Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34666 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34666 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19784/2023 R.G. proposto da :
COGNOME RAGIONE_SOCIALE, domiciliat a ‘ex lege’ in ROMA INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONTO COGNOME DELLA CAMPANIA-NAPOLI n. 1575/2023 depositata il 03/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE era attinta da cartella di pagamento n. 071/2020/00148509/63/000 di € 23.885,59, riguardante il recupero di somme dovute a seguito del controllo effettuato ai sensi dell’art. 54 -bis DPR n. 633 del 1972, relativo all’IVA, per l’anno d’imposta 2018.
La contribuente – rilevato (come testualmente da ricorso), in primo luogo, ‘ che nella motivazione della cartella di pagamento, a pag. 6, si aveva modo di appurare che il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo n. 550017/2020 del 20/12/2019 era tale NOME COGNOME e che propedeutica alla sua emissione l’Agenzia delle Entrate aveva predisposto in data 21/09/2018 una ‘comunicazione degli esiti del controllo’ con codice atto n. NUMERO_DOCUMENTO; in secondo luogo, ‘che tale NOME COGNOME, quale Direttore dell’Agenzia delle Entrate -Ufficio Provinciale II di Napoli, è un dirigente dichiarato ‘illegitimus’ dalla Consulta e che l’atto presupposto alla cartella di pagamento impugnata, ossia la ‘comunicazione degli esiti del controllo’ n. NUMERO_DOCUMENTO non è mai stata notificata e/o portata a conoscenza della Società contribuente’ formulava istanza di sgravio delle sanzioni, rimasta
senza esito la quale, esperita negativamente la procedura di reclamo-mediazione, introduceva il giudizio.
La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con sentenza n. 6458/15/2021 pronunciata in data 19/05/2021 e depositata in data 16/06/2021, rigettava il ricorso, osservando (come da sentenza in epigrafe) che
la preliminare eccezione circa la carenza di legittimità della firma dirigenziale per la cartella rimane infondata.
Nel caso in esame l’Agenzia delle entrate ha documentato che la dirigente firmataria dell’atto è ritualmente nei ruoli: ‘ergo nulla quaestio’.
‘Ad abundantiam’ va precisato che i ruoli che discendono daart. 36-bis DPR 600-73 non necessitano di firma essendo automatici (ex plurimis: Corte di cassazione n. 1644-2013 e n. 13747-2013).
In merito alla seconda eccezione, anch’essa rimane priva di pregio: infatti le somme esposte in dichiarazione e non onorate vengono notificate con ruoli (36-bis) non soggetti ad avviso preventivo: tuttavia nel caso in esame l’ufficio ha documentato l’inoltro dell’avviso in data 12.10.18 e restituito al mittente per compiuta giacenza.
In conseguenza di quanto sopra esposto il ricorso non merita accoglimento: l”iter’ seguito dall’ufficio procedente rimane corretto ed ineccepibile.
Proponeva la contribuente appello, rigettato dalla CGT II della Campania, con la sentenza n epigrafe, sulla base, in sintesi, della seguente motivazione:
La sentenza qui impugnata si fonda su due statuizioni:
i ruoli che discendono daart. 36 -bis DPR 600-73 non necessitano di firma essendo automatici;
le somme esposte in dichiarazione e non onorate vengono notificate con ruoli (36-bis), non soggetti ad avviso preventivo.
È opinione condivisa che il ricorso in appello abbia effetto devolutivo.
Ma l’appellante, prima di riproporre al giudice di secondo grado le censure rigettate in primo grado, deve pur sempre censurare la sentenza
nel suo assetto motivazionale. Ciò parte appellante non ha fatto e, quindi, il ricorso in esame, a rigore, dovrebbe essere dichiarato inammissibile.
Se il ruolo (come evidenziato dalla sentenza di primo grado, non censurata sul punto) è a formazione automatica (e, quindi non necessita di firma), ove, per caso, sia stato firmato, non rileva la qualifica del sottoscrittore.
Solo per completezza di esposizione questa CGT di secondo grado vuole evidenziare che parte appellante non invoca nessuna norma che preveda che il ruolo debba essere sottoscritto da un impiegato con qualifica dirigenziale. Il ruolo deve essere sottoscritto dal capo dell’ufficio; e, per il principio di continuità dell’azione amministrativa, in un determinato momento, può accadere che a capo dell’ufficio non vi sia un dirigente. Ma ciò non toglie che quell’impiegato possa firmare un ruolo. Pertanto, parte appellante avrebbe dovuto dedurre e dimostrare che, in quell’ufficio, vi era altro dipendente (di maggiore anzianità) che avrebbe dovuto firmare il ruolo.
Propone ricorso per cassazione la contribuente con tre motivi; resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate. L’Agenzia delle entrate -Riscossione resta intimata. L’Agenzia delle entrate deposita ampia memoria telematica in data 4 ottobre 2024.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 54 -bis del D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., ossia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e nullità della sentenza per avere la CGT di secondo grado erroneamente affermato la regolarità della notifica dell’atto presupposto alla cartella di pagamento impugnata’.
1.1. ‘L a Società RAGIONE_SOCIALE sin dal primo grado di giudizio ha eccepito l’omessa notifica dell’atto presupposto (codice atto n. NUMERO_DOCUMENTO, predisposto il 21/09/2018), così come indicato nella motivazione della cartella di pagamento’. Segue fotoriproduzione di una parte di una busta con la dicitura:
‘Compiuta giacenza’. Il motivo quindi riprende: ‘È evidente che tale produzione documentale, ridepositata dall’Ufficio anche nel grado di appello, non raffigura una relata di notifica, ma tutt’al più una busta ‘parziale’ contenente chissà quale comunicazione riferita alla Società RAGIONE_SOCIALE che ai fini probatori assolutamente non è riconducibile all’atto presupposto della cartella di pagamento n. 071/2020/00148509/63/000, poiché privo dei riferimenti specifici alla ‘comunicazione degli esiti del controllo’ (c.d. avviso bonario), recante codice atto n. NUMERO_DOCUMENTO. Nella sentenza impugnata, ‘è evidente quindi, oltre all’errata indicazione della normativa di riferimento da cui trae origine la cartella impugnata (l’art. 54 -bis del D.P.R. n. 633/1972 e non l’art. 36 -bis del D.P.R. n. 600/1973), il vizio di motivazione meramente apparente ‘.
1.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
È inammissibile in quanto cumulativo, senza che, dalla lettura dello sviluppo argomentativo, sia consentito di partitamente evincere le censure riguardanti le pretese violazioni di legge, da una parte, ed il vizio di mera apparenza della motivazione, dall’altra.
È altresì inammissibile in quanto, ragionando di un atto presupposto alla cartella di cui non risulterebbe la prova della notifica, omette in realtà di considerare che, come ritenuto dalla sentenza di primo grado, riprodotta e confermata da quella impugnata, in realtà detto atto presupposto si indentifica puramente e semplicemente con l’avviso bonario, di cui, secondo i giudici di merito, non v’era alcuna necessità, vertendosi in materia di controllo formale a seguito di mancato versamento del dovuto.
È ancora inammissibile in quanto, pur a voler in ipotesi prescindere da ciò, la contribuente non illustra le dedotte ragioni della mancata valida notifica dell’avviso bonario, oltretutto riproducendo solo un dettaglio della busta recante il timbro di compiuta giacenza.
È, infine, manifestamente infondato, in quanto, in ipotesi di controllo formale conseguente a mancato versamento, alcuna notifica di alcun avviso bonario è affatto dovuta (cfr. esattamente in termini Sez. 5, n. 18405 del 30/06/2021, Rv. 661776 -01), ragion per cui la contribuente non ha interesse a dolersi dell’eventuale illegittimità di un atto non prescritto.
Secondo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, cod. proc. civ., ossia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e per nullità della sentenza per avere la CGT di secondo grado della Campania erroneamente affermato la regolarità della sottoscrizione del ruolo da parte del Direttore provinciale, con assoluta carenza di motivazione della sentenza impugnata, sub specie di motivazione apparente’.
2.1. ‘La Società ricorrente sin dal primo grado di giudizio ha contestato l’illegittimità della sottoscrizione del ruolo reso esecutivo su firma dell’indicata NOME COGNOME quale Direttore dell’Agenzia delle Entrate-Ufficio Provinciale II di Napoli. In particolare, si è evidenziato che il responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo della cartella di pagamento impugnata è tra i nominativi dei c.d. ‘dirigenti illegittimi’ dichiarati dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015′. ‘Alla luce della suddetta sentenza, sono decaduti dagli incarichi dirigenziali, con effetto retroattivo, tutti coloro che erano stati nominati in base alle succitate norme dichiarate incostituzionali e, di conseguenza, devono ritenersi
illegittimi tutti gli avvisi di accertamento e/o le iscrizioni a ruolo firmate da quei dirigenti nominati in base alle leggi dichiarate incostituzionali’. ‘Nella specie, considerato: – che, da un lato, l’NOME COGNOME non era (e non è) legittimata a rappresentare l’Agenzia delle Entrate -Direzione Provinciale II di Napoli; – che, dall’altro, la stessa non era (e non è) legittimata a delegare funzioni e/o compiti ad altri funzionari, nonché predisporre atti con rilevanza esterna, come l’atto ‘de quo’, è evidente che la conseguente cartella di pagamento ‘de qua’ dev’essere dichiarata illegittima’. Inoltre anche per le questioni di cui si discute la sentenza impugnata è affetta da motivazione meramente apparente.
2.2. Il motivo è inammissibile.
Valgono i medesimi rilievi in punto di cumulatività già evidenziati a proposito del motivo precedente.
In aggiunta, vale la considerazione che il motivo non si confronta minimamente con il chiarissimo tenore letterale della sentenza impugnata, secondo cui, come già ad avviso della sentenza di primo grado (peraltro -sottolinea la CGT II -‘in parte qua’ neppure appellata), l’iscrizione a ruolo e la conseguente cartella di pagamento sono atti che non necessitano di alcuna sottoscrizione.
In effetti, secondo questa S.C.,
-‘in tema di requisiti formali del ruolo d’imposta, l’art. 12 del d.P.R. n. 602 del 1973 non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi della sua omessa sottoscrizione, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente, che non può limitarsi ad una generica contestazione dell’esistenza del potere o della provenienza dell’atto,
ma deve allegare elementi specifici e concreti a sostegno delle sue deduzioni. D’altronde, la natura vincolata del ruolo, che non presenta in fase di formazione e redazione margini di discrezionalità amministrativa, comporta l’applicazione del generale principio di irrilevanza dei vizi di invalidità del provvedimento, ai sensi dell’art. 21 octies della l. n. 241 del 1990′ (Sez. 5, n. 19405 del 08/07/2021, Rv. 661660 -01; Sez. 5, n. 27561 del 30/10/2018, Rv. 651066 -03);
-‘in tema di riscossione delle imposte, la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana, giacché l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge, mentre, ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore ma solo la sua intestazione’ (così, ad es. ‘ex multis’, Sez. 5, n. 21290 del 29/08/2018, Rv. 650058 -01).
Fermo ciò, e fermo che ‘a fortiori’ nessuna previsione (in effetti neppure invocata dalla contribuente) prevede la qualifica dirigenziale di chi sottoscrive ruolo e cartella, mette solo conto di aggiungere che, financo in riferimento agli avvisi di accertamento, trova applicazione l’insegnamento secondo cui, ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002 -2005, di cui non è
richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012’ (Sez. 5, n. 5177 del 26/02/2020, Rv. 657340 -01).
Terzo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1, 2 e 3, del D.P.R. n. 600/1973, dell’art. 26 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54 -bis del D.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’.
3.1. Nel processo tributario, ‘anche nell’ipotesi in cui il contribuente si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno dell’illegittimità dell’atto impugnato, così come già dedotto in primo grado, deve ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifico richiesto dall’art. 53 del D.Lgs. n. 546/1992, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c.’. ‘Ebbene, fermi i principi di diritto sopra richiamati, nel caso in esame, la Società ricorrente – diversamente da quanto sostenuto dalla CGT di secondo grado della Campania nel grado di appello ha specificamente impugnato i passi motivazionali della sentenza di primo grado (cfr. pag. 6, alinea 3; pag. 9, alinea 1). Anche in questo caso, quindi, la sentenza impugnata fa mal governo della normativa di riferimento, adottando una motivazione meramente apparente, obiettivamente incomprensibile ed in contrasto con la normativa richiamata, tale da non permettere di comprendere le ragioni dell’omessa valutazione di punti decisivi della controversia’.
3.2. Il motivo è inammissibile.
A dispetto della rubrica, nello sviluppo argomentativo, non deduce alcun omesso esame di fatto storico men che meno decisivo e controverso: denuncia, peraltro, comunque preclusa dalla cd. doppia conforme di merito ai sensi dell’allora vigente art. 348 -ter cod. proc. civ.
Inoltre, comunque non riprodotto l’atto di appello donde evincersi una specifica critica rivolta alla sentenza di primo grado, omette di considerare che la CGT II, ben lungi dall’aver dichiarato ‘tout court’ inammissibile l’appello, invece, come visto, l’ha esaminato e confutato nel merito.
In definitiva, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con le statuizioni consequenziali come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di lite, liquidate in euro 3.100,00, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 3 dicembre 2024.