Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33204 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33204 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
Transfer pricingfinanziamenti infruttiferiapplicabilità
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 1590/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME , dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME in forza di procura a margine del ricorso, tutti elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente e controricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ;
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano n. 90/2015, depositata in data 20/07/2015; udita la relazione della causa tenuta nella pubblica udienza del 03/10/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME udito il sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME udito l’avv. NOME COGNOME per la ricorrente; udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura dello Stato.
FATTI DI CAUSA
1. L’Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Bolzano, ufficio controlli, emetteva avviso di accertamento per l’anno di imposta 2007 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE effettuando due riprese e precisamente: a) in base all’art. 110 t .u.i.r., a fini Ires, l ‘o messa imputazione di interessi attivi, calcolati al valore normale ex art. 9 t.u.i.r., su finanziamenti infruttiferi effettuati a favore di società controllate estere; b) previa riqualificazione del rapporto con i montatori della controllata austriaca da prestazioni di servizi in rapporto di lavoro dipendente, l’omessa effettuazione di ritenute Irpef alla fonte sui compensi e l ‘ indebita deduzione a fini Irap dei medesimi.
2. La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano accoglieva in parte il ricorso in ordine alla prima ripresa rettificando il calcolo degli interessi mentre annullava integralmente la seconda ripresa. In particolare, in merito alla prima ripresa, escludeva che le operazioni in esame potessero costituire conferimenti di capitale di rischio, poiché in contabilità erano stati iscritti quali finanziamenti; da ciò conseguiva la presunzione di onerosità del finanziamento, donde la correttezza della ripresa, che però rettificava in relazione al tasso di interesse, ritenendo ingiustificato il riferimento al tasso BCE e applicando il tasso di interesse legale al 2007; in merito alla seconda ripresa, riteneva infondata la tesi erariale che si fosse in presenza di rapporto di lavoro
subordinato con la società controllante laddove si trattava invece di distacco di personale.
La Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano rigettava gli appelli, proposti in via principale dalla società e in via incidentale dall’ufficio.
In particolare:
quanto alla ripresa relativa agli interessi sui finanziamenti condivideva la ricostruzione operata in primo grado, specificando che i dati contabili (stato patrimoniale e nota integrativa) deponevano nel senso della natura di finanziamenti e la documentazione depositata dalla società, volta a dimostrare la natura infruttifera degli stessi, non era idonea a superare la presunzione di onerosità del mutuo; il riferimento al tasso di interesse legale era corrispondente ad equità data la complessità dell ‘ individuazione di un tasso per operazioni similari;
quanto alla seconda ripresa, condivideva il ragionamento dei giudici di primo grado, evidenziando in particolare che la tesi dell’ufficio, circa l’esistenza di un controllo della società italiana sul personale formalmente dipendente della società austriaca, non trovava conferma nel dato del contratto di prestazione di servizi tra le due società ove era precisato che nel montaggio delle case prefabbricate i montatori dovessero attenersi alle specifiche tecniche di montaggio previste nei manuali della COGNOME Haus ma comunque sotto le direttive della società controllata, da cui dipendevano.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione la società, sulla base di due motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a quattro motivi, cui la società ha replicato con controricorso.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 3/10/2024, per la quale la società ha depositato memoria.
Il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale, assorbito il secondo, respinti gli altri.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce violazione e falsa applicazione di legge nonché difetto di motivazione in relazione agli artt. 9, comma 13, 110, commi 2 e 7, d.P.R. n. 917/1986 e all’ar t. 1815, primo comma, cod. civ., in ordine alla gratuità del mutuo, deducendo la illogicità della motivazione con cui i giudici di appello hanno inteso applicare la disposizione in tema di transfer pricing ad un finanziamento infruttifero.
Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce e violazione e falsa applicazione di legge, nonché difetto di motivazione in relazione agli artt. 9, comma 13, e 110, commi 2 e 7, d.P.R. n. 917/1986, all’art. 1815, primo comma, cod. civ., in ordine all’applicazione del criterio comparativo del valore normale degli interessi al mutuo infruttifero; in particolare la natura infruttifera del finanziamento determinerebbe ex se l’assenza di validi elementi di comparazione poiché non può esistere un valore di riferimento diverso dal tasso zero.
1.1. Col primo motivo di ricorso incidentale la difesa erariale, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. cv., deduce violazione degli artt. 9, comma 3, e 110, commi 2 e 7, d.P.R. n. 917/1986, censurando la decisione laddove ha ritenuto di applicare, ai fini del l’individuazione del valore normale di un ‘ operazione transnazionale, il tasso legale di interesse previsto nel contesto
nazionale, in luogo del tasso previsto dalla BCE, evidenziando che l’ufficio aveva accertato l’impossibilità di un confronto interno, in quanto tutti i finanziamenti concessi dalla società erano in favore di società controllate e non di soggetti indipendenti.
Col secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si deduce difetto di motivazione per violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 61 d.lgs. n. 546/1992, degli artt. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost. , laddove la CTR ha apoditticamente determinato il valore normale degli interessi in base al tasso di interesse legale.
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce violazione dell’art. 30 d.lgs. n. 276/2003 e dell’art. 23, comma 2, d .P.R. n. 917/1986, laddove la sentenza impugnata ha escluso l’esistenza di un rapporto diretto di impiego con la società italiana dei dipendenti della controllata austriaca RAGIONE_SOCIALE, distaccati in Italia per il periodo del loro impiego per l’esecuzione di pr estazioni di montaggio di case prefabbricate.
In particolare la parte pubblica deduce che la Commissione di secondo grado sarebbe incorsa nella violazione delle norme disciplinanti il distacco di personale, in quanto le prestazioni lavorative de quibus sarebbero riconducibili alla diversa ipotesi della somministrazione di lavoro, che tuttavia non sarebbe applicabile al caso di specie per l’assenza delle autorizzazion i previste dalla legge, donde l’applicabilità del regime fiscale del lavoro subordinato, i cui proventi sarebbero tassabili in Italia sec ondo l’art. 15 della Convenzione contro la doppia imposizione tra Italia e Austria.
Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce difetto di motivazione per
violazione degli artt. 36, comma 2, n. 4 d.lgs. n. 546/1992, 61 d.lgs. n. 546/1992, degli artt. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., e 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 111, sesto comma, Cost. , lamentando l’apparenza della motivazione relativa mente alla ripresa delle ritenute Irpef non operate nei confronti dei montatori della società austriaca.
2. I due motivi del ricorso principale vanno esaminati congiuntamente per evidente identità di questioni; entrambi presentano rilevanti profili di inammissibilità laddove, sia nella rubrica che nel corpo del motivo, deducono, ripetutamente, un vizio di motivazione della sentenza d’appello , lamentandosi della illogicità della stessa, laddove, come è noto, Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053, ha evidenziato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé oppure ove essa sia meramente apparente, nel caso di specie vizi evidentemente insussistenti.
In disparte, quindi, l ‘ inammissibilità delle doglianze di illogicità motivazionale, le censure in diritto appaiono espresse laddove la società deduce che, in presenza di un finanziamento infruttifero erogato della società italiana alla società controllata estera, l’art. 110 t.u.i.r. non sia applicabile, essendo perfettamente ammissibile, ai sensi dell’art. 1815 cod. civ., un mutuo a tasso zero (primo motivo), e per la insussistenza, in casi siffatti, di elementi di comparazione in merito al valore del tasso di interesse (secondo motivo).
2.1. La tesi della società ricorrente, che richiama espressamente l’orientamen to di Cass. 19/12/2014, n. 27087 e di Cass. 17/07/2015, n. 15005, riferimenti ripresi anche nella memoria illustrativa, è infondata.
Secondo tali precedenti, la stipula di un finanziamento non oneroso erogato dalla società controllante a favore delle controllate, riconducibile allo schema del mutuo a titolo gratuito, non subisce limitazioni per il fatto che la controllante residente nello Stato e le società residenti in altri Paesi appartengano al medesimo gruppo societario, realizzando quindi una operazione infragruppo transfrontaliera, non contrastando la gratuità della operazione, che esclude la pattuizione di interessi corrispettivi dovuti dalla mutuataria, con la previsione dell’art. 110, comma 7, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui il bene o servizio, rispettivamente ceduto o prestato, deve essere valutato secondo il criterio del «valore normale» stabilito dall’art. 9, terzo comma, del d.P.R. n. 917/1986.
Tale orientamento risulta invero superato da successivi e reiterati arresti secondo i quali anche i finanziamenti intercompany infruttiferi rientrino nell’ambito di applicazione dell’art. 110, comma 7, t.u.i.r. ( tra le tante in tal senso Cass. 15/04/2016, n. 7493; Cass. 30/06/2016, n. 13387; Cass. 15/11/2017, n. 27018; Cass. 17/01/2019, n. 1102; Cass. 20/05/2021, n. 13850 e di recente Cass. 19/03/2024, n. 7361).
Ed infatti l’art. 110, comma 7, del d.P.R. n. 917/1986, va inteso come attuativo del principio di libera concorrenza, esclusa ogni qualificazione dello stesso come norma antielusiva, sicché la valutazione del valore normale delle operazioni poste in essere postula l’esame della loro sostanza economica, in una prospettiva di comparazione con analoghe operazioni effettuate tra imprese indipendenti e in libera concorrenza, con la conseguenza che sono soggetti alla medesima disciplina anche i finanziamenti infruttiferi
internazionali tra imprese controllate e controllanti, attesa l’esigenza, in funzione dell’unitaria ratio dell’istituto, di oggettivare il valore delle operazioni ai soli fini fiscali, senza che ne siano alterati gli equilibri civilistici tra i contraenti.
In tale prospettiva è irrilevante la connotazione del carattere limitativo della libertà negoziale attribuita alla disciplina del transfer pricing : la ratio della disciplina mira a sostituire il valore soggettivo dell’operazione con quello oggettivo e normalizzato, sicché investe ogni atto gestorio potenzialmente idoneo ad indurre un incremento o decremento dell’imponibile, a prescindere dall’assetto giuridico dei rapporti tra le parti, siano essi onerosi o gratuiti.
Pertanto, la qualificazione di infruttuosità del finanziamento, eventualmente operata dalle parti (sulle quali incombe il relativo onere probatorio, dato il carattere normalmente oneroso del contratto di mutuo, ai sensi dell’art. 1815 cod. civ.) si rivela ininfluente, essendo di per sé inidonea ad escludere l’applicazione del criterio di valutazione in base al valore normale.
Del resto, come segnalato già da Cass. n. 7493/2016 citata sarebbe chiaramente irragionevole, e fonte di condotte agevolmente dirette a sottrarsi alla normativa de qua , ritenere che l’amministrazione possa esercitare tale potere di rettifica in caso di operazioni con corrispettivo inferiore a quello normale ed anche irrisorio, mentre ciò le sia precluso nell’ipotesi di contratti a titolo gratuito .
2.2. Giova appena precisare, anche in relazione a quanto evidenziato in memoria, che Corte giustizia 31/05/2018, causa C382/16 COGNOME e Corte giustizia 08/10/2020, causa C558/19 COGNOME, hanno ritenuto che la normativa sul transfer pricing di uno Stato dell’Unione comporterebbe, almeno in teoria, una limitazione delle libertà fondamentali così come definite dal T.F.U.E. laddove questa sia applicabile solamente alle transazioni con imprese
non residenti; tale limitazione però può essere giustificata nell’ottica di garantire la corretta ripartizione del potere impositivo tra i membri dell’Unione, a condizione che essa sia proporzionata al perseguimento di tale fine e purché il contribuente sia messo nelle condizioni di giustificare le eventuali ragioni commerciali senza particolari oneri.
Conformemente questa Corte ha già ritenuto che non deve escludersi che i finanziamenti gratuiti infragruppo possano avere cittadinanza nell’ordinamento laddove sia dimostrabile che lo scostamento rispetto al principio di libera concorrenza sia dipeso da ragioni commerciali interne al gruppo, connesse al ruolo che la controllante assume a sostegno delle altre società del gruppo (Cass. 20/05/2021, n. 13850; analogamente la già citata Cass. n. 7163/2024); ovviamente l’onere dell’allegazione delle ragioni commerciali che giustifichino il finanziamento infruttifero grava sulla società (come precisato da Cass. n. 13850/2021).
Nel caso di specie, il ricorso non contiene alcuna allegazione specifica e non si traduce in una chiara censura relativa alla (deduzione della) presenza di ragioni commerciali dell’operazione, mirando i due motivi a negare in radice l’ applicazione dell’art. 110 t .u.i.r. ai finanziamenti infruttiferi; inoltre la sentenza non tratta di tale argomento, neanche nell ‘ esposizione dei motivi di appello, pur dettagliatamente riportati, né la parte indica di aver proposto tale censura (e i fatti ad essa sottesi) nel corso del giudizio.
E’ da precisare che n ella memoria la ricorrente ha allegato una serie di elementi fattuali relativi agli importi dei finanziamenti, dell’indebitamento e del capitale delle società controllate, volti a giustificare le ragioni commerciali dei finanziamenti medesimi, ma si tratta di argomentazioni e allegazioni inammissibili, in quanto la funzione delle memorie è quella di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso e non già
di integrare quelli originariamente generici e, quindi, inammissibili o di introdurre nuove censure (Cass. 29/03/2006, n. 7237; Cass. 07/03/2018, n. 5355) per cui appare evidente che tali integrazioni dell’originario ricorso , del tutto carente sul punto, anche in termini di richiamo agli atti del giudizio, appaiono inammissibili.
2.3. Alla luce di tali considerazioni i motivi di ricorso sono infondati, non avendo la CT di secondo grado errato nel ritenere applicabile anche ai finanziamenti infruttiferi la disciplina degli artt. 110, comma 7, e 9, comma 3, t.u.i.r.
Occorre quindi esaminare il ricorso incidentale dell’Agenzia delle entrate.
Il primo (formulato in termini di violazione di legge) e il secondo motivo (formulato in termine di apparenza della motivazione) del ricorso erariale attengono alla determinazione del tasso di interesse dei finan ziamenti, che l’Agenzia aveva individuato nel tasso di interesse praticato dalla BCE e che invece la CT di secondo grado, confermando la decisione dei giudici di primo grado, ha determinato nella inferiore misura del tasso di interesse legale.
I due motivi vanno esaminati congiuntamente e sono fondati.
3.1. Nell’avviso di accertamento l’Agenzia dava atto dell’impossibilità di un confronto interno in quanto tutti i finanziamenti della società erano resi verso proprie controllate e quindi individuava il tasso di riferimento nel tasso praticato dalla Banca Centrale Europea.
La CT di primo grado riteneva che l’Agenzia avrebbe dovuto confrontare per lo stesso periodo di tempo e luogo un altro finanziamento tra imprese indipendenti dall’Italia verso l’Austria e la Germania, tenendo conto dei parametri riguardanti l’ammontare del prestito, la durata, il titolo, la natura, l’oggetto e le eventuali garanzie prestate nonché i tassi medi praticati negli Stati delle società mutuanti
e che però, trattandosi di dati di difficile valutazione, occorreva fare riferimento al tasso di interesse legale del 2007.
La CTR, confermando la decisione e condividendone la motivazione, esplicitava che, data l’assoluta complessità della procedura, appariva corrispondente ad equità il risultato al quale i primi giudici erano pervenuti.
3.2. Occorre premettere che in tema di transfer pricing internazionale ed in applicazione del criterio di riparto dell’onere della prova, in caso di finanziamento infragruppo, erogato dalla società controllante italiana a una società estera, l’amministrazione finanziaria deve fornire la prova della transazione ad un tasso di interesse apparentemente inferiore a quello normale , quale presupposto della ripresa a tassazione degli interessi attivi sul finanziamento, in tutto o in parte non corrisposti, quantificati in base al tasso di interesse di mercato (osservabile in relazione a finanziamenti aventi caratteristiche sufficientemente comparabili, erogabili a soggetti aventi il medesimo credit rating dell’impresa debitrice associata), la cui determinazione è quaestio facti demandata al giudice di merito; dopodiché spetta alla società contribuente fornire la prova contraria (Cass. n. 13850/2021, citata).
L’art. 9 t.u.i.r., richiamato dall’art. 110, prevede che Per valore normale, salvo quanto stabilito nel comma 4 per i beni ivi considerati, si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali,
tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore .
Questa Corte ha ancora precisato che il valore o costo del servizio (nella fattispecie, trattandosi di prestito, il costo è data dal saggio di interesse) dev’essere riqualificato primieramente sul prezzo normale di mercato, ovverosia sul saggio di interesse praticato mediamente nel luogo di prossimità e nel periodo di riferimento dell’operazione il cui valore si deve ricostruire (Cass. 29/01/2019, n. 2387).
3.3 . Nel caso di specie, la CTR, pur aderendo all’astratta impostazione della CT di primo grado, secondo cui occorreva tener conto di tutte le caratteristiche concrete del prestito in esame (la durata, l’importo, il titolo e le garanzie) , in maniera del tutto apodittica e richiamando generiche ragioni di equità, parametro di giudizio evidentemente non consentito da alcuna disposizione nel caso in esame, ha ritenuto ingiustificato il riferimento al tasso di interesse della BCE, destinato a regolare le operazioni di rifinanziamento bancario, in favore del tasso di interesse legale interno, riferibile genericamente alle obbligazioni pecuniarie, senza alcuna motivazione concreta.
I motivi pertanto sono fondati.
I residui due motivi (precisamente il terzo e il quarto) del ricorso erariale si riferiscono alla seconda ripresa operata dall’ufficio, consistente nella riqualificazione del rapporto tra la società madre e i dipendenti di una società controllata austriaca in rapporto di lavoro subordinato.
Occorre premettere che è pacifico in atti che la società italiana ha ad oggetto la produzione, la distribuzione e il montaggio di case prefabbricate mentre la partecipata austriaca ha ad oggetto la compravendita e il montaggio delle stesse case prefabbricate; la società italiana si avvale della collaborazione di personale assunto dalla
società austriaca, in base ad un contratto di prestazione di servizi che regola l’utilizzazione del personale.
La CT di secondo grado ha ritenuto, evidenziando la previsione contrattuale secondo la quale le prestazioni svolte dai montatori dipendenti della società austriaca dovessero attenersi alle tecniche di montaggio previste dai manuali della casa madre ma comunque sotto le direttive della società austriaca, che ciò deponesse nel senso di un distacco di personale, precisando che la realtà produttiva di due società tra loro collegate rendesse evidente l ‘ economicità e il vantaggio di utilizzare il fenomeno del distacco di manodopera per mitigare l’elevato costo del lavoro.
4.1. Alla luce di quanto appena riportato, deve quindi preliminarmente ritenersi infondato il quarto motivo, ove si deduce l’apparenza della motivazione anche per il richiamo alla motivazione dei giudici di primo grado; ed infatti, sotto il primo profilo, la motivazione esiste graficamente ed è pienamente comprensibile; sotto il secondo profilo, inoltre, il richiamo alla sentenza di primo grado è perfettamente legittimo e nel caso di specie la CT di secondo grado ne riporta ampiamente il contenuto (alle pagine 4 e 5).
4.2. Con il terzo motivo, la difesa erariale deduce che i giudici di appello avrebbero errato nel ritenere sussistente il distacco del personale in mancanza di un dimostrato interesse della distaccante.
Il motivo è inammissibile e infondato.
In primo luogo, l’esclusione della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorrente tra la società ricorrente con i dipendenti della società controllata, da parte dei giudici di appello, si fonda sulla interpretazione del testo del contratto di servizi tra le parti, le cui clausole depongono nel senso che, benchè essi, nel montaggio delle case prefabbricate, debbano attenersi ai manuali di istruzione della
società madre, nell’esecuzione del rapporto di lavoro rimangono alle dipendenze della società figlia.
Tali considerazioni di fatto non sono oggetto di alcuna censura critica da parte dell’ Agenzia delle entrate, che chiede una diversa qualificazione giuridica del contratto intercorso tra la società controllante e la società controllata, senza riportare gli stralci fondamentali dell’oggetto del contratto e delle relative specifiche clausole, omettendo di proporre una diversa interpretazione del medesimo contratto, con il doveroso richiamo delle regole di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti del codice civile.
Invero, per questa Corte, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ., da cui consegue che il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamene violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni legali (Cass. 15/11/2017, n. 27136; Cass. 16/01/2019, n. 873; Cass. 9/10/2012, n. 17168).
In secondo luogo, l’Agenzia, laddove deduce la mancanza di prova di un interesse della distaccante, omette di considerare che per questa Corte, l’interesse del distaccante può essere diversamente configurato nell’ipotesi di gruppo societario (Cass. 9/06/2021, n. 16067).
Si è affermato, dunque, che, in caso di distacco di un lavoratore presso una società inserita nel medesimo gruppo di imprese, sussiste uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante a contribuire
alla realizzazione di una struttura organizzativa comune, in coerenza con gli obbiettivi di maggiore funzionalità del raggruppamento, sicché, pur in un contesto di diversa soggettività giuridica, va esclusa la violazione del divieto di interposizione di manodopera di cui all’art. 1 della l. n. 1369 del 1960, ratione temporis applicabile, in linea con l’evoluzione normativa dell’istituto di cui al comma 4ter dell’art. 30 del d.lgs. n. 276 del 2003, introdotto dal d.l. n. 76 del 2013, conv. con modif. dalla l. n. 99 del 2013. In tali casi, l’interesse del soggetto distaccante non può essere separato da quello del raggruppamento di cui il soggetto stesso è parte economicamente integrata e risulta anzi direttamente connesso e funzionale all’attuazione di quest’ultimo (Cass. n. 16067/2021 citata).
Concludendo, il ricorso principale va rigettato; i primi due motivi del ricorso incidentale vanno accolti, mentre i residui due motivi vanno rigettati.
La sentenza va quindi cassata in relazione ai due motivi accolti con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, cui è demandato di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale; accoglie i primi due motivi del ricorso incidentale, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 3 ottobre 2024.