Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15975 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15975 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22135/2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F./P. I.V.A.: P_IVA), con sede legale in Supino (FR), alla INDIRIZZO in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, quale concessionaria del servizio di accertamento e riscossione prima dell’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) e poi dell’Imposta Municipale Propria (IMU) nel Comune di Guidonia Montecelio (RM), nonché gestore del relativo contenzioso, giusto contratto di concessione n. 2307/2012 e relativo atto integrativo n. 2441/2015, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE del Foro di Frosinone, con studio legale in Alatri (FR) alla INDIRIZZO (fax: NUMERO_TELEFONO; posta elettronica certificata:
EMAIL);
-ricorrente –
Avviso accertamento IMU -Firma autografa
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
– intimata – avverso la sentenza 750/2022 emessa dalla CTR Lazio il 19/02/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE impugnava l’avviso di accertamento per maggiore IMU dovuta per il 2014, lamentandone l’illegittimità per vizi inerenti la firma dell’atto e vizi di contraddittorio.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 20481 del 10.12.2018, respingeva il ricorso sul presupposto che la firma digitale fosse idonea e che non occorresse il preventivo contraddittorio tra contribuente ed ente di riscossione.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR accoglieva il gravame, affermando che, a norma dell’art. 1, comma 87, l. n. 549/1995, affinché il funzionario responsabile possa evitare di firmare materialmente gli avvisi di accertamento, occorre o che gli atti siano automatizzati o che vi sia apposito provvedimento del dirigente di esonero dalla firma autografa, condizioni entrambe non ricorrenti nel caso di specie, e che risultava per tabulas l’avvenuta demolizione dell’immobile oggetto di imposta che, per quanto non determinasse l’esonero dal tributo locale (restando a carico del contribuente quantomeno il pagamento dell’IMU sull’area fabbricabile) avrebbe potuto giustificare, semmai, l’emiss ione di un nuovo avviso di accertamento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 87, l. n. 549/1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, in materia
di sottoscrizione a stampa degli avvisi di accertamento emessi dai sistemi automatizzati ex art. 1, comma 87, l. 549/1995, nel caso in cui il procedimento sia intrapreso dalla concessionaria, quest’ultima agisce in virtù di un apposito contratto di concess ione sottoscritto fra l’ente locale ed il proprio rappresentante legale ed amministratore unico che, proprio in virtù del vincolo contrattuale, nonché dei poteri di rappresentanza derivanti dallo statuto societario, costituisce valida e sufficiente fonte del potere di firma a stampa, analogamente al provvedimento di nomina dirigenziale, indicato dall’art. 1, comma 87, l. 549/1995.
1.1. Il motivo è fondato.
Quanto alla sottoscrizione con firma a stampa del responsabile del procedimento, l’art. 1, comma 87, I. n. 549 del 1995, stabilisce che «la firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e accertamento è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso in cui gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati.», e questa Corte ha chiarito che si tratta di norma speciale, non abrogata, la quale, pertanto, conserva la sua efficacia (Cass. n. 9079/2015, Cass. n. 6736/2015, Cass. n. 20362/2017), e che il nominativo del funzionario responsabile va individuato, a garanzia del contribuente e della trasparenza della azione amministrativa, con apposito provvedimento di livello dirigenziale (Cass. n. 20628/2017, n. 15447/2010).
Tuttavia, la necessità di una “scrittura privata di data certa anteriore alla emissione dell’atto impositivo”, contenente la indicazione del “responsabile dell’emanazione degli atti di liquidazione ed accertamento del tributo”, anche nella ipotesi – che qui si esamina – in cui il legale rappresentante della società concessionaria abbia “mantenuto la responsabilità direttamente su di sé” della relativa procedura automatizzata, non può farsi discendere dalla “interpretazione teleologica” dell’art. 3, comma 87 , I. n. 549 del 1995, stante la diversità delle situazioni considerate.
In un caso, infatti, c’è delega di poteri attribuiti – per legge – al dirigente dell’ente pubblico, ad un funzionario responsabile, che per esercitarli
legittimamente deve essere preventivamente individuato all’interno della propria organizzazione, appunto, mediante un provvedimento di livello dirigenziale; nell’altro, c’è esercizio diretto di poteri che discendono dalla carica ricoperta nell’ambito dell’organigramma della società, nella specie, quella di amministratore unico, la cui verifica non richiede provvedimenti di sorta, ma è agevolmente effettuabile tramite il Registro delle Imprese, previsto dall’art. 2188 c.c., e tenuto da apposito ufficio istituito presso le Camere di Commercio.
La ricerca (postulata dalla sentenza) di un dirigente che abbia autorizzato l’esonero dalla firma autografa è ingiustificata laddove si tratti, come nel caso di specie, di concessionario del servizio. Invero, la disposizione prevede che <>, il quale ultimo non è necessario se firma il rappresentante legale del concessionario.
Il potere del concessionario, infatti, dipende dal rapporto di convenzione “a monte” con l’ente impositore, e l’emissione del singolo atto è “sempre riferibile nei confronti dei terzi all’ente che lo emette, a prescindere dal funzionario che materialmente lo esegue” (Cass. n. 26176/2011, in fattispecie concernente avviso di mora emesso dal concessionario del servizio di riscossione).
Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, in caso di delega da parte dell’ente pubblico dei poteri di accertamento e riscossione al concessionario, la sottoscrizione del provvedimento impositivo è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, purché risulti, unitamente alla fonte dei dati, in un apposito atto sottoscritto dal concessionario, che assolve alla medesima funzione garantita, nell’ipotesi di gestione diretta dell’imposta da parte dell’ente pubblico (ipotesi non configurabile nel caso di specie), dal “provvedimento di livello dirigenziale” di cui all’art. 1, comma 87, secondo alinea, della l. n. 549 del 1995 (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 31707 del 07/12/2018).
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 5,
commi 2 e 6, in combinato disposto con l’art. 10, comma 4, del d.lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR automaticamente ritenuto dovuta a carico del contribuente l’obbligazione di pagamento dell’IMU per la sola area fabbricabile, conferendo così rilievo alla dedotta intervenuta demolizione dei fabbricati oggetto di accertamento.
2.1. Il motivo è fondato.
La concessionaria ritiene erronea la decisione impugnata per aver conferito al dedotto evento della demolizione del fabbricato un’automatica efficacia modificativa dell’obbligazione tributaria in materia IMU, in assenza però della, a suo dire, necessaria dichiarazione di variazione del presupposto impositivo e, comunque, in mancanza della, a suo dire, necessaria variazione dei dati catastali dell’immobile.
Invero, in tema di imposta comunale sugli immobili (ma le considerazioni possono essere estese all’IMU), ai fini dell’assoggettabilità ad imposta di fabbricati di nuova costruzione, il criterio alternativo, previsto dall’art. 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, della data di ultimazione dei lavori ovvero di quella anteriore di utilizzazione (o, in loro difetto, del valore dell’area edificabile) acquista rilievo solo quando il fabbricato medesimo non sia ancora iscritto al catasto, realizzando tale iscrizione, di per sé, il presupposto principale per assoggettare il bene all’imposta (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15177 del 23/06/2010).
In particolare, l’iscrizione di un’unità immobiliare (preesistente o di nuova costruzione) al catasto edilizio costituisce presupposto sufficiente per l’assoggettamento del bene all’imposta municipale, ma non è anche presupposto necessario, essendo l’imposta dovuta fin da quando il bene presenti le condizioni per la sua iscrivibilità, cioè da quando lo stesso possa essere considerato “fabbricato” in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione (non essendo nemmeno essenziale a tali fini il rilascio del certificato di abitabilità) ovvero da quando lo stesso sia stato antecedentemente utilizzato (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 8781 del 30/04/2015).
E’ vero che la CTR rileva l’intervenuta demolizione, ma, risultando le unità immobiliari tassate ancora censite in catasto, e con attribuzione di rendita -la demolizione andava dichiarata, perché si è al cospetto di una variazione che incide sull’imponibi le che si correla (anche) ad un diverso presupposto impositivo: non più il possesso di unità immobiliare (connesso alla rendita catastale), ma il possesso di area edificabile (connesso al valore venale). Come la Corte ha già avuto modo di rilevare, la disposizione di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 6 (cui rinvia il d.l. n. 201 del 2011, cit., art. 13, comma 3, quanto all’IMU), delinea un meccanismo di regolazione alla cui stregua non rileva, a fini impositivi ( recte , della determinazione della base imponibile), il fabbricato in corso di ristrutturazione perché viene presa in considerazione (solo) l’area sulla quale il fabbricato insiste, area che è considerata fabbricabile «anche in deroga a quanto stabilito nell’articolo 2» dello stesso d.lgs. cit. (disposizione, quest’ultima, recante definizione di fabbricati e aree fabbricabili); così che l’area «ridiventa fabbricabile ab origine , fino a che la ristrutturazione dell’immobile non viene completata … perché, venuta meno la tassabilità del fabbricato, viene tassata l’area come se il fabbricato non esistesse», e soggetta ad imposizione rimane «tutta l’area, anche se inedificabile secondo gli strumenti urbanistici ordinari» (così Cass., 9 maggio 2014, n. 10082; v., altresì, Cass., 28 dicembre 2016, n. 27096). Si è, quindi, rimarcato -in coerenza, del resto, con lo stesso dato letterale della disposizione che l’applicazione di detta disposizione necessariamente presuppone la realizzazione dell’intervento edilizio cui si correla il relativo criterio di determinazione della base imponibile e, dunque, l’utilizzazione edificatoria, la demolizione del fabbricato e la esecuzione degli «interventi di recupero a norma dell’articolo 31, comma 1, lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457» (ora d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3) -così che la rideterminazione della base imponibile del tributo (secondo il valore dell’area) è destinata ad operare «fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o
ristrutturato è comunque utilizzato.» (v. Cass., 7 giugno 2017, n. 14111). Inoltre, questa Corte ha statuito -con riferimento all’ICI i cui dati di regolazione, come anticipato, sono però riferibili anche all’IMU – che gli elementi della fattispecie impositiva sono prestabiliti dalla legge secondo criteri di certezza e tassatività, e con riferimento unicamente al possesso di tre ben definite tipologie di beni immobili costituiti da fabbricati, aree fabbricabili, terreni agricoli, così che «nel caso di area edificata la base imponibile Ici è determinata dal valore del fabbricato …; … la base imponibile è invece costituita dal valore dell’area, considerata fabbricabile, allorquando nell’anno di imposizione vi sia utilizzazione edificatoria in corso dell’area stessa, demolizione di fabbricato ovvero realizzazione di interventi di recupero ai sensi della L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e) (comma 6).», così che l’area di insistenza del fabbricato non è autonomamente tassabile quale area edificabile in quanto la fattispecie impositiva, così ricavata, «non rientra in nessuno dei presupposti Ici, trattandosi all’evidenza di area già edificata, e dunque non di area edificabile … diversamente ragionando, si verrebbe ad inammissibilmente introdurre nell’ordinamento – in via interpretativa – un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta, costituito appunto dall’area edificata» (cfr. Cass., 19 luglio 2017, n. 17815 cui adde Cass., 12 luglio 2021, n. 19809; Cass., 28 marzo 2019, n. 8620; Cass., 11 ottobre 2017, n. 23801; v., altresì, Cass., 5 febbraio 2019, n. 3282).
Del resto, in tema di IMU, nel caso di fabbricato divenuto inagibile, l’imponibile, fino al nuovo accatastamento, non può essere determinato sulla base del valore venale dell’area edificabile, atteso che, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, il valore da assumere resta quello risultante dalla rendita catastale rivalutata secondo i moltiplicatori previsti dall’art. 52, comma 5, primo periodo, del d.P.R. n. 131 del 1986 (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 3282 del 05/02/2019).
Senza tralasciare che, in tema d’imposta comunale sugli immobili, l’art. 37, comma 53, del d.l. n. 223 del 2006, conv. nella l. n. 248 del 2006, ha fatto salvo l’obbligo di denunciare le variazioni soggettive ed oggettive incidenti
sulla determinazione dell’imposta degli immobili già dichiarati e comportanti riduzioni d’imposta, non conoscibili per via officiosa dal comune, sicché, in tali casi, l’ente impositore è esonerato dall’onere di accertamento degli eventi che giovino al contribuente, al quale, in assenza della denuncia, non surrogabile da eventuali forme di pubblicità, non può essere riconosciuto alcun beneficio (Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17562 del 02/09/2016).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio della causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in differente composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 31.1.2025.