Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22804 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 22804 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9009/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso il cui Ufficio è domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NAPOLI azienda speciale , in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME direttore, rappresentata e difesa, per procura in calce alla
IRES ACCERTAMENTO
memoria di costituzione di nuovo difensore depositata il 12 gennaio 2022 , dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 9799/2015, depositata il 6 novembre 2015;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella pubblica udienza del 5 giugno 2025;
dato atto che il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME ha concluso per l’accoglimento del quarto motivo del ricorso principale e la declaratoria di inammissibilità del ricorso incidentale condizionato;
sentiti l’avvocato dello Stato NOME COGNOME per la ricorrente e l’avvocato NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale, i quali hanno richiamato le conclusioni formulate.
FATTI DI CAUSA
1. ABC –RAGIONE_SOCIALE Napoli azienda speciale (già RAGIONE_SOCIALE, d’innanzi ‘ABC’) impugnò innanzi alla C.T.P. di Napoli l’avviso di accertamento con il quale l’amministrazione finanziaria aveva recuperato una maggiore Ires per l’anno 2007, per l’importo di € 13.396.450,00 oltre interessi e sanzioni.
L’atto impositivo costituiva il punto di approdo di una verifica che aveva interessato gli esiti dell’operazione di scissione a monte della costituzione di ABC.
In particolare, l’azienda speciale RAGIONE_SOCIALE aveva posto in essere una scissione parziale di un ramo d’azienda, costituendo la società per azioni RAGIONE_SOCIALE, interamente partecipata dal Comune di Napoli;
in quest’ultima era confluita parte del patrimonio dell’azienda scissa, che in seguito era stata trasformata nell’azienda speciale RAGIONE_SOCIALE
A seguito della scissione, la beneficiaria aveva ritenuto opportuna la costituzione di un apposito fondo rischi, per far fronte in via sussidiaria agli eventuali debiti della scissa che le fossero stati opposti in forza del vincolo di solidarietà; il fondo era stato progressivamente ridotto fino a che, nell’anno di imposta oggetto di accertamento, i crediti e i debiti residui della scissa erano confluiti nel patrimonio della beneficiaria ed il fondo scissione era rimasto prudenzialmente iscritto a bilancio per l’importo residuo , mentre a garanzia dei debiti accollati erano stati creati tre fondi appositi (due per i debiti di natura pensionistica e uno per i debiti da contenzioso).
L’Ufficio aveva tuttavia ritenuto che l’accollo dei debiti residui della scissa avesse fatto venir meno i presupposti giuridici ed economici per il mantenimento a bilancio del detto fondo, che dunque costituiva una sopravvenienza fiscalmente rilevante; inoltre, l’iscrizione a bilancio dei tre nuovi fondi aveva determinato una variazione in diminuzione, della quale si rendeva necessario il recupero.
All’esito del giudizio, la C.T.P. annullò l’atto impositivo.
Il successivo appello erariale fu respinto con la sentenza indicata in epigrafe.
I giudici regionali osservarono, in via di premessa , l’avviso di accertamento rispettava i canoni di adeguatezza della motivazione e che, in ogni caso, ABC era pienamente a conoscenza dei motivi della pretesa impositiva, avendo dato corso, prima del giudizio, ad un procedimento di accertamento con adesione poi non definitosi.
Nel merito, rilevarono poi che l’Ufficio aveva sostanzialmente contestato all’azienda speciale di aver posto in essere l’operazione di scissione come mero «schermo fiscale» per realizzare, in realtà, un conferimento; quest’ultimo, infatti, avrebbe reso necessario lo stralcio dal bilancio del fondo rischi, con conseguente sopravvenienza attiva fiscalmente imponibile.
Ritennero, tuttavia, di non condividere tale impostazione, sul precipuo rilievo del fatto che il «fondo rischi scissione» costituiva un ‘fondo tassato’, e non un ‘fondo deducibile’, in quanto alimentato con l’utilizzo della riserva da scissione e perciò trattato fiscalmente alla stregua delle annotazioni di rischio nei conti d’ordine.
Osservarono, inoltre, che l’assoggettamento a tassazione del fondo rischi confliggeva con l’art. 115, comma 6, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), a mente del quale il conferimento e l’assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di capitali costituite dai Comuni «sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali», con conseguente incapacità dell’iscrizione a bilancio del fondo di generare maggiori attivi deducibili.
Ancora, ritennero infondati i rilievi erariali sui fondi di nuova costituzione, attesa la deducibilità delle prestazioni alle quali erano finalizzati.
Osservarono, infine, che le sanzioni irrogate erano «palesemente abnormi», avuto riguardo all’assenza di colpevolezza della contribuente ed all’evidente incertezza normativa.
L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
La società contribuente ha depositato controricorso e ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi, al quale ha fatto seguito il deposito di controricorso da parte dell’Ufficio.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte.
Le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo del ricorso principale denunzia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 cod. proc. civ.
L’A genzia delle entrate evidenzia che la C.T.R., dopo aver dichiarato di condividere il motivo di gravame con il quale essa aveva censurato la statuizione di prime cure nella parte in cui dichiarava la nullità dell’atto impositivo, ha poi comunque respinto in toto il suo appello.
Con il secondo motivo viene nuovamente dedotta la nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ.
Secondo l’Agenzia delle entrate, la C.T.R. avrebbe «svolto apodittiche affermazioni circa la qualificazione del ‘fondo rischi da scissione’» senza esaminare le sue specifiche argomentazioni, decisive per l’inquadramento del thema decidendum ; lo stesso, poi, sarebbe a dirsi per la statuizione concernente i due ulteriori fondi costituiti, che aveva trascurato di considerare le specifiche censure esposte nell’atto di appello .
Con il terzo mezzo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 88 e 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), dell’art. 115 TUEL e degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, la ricorrente ripropone le medesime considerazioni di cui al motivo che precede, osservando che la sentenza d’appello, anche ove ritenuta esente dai prospettati vizi
di nullità, avrebbe concretato una violazione delle disposizioni evocate, poste a fondamento della pretesa impositiva.
Osserva, in particolare, che, nell’ambito delle operazioni di trasformazione societaria al cui paradigma sarebbero ascrivibili i fatti di causa, in quanto sostanzialmente riconducibili a un conferimento, l’art. 115 TUEL prevede, al comma 6, un’esenzione da imposta della plusvalenza formatasi in capo al conferente, «rendendo tuttavia possibile l’iscrizione dei beni conferiti -assegnati, nel bilancio della società beneficiaria, entro il limite massimo dei valori» accertati dalla perizia di cui al precedente comma 3.
Nel caso di specie, pertanto, sarebbero stati fiscalmente rilevanti i valori dell’attivo patrimoniale iniziale della società e le poste passive, tra le quali il «fondo rischi scissione»; ma poiché la società scissa si era accollata i debiti e i crediti dell’azienda speciale, non vi erano più rischi legati alla responsabilità sussidiaria di cui all’art. 2506 -quater cod. civ., e, conseguentemente, la specifica funzione del citato fondo era venuta meno e quest’ultimo andava ricompreso fra le sopravvenienze attive.
Infine, con il quarto motivo l’Amministrazione denunzia nullità della sentenza per contrasto con l’art. 132 cod. proc. civ.
In tal senso, assume anzitutto che la C.T.R. avrebbe omesso di esaminare le doglianze da lei svolte in forma di contestazione delle perizie di parte prodotte dalla società a sostegno della tesi secondo la quale il «fondo rischi scissione» era tassato, e che, per tale ragione, avrebbe erroneamente ritenuto che il punto non fosse oggetto di contestazione.
Denunzia, inoltre, la contraddittorietà della motivazione resa con riguardo alle sanzioni, laddove la C.T.R. aveva ritenuto l’atto
impositivo non adeguatamente motivato in parte qua -smentendo quanto poco prima affermato in punto alla sufficiente motivazione dello stesso -e purtuttavia affermato che la vicenda era di oscura interpretazione, quando, invece, sussistevano diversi atti interpretativi da lei stessa promanati che non consentivano dubbi ermeneutici.
Il primo motivo del ricorso incidentale condizionato è articolato in due profili.
Con il primo di essi, ABC lamenta «omessa motivazione della pronuncia implicita con la quale la C.T.R. ha affermato che l’avviso impugnato è legittimo seppur non preceduto da idoneo contraddittorio», mentre, con il secondo, evidenzia che la stessa statuizione concreterebbe violazione dell’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212, in merito al diritto al contraddittorio.
Con il secondo mezzo, anch’esso articolato in due profili, è dedotta la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione.
La censura riguarda la statuizione relativa alla motivazione dell’atto impositivo.
Tale ultima sarebbe, per un verso, contraddittoria, poiché i giudici regionali avevano dapprima ritenuto che tale atto fosse sufficientemente motivato, salvo poi affermare, in punto alle sanzioni, che lo stesso era «viziato da diffusa carenza e contraddittorietà della motivazione».
La contribuente, inoltre, deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, degli artt. 7, comma 1, e 12, comma 7, della l. n. 212/2000, dell’art. 42, comma 2, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 472/1997, assumendo che la sentenza impugnata si
porrebbe in contrasto con tali disposizioni nella parte in cui ha ritenuto adeguatamente motivato l’atto impositivo.
Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile per carenza di interesse.
La sentenza impugnata, pur accogliendo il motivo di gravame formulato dall’Amministrazione in punto alla motivazione dell’avviso di accertamento oggetto di lite, ritenuto esente da vizi invalidanti sotto tale profilo, ha poi affermato l’infondatezza, nel merito, della pretesa erariale.
Di qui il rigetto del gravame, pronunziato con formula integrale, della quale la ricorrente non ha valida ragione per dolersi, quantomeno nei termini prospettati.
Il secondo motivo è, innanzitutto, inammissibile per come formulato.
8.1. Con esso, infatti, la ricorrente pretende di censurare la medesima parte della decisione in relazione a profili -quello di omessa pronunzia e quello attinente alla motivazione -fra loro incompatibili.
In proposito, questa Corte ha affermato che la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia ed omessa motivazione su un punto decisivo della controversia connota la censura come contraddittoria, non consentendo che essa superi il vaglio di ammissibilità.
Il primo vizio, infatti, «implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360, comma primo, num. 4, e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione», mentre il secondo «presuppone l ‘ esame della questione oggetto
di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360, num. 5» (così, espressamente, Cass. n. 6150/2021; nello stesso senso, v. Cass. n. 27551/2024, Cass. n. 29952/2022).
8.2. In ogni caso, il motivo è anche infondato.
Com’è noto, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del ‘minimo costituzionale’ richiesto dall’art. 111, comma sesto, Cost.; quest’ultima, in particolare, si individua nelle ipotesi di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale’, di ‘motivazione apparente’, di ‘manifesta ed irriducibile contraddittorietà’ e di ‘motivazione p erplessa od incomprensibile’.
Al di fuori di tali ipotesi, il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa soluzione della controversia (cfr. Cass. Sez. U, n. 8053/2014; conformi, fra le altre, Cass. n. 30651/2023; Cass. n. 7090/2022; Cass. n. 22598/2018; Cass. n. 23940/2017).
8.3. Nessuna di tale ipotesi ricorre nella specie.
I giudici d’appello , infatti, hanno svolto considerazioni ampie ed articolate in punto alla ricostruzione obiettiva dell’operazione posta a monte della pretesa impositiva, in particolare evidenziando le ragioni del loro convincimento in ordine al fatto
che il «fondo rischi scissione» fosse alimentato con l’utilizzo della corrispondente riserva, prelevata dalla base imponibile e non derivante da accantonamenti dedotti o deducibili.
La motivazione esposta in tal senso, pertanto, si colloca ben al di sopra del ‘minimo costituzionale’ al quale si è poc’anzi fatto cenno.
8.4. Né, peraltro, il fatto che la C.T.R. non abbia preso in considerazione, nel dettaglio, le singole argomentazioni difensive dell’Ufficio vale a ritenere sussistente il denunziato vizio di omessa pronunzia.
Questa Corte, al riguardo, ha precisato che non è necessario che la motivazione della sentenza sia resa con riferimento ad ogni specifica argomentazione della parte che l’ha impugnata; non basta, in altri termini, la mancanza di una espressa statuizione del giudice, essendo necessario che sia completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile in riferimento alla soluzione del caso concreto, il che non si verifica quando la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (in questo senso, fra le altre, Cass. n. 1855/2020; Cass. n. 29191/2017; Cass. n. 24155/2017).
Il terzo motivo non è fondato.
9.1. L’Agenzia ricorrente , come si è detto, muove dal rilievo in base al quale l’operazione di scissione sarebbe assimilabile, quanto agli effetti, ad un conferimento; dal che si renderebbe applicabile il disposto di cui all’art. 115, comma 6, TUEL, che prevede l ‘esenzione da imposizione della plusvalenza realizzata dalla società scissa mediante l’iscrizione dei beni conferiti alla società beneficiaria entro il limite massimo del valore di stima.
Ciò in quanto il successivo comma 7 estende, ai fini indicati, gli effetti della costituzione di azienda speciale anche al caso di scissione dell’Azienda o alla destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa, prevedendo che, in questo caso, si applichino, in quanto compatibili, anche le disposizioni di cui agli artt. 2504septies e 2504decies cod. civ.
Di qui la rilevanza, sotto il profilo fiscale, delle poste passive, tra le quali rientra il fondo rischi da scissione; e, in via di ulteriore conseguenza, la tassabilità di quest’ultimo come sopravvenienza attiva una volta che, a seguito dell’accollo dei debiti della scissa, era venuta meno la sua funzione originaria; dal che, infine, la non deducibilità dei due fondi successivamente costituiti, in quanto originati da una sopravvenienza fiscalmente rilevante.
9.2. Invero, l ‘art. 107, comma 4, TUIR afferma la regola della non deducibilità di accantonamenti diversi da quelli espressamente considerati dalle disposizioni di cui al capo nel quale la norma stessa è contenuta, che attengono al reddito d’impresa e costituiscono, pertanto, elencazione tassativa.
Ove non rientrino in tale novero, pertanto, gli oneri relativi ad accantonamenti possono essere dedotti soltanto laddove siano stati effettivamente sostenuti, in conformità alla previsione generale dei requisiti di certezza ed obiettività dei costi deducibili.
9.3. Ora, gli accantonamenti al «fondo rischi scissione», inerenti ad ipotetici costi per l’erogazione delle pensioni integrative e per un contenzioso pendente, non esprimono passività certe e determinate; essi, pertanto, non sono deducibili ed assumono la natura di fondi tassati, cosicché non può ritenersi che gli stessi costituiscano sopravvenienze attive al momento in cui vengono utilizzati.
Inoltre, e in linea ulteriormente consequenziale, la stessa natura di fondo tassato va riconosciuta in capo ai due fondi successivamente costituiti con le risorse (tassate) che hanno alimentato il «fondo rischi scissione».
Questa Corte, del resto, ha affermato che «in tema di reddito imponibile delle società, in base ai principi della neutralità e della simmetria fiscale della fusione e della scissione di società (artt. 172 e 173 TUIR.), l ‘ avanzo da annullamento -generato da una serie di operazioni straordinarie (fusione, scissione, ecc.), che sia riconducibile alla sopravvalutazione del patrimonio netto della società fusa o incorporata rispetto al suo valore effettivo, o alla previsione di perdite ed oneri futuri o di un ‘ badwill ‘ correlato alle attività di tale società -ove sia iscritto, ex art. 2504bis , comma 4, c.c., tra i fondi per rischi ed oneri nel passivo dello stato patrimoniale della società risultante dalla fusione o della società incorporante e, quindi, sia effettivamente utilizzato per la copertura degli oneri e delle perdite civilistiche della società fusa o incorporata (al momento del loro manifestarsi), è irrilevante sotto il profilo fiscale, nel senso che non determina alcun prelievo tributario» (così Cass. n. 15757/2020).
9.4. Tutte le considerazioni esposte non appaiono recessive rispetto alla tesi che sorregge, sul punto, il ricorso erariale.
Assume infatti l’Agenzia delle entrate che l’operazione in questione, pur presentando «una veste giuridicoformale di trasformazione societaria e di assegnazione dei beni ovvero di complesso aziendale» sarebbe invece «nella sostanza maggiormente assimilabile ad un’operazione di conferimento» (ricorso, pag. 9).
Di qui la valorizzazione del disposto di cui all’art. 115, commi 6 e 7, TUEL, a mente dei quali, rispettivamente, «l conferimento
e l’assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali» e «a deliberazione può anche prevedere la scissione dell’Azienda, speciale e la destinazione a società di nuova costituzione di un ramo aziendale di questa».
La tesi erariale, infatti, prova troppo: conferimento e scissione sono due operazioni distinte, che nessuna norma assimila, per gli effetti che qui rilevano, ai fini fiscali; né ciò può desumersi dalle disposizioni richiamate dalla ricorrente, che si limitano a prevedere un’esenzione fiscale e non attribuiscono rilevanza reddituale alle passività contabili, né vincolano le riserve da scissione.
9.5. In considerazione di quanto esposto , i giudici d’appello hanno dunque correttamente ritenuto che l ‘ avanzo generato dall ‘ operazione straordinaria, riconducibile alla previsione di perdite ed oneri futuri ed iscritto tra i fondi per rischi ed oneri nel passivo dello stato patrimoniale della società risultante dalla scissione, effettivamente utilizzato per la copertura degli oneri e delle perdite civilistiche della società (al momento del loro manifestarsi), fosse irrilevante sotto il profilo fiscale, sì da non determinare alcun prelievo tributario.
Anche sul merito della pretesa impositiva, pertanto, la sentenza impugnata va esente da censure.
Quanto al quarto motivo del ricorso principale, esso è infondato nel suo primo profilo per le stesse ragioni già esposte in relazione al primo motivo di ricorso, non ravvisandosi, nella motivazione resa dai giudici regionali, alcun contrasto con la pre visione del ‘minimo costituzionale’ che connota il rispetto dell’obbligo di motivazione delle sentenze.
Nel suo secondo profilo, invece, la censura è assorbita, poiché l’accertata insussistenza dei presupposti della pretesa erariale rende superflua ogni verifica sulle sanzioni.
Il ricorso principale va dunque respinto; resta così assorbito l’esame dei motivi del ricorso incidentale condizionato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
Non si dà luogo alla condanna della parte soccombente al pagamento di un importo pari al contributo unificato, trattandosi di amministrazione pubblica assistita dall’Avvocatura generale dello Stato , alla quale non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato; condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in € 38.000,00, oltre ad € 200,00 per esborsi, 15% spese generali ed oneri accessori.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di