Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29111 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29111 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2972/2021 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE (c.f. 13756881002), domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME (c.f. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (c.f. CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE E DEL TERRITORIO
-intimata- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del MOLISE n. 154/2020 depositata il 19/06/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Campobasso, NOME COGNOME impugnava la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria n. 02776201500001823, avente ad oggetto un credito di € 147.834,56 fondato su tre cartelle di pagamento ed un avviso di addebito ex art. 30 d.l. 78/2010 conv. in l. 122/2010, deducendo vizi formali (tra i quali la violazione dell’art. 7 l. 212/2000 per mancata allegazione de gli atti posti a fondamento della pretesa), nonché la prescrizione dei crediti e la violazione dell’art. 77 d.P.R. 602/1973, in quanto il valore dei beni già assoggettati ad ipoteca da parte dell’Agente per la riscossione eccedeva di gran lunga quello dei crediti vantati; il ricorrente evidenziava che, a fronte di un credito iniziale di € 1.232.588,44, a cui andavano aggiunti gli ulteriori € 147.834,56 indicati nell’atto impugnato, erano già stati vincolati immobili per un valore complessivo di € 3.728.871,44. Deduceva, altresì, che per i medesimi crediti era già stata emessa un’altra comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria impugnata innanzi alla CTP di Campobasso.
Con separato ricorso impugnava anche la successiva comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria n. 027201520900007900 relativa ai medesimi crediti, facendo valere gli stessi motivi di ricorso e deducendo, altresì, l’impignorabilità dei
beni immobili oggetto di ipoteca in quanto costituiti in fondo patrimoniale.
Con sentenza n. 471/2016 la CTP, riuniti i ricorsi, li rigettava e compensava le spese.
Avverso tale sentenza proponeva appello il NOME, ribadendo sostanzialmente le argomentazioni poste a fondamento dei ricorsi alla CTP.
Si costituivano RAGIONE_SOCIALE (all’epoca agente per la riscossione) e l’RAGIONE_SOCIALE che resistevano all’impugnazione.
Con sentenza n. 154/2020, la Commissione tributaria regionale del Molise accoglieva l’appello, ordinava la cancellazione dell’ipoteca e compensava le spese.
2.1 Considerava innanzi tutto fondata la questione della sproporzione tra il valore dei beni ipotecati e l’ammontare dei crediti erariali, essendo il primo ben superiore al doppio del secondo. Escludeva poi che potessero essere prese in considerazione le doglianze relative agli atti presupposti, sia perché questi risultavano tutti regolarmente notificati e sia perché erano generiche, non contenendo l’indicazione specifica degli atti ai quali le stesse si riferivano. Dichiarava quindi la cessazione della materia del contendere in ordine alle pretese oggetto RAGIONE_SOCIALE cartelle nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, in quanto annullate in applicazione dell’art. 4 d.l. 119/2018 conv. in l. 136/2018.
2.2 Infine, osservava che era fondato il motivo di appello relativo alla non assoggettabilità ad ipoteca dei beni immobili, ai sensi dell’art. 170 c.c., in quanto costituiti in fondo patrimoniale. Richiamava, al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale anche i debiti di natura tributaria sorti per l’esercizio dell’attività imprenditoriale di uno dei coniugi possono rientrare tra quelli necessari per il soddisfacimento dei bisogni familiari, sicché il
debitore aveva l’onere di dimostrare che i debiti erano sorti per esigenze estranee ai bisogni della famiglia. Osservava quindi che, nel caso di specie, dagli atti di causa non emergevano elementi per ritenere che i debiti dell’appellante fossero stati contratti per soddisfare i bisogni della famiglia; pertanto, in considerazione della natura tributaria RAGIONE_SOCIALE obbligazioni ed in assenza di elementi di segno contrario, riteneva dimostrato, quanto meno per presunzioni, che si trattasse di obbligazioni sorte per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE, formulando quattro motivi di impugnazione.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
L’RAGIONE_SOCIALE non ha resistito con controricorso.
Il controricorrente ha depositato una memoria ex art. 380 bis.1, comma 1, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene denunciato il vizio di cui all’art. 360, comma 1 , n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 77 d.P.R. 602/1973. Secondo la ricorrente, la Commissione Tributaria Regionale è incorsa in un errore di diritto, confondendo il valore dell’ipoteca iscritta con quello dei beni ipotecati; sia nel preavviso che nell’avviso di iscrizione di ipoteca, infatti, era stato precisato che l’ipoteca veniva iscritta per un valore pari al doppio dei crediti risultanti dal prospetto allegato.
Il motivo di ricorso è fondato.
1.1 Occorre preliminarmente osservare che, sebbene la CTR abbia dichiarato di voler applicare il principio della ragione più liquida (pag. 3 della sentenza impugnata), pur ritenendo fondato il motivo di appello relativo alla non assoggettabilità dei beni ad iscrizione ipotecaria ai sensi dell’art. 170 c.c. (che sarebbe sufficiente
all’accoglimento dell’appello), ha affermato tuttavia che è fondato anche quello relativo alla violazione del limite di valore dell’ipoteca, senza però specificare quali siano le conseguenze che derivano da tale violazione.
1.2 Ciò posto, va comunque osservato che, l’art. 77 comma 1 d.P.R. 602/1973 dispone che «decorso inutilmente il termine di cui all’articolo 50, comma 1, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede» .
La norma, dunque, fa riferimento al valore per il quale viene iscritta l’ipoteca e non al valore complessivo dei beni immobili sui quali l’Agente per la riscossione ha iscritto ipoteca.
Al riguardo, questa Corte ha più volte evidenziato la natura autonoma dell’ipoteca di cui all’art. 77 d.P.R. 602/1973 «escludendo che essa possa essere ricondotta o assimilata a una RAGIONE_SOCIALE tre “categorie” di ipoteca contemplate dal codice civile, in particolare: 1) all’ipoteca legale (art. 2817 cod. civ.), stante la mancanza di un preesistente atto negoziale il cui adempimento il legislatore abbia inteso garantire; 2) all’ipoteca giudiziale (art. 2818 cod. civ.), in quanto il titolo per l’iscrizione è costituito – come si è visto – da un atto amministrativo e non da un provvedimento del giudice; 3) all’ipoteca volontaria (art. 2821 cod. civ.), la quale presuppone l’adesione del debitore (tra le tante, Cass., 01/03/2012, n. 3232, 09/04/2015, n. 7075)» ; ha altresì precisato che «poiché l’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 ricollega il diritto dell’agente della riscossione di iscrivere l’ipoteca al credito iscritto a ruolo, qualora, come nella specie, stante il sopravvenuto annullamento, in sede giudiziale o in via di autotutela, di una cartella di pagamento, il credito iscritto a ruolo risulti minore, risulterà in parte insussistente – in relazione alle maggiori somme
originariamente iscritte – il presupposto legittimante l’iscrizione dell’ipoteca» (Cass. 29364/2020).
È evidente, quindi, che il valore dell’iscrizione ipotecaria è commisurato all’entità dei debiti per i quali la stessa viene iscritta, con la conseguenza che, ove questi si riducano, anche il valore dell’ipoteca deve proporzionalmente ridursi.
La CTR, invece, ha preso in considerazione la sproporzione tra il valore dei beni e l’ammontare dei crediti per i quali viene iscritta l’ipoteca, senza specificare, peraltro, da quali elementi abbia tratto il valore degli immobili.
Con il terzo motivo di ricorso, da esaminare con priorità perché logicamente prodromico, l’RAGIONE_SOCIALE lamenta, ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/92 e 132, comma 2, n. 4 c.p.c., sostenendo che la motivazione posta a fondamento dell’annullamento ex art. 170 c.c. sia così ‘palesemente contraddittoria’ che non è possibile comprendere le ragioni della decisione.
2.1 Il motivo è infondato, giacché, nel caso di specie, la motivazione non è caratterizzata da un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» o da affermazioni incomprensibili (così Cass. Sez. U. 8053/2014) che integrano le sole ipotesi per le quali, dopo la riforma dell’art. 360 c.p.c. ad opera del d.l. 83/2012 conv. con l. 134/2012, tale vizio, quando la motivazione non sia del tutto mancante o meramente apparente, può essere fatto valere con ricorso per cassazione. In realtà, la ricorrente denuncia un’insufficiente motivazione in diritto, che integra il vizio di violazione di legge.
Con il secondo motivo di ricorso, l’RAGIONE_SOCIALE denuncia il vizio di cui all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., evidenziando che la CTR ha enunciato correttamente i principi relativi ai limiti per
l’assoggettabilità ad ipoteca o, più in generale, ad esecuzione forzata dei beni costituiti in fondo patrimoniale – affermando che, dalla natura tributaria dei debiti per i quali si intende iscrivere ipoteca, non può desumersi che gli stessi siano stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia e che l’onere probatorio, con riguardo a tale ultimo profilo, grava sul contribuente -salvo poi fare cattiva applicazione di tali principi, sostenendo che, sulla base di presunzioni fondate proprio sulla natura tributaria dei debiti e sulla mancanza di elementi di segno contrario, poteva concludersi che gli stessi erano sorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia. Ciò determina, secondo la ricorrente, la violazione dell’art. 2729 c.c., pervenendosi alla decisione sulla base di un ragionamento presuntivo privo di ragionevolezza, nonché dell’art. 2697 c.c., giacché, in mancanza della prova dell’estraneità ai bisogni della famiglia RAGIONE_SOCIALE obbligazioni per le quali era stata iscritta ipoteca, la CTR avrebbe dovuto rigettare l’appello.
3.1. Col motivo in questione la ricorrente denuncia, sostanzialmente, unitamente alla violazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., anche quella dell’art. 170 c.c. nell’interpretazione corrente ; l’omessa indicazione di tale norma nell’intestazione del motivo non ne determina l’inammissibilità, essendo chiaro il contenuto dello stesso (cfr. Cass. n. 4233/2012; Cass. n. 25044/2013; Cass. n. 21819/2017).
Il motivo è fondato giustappunto con riguardo alla dedotta violazione dell’art. 170 c.c.
3.2 Orbene, s’intende dare continuità al saldo indirizzo di legittimità, ribadito anche di recente (tra varie, Cass. n. 10166/2020; Cass. n. 26496/2024), in forza del quale l’art. 170 c.c., nel disciplinare le condizioni di ammissibilità dell’esecuzione sui beni costituiti in fondo patrimoniale, detta una regola applicabile anche all’iscrizione di ipoteca non volontaria, ivi compresa quella di cui all’art. 77 del d.P.R. 3 marzo 1973 n. 602.
Ne consegue che l’agente per la riscossione può iscrivere ipoteca su beni appartenenti al coniuge o al terzo, conferiti nel fondo, qualora il debito facente capo a costoro sia stato contratto per uno scopo non estraneo ai bisogni familiari, ovvero quando – nell’ipotesi contraria – il titolare del credito, per il quale l’agente per la riscossione procede alla riscossione, non conosceva l’estraneità ai bisogni della famiglia; viceversa, l’agente per la riscossione non può iscrivere l’ipoteca – sicché, ove proceda in tal senso, l’iscrizione è da ritenere illegittima – nel caso in cui il creditore conoscesse tale estraneità.
Nella giurisprudenza di questa Corte è altresì consolidato l’orientamento che tende a restringere l’ambito RAGIONE_SOCIALE obbligazioni estranee ai bisogni della famiglia; si è infatti ripetutamente affermato che è irrilevante il solo fatto che le obbligazioni siano connesse all’esercizio dell’attività di impresa o professionale di uno dei coniugi (Cass. n. 21396/2015; Cass. n. 23328/2015) e che possono ritenersi relative ai bisogni della famiglia anche quelle derivanti da illecito (Cass. n. 8991/2003; Cass. n. 11230/2003; Cass. n. 18248/2014). In altri termini, tali bisogni non possono essere limitati agli obblighi alimentari di cui all’art. 438 c.c. , ma devono comprendere le varie esigenze morali e materiali che possono essere soddisfatte in relazione alla condizione economica e sociale di ciascuna famiglia (da ultimo, nel senso che l’inerenza del fatto generatore del debito ai bisogni della famiglia non può escludersi per il solo fatto che l’iniziativa funzionale all’incremento della attività professionale o di impresa del singolo coniuge sia destinata a procacciare risorse superiori alle effettive necessità della famiglia, in quanto i bisogni di quest’ultima non riguardano unicamente quelli basilari, ben potendo presumersi che anche l’eventuale ulteriore attività professionale o imprenditoriale assunta dal singolo coniuge valga a incrementare i guadagni o ad accrescere il patrimonio per garantire alla famiglia un benessere
complessivo superiore a quello già assicurato dai redditi normalmente percepiti, cfr. Cass. n. 16909/2025). Le necessità familiari che assumono rilievo non sono solo quelle che accomunano tutti i membri della famiglia, ma anche quelle personali tese a realizzare un interesse comune o, in senso più ampio, l’indirizzo di vita per il quale i coniugi hanno optato. Proprio per tale motivo, si afferma che sarebbero contratte per scopi estranei ai bisogni della famiglia solo quelle obbligazioni sorte per finalità speculative o voluttuarie (in tal senso, cfr. Cass. n. 134/1984; Cass. n. 15862/2009; Cass. n. 12998/2006; Cass. n. 4011/2013; Cass. n. 21800/2016). Peraltro, «anche operazioni meramente speculative possono essere ricondotte ai bisogni della famiglia, allorché appaia certo, in punto di fatto, che esse siano state poste in essere al solo fine di impedire un danno sicuro al nucleo familiare» (cfr. Cass. n. 15862/2009, in motivazione).
È stato poi affermato che è onere del debitore che si oppone alle iniziative esecutive dare prova del fatto che i debiti per i quali si intende procedere non sono stati contratti per soddisfare i bisogni della famiglia (Cass. n. 5684/2006; Cass. n. 12730/2007; Cass. n. 2970/2013; Cass. n. 4011/2013; Cass. n. 31575/2023; Cass. n. 14463/2025).
3.3 Tali principi sono stati applicati anche in ambito tributario, con particolare riguardo all’esecuzione mediante ruolo ed all’iscrizione ipotecaria disciplinata dall’art. 77 d.P.R. 602/1973. Ed infatti, questa Corte ha affermato che «in tema di fondo patrimoniale, il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l’esecuzione sui beni del fondo va ricercato non già nella natura dell’obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia, sicché anche un debito di natura tributaria sorto per l’esercizio dell’attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall’attività
professionale o d’impresa del coniuge, dovendosi accertare che l’obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari (nel cui ambito vanno incluse le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’univoco sviluppo della famiglia) ovvero per il potenziamento della di lui capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi» (Cass. n. 3738/2015; nello stesso senso cfr. Cass. n. 23876/2015; Cass. n. 1652/2016).
In altri termini, dalla sola natura tributaria dell’obbligazione per cui si iscrive ipoteca o si esercita l’azione esecutiva non può trarsi che la stessa fu contratta per scopi estranei ai bisogni della famiglia; grava quindi sul debitore l’onere di allegare e provare tale circostanza, nonché la conoscenza della stessa da parte del creditore per il quale agisce l’Agente della riscossione (Cass. n. 5385/2013; Cass. n. 20998/2018; Cass. n. 10166/2020; Cass. n. 26496/2024).
3.4 La CTR, pur avendo richiamato tali principi, ne ha fatto tuttavia cattiva applicazione, in quanto ha sostanzialmente ritenuto sufficiente, per escludere che le obbligazioni per le quali era stata iscritta ipoteca fossero relative ai bisogni della famiglia (da intendersi in senso ampio, secondo le indicazioni che si ricavano dalla giurisprudenza sopra riportata), la loro natura di obbligazioni tributarie, circostanza di per sé irrilevante, senza verificare se fossero stati allegati e provati dal contribuente altri fatti dai quali desumere che le obbligazioni tributarie erano sorte per esigenze di natura voluttuaria o per finalità meramente speculative o comunque estranee ai bisogni della famiglia, nell’ampia accezione dinanzi indicata.
Va infine esaminato il quarto motivo di ricorso con il quale l’RAGIONE_SOCIALE lamenta il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell’art. 170 c.c., in quanto la RAGIONE_SOCIALE non ha considerato che la
nascita RAGIONE_SOCIALE obbligazioni per scopi estranei ai bisogni della famiglia non è sufficiente per escludere l’iscrizione di ipoteca sui beni del fondo, essendo necessario a tal fine che tale circostanza fosse conosciuta da parte del creditore.
Anche tale motivo è fondato.
La CTR ha accolto l’appello ritenendo sussistente il solo requisito oggettivo dell’estraneità RAGIONE_SOCIALE obbligazioni ai bisogni della famiglia, senza accertare, però, se l’Amministrazione creditrice fosse a conoscenza RAGIONE_SOCIALE finalità per le quali erano state contratte le obbligazioni e quindi facendo cattiva applicazione dell’art. 170 c.c., secondo il quale l’esecuzione sui beni del fondo patrimoniale non può avere luogo «per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia» .
È evidente come all’elemento oggettivo debba accompagnarsi anche quello soggettivo della conoscenza da parte del creditore degli scopi per i quali vengono contratte le obbligazioni (Cass. n. 34872/2023; Cass. n. 32146/2024).
Né tale conoscenza potrebbe dedursi, come sostenuto dal controricorrente (e ribadito in memoria), dal rispetto RAGIONE_SOCIALE forme di pubblicità previste per il fondo patrimoniale (annotazione a margine dell’atto di matrimonio e trascrizione nei registri immobiliari), giacché attraverso tali formalità non è possibile risalire all’origine RAGIONE_SOCIALE obbligazioni e la natura tributaria RAGIONE_SOCIALE stesse, come rilevato, non basta ad escludere che esse siano state contratte per far fronte ai bisogni della famiglia.
In conclusione, vanno accolti il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso, mentre va rigettato il terzo.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Molise in diversa composizione che, sulla base dei principi sopra riportati, dovrà provvedere ad un nuovo esame della controversia, nonché in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quarto motivo di ricorso e rigetta il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Molise in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 15/10/2025.
La Presidente NOME COGNOME