Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18379 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 06/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23260/2023 R.G. proposto da
COGNOME rappresentato e difeso da COGNOME (CODICE_FISCALE
: ll’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE DIREZIONE PROVINCIALE DI AGRIGENTO, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA di II GRADO SICILIA n. 3422/2023 depositata il 11/04/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il ricorrente ha impugnato l’avviso di rettifica e liquidazione, emesso dall’Agenzia delle Entrate, con il quale è stato elevato da euro 2.000,00 ad euro 39.772,00 il valore dell’avviamento commerciale dichiarato nell’atto di compravendita registrato presso l’Ufficio
Territoriale di Canicattì il 24 luglio 2012 al n. 001812, ed accertando conseguentemente una maggiore imposta di registro di € 809,60, con irrogazione di sanzioni per € 761,00 .
La Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento, con sentenza n. 3722/05/2016 depositata il 14 dicembre 2016, ha accolto parzialmente il ricorso, rideterminando il valore della cessione impugnata in euro 16.200,00 di cui euro 16.000,00 per avviamento commerciale e compensando le spese del giudizio.
La Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, con la sentenza n. 3422/2023, depositata il 11/04/2023, ha rigettato l’appello, condannando alle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza di gravame il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Successivamente parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 380.bis.1. c.p .c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione o falsa applicazione art. 36 del DPR n. 546/1992, art. 132, comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c..
Le ragioni del rigetto sarebbero state esposte in termini apodittici, senza alcun riferimento alla fattispecie concreta, integrando una motivazione apparente, in quanto il giudice di gravame avrebbe omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento , anche attraverso un mero rinvio per relationem al disposto della Commissione tributaria provinciale. In particolare, avrebbe motivato in ultrapetizione e, al contrario di quanto sostenuto con gli scritti difensivi del contribuente, non fornendo le ragioni della formazione del proprio convincimento.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione art. 132, n. 4, c.p.c. e art. 111, comma 6, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. . La motivazione dell’atto di accertamento sarebbe apodittica, priva di contenuto logico-giuridico-contabile, astratta ed estranea al caso di specie, poiché farebbe riferimento all’intera azienda anziché ai singoli rami d’azienda oggetto di cessione: l’Ufficio non ha specificato i ricavi degli specifici rami aziendali compravenduti, gli anni presi in esame, la loro media e l’importo complessivo risultante da tale conteggio. Inoltre, con riferimento al motivo n. 2 di appello (contenuto a pag. 4 dell’atto di appello) con cui era stata eccepita la nullità dell’avv iso di accertamento per mancata sottoscrizione del Direttore dell’Ufficio in violazione art. 42, commi 1 e 3, DPR 600/73, non avrebbe fornito risposta alcuna.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi.
3.1. Si tratta sostanzialmente di censure volte a domandare una nuova valutazione in fatto, come tale inammissibile in sede di legittimità.
3.2. In ogni caso, le censure risultano anche infondate.
Contrariamente a quanto afferma il ricorrente, il giudice del gravame non si è espresso in termini apodittici e, anzi, ha preso in considerazione la fattispecie concreta, esprimendosi anche sul tema inerente alla cessione (o meno) di quattro rami di azienda.
Sul punto, la Commissione regionale ha invero affermato di condividere le argomentazioni del giudice di prime cure, illustrando così la propria autonoma posizione: ‹‹l a rideterminazione di tale valore risulta correttamente operata in considerazione dei rilievi contenuti nel ricorso introduttivo nonché nella memoria illustrativa depositata del contribuente in data 20 novembre 2015, laddove era stato rappresentato che, sebbene il Comune di Canicattì avesse rilasciato
quattro licenze, si era trattato della cessione di un’unica attività di ‘commercio al dettaglio ambulante a posteggio fisso di prodotti ortofrutticoli’ che poteva essere esercitata in siti diversi e non come erroneamente ritenuto dall’Ufficio della cessione di ‘quattro rami di azienda’››. Da tale ricostruzione in fatto, come detto non sindacabile in sede di legittimità, ha tratto le proprie conclusioni in merito alla correttezza del calcolo del valore dell’avviamento commerciale dell’azienda oggetto di cessione.
3.3. Quanto allo specifico profilo inerente alla nullità dell’avviso di accertamento per mancata sottoscrizione del Direttore dell’Ufficio che si assume essere in violazione art. 42, commi 1 e 3, DPR 600/73, effettivamente la CTR non ha fornito risposta.
Sul punto, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto e trattandosi di mera interpretazione in diritto, a questa Corte è comunque dovuto di statuire.
3.4. In particolare, il ricorrente d educe che l’avviso risulta essere nullo per non essere stato sottoscritto in maniera autografa, bensì meccanica (firma autografa sostituita da indicazione a mezzo stampa), non ricorrendone i presupposti normativi invocati dall’Ufficio, ovvero ex art. 3, comma 2, D.Lgs. 39/93. Cita a tal fine un’unica massima giurisprudenziale di merito (CTR Lombardia 07/09/2017, n. 2521/02/17), che, tuttavia, attiene a fattispecie del tutto estranea alla fattispecie (vertendo in materia Iva, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE ).
3.5. Sul punto invece , la invocata normativa di cui all’art. 42, commi 1 e 3, DPR 600/73, contrariamente a quanto sembra presumere parte ricorrente, nulla dice sulla forma della sottoscrizione, se cioè la stessa debba necessariamente esser autografa o se possa, invece, essere meccanizzata.
3.6. Per contro, la disposizione di cui all’art. 3 comma 2 d.lgs. 39/1993, che ha indubbiamente un carattere generale, prospetta l’uso
della procedura della firma automatizzata quale regola di prassi per gli atti seriali e meccanizzati delle amministrazioni.
3.7. Ne deriva che non ricorre la dedotta violazione di legge.
3.8. Il motivo è dunque infondato, e sotto altro profilo, pur in assenza di motivazione di appello su punto, la censura deve ritenersi del tutto irrilevante, in quanto inidonea a modificare il decisum .
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio , va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 500,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13/05/2025 .