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Frazionamento Catastale: la Cassazione dice no alla banca

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16738/2024, ha respinto il tentativo di un istituto di credito di effettuare un frazionamento catastale per separare gli uffici direzionali (da classificare in A/10) dai locali operativi (D/5). La Corte ha stabilito che la legge sui cosiddetti “imbullonati” non consente di modificare la categoria catastale di porzioni di un immobile che mantengono una strumentalità permanente con l’attività principale, in questo caso quella bancaria.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Frazionamento Catastale: No alla divisione degli uffici direzionali della banca

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande interesse per il settore immobiliare e tributario: la possibilità di effettuare un frazionamento catastale di un edificio bancario per separare gli uffici direzionali dai locali operativi. La Suprema Corte ha fornito un’interpretazione restrittiva, stabilendo che la funzionalità complessiva dell’immobile prevale sulla diversa destinazione dei singoli spazi, specialmente quando si invoca la normativa sui cosiddetti “imbullonati”.

I fatti di causa: un tentativo di riclassificazione

Il caso ha origine dalla decisione di un importante istituto di credito di presentare una dichiarazione di variazione catastale (procedura DOCFA) per un proprio immobile. L’obiettivo era quello di dividere l’edificio, originariamente classificato per intero nella categoria D/5 (Istituti di credito, cambio e assicurazione), in più unità. In particolare, la banca intendeva mantenere in categoria D/5 solo i locali strettamente operativi, dotati di impianti di sicurezza specifici, e riclassificare gli uffici direzionali e di consulenza nella categoria A/10 (uffici e studi privati).

L’Agenzia delle Entrate si opponeva a questa operazione, emettendo un avviso di rettifica e ripristinando l’unica categoria D/5 per l’intero fabbricato. Dopo un contenzioso nei primi due gradi di giudizio con esiti alterni, la questione è giunta all’esame della Corte di Cassazione.

Frazionamento Catastale e la Legge sugli “Imbullonati”

La tesi difensiva dell’istituto di credito si fondava principalmente sulla Legge n. 208/2015, nota come “legge sugli imbullonati”. Secondo la banca, questa normativa, che esclude dal calcolo della rendita catastale il valore di macchinari e impianti funzionali al processo produttivo, avrebbe giustificato la separazione. Gli uffici direzionali, privi di impianti specifici come caveau o cassette di sicurezza, non sarebbero più stati intrinsecamente legati all’attività bancaria “classica”, potendo quindi assumere un’autonoma classificazione catastale come A/10.

La Commissione tributaria regionale aveva inizialmente dato ragione al contribuente, ritenendo che gli uffici, essendo destinati ad attività di agenzia, consulenza e gestione, potessero essere considerati un cespite indipendente e non necessitassero di strutture tipiche della categoria D/5. Questo approccio, tuttavia, è stato completamente ribaltato dalla Suprema Corte.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, smontando la tesi del contribuente. Il punto centrale della decisione risiede nel concetto di strumentalità permanente dell’immobile rispetto alla funzione originaria. Secondo i giudici, non è possibile procedere a un frazionamento catastale quando le porzioni che si intendono separare, come gli uffici direzionali, rimangono oggettivamente e funzionalmente asservite all’attività bancaria complessiva.

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile la portata della Legge n. 208/2015. Tale norma ha lo scopo esclusivo di rideterminare la rendita catastale degli immobili già censiti, scorporando il valore degli “imbullonati”. Non è, invece, uno strumento per giustificare una riclassificazione catastale o un frazionamento di un immobile la cui unità funzionale permane. Gli uffici direzionali, pur non avendo dotazioni di sicurezza, sono parte integrante e indispensabile dell’attività di un istituto di credito, che non si esaurisce nelle sole operazioni di sportello.

L’intera struttura, quindi, deve essere considerata come un’unica unità immobiliare con destinazione speciale, poiché costruita e adibita per le esigenze complessive di un’attività commerciale non suscettibile di destinazione diversa senza radicali trasformazioni. La separazione proposta dal contribuente è stata quindi ritenuta illegittima perché basata su un’errata interpretazione della legge, che non autorizza a scindere ciò che è funzionalmente unito.

Conclusioni: il principio di diritto e le implicazioni pratiche

In conclusione, la Corte ha formulato un principio di diritto molto chiaro: non è consentito al contribuente, attraverso la procedura DOCFA prevista dalla legge sugli “imbullonati”, proporre l’attribuzione della categoria A/10 a porzioni di un fabbricato bancario (categoria D/5) sul presupposto della separazione degli uffici direzionali dai locali operativi. Ostacolano questa riclassificazione sia la permanente strumentalità degli immobili alla funzione originaria, sia l’esclusiva rilevanza degli impianti ai soli fini della rideterminazione della rendita.

Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche: rafforza un’interpretazione unitaria della classificazione degli immobili a destinazione speciale e pone un freno a tentativi di frazionamento catastale volti a ottenere un risparmio fiscale attraverso una parcellizzazione artificiosa di complessi immobiliari funzionalmente unitari.

È possibile procedere al frazionamento catastale di un immobile bancario per separare gli uffici direzionali dai locali operativi?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è consentito se gli uffici, pur privi di specifiche dotazioni di sicurezza, mantengono una strumentalità permanente e funzionale con l’attività bancaria complessiva dell’immobile.

La legge sui cosiddetti “imbullonati” (L. 208/2015) può giustificare una riclassificazione catastale di una porzione di immobile?
No, la sentenza chiarisce che tale legge ha il solo scopo di permettere la rideterminazione della rendita catastale, escludendo dal calcolo il valore di macchinari e impianti. Non può essere utilizzata come presupposto per cambiare la categoria catastale di porzioni di un immobile che restano funzionalmente connesse all’attività principale.

Qual è il criterio decisivo per classificare un intero immobile nella categoria D/5 (istituti di credito)?
Il criterio determinante è la destinazione complessiva dell’immobile all’esercizio dell’attività bancaria. Se l’edificio è stato costruito o adattato per le speciali esigenze di tale attività, e le sue diverse parti (inclusi gli uffici direzionali) sono funzionalmente connesse, l’intero complesso deve essere classificato unitariamente in D/5, poiché rappresenta un’unica unità immobiliare con unicità reddituale e funzionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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