente di versare l’imposta dovuta allo Stato, per poi essere posta in liquidazione. Il disegno unitario era finalizzato all’ottenimento di rimborsi IVA illegittimi.

I motivi del ricorso: dalla competenza territoriale al raddoppio dei termini

La società contribuente ha impugnato gli atti impositivi dinanzi alle Commissioni Tributarie, sollevando diverse eccezioni, poi riproposte in Cassazione. I principali motivi di doglianza erano:

1. Incompetenza territoriale: Si contestava che l’avviso fosse stato emesso da una Direzione Provinciale di Milano diversa da quella competente in base al domicilio fiscale della società all’epoca dei fatti.
2. Violazione dello Statuto del Contribuente: Si lamentava l’illegittimità di un nuovo accertamento per l’annualità 2004, dato che la società era già stata sottoposta a una verifica nel 2007, conclusasi senza contestazioni di frode.
3. Illegittima applicazione del raddoppio dei termini: Veniva contestata l’applicazione dei termini di accertamento raddoppiati, sostenendo che non ne ricorressero i presupposti, come la tempestiva presentazione di una denuncia penale.
4. Carenza di prova: Si negava la sussistenza stessa della frode, ritenendo la ricostruzione dell’Agenzia basata su mere presunzioni.

La decisione della Corte sulla frode carosello: analisi delle motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la piena legittimità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate. Le motivazioni della sentenza chiariscono in modo netto i principi giuridici applicabili in casi di frode carosello e complesse verifiche fiscali.

Principio di unitarietà dell’Ufficio e competenza territoriale

In primo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile e infondata l’eccezione di incompetenza. Gli Ermellini hanno ribadito che la ripartizione di competenze tra diverse articolazioni interne di un grande ufficio territoriale, come quello di Milano, costituisce un mero atto organizzativo interno, privo di rilevanza esterna. Pertanto, tale suddivisione non può mai determinare un vizio di incompetenza dell’avviso di accertamento, che è correttamente imputato all’Ufficio nel suo complesso.

La distinzione tra verifica e accertamento formale

Di cruciale importanza è il chiarimento fornito riguardo alla pretesa illegittimità di un ‘secondo accertamento’. La Corte ha specificato che le attività ispettive svolte nel 2007 e 2008 erano state semplici attività di verifica e controllo documentale che non erano sfociate in un formale avviso di accertamento.

Di conseguenza, non si poteva parlare di un ‘primo accertamento’ già definito. Il potere impositivo per l’annualità 2004 è stato esercitato per la prima volta con gli atti impugnati. Il principio che richiede la sopravvenuta conoscenza di ‘nuovi elementi’ per un accertamento integrativo si applica solo quando un primo avviso sia già stato notificato, circostanza non verificatasi nel caso di specie.

La legittimità del raddoppio dei termini per l’accertamento

La Cassazione ha confermato la correttezza dell’applicazione del raddoppio dei termini. Richiamando la sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2011 e il proprio consolidato orientamento, ha ribadito che il raddoppio opera automaticamente in presenza di una condizione obiettiva: la sussistenza di seri indizi di reato che impongono all’Amministrazione l’obbligo di presentare denuncia penale. È irrilevante che la denuncia sia presentata oltre i termini ordinari di accertamento. Ciò che conta è la sola esistenza dell’obbligo di denuncia. L’eventuale prescrizione del reato è, inoltre, questione di competenza esclusiva del giudice penale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La sentenza in esame rafforza significativamente gli strumenti a disposizione dell’Amministrazione Finanziaria per contrastare fenomeni evasivi complessi come la frode carosello. Le conclusioni che se ne traggono sono chiare: il Fisco dispone di un potere accertativo pieno finché non viene formalizzato un primo avviso di accertamento, e le semplici verifiche preliminari non consumano tale potere. Inoltre, viene ribadita la portata automatica del raddoppio dei termini in caso di sospetto reato tributario, un presidio fondamentale per consentire indagini approfondite. Per i contribuenti, la decisione sottolinea l’importanza di non poter fare affidamento sulla conclusione di una verifica senza contestazioni per ritenersi al riparo da futuri accertamenti, specialmente se emergono successivamente indizi di condotte fraudolente.

Un’indagine fiscale conclusa senza un avviso di accertamento impedisce all’Agenzia delle Entrate di effettuare un secondo controllo sulla stessa annualità?
No. Secondo la Corte, le attività di verifica o controllo documentale che non si concludono con l’emissione di un formale avviso di accertamento non consumano il potere impositivo dell’Amministrazione. Pertanto, è legittimo un successivo e più approfondito accertamento sulla stessa annualità, senza che sia necessario dimostrare la conoscenza di ‘nuovi elementi’.

Per applicare il raddoppio dei termini di accertamento, è necessario che l’Agenzia delle Entrate presenti la denuncia penale entro i termini ordinari?
No. La Corte ha ribadito che il raddoppio dei termini opera automaticamente quando sussistono seri indizi di un reato tributario che fanno sorgere l’obbligo di denuncia. La data di effettiva presentazione della denuncia è irrilevante ai fini della legittimità del raddoppio; ciò che conta è la sussistenza dell’obbligo stesso.

La suddivisione interna delle competenze tra diverse direzioni provinciali dello stesso Ufficio dell’Agenzia delle Entrate rende nullo un avviso di accertamento?
No. La Cassazione ha stabilito che la ripartizione interna delle competenze all’interno di un Ufficio è una questione di mera organizzazione interna, priva di rilevanza esterna. Di conseguenza, non può essere invocata dal contribuente come motivo di nullità o incompetenza dell’avviso di accertamento, che resta validamente emesso dall’Ufficio nel suo complesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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