Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32501 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32501 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22346/2016 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della LIGURIA- GENOVA n. 328/2016 depositata il 29/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza della C.T.R. della Liguria, con la quale è stato rigettato l’appello dell’Ufficio contro la sentenza della C.T.P. di Genova di accoglimento del ricorso di NOME COGNOME nella sua qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE estinta, per l’annullamento dell’avviso di accertamento, con cui è stato rettificato, per l’anno di imposta 2005, il reddito dichiarato ed accertata una maggiore IRPEF pari ad euro 301.971,00, oltre ad addizionali regionali e comunali, cui conseguivano sanzioni pari ad euro 309.740,00.
La sentenza della C.T.R., dato atto che le somme riportate dall’avviso di accertamento quali maggiori redditi corrispondevano al 50% del maggior reddito accertato ed al 50% dell’IVA indebitamente detratta per operazioni inesistenti dalla società RAGIONE_SOCIALE di cui NOME COGNOME era socio al 50%, ha ritenuto inammissibile l’appello, per essere l’atto di impugnazione stato sottoscritto da NOME COGNOME asseritamente Capo Ufficio legale dell’Agenzia delle Entrate di Genova, su delega impersonale del Direttore provinciale delle Entrate di Genova. E ciò, benché ella fosse priva della qualifica dirigenziale -e quindi del potere di sottoscrivere l’atto – non comparendo né negli organigrammi, né nei ruoli ufficiali online dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente usurpazioni delle funzioni amministrative per difetto assoluto di attribuzione, secondo i principi contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015. La decisione ha, inoltre, affermato la sussistenza della violazione dell’art. 7 l. 212/2000, per essere stato allegato
all’avviso di accertamento, notificato a NOME COGNOME, l’avviso di accertamento destinato alla società RAGIONE_SOCIALE, privo di requisiti essenziali, quali la sottoscrizione dell’autore dell’avviso, la data di emissione. Ed infine, richiamata la disciplina dell’art. 2495 ed osservato che la soc. RAGIONE_SOCIALE era estinta e che non sussistevano i presupposti per la rivalsa nei confronti dei soci nei limiti dell’assegnazione riscossa in sede di liquidazione, ha richiamato la sentenza appellata ‘concordando con il giudice di prime cure’, in ordine a tutte le altre questioni ed eccezioni non accolte dal primo giudice
NOME COGNOME resiste con controricorso.
Con successiva memoria ex art. 380 bis c.p.c. l’avv.to NOME COGNOME comunica la morte del contribuente NOME COGNOME nonché dell’avv.to NOME COGNOME codifensore e -rappresentando che gli eredi del contribuente hanno formulato formale rinuncia all’eredità (è prodotto atto del notaio NOME COGNOME in Saronno) – in qualità di antistatario, insiste per la distrazione delle spese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’Agenzia delle Entrate formula quattro motivi.
Con il primo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11 comma 2 e 53 comma 1 d. lgs. 546/1992. Osserva che la C.T.R. laddove afferma l’inammissibilità dell’atto di appello per essere stato sottoscritto da persona che non rivestiva la qualifica dirigenziale -in quanto non presente negli organigrammi e nei ruoli ufficiali online dell’Agenzia delle Entrate – e che, come tale, non poteva essere delegata, commette un errore prospettico, estendendo un orientamento giurisprudenziale esclusivamente elaborato in ordine alla validità degli atti impositivi. Sottolinea che, diversamente da quanto sostenuto dal giudice del gravame,
non è all’art. 21 septies l. 241/1990, che occorre riferirsi, ma all’art. 11 l. 546/1992, che individua il soggetto legittimato a stare in giudizio nell’Ufficio nei cui confronti è proposto il ricorso, -che poi è il soggetto che ha emesso l’atto impugnato (art. 10 d. lgs. cit.)indicando, in alternativa, ‘l’ufficio del contenzioso della direzione regionale o compartimentale ad esso sovraordinato’ Sicché l’atto di appello è validamente sottoscritto dal Direttore provinciale ovvero dal Capo dell’Ufficio legale, anche in mancanza di delega conferita per il singolo procedimento. Rileva che NOME COGNOME, al momento della sottoscrizione dell’atto di appello, era Capo dell’Ufficio legale e che il richiamo operato dalla C.T.R. alla pronuncia della Corte costituzionale n. 37/2015 è fuorviante, perché, da un lato, essa va riferita agli atti impositivi, dall’altro, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, i due aspetti della dirigenza e della validità degli atti anteriormente sottoscritti da impiegati della carriera direttiva, preposti agli uffici finanziari o delegati, vanno tenuti distinti, non essendo previsto che gli atti di accertamento provengano da soggetti con qualifica dirigenziale. Non può, pertanto, ritenersi che NOME COGNOME abbia usurpato il suo potere.
Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia censura, ex art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 l. 212/2000 e dell’art. 42 d.P.R. 600/1973. Rileva che, nonostante la pronuncia di inammissibilità dell’appello, la sentenza impugnata, entrando nel merito, enuncia ulteriori rationes decidendi , riguardanti il merito. La prima inerisce alla violazione dell’art. 7 l. 212/2000, asseritamente realizzatasi per avere l’Ufficio, allegato all’avviso di accertamento notificato al contribuente l’avviso di accertamento riferito alla società RAGIONE_SOCIALE di cui NOME COGNOME era socio al 50%, in modo incompleto, essendo lo stralcio, mancante della data di emissione, della sottoscrizione e della
relata di notifica. Richiama la giurisprudenza di legittimità in ordine all’avviso di accertamento motivato per relationem , osservando che l’obbligo di allegazione può dirsi adempiuto ogniqualvolta sia riprodotto il contenuto essenziale dell’atto presupposto, non potendosi considerare elementi decisivi sottoscrizione, data e notifica di siffatto atto.
4. Con il terzo motivo l’Agenzia delle Entrate si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3) cod. proc. civ. della violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 cod. civ. e dell’art. 44 d.P.R. 917/1986 in combinato disposto con l’art. 38 d.P.R. 600/1973 e dell’art. 2729 cod. civ.. Osserva che, pur con motivazione poco comprensibile, la C.T.R. ha ritenuto che l’ente impositore avesse erroneamente rivolto la propria pretesa nei confronti del socio della società estinta, prescindendo dalla prova dell’avvenuta assegnazione di beni al medesimo in sede di liquidazione. Sottolinea che l’accertamento del maggior reddito in capo alla società costituisce il mero presupposto impositivo -inteso quale fatto economico- della pretesa fatta valere nei confronti del socio. Mentre la presunzione di distribuzione degli utili ai soci, in caso di società di capitali a ristretta base sociale, comporta l’applicazione del regime di imputazione del maggior reddito ai soci, con conseguente onere di versamento delle imposte non riscosse, da parte di questi, nei limiti della quota. Ciò implica l’irrilevanza della cancellazione della società dal registro delle imprese, considerato che la società non potrebbe comunque essere chiamata a corrispondere le maggiori imposte dirette e che l’eventuale annullamento dell’avviso di accertamento rivolto alla società, per essere questa estinta, non determinerebbe l’annullamento degli avvisi di accertamento riferiti ai soci. D’altro canto, nel caso di specie, i soci sono stati posti nella condizione di conoscere l’esistenza del presupposto impositivo attraverso l’allegazione dell’avviso di accertamento relativo alla società, che
costituisce, in realtà, l’unico ‘fatto storico’ rilevante per giustificare la maggior pretesa nei confronti dei soci.
Con il quarto motivo, l’Agenzia delle Entrate lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 4) cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132 n.4) cod. proc. civ.. Rileva che la sentenza, nella parte in cui genericamente si rimette per le questioni ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado, riprodotte in appello, a quanto deciso dal giudice di prime cure, è connotata da una motivazione per relationem , priva di critica valutazione ed è, pertanto affetta da nullità.
Il primo motivo è fondato.
6.1 Questa Sezione, con una recentissima pronuncia, relativa ad un caso del tutto sovrapponibile, ha affermato che: ‘La rappresentanza processuale dell’articolazione periferica dell’Agenzia delle entrate si concentra sul capo di essa ed anche, a termini dell’art. 3 del regolamento interno di amministrazione dell’Agenzia delle entrate, sul semplice preposto all’ufficio legale (in favore del quale è da ritenersi operativa una delega generale); perciò, ai fini della legittima spendita del potere rappresentativo, è sufficiente l’effettiva attribuzione in organigramma di taluna delle suddette posizioni al soggetto che sottoscrive l’atto ex artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, a prescindere dalla sua qualifica dirigenziale, con la conseguenza che, agli effetti della validità, è irrilevante la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 44 del 2012, di cui a Corte cost. n. 37 del 2015’ (Sez. 5 – , Ordinanza n. 23782 del 04/09/2024). Ed infatti, l’elaborazione giurisprudenziale relativa al potere di sottoscrizione degli atti impositivi, ‘non può non valere per gli atti processuali, a proposito dei quali non è minimamente prevista una competenza dirigenziale per la sottoscrizione: non a livello legislativo, atteso
che l’art. 11, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992 si limita a prevedere che ‘l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata. Stanno altresì in giudizio direttamente le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari per il contenzioso in materia di contributo unificato’; e neppure a livello regolamentare, atteso che l’art. 3 del del regolamento di cui sopra, nel dare attuazione all’art. 62, comma 2, D.Lgs. n. 300 del 1999, si limita a prevedere che ‘le direzioni provinciali, individuate nell’allegato A, curano l’attività di informazione e assistenza ai contribuenti, la gestione dei tributi, l’accertamento, la riscossione, le questioni ipotecarie e catastali e la trattazione del contenzioso. L’ufficio legale tratta il contenzioso di tutta la direzione provinciale’. In effetti, coerentemente con le superiori osservazioni, in giurisprudenza ricorre il principio per cui, ‘in tema di contenzioso tributario, gli artt. 10 e 11, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 riconoscono la qualità di parte processuale e conferiscono la capacità di stare in giudizio all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate nei cui confronti è proposto il ricorso, organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi con ciò stesso delegata in via generale’ (Sez. 5, Sentenza n. 6691 del 21/03/2014, Rv. 630527-01). Ragion per cui è il rapporto organico di pura e semplice direzione e finanche il rapporto sotto-ordinato di preposizione al reparto compente (ufficio legale) a fondare la capacità di stare in giudizio, abilitando alla manifestazione di volontà processuale dell’ente. In definitiva la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015
non rileva né in riferimento agli avvisi di accertamento né in riferimento agli atti processuali. 2.9. Come infatti osservato da Sez. 5, n. 22810 del 2015, con precipua attenzione ai primi, anche, tuttavia, per quanto detto, rispetto ai secondi, è a rilevarsi che ‘la sentenza riguarda il solo aspetto attinente all’art. 8, 24° comma, del d.l. n. 16 del 2012 convertito con mod. nella 1. n. 44 del 2012, dichiarato illegittimo per il fatto di consentire alle amministrazioni finanziarie l’attribuzione di incarichi dirigenziali a propri funzionari fino all’espletamento delle procedure concorsuali, da completare entro il 31 dicembre 2013, con salvezza degli incarichi già conferiti; norma che (unitamente alle disposizioni di proroga) è stata ritenuta in violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost., per aver contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di assegnazioni asseritamente temporanee di mansioni superiori, senza copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Tuttavia i due aspetti – quello della dirigenza e quello della validità degli atti anteriormente sottoscritti da impiegati della carriera direttiva, preposti agli uffici finanziari o delegati non sono, per quanto esposto, in modo alcuno confondibili, non essendo previsto che gli avvisi di accertamento promanino, per essere imputabili all’amministrazione finanziaria, da soggetti aventi qualifiche dirigenziali . La richiamata pronuncia n. 37 del 2015 riguarda il profilo involto dalla norma consentanea all’attribuzione degli incarichi dirigenziali senza concorso. Dunque non supera, sul piano effettuale, i confini del rapporto interno (di impiego o di servizio) tra l’amministrazione e il personale direttivo, e non attinge la sorte degli atti’ ( ibidem , in motivazione).
Gli ulteriori motivi sono inammissibili, alla luce del principio enunciato dalle Sezioni unite secondo cui ‘Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di
giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere né l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata. (Sez. U, Sentenza n. 3840 del 20/02/2007; cfr. più recentemente: Sez. 3 Ordinanza n. 27388 del 19/09/2022,: Sez. L, Ordinanza n. 29529 del 11/10/2022).
In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, cui demanda anche la liquidazione delle spese di lite di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 14 novembre 2024