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Finanziamenti infruttiferi e transfer pricing: la Cassazione

Una società italiana aveva concesso finanziamenti infruttiferi a controllate estere. L’amministrazione finanziaria ha contestato l’operazione, applicando le norme sul transfer pricing e imputando interessi attivi tassabili calcolati al ‘valore normale’. La Corte di Cassazione ha confermato che la disciplina del transfer pricing si applica anche ai finanziamenti infruttiferi, in quanto la finalità della norma è di tassare le operazioni infragruppo secondo il principio di libera concorrenza, a prescindere dalla gratuità pattuita. La Corte ha però cassato la sentenza di merito per aver determinato il tasso di interesse in base al saggio legale anziché a quello di mercato, accogliendo su questo punto il ricorso dell’Agenzia.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Finanziamenti infruttiferi e Transfer Pricing: la Cassazione stabilisce i limiti

La gestione dei rapporti economici all’interno dei gruppi societari internazionali è da sempre sotto la lente dell’amministrazione finanziaria. Una delle pratiche più delicate è quella dei finanziamenti infruttiferi, ovvero prestiti concessi da una società a un’altra del medesimo gruppo senza la corresponsione di interessi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 33204 del 2024, è intervenuta proprio su questo tema, offrendo chiarimenti cruciali sull’applicazione della disciplina del transfer pricing a tali operazioni.

I Fatti del Caso

Una holding italiana aveva erogato finanziamenti a tasso zero a favore di alcune sue società controllate estere. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo, ha emesso un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007, contestando la gratuità di tali prestiti. Secondo l’ufficio, l’operazione violava il principio del valore normale sancito dall’art. 110 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) in materia di transfer pricing. Di conseguenza, l’amministrazione finanziaria ha ripreso a tassazione gli interessi attivi che la società italiana avrebbe dovuto percepire se avesse applicato un tasso di interesse di mercato.

La società ha impugnato l’atto, dando il via a un contenzioso che, dopo i primi due gradi di giudizio con esiti parzialmente favorevoli al contribuente (le commissioni tributarie avevano ridotto il tasso di interesse applicabile a quello legale), è giunto dinanzi alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte sui finanziamenti infruttiferi e il transfer pricing

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso principale della società, stabilendo un principio di fondamentale importanza: la disciplina del transfer pricing si applica anche ai finanziamenti infruttiferi. I giudici hanno chiarito che la qualificazione civilistica del contratto come mutuo gratuito è irrilevante ai fini fiscali. La ratio della normativa sul valore normale è proprio quella di sostituire il valore soggettivo pattuito tra le parti (in questo caso, zero) con un valore oggettivo e normalizzato, corrispondente a quello che sarebbe stato concordato tra imprese indipendenti in condizioni di libera concorrenza.

Sarebbe infatti irragionevole, afferma la Corte, consentire all’amministrazione di rettificare un’operazione con un corrispettivo molto basso ma precluderle di intervenire in caso di corrispettivo nullo. La norma mira a oggettivare il valore delle transazioni per ripristinare la corretta base imponibile, a prescindere dall’assetto giuridico scelto dalle parti.

La questione del distacco di personale

La sentenza ha affrontato anche una seconda contestazione, relativa alla riqualificazione del rapporto tra la società italiana e il personale di una controllata austriaca. L’ufficio sosteneva che si trattasse di un rapporto di lavoro subordinato mascherato. Su questo punto, la Cassazione ha dato ragione al contribuente, ritenendo che si trattasse di un legittimo distacco di personale all’interno del gruppo, giustificato da un interesse economico specifico del datore di lavoro distaccante alla realizzazione di una struttura organizzativa comune ed efficiente.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sui finanziamenti infruttiferi superando un precedente orientamento meno rigido. Il principio di libera concorrenza (o valore normale) è un pilastro del sistema fiscale internazionale e nazionale, volto a prevenire l’erosione della base imponibile attraverso lo spostamento artificioso di utili. Pertanto, ogni operazione infragruppo, inclusi i prestiti a tasso zero, deve essere valutata secondo questo criterio.

La Corte ha inoltre precisato che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’esistenza di specifiche ragioni commerciali che possano giustificare la concessione di un finanziamento gratuito, ragioni che nel caso di specie non erano state adeguatamente provate. La società non può limitarsi a invocare la liceità civilistica del mutuo gratuito.

Un altro punto cruciale della motivazione riguarda la determinazione del tasso di interesse. La Cassazione ha accolto il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate, censurando la decisione dei giudici di merito di applicare il tasso di interesse legale. Tale scelta è stata ritenuta apodittica e priva di motivazione concreta. La determinazione del valore normale deve avvenire attraverso un’analisi comparativa basata su dati di mercato, considerando le specifiche caratteristiche del prestito (durata, importo, garanzie, merito creditizio del debitore). Di conseguenza, la causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per una nuova e più corretta determinazione del tasso.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento rigoroso in materia di transfer pricing e finanziamenti infruttiferi. Le imprese che operano in gruppi multinazionali devono essere consapevoli che la concessione di prestiti a tasso zero a società collegate è un’operazione ad alto rischio fiscale. Per difendersi da eventuali contestazioni, è indispensabile predisporre una solida documentazione (il cosiddetto ‘master file’ e ‘country file’) che non solo descriva l’operazione, ma che dimostri, con analisi economiche concrete, le ragioni commerciali sottostanti e la coerenza del comportamento con il principio di libera concorrenza. In assenza di tali prove, l’amministrazione finanziaria ha il pieno diritto di riqualificare l’operazione e tassare gli interessi di mercato non percepiti.

Le regole sul transfer pricing si applicano a un finanziamento senza interessi (infruttifero) tra società dello stesso gruppo?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la disciplina sul transfer pricing (art. 110, comma 7, TUIR) si applica pienamente anche ai finanziamenti infruttiferi. La norma fiscale mira a valutare la transazione al suo ‘valore normale’, a prescindere dal fatto che le parti abbiano concordato un interesse pari a zero.

È sufficiente per il contribuente dimostrare che un finanziamento è stato concesso a titolo gratuito per evitare rettifiche fiscali?
No, non è sufficiente. La qualificazione civilistica di mutuo gratuito è ininfluente ai fini fiscali. L’onere della prova grava sul contribuente, il quale deve dimostrare la sussistenza di specifiche e valide ragioni commerciali, legate alla strategia del gruppo, che giustifichino la deroga al principio di libera concorrenza (cioè la concessione di un prestito senza interessi).

Quale tasso di interesse deve essere utilizzato per calcolare il ‘valore normale’ in un finanziamento infragruppo secondo la Corte?
La Corte ha stabilito che non si può ricorrere in modo generico e immotivato al tasso di interesse legale. Il ‘valore normale’ deve essere determinato sulla base del tasso di interesse che sarebbe stato applicato in condizioni di libero mercato per una transazione comparabile, tenendo conto di tutti i fattori rilevanti come la durata, l’importo, la valuta del prestito e il merito creditizio del debitore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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