Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20095 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20095 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5992/2024 R.G. proposto da : COGNOME, domiciliato ‘ex lege’ in Roma INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
AGENZIA ENTRATE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO delle MARCHE n. 407/2023 depositata il 02/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nell’estrema sintesi della sentenza impugnata sullo svolgimento del processo, soccorre la seguente ricostruzione in fatto del ricorso:
eniva iniziata una verifica fiscale da parte della G.d.F. di Urbino nei confronti della Urbino RAGIONE_SOCIALE
Terminato il controllo in data 19/12/2014 la G.d.F. di Urbino notificava il conseguente p.v.c. nelle mani del presidente Sig. COGNOME
Sebbene non venisse inviato alcun invito al contraddittorio endoprocedimentale, in data 25/02/2015 l’A.E. di Pesaro notificava alla Urbino Calcio RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. TQ9041T00064/2015 (qui doc. 3) ai sensi dell’art. 54 comma 5 D.P.R. n. 633/72, con il quale recuperava R.A. per €. 7.290,00, maggiore IRAP per €. 726,00 e maggiore IVA per €. 4.432,00, oltre interessi e sanzioni irrogate nella misura di €. 55.075,00.
L’associazione ed il COGNOME proponevano ricorso, accolto dalla CTP di Pesaro, con sentenza n. 433/2016 depositata in Segreteria il 3 giugno 2016, in applicazione del principio della ‘ragione più liquida’, ritenendo la violazione dell’art. 12 St. contr.
Spiegavano appello in via principale l’Ufficio ed in via incidentale, riproponendo le questioni assorbite, i contribuenti.
La CGT -2 delle Marche, con la sentenza epigrafata, accoglieva il principale e rigettava l’incidentale.
Spiegano i contribuenti ricorso per cassazione con sei motivi, ulteriormente insistito con ampia memoria. Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve rilevarsi che il controricorso è tardivo; è stato notificato in data 29 febbraio 2024, ma depositato martedì 10 aprile 2024, mentre il termine di quaranta giorni scadeva il 9.
Con il primo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c.’.
2.1. Il motivo può essere riassunto come in appresso.
‘Con il ricorso introduttivo depositato in C.T.P Pesaro il 17/12/2015 (punto 8, pag. 18, del doc. 6) il ricorrente eccepiva la nullità dell’avviso di accertamento per violazione dell’articolo 42, comma 1, D.P.R. n. 600/73. Nello specifico rilevava la carenza del potere di firma da parte del Funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo, con conseguente nullità dell’atto impugnato sia per assenza di delega, sia per assenza della qualifica, atteso che l’avviso di accertamento risultava sottoscritto dal Dott. COGNOME benché non fosse possibile accertarsi del fatto che il Funzionario fosse stato (legittimamente) delegato e, comunque, appartenesse alla carriera direttiva (oggi terza area funzionale)’. ‘Conseguentemente, con memoria depositata in C.T.P. di Pesaro il 13/05/2016 (punto 4, pagg. 5 e 6: qui doc. 8) l’allora ricorrente, per quello che qui interessa, insisteva nell’evidenziare che non si aveva alcuna certezza circa il fatto che l’atto impositivo fosse stato sottoscritto da chi ne aveva potere (cioè da un Funzionario munito di valida e preesistente delega e appartenente alla terza area funzionale, qualifica che -come quella dirigenziale -comunque si contestava: cfr. pag. 6, lettera A, doc. 8) e quindi l’accertamento doveva essere annullato’. In appello, i contribuenti reiteravano le doglianze. ‘In sintesi, l’assenza in atti di mezzi di prova utili ad accertare la (pre)esistenza della delega in capo al sottoscrittore dell’atto impositivo, Dott. COGNOME, e/o la sua appartenenza alla terza area funzionale e/o al personale dirigente impedivano al Giudice di appello di ritenere che l’Ufficio avesse offerto la prova della preesistenza di un delega in favore del Funzionario sottoscrittore e/o dell’appartenenza di quest’ultimo alla terza area funzionale o al personale dirigente (i.e. carriera direttiva, già nono livello) al
momento della sottoscrizione dell’avviso di accertamento n. TQ9041T00069/2015 . Di conseguenza, anche nel caso in cui il Giudice a quo avesse ritenuto di accogliere l’appello principale dell’Ufficio, avrebbe comunque dovuto accogliere le controdeduzioni con appello incidentale del contribuente dichiarando nullo l’atto impositivo per violazione dell’art. 42 D.P.R. n. 600/73′. Alla luce della motivazione della sentenza impugnata, ‘va premessa innanzitutto l’irrilevanza della circostanza in forza della quale il Dottor COGNOME avrebbe ricoperto la carica di Direttore ‘ad interim’ e sarebbe appartenuto alla terza area funzionale dell’Agenzia delle Entrate, atteso che, sin dal procedimento di primo grado (pag. 18, punto 8, del ricorso introduttivo e punto 4, pagg. 5 e 6, delle memorie illustrative depositate in C.T.P. di Pesaro il 13/05/2016: qui docc. 6 e 8) e poi con l’atto di appello incidentale (pagine da 24 a 25 del punto 11, doc. 12), l’odierno ricorrente non ha mai avanzato l’eccezione di nullità dell’atto impositivo in merito al fatto che il Dott. COGNOME non fosse il Direttore ‘ad interim’ e/o non appartenesse alla terza area funzionale. Inoltre va rilevata l’incongruenza del richiamo alla Sentenza C. Cost. n. 37/2015 atteso che, sin dal procedimento di primo grado (pag. 18, punto 8, del ricorso introduttivo e punto 4, pagg. 5 e 6, delle memorie illustrative depositate in C.T.P. di Pesaro il 13/05/2016: qui docc. 6 e 8) e poi con l’atto di appello (pagine da 24 a 25 del punto 11, doc. 12), l’odierno ricorrente non ha mai avanzato l’eccezione di nullità dell’atto impositivo in merito al fatto che la persona fisica che aveva sottoscritto l’atto impositivo (Dott. COGNOME) o quella che aveva delegato altri alla firma (il Direttore, Dott. COGNOME avesse ricoperto ‘funzioni dirigenziali’ senza essere ‘dirigente’ . ontrariamente agli assunti del Giudice ‘a quo’, è pacifico – ed emerge ‘ex actis’ -che l’Ufficio non abbia versato agli atti del presente giudizio alcun documento che comprovasse la (pre)esistenza della delega in capo al Funzionario sottoscrittore
(Dott. NOME COGNOME e/o l’appartenenza di costui alla terza area funzionale (i.e. carriera direttiva, già nono livello) o al personale ‘dirigente’ al momento della sottoscrizione (19/02/2015: cfr. pag. 20 doc. 3) dell’avviso di accertamento n. TQ9041T00069/2015 (vedansi le controdeduzioni di primo grado dell’Ufficio datate 22/01/2016 e i relativi documenti, la tardiva memoria dell’Ufficio datata 20/05/2016 e depositata in C.T.P. Pesaro in pari data e l’appello principale dell’Ufficio notificato in data 30/12/2016 privo di documenti: qui ancora docc. 7, 9 e 11), mancata produzione che anche secondo codesta Suprema Corte (Cass. Sez. Trib. Ord. n. 1527/2021; in termini Cass. Sez. Trib. Ord. n. 25029/2021, Cass. Sez. Trib. Ord. n. 18359/2021) determina la nullità dell’atto impositivo per violazione dell’art. 42 D.P.R. n. 600/73. Di conseguenza il Giudice a quo non avrebbe mai potuto affermare che ‘risulta per tabulas che l’avviso di accertamento impugnato è stato firmato dal capo area persone fisiche, dottor COGNOME, che riveste la qualifica di dirigente ‘ proprio perché nella fattispecie in esame non vi è stata alcuna produzione dei documenti posti dal Giudice a base, e a dimostrazione: a) della asserita preesistenza della delega in favore del Dott. COGNOME; b) della qualifica di dirigente e/o della appartenenza alla terza area funzionale (oltre che della carica di Capo Area Persone Fisiche) del Dott. COGNOME. Appare dunque evidente che nel caso di specie la sentenza impugnata sia sicuramente nulla per violazione dell’art. 115 c.p.c. risultando viziata da un errore di percezione commesso dal Giudice nell’esame delle prove offerte dalle parti ‘.
Con il secondo motivo si denuncia: ‘Nullità della sentenza ex art. 360, comma 1 n. 3, c.p.c. per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, comma 1, D.P.R. n. 600/73’.
3.1. Il motivo riprende, anche alla lettera, il primo, denunciando l’erroneità dell’affermazione della CTG -2 secondo cui,
in tema di sottoscrizione dell’avviso di accertamento, ai fini della validità di questo, ne è sufficiente la riferibilità all’Ufficio.
I motivi, congiuntamente scrutinabili per sovrapponibilità di censure, aggrediscono la seguente affermazione della sentenza impugnata:
Per quanto riguarda la pretesa carenza di potere del delegato alla firma ai sensi dell’articolo 42 del DPR 600 del 1973, risulta per tabulas che l’avviso di accertamento impugnato è stato firmato dal capo area persone fisiche, dottor COGNOME che riveste la qualifica di dirigente e che pertanto è pienamente legittimato alla sottoscrizione dell’atto. Peraltro, il sottoscrittore risulta essere stato delegato dal dottor COGNOME direttore ‘ad interim’ della direzione provinciale di Pesaro, come da provvedimento depositato dall’Ufficio già in primo grado. Il dottor COGNOME appartiene alla terza area funzionale dell’Agenzia delle Entrate, ovvero ad un’area attualmente appartenente alla ex carriera direttiva. Del resto, la sentenza numero 37 del 2015 della Corte Costituzionale e le successive sentenze della Corte di Cassazione hanno evidenziato che ai fini della validità degli atti sottoscritti da personale incaricato di funzioni dirigenziali, non rileva la circostanza che la persona fisica che abbia sottoscritto l’atto o che abbia delegato altri alla relativa firma sia o meno dirigente, ma soltanto la riferibilità dello stesso all’Ufficio, organo titolare del potere nel cui esercizio stato l’atto è stato adottato. Risulta quindi insussistente ogni violazione di legge ed altresì la violazione dell’articolo 7 comma 1 dello Statuto del contribuente.
4.1. I motivi sono fondati e meritano accoglimento.
Il quadro giurisprudenziale rilevante può essere brevemente tratteggiato nei termini di cui in appresso.
Occorre premettere – con Cass. n. 17360 del 2021 (di cui si cita la parte rilevante della motivazione) – che, come già affermato da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20915 del 03/10/2014 , «i criteri di attribuzione della competenza agli organi ed agli uffici in cui si articola l’Agenzia delle Entrate e le modalità di esercizio dei poteri e delle competenze sono definiti, secondo quanto dispongono il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, artt. 57, comma 1, art. 66 e art. 71,
comma 3, dallo Statuto e dal regolamento di amministrazione, come ribadito anche dalla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 360. Secondo le disposizioni del “regolamento di amministrazione” adottato con delibera Comitato direttivo del 30.11.2000 n. 4 (art. 2 comma 2; art. 4 comma 1; art. 5, reg. amm.) l’Agenzia fiscale è articolata in uffici “centrali e periferici”, “regionali e provinciali” (a loro volta articolati in strutture di vertice ed uffici dipendenti), in base a criteri organizzativi che combinano l’applicazione del principio di competenza (territoriale e per valore) con il principio gerarchico (fondato su rapporti di sovra e sottoordinazione: art. 11, comma 1, lett. c), Statuto) ed il principio di sussidiarietà (art. 1, comma 1, lett. d), reg. amm.).». Si osserva, per quanto qui rileva, che il “regolamento di amministrazione” prevede che «Le direzioni provinciali, individuate nell’allegato A, curano … l’accertamento» e che «Gli avvisi di accertamento sono emessi dalla direzione provinciale e sono sottoscritti dal rispettivo direttore o, su delega di questi, dal direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero da altri dirigenti o funzionari, a seconda della rilevanza e complessità degli atti».
In base al combinato disposto delle succitate disposizioni si può formulare il seguente principio di diritto: «La competenza accertativa degli uffici centrali e periferici in cui si articola l’Agenzia delle Entrate (ex art. 13 dello statuto) può trovare fonte o in una specifica attribuzione ex lege o, in via generale, nelle norme organizzative dell’ente pubblico (statuto o regolamento di amministrazione, già oggetto di delibera del 30 novembre 2000); pertanto, in base a quanto previsto dal regolamento di amministrazione, che attribuisce la relativa competenza alla direzione provinciale dell’Agenzia, il direttore provinciale, titolare della rappresentanza sostanziale dell’ente, è legittimato alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento».
Talché la fonte del potere di sottoscrizione dell’avviso di accertamento risiede ‘o in una specifica attribuzione ex lege o, in via generale, nelle norme organizzative dell’ente pubblico’, le quali, per quanto rileva, concentrano detto potere in capo al direttore provinciale, salvo deleghe da questi attribuite in favore del direttore dell’ufficio preposto all’attività accertatrice ovvero ad altri dirigenti o funzionari.
Alla stregua di siffatto contesto ordinamentale trova spazio la comminatoria di nullità, ad opera dell’art. 42, commi e 3, DPR n. 600 del 1973, degli avvisi di accertamento non ‘sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato’.
Tale espressa previsione di legge, che sanziona di nullità la violazione della prescrizione riguardante la qualità del sottoscrittore, esclude (a differenza di quanto opinato dalla CGT -2 nella sentenza impugnata) che acquisisca rilievo per così dire sanante il principio della riferibilità, comunque, dell’atto all’apparato da cui promana. In giurisprudenza (Cass. n. 32386 del 2022; cfr. anche Cass. n. 22871 del 2018 e Cass. n. 24492 del 2015) ricorre infatti l’affermazione secondo cui
olo in contesti diversi da quello dell’avviso di accertamento opera il criterio, sostanzialmente invocato dall’Agenzia a giustificazione dell’operato, della sufficiente riferibilità all’organo amministrativo titolare del potere, ad esempio in caso di diniego di condono (Cass. Sez. 6 -5, Ordinanza n. 11458 del 2012), di avviso di mora (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4283 del 2010) o, ancora, di cartella di pagamento (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 21844 del 07/09/2018 (Rv. 650680 -01) o di atto di pignoramento dei crediti verso terzi (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 31604 del 04/12/2019, Rv. 656365 -01), perché in tali casi la legge non prevede alcuna sanzione per l’ipotesi dell’omessa sottoscrizione dell’atto, sicché non può che operare la presunzione generale di riferibilità dell’atto amministrativo all’organo da cui promana, con onere della prova contraria a carico del contribuente.
Al contrario, la previsione della nullità per illegittima sottoscrizione vige quanto all’accertamento per imposizione diretta ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 42, e, per l’imposizione indiretta, in forza del Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, articolo 56, il quale, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato articolo 42. Di conseguenza, se la prova dell’esistenza della delega e del suo corretto esercizio, sia ai fini dell’IRAP
che ai fini dell’IVA oggetto di ripresa non è assolta dall’Amministrazione, l’avviso di accertamento è nullo’.
A fronte, di ciò, sul piano processuale, costituisce insegnamento acquisito quello secondo cui , ‘in caso di contestazione specifica da parte del contribuente in ordine ai requisiti di legittimazione del sottoscrittore dell’avviso di accertamento, l’Amministrazione finanziaria è tenuta, anche per il principio di vicinanza alla prova, a dimostrare la sussistenza della delega, potendo produrla anche nel secondo grado di giudizio, in quanto la presenza o meno della sottoscrizione dell’avviso di accertamento non attiene alla legittimazione processuale’ (Cass. n. 8505 del 2025). Ed invero ‘la contestazione di nullità dell’avviso di accertamento per difetto di sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato pone a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere attraverso il deposito in giudizio di documentazione comprovante la sussistenza della delega di firma, mentre il contribuente può limitarsi a contestare la validità della documentazione prodotta, senza la necessità di proporre motivi aggiunti ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, ma, in difetto di specifica contestazione, il giudice in applicazione del principio di acquisizione della prova, deve valutare autonomamente detta documentazione ai fini dell’effettiva sussistenza della delega di firma, senza che possa ritenere valida la sottoscrizione dell’atto impositivo in applicazione del principio di cui all’art. 115, comma 1, c.p.c.’ (Cass. n. 33189 del 2024). Trattasi di principio che ha come antecedente logico l’affermazione secondo cui, ‘qualora il contribuente contesti, con il ricorso di primo grado, la carenza di legittimazione di colui che ha sottoscritto l’atto impositivo impugnato, per l’assenza di rituale delega di firma, ai fini dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, il giudice ha il potere -dovere di verificare se il contenuto della delega prodotta in giudizio dall’amministrazione finanziaria è
idoneo ad assolvere alla funzione di delega di firma e non di funzioni’ (ragion per cui non incorre ‘in ultrapetizione il giudice d’appello che si pronunci, anche in caso di contumacia del contribuente appellato, sullo specifico contenuto della delega posta dall’Agenzia a base del gravame’: così Cass. n. 32657 del 2024).
Con specifico riferimento alla delega, è ormai pacifico (cfr. la fondamentale Cass. n. 8814 del 2019) che la stessa abbia natura di delega di firma e non di funzioni, ragion per cui ad integrarla è sufficiente un ordine di servizio, fermo tuttavia che deve essere comunque consentito il controllo ‘a posteriori’ della sussistenza del potere in capo al sottoscrittore. Più in dettaglio, ‘la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, avendo natura di delega di firma e non di funzioni, non richiede, per la sua validità, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato, né del termine di validità, poiché tali elementi possono essere individuati anche mediante ordini di servizio, idonei a consentire ex post la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto’ (Cass. n. 21972 del 2024). Ed a misura, e dunque a condizione, che un’effettiva delega sussista, con conseguente possibilità di ‘successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa’ (Cass. n. 21839 del 2024), se l’apparato da cui promana l’atto ‘non ne disconosce gli effetti, deve presumersi la sussistenza, in capo al funzionario sottoscrittore, dei requisiti soggettivi dell’appartenenza ai ruoli della carriera direttiva’ (Cass. n. 689 del 2025).
4.2. La CGT -2 non ha osservato i superiori insegnamenti.
Per un verso, ha ritenuto finanche decisiva la qualifica dirigenziale del sottoscrittore (Dott COGNOME. A questo proposito, in disparte dall’aver apparentemente ricavato tale qualifica (in difetto
di documenti che la comprovino) dalla mera qualità di ‘capo area persone fisiche’, senza tuttavia considerare che la posizione di vertice di un’area non implica di necessità la qualifica dirigenziale, ha in ogni caso misconosciuto il principio, costituente corollario di quanto detto poc’anzi, a termini del quale, agli effetti dell’art. 42, commi 1 e 3, DPR n. 600 de 1973, il ‘capo dell’ufficio’ abilitato a sottoscrivere l’atto, o a delegare altri a farlo, è, nel segmento rilevante dell’articolazione ordinamentale dell’Agenzia delle entrate, il direttore provinciale, ad esclusione, dunque, salvo delega, di funzionari di vertice di articolazioni interne all’ufficio corrispondente .
Per altro verso, ha ritenuto comunque dimostrata la delega promanante dal direttore provinciale ‘ad interim’ (Dott. COGNOME al sottoscrittore (Dott. COGNOME, al cospetto di un ordine di servizio testualmente riprodotto, a fini di autosufficienza, in entrambi i motivi di ricorso in disamina – che si limita semplicemente a confermare disposizioni adottate dai precedenti capi dell’ufficio, peraltro con salvezza di non meglio precisate successive diverse disposizioni (‘ sono confermati tutti gli ordini di servizio, provvedimenti, direttive, disposizioni, istruzioni, deleghe di firma, ecc. emanate dal precedente Direttore Provinciale e, qualora non sostituiti e/o integrati dallo stesso, anche quelli emanati dai precedenti Direttori, fino a diverso o sostitutivo ordine, disposizione, direttiva e quant’altro’).
Sicché, come correttamente eccepito dai contribuenti sin dal primo grado giusta memoria successiva alla produzione agenziale contestuale alle controdeduzioni, l’ordine di servizio di cui si tratta è inidoneo a documentare l’effettiva attribuzione del potere in capo al sottoscrittore.
Non risulta dalla sentenza impugnata che la CGT -2 abbia verificato avere o meno l’Agenzia, che ne era onerata, prodotto altresì le previe (rispetto alla conferma) disposizioni (deleghe o, a loro volta, ordini di servizio), volte ad individuare il soggetto abilitato alla sottoscrizione, se non direttamente nella persona del sottoscrittore, quantomeno nel ‘capo area’. Invero, in difetto di tale ulteriore produzione, è radicalmente impedita quella verifica ‘ex post’ che, come visto, costituisce invece la cifra della legittimità a fungere da delega di un mero atto organizzativo di carattere generale. Ciò sulla base del principio per cui l’onere, incombente all’Amministrazione finanziaria, di dimostrare la sussistenza di valida delega in caso di contestazione della legittimazione del sottoscrittore dell’avviso di accertamento non può essere dalla medesima assolto mediante la produzione in giudizio soltanto di un ordine di servizio confermativo di disposizioni organizzative precedenti, giacché, in difetto altresì della produzione di quella, tra queste, contenente l’attribuzione del potere di sottoscrivere ad una determinata persona o comunque a chi occupa una determinata posizione nell’organigramma dell’ufficio, è impedita l’essenziale possibilità di controllo ‘a posteriori’ dell’effettiva sussistenza del potere in capo a chi l’ha concretamente esercitato.
5. L’inosservanza, da parte della CGT -2, degli enunciati principi comporta l’accoglimento dei motivi di ricorso in disamina, con assorbimento dei restanti quattro (denuncianti: nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. avendo la CGT -2 deciso nonostante la mancata produzione in giudizio del PVC con gli allegati; nullità della sentenza per ‘omessa pronuncia sulla eccezione di tardività del deposito in data 20/05/2016 in C.T.P. Pesaro della memoria dell’Ufficio’, sul rilievo che detta memoria, tardivamente prodotta in primo grado rispetto alla data dell’udienza
di trattazione, costituirebbe ‘l’unico documento in atti nel quale si tratta dell’attività di indagine e degli esiti della verifica condotta dalla G.d.F. di Urbino’, utilizzati dalla CGT -2; violazione e falsa applicazione degli artt. 43 DPR n. 600 del 1973, 57 DPR n. 633 del 19t2 e art. 20 D.Lgs. n. 472 del 1997, per inapplicabilità del raddoppio dei termini d’accertamento alle riprese riguardanti l’IRAP; violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir per essere stati i costi considerati dalla GdF e di conseguenza dall’Agenzia secondo il criterio della cassa e non della competenza).
Un tanto vota all’annullamento la sentenza impugnata, con rinvio alla CTG -2 per nuovo esame, in applicazione dei principi medesimi, e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 29 maggio 2025.