Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15094 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15094 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Patti (ME), che ha indicato recapito Pec;
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 4869/2021, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia il 31.3.2021 e pubblicata il 20.5.2021;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
Fatti di causa
OGGETTO: Ires, Iva 2005 Maggiori Ricavi -Finanziamento societario -Oneri probatori.
A seguito di verifiche fiscali svolte dalla Guardia di Finanza, e concluse con Processo Verbale di Costatazione consegnato alla società, l’Agenzia delle Entrate notificava alla GA.RAGIONE_SOCIALE attiva nel settore delle costruzioni edili, l’avviso di accertamento n. RGJH03CS00124/2010, avente ad oggetto maggiori Ires ed Iva, con riferimento all’anno 2005, per un valore complessivo dichiarato di e uro 95.820,00. L’Ente impositore aveva recepito i rilievi proposti dalla Guardia di Finanza, secondo cui la società era incorsa in diverse irregolarità che rendevano la sua contabilità inattendibile, ed in particolare contestava la somma di euro 200.000,00 indicata nelle scritture contabili come dipendente da un finanziamento dei soci, in particolare il socio di maggioranza COGNOME NOMECOGNOME e ritenuta invece rappresentativa di ricavi societari non dichiarati.
La società impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Messina, proponendo contestazioni procedimentali e di merito e, per quanto ancora d’interesse, censurava la effettività del finanziamento societario da parte dei soci.
La CTP respingeva il ricorso.
La contribuente spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che confermava -con la sentenza indicata in epigrafe – la decisione di primo grado.
La società ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione pronunciata dal giudice dell’appello, affidandosi ad un motivo d’impugnazione.
Resiste mediante controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Ragioni della decisione
Con il suo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE contesta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2467, secondo
comma, cod. civ., e dell’art. 85, primo comma, del d.P.R. n. 917 del 1986 (Tuir), per avere la CTR erroneamente valutato che dei finanziamenti dei soci regolarmente iscritti in contabilità rappresentino invece dei ricavi imponibili, senza rilevare che l’Amministrazione finanziaria non aveva assicurato prova della sua prospettazione.
L’Agenzia delle Entrate ha replicato in controricorso affermando, innanzitutto, l’inammissibilità del motivo di ricorso, che richiederebbe, in sede di legittimità, la rivalutazione del fatto processuale.
Senonché la contribuente contesta, invero, la corretta applicazione delle regole della prova presuntiva nel giudizio, ponendo quindi un problema di diritto, ed il ricorso risulta pertanto ammissibile.
La società denuncia la riportata violazione di legge deducendo che il giudice dell’appello vi sia incorso per aver erroneamente ritenuto che dei finanziamenti dei soci regolarmente iscritti in contabilità rappresentino invece dei ricavi imponibili.
Ricorda, a tal proposito, che la Guardia di Finanza aveva proposto rilievi in ordine alla corretta tenuta della contabilità, asserendo essere stata rinvenuta documentazione extracontabile, e pure l’indicazione di un’aliquota Iva inferiore ed errata in relazione ad un’operazione commerciale. Tuttavia la contestazione poi mossa dall’Amministrazione finanziaria attiene solo alla somma di euro 200.000,00, che costituisce un finanziamento dei soci, oggetto di deliberazione assembleare del 30.1.2005, e si tratta di un’operazione annotata in bilancio ed esplicata nella nota integrativa. Secondo la prospettazione della società, pertanto, in presenza della regolarità dell’operazione, la prova rigorosa che la stessa occultasse ricavi non dichiarati avrebbe dovuto essere assicurata dall’Ente impositore ‘a prescindere dalla situazione finanziaria dei singoli soci’ (ric., p. 11).
3.1. La CTR, nella sentenza impugnata, ricordava innanzitutto che le irregolarità contabili riscontrate dalla Guardia di Finanza nel PVC erano numerose. Richiamava, in proposito, la vendita di un appartamento a prezzo diverso da quanto indicato in contabilità, utilizzato poi quale parametro anche in relazione ad altre compravendite immobiliari; il rinvenimento di documentazione extracontabile relativa all’acquisizione in leasing di un camion ed alla cessione di merce non fatturata; l’impiego di personale dipendente in violazione delle norme previdenziali ed assistenziali. Le irregolarità riscontrate dovevano, pertanto, ritenersi idonee alla ricostruzione della contabilità con metodo induttivo, e tanto consente il ricorso alle presunzioni semplici.
In ordine alla somma di euro 200.000,00 imputata quale finanziamento dei soci, l’Amministrazione finanziaria ha fornito elementi presuntivi per ritenere la sua fittizietà, in primo luogo il socio di maggioranza (95%) che l’avrebbe versata aveva dichiarato di non aver percepito alcun reddito nell’anno, e non si comprende come potesse aver versato somme tanto ingenti alla società. Anche la provvista, peraltro parziale (€ 78.500,00, controric., p. 2), che gli sarebbe stata fornita dalla sorella è rimasta indimostrata, essendo stati soltanto prodotti alcuni assegni, che però nulla dimostrano sulla causale del versamento.
In definitiva, secondo il giudice dell’appello, ‘nessuna prova incontrovertibile viene offerta dal contribuente, circa l’origine delle somme, che potesse controbilanciare la circostanza non contraddetta che COGNOME NOME, socio di maggioranza (95%) non aveva redditi personali congrui’ ( ibidem ). In presenza di un pienamente giustificato accertamento induttivo, ha ritenuto in definitiva il giudice del gravame, è il contribuente a dover assicurare la prova della provenienza delle somme.
Merita ancora di essere ricordato che la controricorrente Amministrazione finanziaria ha attestato che COGNOME NOME non
aveva dichiarato alcun reddito dal 1998 al 2006 (controric., p. 5), e la ricorrente non ha contrastato questa segnalazione.
3.2. La contribuente richiama invero norme e giurisprudenza a sostegno della propria tesi, secondo cui, in presenza della regolarità contabile dell’operazione di finanziamento, la prova rigorosa della natura delle somme accertate, ricavi occultati e non finanziamento dei soci, sarebbe spettata all’Amministrazione finanziaria.
Trascura però la contribuente che la sua contabilità era stata fondatamente ritenuta inattendibile, essendo state riscontrate plurime irregolarità, rilievi su cui nulla eccepisce. Inoltre, la stessa giurisprudenza che cita opera riferimento ai finanziamenti dei soci che siano effettuati ‘in un momento di squilibrio patrimoniale della società’ (ric., p. 10, che richiama Cass. 6104/2019), ma la ricorrente non illustra affatto, e tantomeno lo aveva provato in sede di merito, che ricorresse una simile circostanza.
3.2.1. Ricorrendo l’ipotesi in cui l’accertamento induttivo è legittimo, l’Amministrazione finanziaria ha contestato pregnanti elementi indiziari, rilevando che il socio di maggioranza non risultava disporre di somme che potesse utilizzare per finanziare la società, e la CTR non ha mancato di indicare le ragioni per le quali l’affermata provvista proveniente dalla sorella, peraltro solo parziale, non poteva ritenersi avere rilievo probatorio.
La contribuente non contrasta queste valutazioni, non spiega come abbia provato che le stesse sono infondate. Insiste, invece, nel sostenere che sarebbe stata l’Amministrazione finanziaria a dover fornire la prova rigorosa che le somme rinvenute nella contabilità societaria dovessero ricondursi a ricavi occultati. Ma questa tesi, in presenza di una contabilità irregolare, e del decisivo elemento che il socio detentore di quasi tutto il capitale sociale non risultava disporre delle liquidità idonee a finanziare la società,
senza che la contribuente abbia fornito la prova contraria, risulta infondata.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo, in particolare considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.
4.1. Deve ancora darsi atto che ricorrono le condizioni processuali per il versamento, da parte della ricorrente, del c.d. doppio contributo.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale pro tempore , che condanna al pagamento delle spese di lite in favore della costituita controricorrente, e le liquida in complessivi euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater , dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, il 16.4.2025.