Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8852 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8852 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9287/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in
persona del legale rappresentante NOME COGNOME, difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma n. 5463/2017 depositata il 25/09/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte (ricorsi, controricorsi) emerge quanto segue.
L’RAGIONE_SOCIALE di Napoli notificò alla RAGIONE_SOCIALE avviso di irregolarità nel versamento dell’Iva per l’anno di imposta 2012 per euro 3.741.527,00 oltre a sanzioni ed interessi. A questa seguì la cartella di pagamento relativa al medesimo anno 2012 per imposta, sanzioni, interessi per complessivi euro 5.536.933,39.
Nello stesso periodo, l ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Milano notificò alla RAGIONE_SOCIALE avviso di irregolarità nel versamento IVA per euro 5.159.034,00 oltre a sanzioni ed interessi cui è seguita la cartella di pagamento relativa al medesimo anno di imposta 2012, oltre sanzioni ed interessi per euro 7.644.589, 16.
LRAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE notificò alla RAGIONE_SOCIALE avviso di irregolarità nel versamento dell’iva per euro 1.465,482,00 oltre sanzioni e interessi; a questa ha fatto seguito la cartella di pagamento (relativa al medesimo periodo di imposta per IVA, oltre sanzioni, interessi ed aggi per euro 2.177.392,68.
La società impugnò gli atti indicati e la Commissione tributaria provinciale di Roma, dichiarò non dovute le somme a titolo di interessi e sanzioni condannando l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alle spese del giudizio.
Avverso tale decisione presentò appello l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ma lo stesso venne respinto affermando che la cooperativa aveva omesso di effettuare il versamento IVA, in forza del comportamento della RAGIONE_SOCIALE. che a sua volta non aveva pagato le prestazioni dovute, al fine di preservare la continuità aziendale e gli elevatissimi livelli occupazionali presenti sul territorio in ragione di 6.947 unità.
In buona sostanza venne escluso qualunque comportamento intenzionale della cooperativa ed anzi venne ritenuta sussistere un’ipotesi di forza maggiore.
Avverso tale decisione propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, affidato ad un unico motivo, per ritenuta violazione degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 472 del 1997 anche in combinato disposto con gli artt. 2697 c. e con l’art. 115 c.p.c. Resiste con controricorso la società contribuente.
RILEVATO CHE
Nelle more della definizione del presente procedimento, la società contribuente ha chiesto sospendersi il giudizio per poter definire la controversia, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.l. n. 119 del 2018.
Successivamente non è stata depositata alcuna richiesta ovvero documentazione , nell’ambito del presente procedimento, comprovante l’avvenuto soddisfacimento RAGIONE_SOCIALE condizioni previste dalla normativa innanzi indicata.
Trova applicazione, quindi, Cass. n. 10235/2023 che afferma’ in tema di sospensione del processo tributario ai sensi dell’art. 6, comma 10, del d.l. n. 119 del 2018, deve ritenersi che i giudizi per i quali il contribuente abbia presentato istanza di sospensione fino al 10 giugno 2019, senza successivamente presentare la domanda di definizione, allo scadere della predetta data proseguano senza che sia necessario presentare istanza di trattazione, in quanto dal coordinamento con detta norma del successivo comma 13 risulta
introdotta una sequenza rigorosamente prestabilita e cronologicamente cadenzata, che stabilisce come il procedimento possa essere sospeso, su istanza del contribuente, fino al 10 giugno 2019, per consentire la presentazione della domanda di definizione agevolata e, soltanto dopo il deposito della domanda di definizione agevolata, fino al 31 dicembre 2020, per consentire l’adempimento degli obblighi derivanti dalla medesima definizione agevolata.
Premesso quanto innanzi, il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE è fondato non ravvisandosi gli estremi, nella specie, dell’invocata forza maggiore.
E’ opportuno al riguardo ripercorrere, sinteticamente, gli arresti di questa Corte che hanno definito il concetto di forza maggiore.
1.-La giurisprudenza più recente (cfr. anche Cass. nn. 17027/21 e 39548/21) mutua la nozione di forza maggiore rilevante da quella elaborata dalla giurisprudenza unionale, che la definisce, nelle materie doganale e RAGIONE_SOCIALE accise, avendo riguardo sia all’elemento oggettivo, dato dall’esistenza di circostanze estranee all’operatore, anormali e imprevedibili, sia a quello soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi (Corte giust., causa C-314/06, RAGIONE_SOCIALE (SPMR); causa C-533/10, CIVAD, punto 28; cause C-659/13 e C-34/14, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, punto 192; causa C154/16, «Latvijas Dzelzcefg» VAS, punto 61). E reputa che la situazione di illiquidità, anche se dovuta ad anormali ritardi nei pagamenti dei debitori, di solito pubbliche amministrazioni, non corrisponda alla nozione unionale di forza maggiore.
2.- Si è poi affacciato un altro indirizzo (espresso da Cass. nn. 2139/20 e 15415/21), che affronta, invece, la rilevanza della forza maggiore nel quadro del diritto sanzionatorio e applica in materia
tributaria il principio sancito in generale dall’art. 3 della I. n. 689/1981, in base al quale, ai fini dell’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, sono sufficienti la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, rilevante, come esimente, solo se l’agente sia incorso in un errore inevitabile, per ignoranza incolpevole dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza. D’altronde, si è sottolineato, la presunzione di colpa non si pone in contrasto con gli artt. 6 CEDU e 27 Cost. anche nel caso la sanzione abbia natura sostanzialmente penale in quanto afflittiva, a fronte dell’onere, posto a carico dell’amministrazione, di provare i fatti costitutivi della pretesa sanzionatoria e, quindi, la sussistenza della condotta illecita (Cass. n. 1529/18).
3. Così inquadrata la rilevanza della questione, si fa applicazione del principio stabilito dalle sezioni unite penali di questa Corte (con sentenza n. 37424/13), che hanno escluso il rilievo scriminante di impreviste difficoltà economiche in sé considerate (v., anche in riferimento all’art. 10-bis del d.lgs. n. 74/00, Cass. pen., nn. 10120/10, 3647/17, 58442/18; richiama l’applicabilità della giurisprudenza penale in tema di forza maggiore anche Cass. n. 7850/18). 4.Questo secondo approccio è maggiormente rispondente all’autonomia del diritto sanzionatorio, pure rispetto al diritto che regola il sottostante rapporto giuridico sostanziale. Anzitutto, il diritto unionale dedica alle sanzioni attenzione ben diversa da quella che riserva ai tributi afferenti alle materie di competenza dell’Unione. La sanzione rileva per il suo scopo d’indurre i soggetti passivi a regolarizzare il più rapidamente possibile i casi di pagamento insufficiente dell’imposta e, pertanto, di raggiungere l’obiettivo di garantirne l’esatta riscossione (Corte giust., causa C-935/19, Grupa Warzywna Sp. z o.o., punto 31); di
modo che il diritto unionale ha riguardo alla sanzione in relazione ai canoni di adeguatezza, ossia d’idoneità a evitare che lo Stato membro di imposizione sia privato della possibilità di controllare efficacemente le condizioni di applicazione dell’imposta (Corte giust., grande sezione, causa C-482/18, Google, punto 48) e di proporzionalità, con riferimento al rischio di perdita di gettito (tra varie, Corte giust., causa C-712/17, RAGIONE_SOCIALE).
4.In materia tributaria, poi, il legislatore ha dato sistemazione alla materia sanzionatoria con i decreti legislativi nn. 471, 472 e 473 del 1997, evidenziandone la natura punitiva (come sottolineato dall’art. 133, lett. q) della legge delega n. 662/96; da ultimo, fa applicazione dei principi penalistici in tema di successione RAGIONE_SOCIALE leggi nel tempo, Cass. n. 19738/21). E il diritto punitivo mal tollera ipotesi di responsabilità oggettiva, in base ai principi di matrice penalistica che lo presidiano: lo stabilisce chiaramente l’art. 5 del d.lgs. n. 472/97, secondo cui «Nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa».
5.- Coerentemente la giurisprudenza meno recente di questa Corte applicava, in tema di sanzioni amministrative, i principi di matrice penalistica e, nel riconoscere la rilevanza generale del caso fortuito e della forza maggiore ai fini dell’esclusione della responsabilità dell’agente, precisava che il primo incide sulla colpevolezza e la seconda sul nesso psichico, specificando che la relativa nozione va desunta dall’art. 45 c.p. ed è integrata con il concorso dell’imprevedibilità e inevitabilità, da accertare mediante specifica indagine (Cass. nn. 9738/00; 14168/02; 10343/10).
6.- É dunque all’accezione penalistica della forza maggiore che bisogna aver riguardo.
Sicché, aderendo a quanto già statuito da questa Corte, alla fattispecie in esame deve applicarsi il principio secondo cui in tema di sanzioni tributarie, posto che il diritto sanzionatorio ha natura
punitiva, la forza maggiore va intesa secondo la sua accezione penalistica, e va quindi riferita ad un avvenimento imponderabile che annulla la signoria del soggetto sui propri comportamenti, elidendo il requisito della coscienza e volontarietà della condotta; ne consegue che non risponde a tale nozione la crisi di liquidità derivante dal reiterato, per quanto grave, inadempimento di pubbliche amministrazioni debitrici, peraltro prevedibile (da ultimo Cass. n. 11111 del 2022).
7.Ne consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione con rinvio della sentenza alla Corte di giustizia tributaria di Roma, in