Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13981 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13981 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 20/05/2024
IMU -FIRMA A STAMPA – FONTE DATI
sul ricorso iscritto al n. 7126/2020 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in Fiumicino, alla INDIRIZZO, in persona legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste a margine del ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), con studio in Roma, alla INDIRIZZO.
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore.
per la cassazione della sentenza n.4134/6/2019 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 9 luglio 2019, non notificata;
UDITA la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME all’udienza camerale del 9 gennaio 2024.
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è la pretesa di cui all’avviso di accertamento ICI per omessa dichiarazione e versamento del tributo per l’anno 2011 in relazione a talune aree edificabili in possesso della contribuente;
la Commissione tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dalla suindicata associazione, respingendo, in particolare, per quanto ora occupa in relazione all’unica ragione della presente impugnazione, il motivo di appello, basato (come già dedotto in primo grado) sull’assenza di firma autografa dell’avviso impugnato o meglio per non essere stata la sottoscrizione a stampa ivi riportata accompagnata dalla indicazione della fonte dei dati, assumendo che:
-« non è in discussione la paternità dell’atto, univocamente imputato al Comune di Fiumicino per concorde ed univoca condivisione tra le parti in causa; né l’elemento denunciato pare avere in qualsivoglia modo avere inficiato la potenzialità conoscitiva del destinatario del medesimo»;
-« la mancata indicazione nello stesso atto della fonte dei dati riportati non pare esprimere il vizio denunciato, posto che la prescrizione normativa alla quale l’appellante ha fatto riferimento in tal senso (art. 1, comma 87, della legge n. 549 del 1995) non pare richiedere anche che il documento debba essere di per se stesso esaustivo nella prospettiva indicata, ben potendo la predetta indicazione essere contenuta in altro regolamento dell’ente impositore, o in altro provvedimento a carattere generale o meno (fermo restando il rilievo meramente formale del profilo segnalato
per le ragioni esposte)» (così a pagina n. 3 della sentenza impugnata);
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato tramite raccomandata postale ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, in data 8/12 febbraio 2020, formulando un unico motivo di impugnazione;
il Comune di Fiumicino è restato intimato;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di impugnazione la ricorrente ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 1, comma 87, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, reputando erronea la valutazione del Giudice regionale, in quanto il tenore letterale della norma non lascerebbe dubbi sull’esigenza avvertita dal legislatore di predisporre, in relazione agli atti di accertamento tributari prodotti da procedure automatizzate, degli accorgimenti minimi per consentire al contribuente di verificare sia la riferibilità degli atti al soggetto da cui risultano emanati, che la provenienza dei dati stessi, evidenziando sul punto che l’utilizzo del verbo «devono » contenuto nella citata disposizione e riferito sia al nominativo del funzionario responsabile apposto in calce all’atto, che alla fonte dei dati, sta ad indicare il carattere cogente della disposizione, nel senso che le due indicazioni devono necessariamente concorrere affinché la firma autografa possa legittimamente considerarsi sostituita dalla semplice indicazione a stampa del funzionario responsabile, come riconosciuto dalla Corte di Cassazione con le pronunce del16 marzo 2011, n. 3941 e del 13 giugno 2012, n. 9627, nonché dalla stessa determina dirigenziale numero 87/2014;
in tale direzione – a dire della contribuente -in difetto di una sola di dette indicazioni, l’utilizzo della firma a stampa in luogo della
firma autografa non può ritenersi legittimo e l’atto formato con tale modalità deve ritenersi invalido per vizio di sottoscrizione;
la decisione del Giudice regionale avrebbe finito -ha proseguito la ricorrente -per svuotare di ogni significato la suindicata norma, sottolineando ancora come fosse errato il riferimento alla paternità dell’atto, in quanto la finalità sottesa all’obbligo di indicare la fonte dei dati imposta dalla disposizione sopraindicata non è quella di garantire la paternità dell’atto, trattandosi questa di funzione assolta dall’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento, ma quella di assicurare la provenienza dei dati utilizzati, costituendo, in particolare, una forma di garanzia minima sul contenuto dell’atto prodotto dai sistemi informatici automatizzati;
4. il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni;
la contestazione della ricorrente -per come riportata nella sentenza in esame ha riguardato « l’inesistenza dell’atto perché privo di firma autografa», o meglio e nello specifico «La doglianza della parte privata origina dal rilievo per il quale l’atto impugnato riporta una firma stampa asseritamente non idonea in quanto la normativa in materia ne prevede la piena sostituibilità con la firma autografa solo a condizione che l’atto sia prodotto da sistemi informativi e che il nominativo del funzionario responsabile per le manutenzioni dell’atto e la fonte dei dati sia indicati in apposito provvedimento di livello dirigenziale. Con la produzione documentale operata dalla parte privata, l’appellante dichiara la mancanza della fonte dei dati predetta » (così nella sentenza impugnata);
la stessa ricorrente ha contestato la «decisione impugnata nella parte in cui dopo aver riconosciuto che la delibera dirigenziale n° 87/2014 effettivamente non conteneva come allegato dalla ricorrente l’indicazione della fonte dei dati utilizzati per l’accertamento ma solo il nominativo del funzionario responsabile ha ritenuto l’omissione irrilevante » (v. pagina n. 8 del ricorso);
6.1. si discute, dunque, del fatto che la citata delibera dirigenziale non conteneva la «fonte dei dati», in asserita violazione dell’art.1, comma 87 della legge 28 dicembre 1995, n. 549,
l’art. 1, comma 87, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, stabilisce che «La firma autografa prevista dalle norme che disciplinano i tributi regionali e locali sugli atti di liquidazione e di accertamento è sostituita dall’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile, nel caso che gli atti medesimi siano prodotti da sistemi informativi automatizzati. Il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonchè la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale»;
8. questa Corte ha chiarito che:
la menzionata norma « contiene due disposizioni. Con la prima, si stabilisce che, negli atti di liquidazione e di accertamento dei tributi regionali e locali che siano prodotti da sistemi informativi automatizzati, la firma autografa è sostituita dalla indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile; con la seconda, si stabilisce che il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonché la fonte dei dati, vengano indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale »;
« La ratio legis è chiara: il legislatore ha voluto favorire l’informatizzazione delle procedure di liquidazione e accertamento dei tributi regionali e locali consentendo che gli atti prodotti da tali procedure non rechino alcuna firma autografa, bensì la sola indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile della loro emanazione; al contempo, però, ha previsto – a garanzia del contribuente e, in generale, della trasparenza dell’azione amministrativa – che il nome del soggetto responsabile (nonché la fonte dei dati utilizzati nelle procedure di liquidazione e accertamento dei tributi) risultino da un apposito provvedimento di livello dirigenziale; cosicché il cittadino possa in ogni tempo,
accedendo al provvedimento che contiene l’indicazione del nome del soggetto responsabile dell’emanazione degli atti impositivi, verificare che il nominativo indicato a stampa in calce all’atto impositivo corrisponda effettivamente a quello del soggetto responsabile dell’emanazione dell’atto medesimo » (così Cass., Sez. T., 13 giugno 2012, n. 9627, che richiama Cass. nn. 13231/09, 25573/09, 15447/10, 3941/11; nello stesso senso Cass., Sez. T., 7 dicembre 2018, n. 31707);
9. l’errore concettuale di fondo del motivo di impugnazione risiede nel fatto di aver considerato che il Giudice regionale avesse ritenuto «l’omissione (ndr. dell’indicazione della ‘fonte dei dati’) irrilevante », così finendo «per svuotare di ogni significato la norma che la suddetta indicazione espressamente prevede come doverosa » (v. pagina n. 8 del ricorso), laddove il Giudice regionale ha ritenuto -giova ripetersi – che «la mancata indicazione nello stesso atto della fonte dei dati non pare esprimere il vizio denunciato, posto che la prescrizione normativa alla quale l’appellante ha fatto riferimento in tal senso (art. 1, comma 87, della legge n. 549 del 1995) non pare richiedere anche che il documento debba essere di per sé stesso esaustivo nella prospettiva indicata, ben potendo la predetta indicazione essere contenuta in altro documento dell’ente impositore o in altro provvedimento a carattere generale o meno (fermo restando il rilievi meramente formale del profilo per le ragioni sopra esposte»;
10. alla luce di tale apparato argomentativo risulta chiaro che -diversamente da quanto opinato dall’istante la Commissione regionale non ha affatto ritenuto irrilevante tout court la mancata indicazione della ‘fonte dei dati’, ma ha solo considerato che la sua mancata enunciazione nello «stesso atto » (secondo la ricorrente la delibera dirigenziale n. 87/2014) non fosse dirimente e non costituisse causa di invalidità dell’atto impositivo, reputando che tale menzione potesse essere contenuta in un altro provvedimento di carattere organizzativo;
11. la censura risente, quindi, di un’incompiuta lettura della sentenza impugnata, che non ha consentito di impugnarla nella suindicata ragione fondante, non avendo l’istante svolto un efficace sforzo argomentativo per sostenere che la «fonte dei dati» non potesse essere indicata in altro provvedimento dell’ente, diverso da quello (n. 87/2014) con cui è stato indicato solo il nominato del responsabile, limitandosi soltanto ad assumere l’asserito errore interpretativo nella parte in cui il Giudice regionale ha ritenuto che l’indicazione della fonte dati potesse essere ricavata da altri provvedimenti rispetto all’atto firmato a stampa;
12. il motivo difetta, sotto tale aspetto, di specificità, perché non ha assolto al compito di confrontarsi compiutamente con la decisione impugnata, reiterando la tesi della necessaria indicazione nello stesso atto firmato a stampa dell’apposito provvedimento di livello dirigenziale indicativo dei predetti dati, senza però fornire una puntuale critica alla decisione impugnata, articolando specificamente le ragioni per cui essa è errata (cfr., ex multis, Cass., Sez. T., 21 febbraio 2023, n. 5429, che richiama Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15517, nonché Cass. 1° settembre 2022, n. 25602);
13. a tutto voler concedere, non è fondato il rilievo secondo cui dall’atto firmato a stampa dovrebbe individuarsi l’apposito provvedimento di livello dirigenziale indicativo della fonte dei dati utilizzati e del funzionario responsabile « onde evitare di porre a carico del contribuente l’onere di ricercare le doverose informazioni fra i molteplici atti dell’ente locale» (così a pagina n. 9 del ricorso), giacchè tale prescrizione non è imposta dall’art. 1, comma 87, della legge citata, il quale stabilisce che « Il nominativo del funzionario responsabile per l’emanazione degli atti in questione, nonchè la fonte dei dati, devono essere indicati in un apposito provvedimento di livello dirigenziale», con ciò, quindi, senza predicare la necessità, tanto meno a pena di nullità dell’atto impositivo, della menzione di tali riferimenti in un unico provvedimento o, se si vuole, senza escludere che essi possano essere contenuti in atti distinti adottati dall’ente, da considerare di
agevole conoscibilità tramite l’esercizio degli ordinari strumenti informativi;
13.1. per altra via, la dedotta omissione non può, di per sè, integrare la dedotta nullità della sottoscrizione dell’atto, eccepita dalla contribuente, poiché essa attinge il diverso aspetto della provenienza dei dati esposti, incidente semmai sull’attendibilità e sulla correttezza degli stessi, profilo questo che, tuttavia, non ha costituito oggetto di contestazione;
13.2. in tale prospettiva, lo stesso Giudice regionale ha sottolineato il carattere meramente formale e, quindi, (implicitamente) non rilevante del rilievo ai fini della validità dell’atto, osservando, altresì, con affermazione anch’essa non censurata, che non era in discussione la paternità dell’atto, univocamente imputato al Comune di Fiumicino, il che consente di ritenere corretta la decisione impugnata, tenuto conto della decisiva rilevanza che la giurisprudenza di questa Corte riconosce alla provenienza dell’accertamento ed alla inequivoca riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso fu adottato (cfr. sul principio, Cass. Sez. T., 8 ottobre 2019, n. 25065; Cass. Sez. T, 9 giugno 2009, n. 13231);
per quanto sopra osservato, il ricorso va rigettato;
non vi è ragione di statuire sulle spese di lite, stante l’assenza di attività difensiva del Comune di Fiumicino;
nondimeno, va, infine, dato atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte del ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il
versamento da parte della ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.