Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17417 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17417 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/06/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 18390/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , ex lege domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE; AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE – PALERMO
-intimate- avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO della SICILIA n. 1442/2023, depositata il 13/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/06/2025 dal Cons. COGNOME NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La contribuente soc. RAGIONE_SOCIALE noleggiava a diverse Procure della Repubblica le apparecchiature per l’intercettazione telefonica, maturando crediti rilevanti per cronico ritardo nel saldo delle competenze da parte del mono cliente -Stato. La disciplina speciale di cui alla l. n. 296/2006 congelava le procedure esecutive pure esperite per l’escussione dei crediti verso lo Stato, ponendo la contribuente in posizione di crisi di liquidità, donde non onorava le imposte pur dichiarate, ricevendo cartella esattoriale a seguito di controllo automatizzato.
La società contribuente impugnava quindi la cartella e chiedeva, per quanto qui interessa, l’esenzione di responsabilità in ragione del concorso di forza maggiore.
I gradi di merito erano parzialmente favorevoli alla parte contribuente. Nel particolare, i collegi di primo e secondo grado rilevavano che la società contribuente, al consolidarsi del suo credito a fine 2011 nella consistente somma di un milione e settecentomila euro, esperiva apposita azione monitoria, poi paralizzata dalla novella legislativa che rendeva inescutibili i crediti verso lo Stato. Pertanto, successivamente, onde non risultare inadempiente nell’assolvimento dei propri oneri fiscali, la società contribuente accedeva al credito bancario, facendosi carico del costo dell’anticipazione bancaria per dotarsi della liquidità sufficiente ad onorare il pagamento delle tasse. Su questa base i collegi di merito hanno distinto la debenza degli interessi di mora, volti a compensare lo Stato per il ritardato pagamento di quanto dovuto, riconoscendo la sufficienza del mero fatto (il ritardo) per integrare la fattispecie, rispetto alle sanzioni che richiedono il quid pluris del momento soggettivo, quanto meno della colpa. Nello specifico, i giudici di merito hanno riconosciuto l’inesigibilità in capo alla contribuente,
accertando che di più non si poteva fare, né essere richiesto, avendo anticipato ogni spesa, fino a che il mercato bancario aveva consentito di accedere al credito, oltre ad aver richiesto la rateizzazione del debito, facendo fronte agli ulteriori oneri. Sulla base di queste ragioni, le sanzioni andavano annullate, per assenza di colpa e per inesigibilità di ulteriore più diligente comportamento.
Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi ad unico motivo di ricorso, mentre è rimasta intimata la parte contribuente.
CONSIDERATO
Viene proposto un unico motivo di ricorso.
1.1. Con esso si denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 del codice di procedura civile – la violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 6, quinto comma, del d.lgs. n. 472/1997 in tema di non punibilità del contribuente per causa di forza maggiore.
Nello specifico si critica la sentenza in oggetto per avere la Corte di giustizia tributaria di II grado della Sicilia, nello svolgimento del procedimento di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta di forza maggiore, omesso di applicare i principi regolatori della materia elaborati da questa Corte, facendo riferimento sostanzialmente, quanto all’elemento oggettivo, ad una situazione di illiquidità, prospettata quale conseguenza del tardivo adempimento di obbligazioni pecuniarie da parte del «mono -cliente Stato» e tralasciando ogni considerazione in merito all’elemento soggettivo, con particolare riferimento al correlato dovere della contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi.
Sotto un primo profilo, occorre dare atto che è dato acquisito che il concetto di forza maggiore richieda l’imprevedibilità e l’irresistibilità, dovendosi premunire il privato della dovuta liquidità, poiché il ritardo nei pagamenti dello Stato non è elemento imprevedibile.
In materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esiment e in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità (cfr. Cass. Sez. V, n. 22153/2017; cfr. Cass. Sez. VI-5, n. 39548/2021).
Nello specifico, si osserva che la vicenda dell’odierna contribuente è già venuta alla cognizione di questa Corte di legittimità che ha ritenuto fondata la prospettazione erariale (cfr. Cass. Sez. VI-5 n. 28320/2019 e 28321/2019).
Nondimeno, non sembra potersi affermare che -con riferimento alla fattispecie che qui viene in rilievo – la contribuente non abbia posto in essere tutti gli strumenti in suo possesso per far fronte alle difficoltà nel riscuotere il suo credito, dimostrando così una diligenza massima che nei gradi di merito è stata riconosciuta raggiungere l’inesigibilità.
4.1. È stato, infatti, sostenuto che non può essere richiesto alla parte contribuente uno sforzo eccessivamente gravoso.
Più precisamente, seppure con particolare riferimento all’IVA, detto principio è stato recentemente -e condivisibilmente -calibrato da ll’ordinanza di questa Corte n. 27416/2020 (in motivazione) nei termini che seguono: ‘l’orientamento giurisprudenziale in materia è costante nel negare rilievo, ai fini della configurabilità della suddetta causa di non punibilità, a situazioni di disagio economico ancorché riconducibile a fattori esterni perché, essendo il soggetto obbligato al versamento un sostituto di imposta, lo stesso è tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi
riversarla all’erario, non potendo, dunque, venire in rilievo situazioni di difficoltà seppur non prevedibili. In tal senso si è espressa anche Cass. n. 22153 del 2017 che, proprio in situazione del tutto analoga, richiamando un conforme orientamento unionale (cfr. Corte di Giustizia CE, sent. 18/12/2007, in causa C/314/06, punto 24; ord. 18.1.2005 in causa C-325/03, punto 25; sent. 15/12/1994 in causa C-195/91, punto 31, nonché sent. 17.10.2002 causa C-208/01, punto 19) ha affermato il principio secondo cui «In materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall’obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità» (conf. Cass. n. 28063 del 2018 e n. 7850 del 2018 che hanno richiamato la parallela giurisprudenza penale di questa Corte che, relativamente alle fattispecie delittuose di cui al d.lgs. 74/2000, ha uniformemente escluso la sussistenza della scriminante de qua appunto nel caso della allegazione difensiva della sussistenza di “crisi aziendale” -v. Cass., Sez. 3, n. 37528 del 2013, Coniano’, Rv.25768301; Sez. 3, n. 3124 del 2013, COGNOME, Rv. 25884201; Sez. 3, n. 8352 del 2014, COGNOME, Rv. 26312801)’.
4.2. In fattispecie simile, si è sostenuto essere incorsa in errore la C.T.R. nell’attribuire rilevanza onde mandare assolta la società contribuente dal trattamento sanzionatorio -alla situazione di mera difficoltà finanziaria dalla stessa documentata, occorrendo invece procedere, a tal fine, alla più approfondita indagine prospettata dai principi appena richiamati (in questo senso, cfr. Cass. Sez. VI-5 n. 30679/2022)
4.3. Altresì, come si è anticipato, a tutela del proprio credito, la parte contribuente ha esperito azione, ottenendo l’emissione di decreto ingiuntivo. Sennonché è successivamente intervenuta la l. n. 296/2006 che ha paralizzato le azioni a tutela dei crediti verso lo Stato, inibendo così l’escussione di quanto vantato nei confronti dello Stato per il servizio reso alla Procura della Repubblica di Palermo. Per converso, pur non riuscendo a ricevere il corrispettivo per il noleggio delle apparecchiature, la contribuente ha continuato a fornire il materiale richiesto, trattandosi di servizio essenziale di noleggio che non può essere interrotto, nemmeno a fronte del mancato pagamento delle fatture. Tale situazione – di prosecuzione del servizio a fronte del mancato pagamento – ha aggravato la situazione di liquidità della contribuente, che ha quindi scelto di allocare le riserve nella prosecuzione del servizio, piuttosto che nel pagamento delle imposte, operando una valutazione di quale fosse il minor danno per lo Stato, profilo che deve essere considerato nella valutazione del momento soggettivo, nella fattispecie in oggetto dove si controverte del pagamento delle sanzioni per omissione di versamento di imposte dichiarate, ma non corrisposte.
4.4. Va altresì rimarcato che – come accertato nei gradi di merito – la contribuente, non potendo escutere il proprio credito neppure con la procedura monitoria, abbia fatto ricorso al mercato bancario, sostenendo in proprio gli oneri per ottenere in anticipazione la liquidità necessaria al pagamento delle imposte, nonché richiedendo la rateizzazione del debito, facendo fronte ai maggiori costi.
4.5. Va, altresì, sciolto il dubbio mantenuto dalla sentenza in scrutinio (pag. 4, secondo capoverso) nel senso che la prestazione della contribuente non poteva essere interrotta o sospesa, trattandosi di servizio pubblico essenziale nei confronti dell’Amministrazione delle giustizia, assunto tramite contratto ad evidenza pubblica per cui non è consentita al privato fornitore
l’eccezione di inadempimento , nemmeno quale strumento per ottenere il dovuto.
Le argomentazioni che precedono, nel particolare bilanciamento degli opposti aspetti, dimostrano l’assenza dell’evidenza decisoria di cui all’art. 375 c.p.c., che sostiene la decisione in camera di consiglio, rendendo necessaria la trattazione in pubblica udienza.
P.Q.M.
La Corte rimette la trattazione del ricorso alla pubblica udienza.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.