Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4938 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4938 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1643/2020 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. EMILIA-ROMAGNA n. 121/2019 depositata il 17/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva conferito al Fondo di investimento immobiliare ‘Cerere RAGIONE_SOCIALE‘, gestito dalla RAGIONE_SOCIALE alcuni complessi immobiliari di sua proprietà in cambio della sottoscrizione di quote del predetto fondo, impugnava l’avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle entrate, previa riqualificazione, ai sensi dell’art. 20 d.P.R. n. 131/1986, di detta operazione negoziale da atto di apporto a fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso ad atto di conferimento immobiliare, aveva applicato le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale. In sede di registrazione dell’atto il notaio aveva, per contro, effettuato l’autoliquidazione delle imposte di registro ed ipocatastali applicando il trattamento fiscale previsto dal comma 1bis dell’art. 8 del d.l. n. 351 del 2001 per l’ipotesi di apporto di una pluralità di immobili, prevalentemente locati, ad un fondo comune di investimento immobiliare speculativo di tipo chiuso (assimilato, per quanto concerne la tassazione, ad un atto di conferimento di azienda).
La C.T.P. di Ferrara, con la sentenza n. 504/01/2015, accoglieva il ricorso, reputando che sussistevano tutti i presupposti previsti dagli artt. 1, 34 e 37 del T.U.F. ai fini del regime fiscale chiesto da parte contribuente, come comprovato dalle complessive risultanze processuali e che, nel comportamento della società contribuente, non erano ravvisabili intenti elusivi.
Sull’appello dell’Ufficio, la C.T.R. dell’Emilia -Romagna, con la sentenza n. 121/4/2019, rigettava il gravame evidenziando che, al momento dell’atto di conferimento dei beni immobili nel fondo comune immobiliare, quest’ultimo possedeva tutti i requisiti necessari per poter operare professionalmente e legittimare il regime speciale di tassazione che dal conferimento sarebbe derivato
ed, inoltre, che il comportamento della contribuente appariva ispirato a correttezza e buona fede, avendo la società operato il conferimento onde migliorare la redditività del suo patrimonio.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi, illustrati con successiva memoria. La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. per aver la C.T.R reso una motivazione meramente apparente avuto, in particolare, riguardo ai requisiti dell’esistenza effettiva di una pluralità di investitori (non avendo considerato che l’Ufficio aveva chiaramente evidenziato la presenza, all’epoca del conferimento in esame, di un solo altro investitore, la società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fatto desumibile anche dal rendiconto di gestione chiuso al 31 dicembre 2011 approvato dalla società di revisione RAGIONE_SOCIALE dal quale si evinceva chiaramente che, a quella data, risultavano sottoscritte e regolarmente perfezionate ventisei quote, di cui venticinque appartenenti a RAGIONE_SOCIALE mentre al 31 dicembre 2010 era stata sottoscritta e regolarmente perfezionata una sola quota) e dell’adeguatezza patrimoniale del fondo (stabilendo il regolamento interno del fondo una quota minima per operare di euro 25.000.000,00 ed essendo, invece, il valore complessivo netto, alla data del 31 dicembre 2011 -con riferimento all’operazione posta in essere in data 29 dicembre 2011 -, pari ad euro 11.887.063,00).
Tale motivo è fondato.
2.1. Appare necessario richiamare quanto evidenziato da questa Corte in fattispecie relativa all’analogo giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE quale società di gestione del fondo di investimento immobiliare ‘RAGIONE_SOCIALE, in riferimento alla medesima op erazione negoziale, con la pronunzia n. 19860/2024 ove è stato chiarito che:
« In termini generali, la costituzione del fondo immobiliare può avvenire o mediante acquisto di beni immobili, diritti immobiliari e partecipazioni in società immobiliari successivamente alla sottoscrizione o, come nel caso di specie, mediante “apporto” – ossia conferimento di immobili e diritti immobiliari – da parte di enti pubblici (fondi ad apporto pubblico) o di società private (fondi ad apporto privato), che ne divengono partecipanti. Quanto alla fiscalità da imposte d’atto (imposte di registro, ipotecaria e catastale), mentre gli apporti immobiliari pubblici godono di un regime di particolare favore (previsto dall’art. 9, comma 2, d.lgs. 351/01 convertito con l. 401/2001), per quelli privati vigono le disposizioni ordinarie, salva l’applicazione d’imposizione in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1 bis, del citato testo normativo, agli “apporti” costituiti da una “pluralità di immobili prevalentemente locati” al momento del conferimento (apporti che peraltro, quanto a regime Iva, sono equiparati alle operazioni di conferimento di azienda o di rami di azienda, escluse dall’imposta ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. b), d.P.R. n. 633/1972). La norma mira a facilitare i trasferimenti di impresa e la continuità della gestione delle attività economiche, con riferimento specifico a quei complessi immobiliari che, in quanto privi di un unitario assetto funzionale, non avrebbero potuto fruire del regime proprio delle cessioni di azienda o di rami di azienda se non in virtù di tale espressa previsione. Il quadro normativo da prendere in considerazione nella fattispecie in esame si compendia nelle seguenti disposizioni. L’art. 8, comma 1 -bis, d.l. 25.9.2001, n. 351 (convertito con modificazioni dalla l. 23.11.2001, n. 410), come sostituito dall’art. 3 -quater, comma 1, d.l. 3.8.2004, n. 220 (convertito con modificazioni dalla l. 19.10.2004, n. 257) stabilisce che: <>. L’art. 1, lett. j, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 (nella formulazione applicabile ratione temporis), in sede di definizioni, dispone che: (per) “fondo comune di investimento” (si intende): il patrimonio autonomo raccolto, mediante una o più emissione di quote, tra una pluralità di investitori con la finalità di investire lo stesso sulla base di una predeterminata politica di investimento; suddiviso in quote di pertinenza di una pluralità di partecipanti; gestito in monte, nell’interesse dei partecipanti e in autonomia dai medesimi>> (…..). L’art. 34 dello stesso TUF prescrive che La Banca d’Italia, sentita la CONSOB, autorizza l’esercizio del servizio di gestione collettiva del risparmio, del servizio di gestione di portafogli e del servizio di consulenza in materia di investimenti da parte delle società di gestione del risparmio quando ricorrono le seguenti condizioni: a) c) il capitale sociale versato sia di ammontare non inferiore a quello determina to in via generale dalla Banca d’Italia; >>. Nel solco di quest’ultima disposizione, l’art. 2 del Regolamento del Fondo
prevedeva espressamente che il valore iniziale del Fondo sarà compreso tra un minimo di euro 25.000.000,00 (venticinquemilioni) ed un massimo di euro 150.000.000,00 (centocinquantamilioni). In proposito, è opportuno richiamare Cass. n. 3218/2024, secondo cui ‘Si verte dunque di una disciplina impositiva tendenzialmente globale, sistematica e storicamente radicata, del resto esplicitamente dal legislatore (d.l. n. 351 del 2001) ispirata all’esigenza dello sviluppo dei fondi comuni di investimento mediante un articolato insieme di disposizioni in materia di fondi comuni di investimento immobiliare. Di questo insieme fanno parte anche altre disposizioni relative proprio all’imposta di registro ed ipocatastale, anch’esse sottese alla specificità dell’istituto ed alla necessità funzionale della predisposizione di un compendio impositivo suo proprio; come l’art. 8, comma 1 -bis, d.l. n. 351 del 2001, quanto ad inclusione degli apporti di plurimi immobili prevalentemente locati nella famiglia nella famiglia tariffari a di cui all’art. 4, comma 1, lett. a), n.3), Alleg. Tur (misura fissa) ‘ ».
2.2. Alla luce della normativa richiamata (come interpretata da questa Corte nella sopra menzionata pronunzia) -costituente chiaramente il punto di partenza per la disamina della vicenda in questione – appare fondata la censura formulata con il primo motivo di ricorso relativa alla sussistenza di una motivazione apparente, dovendosi escludere che, con il proposto motivo l’ufficio miri, come paventato dalla RAGIONE_SOCIALE, ad una mera rivisitazione in fatto di quanto argomentato dai giudici di appello.
2.3. Occorre premettere che costante giurisprudenza la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro irriducibilmente inconciliabili ovvero perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez.
Un., n. 22232/2016; Cass., 30/04/2020, n. 8427; Cass., 15/04/2021, n. 9975; Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053). Peraltro, ricorre il vizio di ‘motivazione apparente’ allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento, per cui la motivazione finisce per non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., 18/11/2022, n. 34004; Cass., 30/06/2020, n. 13248; Cass., 25/03/2021, n. 8400).
2.4. Osserva il Collegio che la C.T.R. ha così motivato ‘… al momento dell’atto di conferimento dei beni immobili nel fondo comune immobiliare denominato Cerere Land quest’ultima possedeva tutti i requisiti necessari per poter operare professionalmente e legittimare il regime speciale di tassazione che dal conferimento sarebbe derivato. In primo luogo il fondo risultava costituito con delibera della Banca d’Italia e le quote del medesimo erano normalmente assoggettate al regime del pubblico risparmio stante la pluralità dei soggetti che investivano nel medesimo. Inoltre accanto al Fondo regolarmente autorizzato si collocava una società di gestione del medesimo allo scopo di consentire l’operatività del Fondo stesso. In aggiunta a ciò nel corso dei periodi di operatività del fondo, il medesimo superava positivamente valutazioni anche giudiziarie circa la propria struttura operativa con l’effetto che, come correttamente valutato anche dalla commissione provenienza, il comportamento della Co.Ge.Fer del tutto ispirato a correttezza e buona fede, tanto che si è servita di una legislazione favorevole conferendo i propri immobili in un fondo comune legittimamente costituito. Il fatto che, poi, le sorti del fondo Cerere RAGIONE_SOCIALE e della società di gestione che operava a fianco siano stati difformi dalle previsioni e dagli auspici alle parti, non può far venir meno la buona
fede che ha ispirato RAGIONE_SOCIALE al momento in cui ha effettuato il conferimento. In altre parole, l’atto di conferimento sembra ispirato a ragioni di correttezza e buona fede per cui RAGIONE_SOCIALE con piena legittimità ha deliberato il conferimento nel fondo comune Cerere Land dei propri beni immobili onde migliorare le condizioni di conservazione e redditività poiché, al momento, il fondo stesso si presentava nelle condizioni più adatte per consentire l’ottenimento del beneficio fiscale che ne è derivato. Posto che dunque oggetto dell’avviso di liquidazione è proprio tale atto di conferimento con tutti gli effetti conseguenti, la pretesa fiscale si svuota di fatto e contenuto a tutto vantaggio della regolarità e della correttezza dell’operazione finanzia ria realizzata alla contribuente’.
2.5. Orbene, appare di tutta evidenza che la C.T.R. in tal modo motivando non ha esplicato l’iter logico, argomentativo e decisionale da cui ha tratto il suo convincimento circa la infondatezza delle censure dell’ufficio il quale aveva specificamente conte stato che la società contribuente non aveva provato che, alla data dell’atto di conferimento, possedeva i requisiti richiesti dalla norma agevolativa in questione avuto in particolare riguardo alla pluralità degli investitori ed al raggiungimento dell’ammo ntare minimo per operare stabilito in euro 25.000.000, profili questi totalmente pretermessi.
Per effetto dell’accoglimento del primo motivo, rimangono ovviamente assorbiti il secondo motivo in forza del quale parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c. , violazione e falsa applicazione degli artt. 8, comma 1bis , d.l. 25.9.2001, n. 351 (convertito con modificazioni dalla l. 23.11.2001, n. 410), come sostituito dall’art. 3 – quater, comma 1, d.l. 3.8.2004, n. 220 (convertito con modificazioni dalla l. 19.10.2004, n. 257), e 2697 c.c., per non avere la C.T.R. considerato che la società contribuente non aveva provato che, alla data dell’atto di conferimento, possedeva i requisiti richiesti dalla norma agevolativa nonché il terzo motivo con cui lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3) c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’artt. 57 d.P.R. 131/1986 in quanto i giudici di merito non avevano considerato che il riferimento ai concetti di correttezza e buona fede esulava dalle previsioni di cui al comma uno della norma citata e che la caus a reale, come riscontrata dall’ufficio, era rappresentata da una cessione immobiliare a prescindere da ogni valutazione in relazione ad intenti elusivi delle parti.
In conclusione accolto il primo motivo di ricorso ed assorbiti gli altri, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, che dovrà riesaminare la controversia in esame, procedendo anche alla regolamentazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’ Emilia -Romagna, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data