Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16947 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16947 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, sedente in Roma, in persona del legale rappresentante, nonché NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, tutti rappresentati e difesi dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente –
Avverso la sentenza n. 6613/9/2015 depositata l’undici dicembre 2015 e resa dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.L’RAGIONE_SOCIALE a seguito di verifica fiscale emetteva avviso di accertamento inerente all’anno d’imposta 1998 per omessa fatturazione e versamento di ritenute per L. 5.700.000. La CTP
OGGETTO RINVIO
rigettava i ricorsi, invece accolti dalla CTR. Questa Corte con sentenza n. 24618 del 2014 a sua volta cassava la sentenza d’appello e rinviava alla CTR. In particolare si osservava come a fronte della denuncia ‘in relazione… all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5’ di un ‘vizio di motivazione in ordine al fatto decisivo e controverso consistente nella dissimulazione di utili ai soci come restituzione di finanziamenti infruttiferi con conseguente elusione della ritenuta d’acconto sui dividendi, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 27″ non aveva la CTR “spiegato come fosse possibile affermare l’effettività dei finanziamenti in relazione alla loro provvista, malgrado fosse acclarato dall’indagine della G.d.F. che i pretesi finanziamenti infruttiferi dei soci, oltre ad integrare una inverosimile condotta sistematicamente antieconomica (di finanziamento a fondo perduto di una società formalmente senza utili) non potessero spiegarsi alla luce delle dichiarate disponibilità finanziarie dei soci stessi e degli investimenti immobiliari da questi effettuati e risultando, altresì il versamento nelle casse della RAGIONE_SOCIALE e dei soci di ricavi non dichiarati di società tutte facenti capo alla famiglia COGNOME“.
A fronte di ciò il giudice del rinvio ha ritenuto che ‘i punti oggetto dell’odierno giudizio devono allora essere soltanto due, e precisamente 1) la sussistenza o meno di un rapporto di collegamento tra la RAGIONE_SOCIALE e le altre società…2) l’effettività o meno del finanziamento della società mediante finanziamenti infruttiferi operati dai soci’.
Ne ha concluso che il ridetto collegamento fosse sussistente e altresì che i finanziamenti infruttiferi non fossero reali e conclusivamente respingeva l’appello.
Ricorrono allora i contribuenti in cassazione affidandosi a tre motivi, cui resiste l’RAGIONE_SOCIALE a mezzo di controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo del ricorso i contribuenti deducono nullità della sentenza per violazione dell’art. 392 cod. proc. civ., in quanto la CTR in sede di rinvio non si era pronunciata sull’eccezione di contraddittorietà ed illegittimità dell’avviso di accertamento, accolta in sede d’appello e contesta in cassazione dalla difesa erariale, eccezione da intendersi però riproposta appunto in sede di rinvio.
1.1. Il motivo è infondato.
Nei casi di cassazione con rinvio per error in iudicando, devono ritenersi implicitamente o definitivamente precluse e non ulteriormente suscettibili di discussione tutte le questioni, anche di fatto, che potevano e dovevano essere prospettate o rilevate d’ufficio quale presupposto necessario e logicamente inderogabile della pronuncia di annullamento, da ritenersi accertate in via definitiva quali premesse logico-giuridiche della pronuncia di cassazione e coperte da giudicato implicito e interno (Cass. 24/10/2017, n. NUMERO_DOCUMENTO).
La contraddittorietà o illegittimità dell’avviso (per quanto si ricava dal ricorso in relazione alla ritenuta mancata dimostrazione del conseguimento di utili) sarebbe stata contrastata dalla difesa erariale in cassazione, e ribadita invece in tal sede dai contribuenti allora controricorrenti, ma la Corte avendo limitato il rinvio sulla base dell’accoglimento del motivo che riguardava la dissimulazione della distribuzione di utili con un preteso rimborso di finanziamento e del collegamento tra le altre società e quella di causa, che consentiva di attuale ‘lo stratagemma elusivo’, consistente appunto nel simulare ‘la fornitura da parte dei soci di finanziamenti infruttiferi’.
Ora pur trattandosi di rinvio era ‘proprio’ e prosecutorio, la cassazione della sentenza era pronunciata per vizio di motivazione; ciò di per sé non precludeva la riproposizione delle questioni già sollevate nel merito.
Tuttavia, ben si ricava dalla sentenza di rinvio che la stessa ha positivamente accertato l’esistenza di utili occulti (pag. 10 della sentenza), quindi aldilà delle formule utilizzate, la questione è stata affrontata e la stessa dunque motiva circa la sussistenza di utili.
D’altronde la sentenza del giudice di rinvio riconosce la sussistenza di una manovra elusiva (simulata concessione da parte dei soci di finanziamenti infruttiferi) che appunto presupponeva utili non dichiarati, ed in effetti riscontrava anomalie nel comportamento dei contribuenti, in particolare non vennero distribuiti formalmente utili ma rimborsati i ‘finanziamenti’, elargiti per contanti, ai quali la RAGIONE_SOCIALE, pur non riuscendo ad operare come di normalità, ed essendo sistematicamente costretta a ricorrere ai finanziamenti, non produceva formalmente utili ma riusciva sempre a rimborsare i suddetti finanziamenti. Il tutto -osserva sempre la sentenza -senza che sia rinvenibile una significativa coerenza economica del finanziamento infruttifero ripetutamente elargito dai soci a una società che formalmente non distribuiva mai utili.
Con ciò, dunque, risulta anche affrontato il tema della coerenza e legittimità dell’avviso di accertamento.
Col secondo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. Da quanto si può comprendere dal contenuto del motivo, con lo stesso si deduce cioè che la CTR in sede di rinvio avrebbe omesso di pronunciarsi in ordine all’eccezione relativa alla contraddittorietà e illegittimità dell’avviso di accertamento, già sollevata in appello laddove si censurava la prima sentenza che affermava come fosse avvenuta una distribuzione di utili effettuati da parte di altre società alle quali, se mai, andava contestata l’omessa effettuazione della ritenuta, ma non certo alla società RAGIONE_SOCIALE che avrebbe asseritamente svolto solo la funzione di tramite. La sentenza quindi non avrebbe affrontato la questione circa la mancanza di una prova relativa al conseguimento di utili non dichiarati in capo alla società.
2.1. Il motivo risulta assorbito da quanto indicato al motivo precedente.
Col terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2697, cod. civ., spiegato per l’ipotesi in cui si ritenesse che la CTR in sede di rinvio abbia respinto l’eccezione in base alla quale la pretesa erariale era contraddittoria nella motivazione laddove l’ufficio non aveva operato la previa contestazione del conseguimento di un maggior utile per poter poi accertare le omesse ritenute sugli utili.
3.1. Anche tale eccezione è in parte assorbita, ed in ogni caso sempre a pag. 10 la sentenza di rinvio dà atto del fatto che la manovra elusiva accertata appunto in sede di rinvio, posta a fondamento per quanto si ricava dagli atti dall’RAGIONE_SOCIALE per dedurre l’omesso versamento, ‘presuppone necessariamente che le società operanti nel settore turistico-alberghiero, ma comunque riconducibili al controllo dei COGNOME, abbiano nel periodo di interesse conseguito utili non dichiarati, così costituendo una sorta di provvista ‘in nero’, il che dà ancora una volta ampio conto circa la ritenuta fondatezza della motivazione dell’avviso e della sua completezza anche in ordine al presupposto dell’esistenza di utili non dichiarati’.
Con ciò essa motiva ulteriormente in ordine all’asserito difetto di motivazione dell’atto impositivo, superando così anche sotto questo profilo il vaglio di legittimità per le stesse ragioni che si sono indicate a proposito del profilo oggetto del primo motivo.
Conclusivamente il ricorso dev’essere respinto con aggravio di spese in capo ai ricorrenti soccombenti.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte respinge il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di lite che liquida in € 2300,00, oltre spese prenotate a debito.
Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024