Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7156 Anno 2025
Oggetto: Tributi
Preavviso di fermo Relatore: COGNOME NOME
amministrativo su bene mobile registrato
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7156 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data pubblicazione: 17/03/2025
ORDINANZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 14523 del ruolo generale dell’anno 202 2, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME (indirizzo PEC: EMAIL) elettivamente domiciliata presso la cancelleria della Corte di cassazione, in Roma INDIRIZZO
Contro
Agenzia delle entrate- Riscossione in persona del Presidente pro tempore , domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 5466/06/2021, depositata in data 1° dicembre 2021, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante pro tempore, propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio aveva rigettato l’appello proposto avverso la sentenza n. 15637/30/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma che aveva rigettato il ricorso proposto dalla suddetta società avverso il preavviso di fermo amministrativo su bene mobile registrato (autovettura) intestato a quest’ultima – con il quale si ingiungeva il pagamento di euro 619.800,13.
2.In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR, nel confermare la legittimità del preavviso di fermo amministrativo in questione, ha osservato che: 1) quanto all’assunta strumentalità del veicolo adibito a trasporto di persone, non era sufficiente a dimostrare la strumentalità del bene per l’espletamento dell’attività imprenditoriale, la fattura di acquisto e l’inserimento come tale nel registro dei beni ammortizzabili, essendo a carico della contribuente, in presenza di pluralità di veicoli adibiti al trasporto di persone, l’onere di provare – nella specie non assolto- la stretta inerenza di quel veicolo ai risultati economici aziendali; 2) quanto alla necessità di una preventiva notifica degli atti di intimazione di
pagamento, il preavviso di fermo amministrativo su beni mobili registrati era un atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell’Amministrazione finanziaria ma non era inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata , per cui il concessionario non doveva provvedere alla preventiva notifica dell’avviso contenente l’intimazione ad adempiere previsto dall’art.50 del d.P.R. n. 602 del 1973, disposizione , questa, applicabile soltanto nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata (è richiamata Cass. sez. 6-3, Ord. n. 22018 del 2017); tale considerazione era assorbente posto che, nella specie, non era controverso che la società aveva ricevuto, in precedenza, la notifica dei relativi accertamenti e cartelle di pagamento;
3.L ‘Agenzia delle entrate – Riscossione resiste con controricorso;
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546/92 per avere la CTR ritenuto legittimo l’impugnato preavviso di fermo non essendo necessaria la preventiva notifica di atti di intimazione di pagamento ex art. 50 del d.P.R. n. 602/73 sebbene l’eccepita mancata notifica degli atti presupposti (intimazioni di pagamento) richiamati nel preavviso di fermo avesse comportato l’invalidità derivata di quest’ultimo .
1.1.Il motivo è infondato.
1.2. Va ricordato che il preavviso di .fermo amministrativo emesso ex art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973 per crediti tributari è impugnabile innanzi al giudice tributario, in quanto atto funzionale a portare a conoscenza del contribuente una determinata pretesa tributaria, rispetto alla quale sorge l’interesse ex art. 100 c.p.c. alla tutela giurisdizionale per il controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva, a nulla rilevando che detto preavviso non compaia esplicitamente nell’elenco degli atti impugnabili contenuto nell’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, in quanto tale elencazione va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon
andamento della P.A., che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la 1. n. 448 del 2001″ (Cass., sez. 5, n. 27601/2018; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 33526 del 2019).
1.3. Il preavviso di fermo amministrativo, così come il fermo stesso, dei beni mobili registrati è atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell’Amministrazione finanziaria, ma non è inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata ; pertanto, il concessionario non deve provvedere alla preventiva notifica dell’avviso contenente l’intimazione ad adempiere l’obbligazione risultante dal ruolo ex art. 50, comma secondo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, disposizione, questa, applicabile solo nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata ( Cass. 6-3, n. 22018 del 2017; Cass. ord. n. 26052/11, cui ha fatto seguito Cass. S.U. n. 15354/15 cit.); il preavviso di fermo è un atto con cui il creditore fa valere il suo diritto al pagamento, come è stato altrimenti detto, è un atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 22018/2017; Cass. 26052 / 2011). In quanto tale, già per il solo suo contenuto di atto “informativo” della pretesa tributaria, è idoneo ad interrompere la prescrizione; ma esso vale anche come richiesta di pagamento, a garanzia della quale si avvisa che sarà iscritto il fermo, in caso di inadempimento (Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 5469 del 2019).
1.4.Con riferimento, poi, al rapporto tra l’impugnazione dell’atto a valle (presupponente) e l’impugnazione dell’atto a monte (presupposto) non notificato, questa Corte ne ha chiarito i contorni, affermando che “in materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo
l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), làcendo valere il vizio derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria, spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al .fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa” (Cass., sez. 5, n. 1144/2018; Sez. 5, Ordinanza n. 33526 del 2019).
1.5.Nella sentenza impugnata, la CTR si è attenuta ai suddetti principi nel ritenere -essendo il preavviso di fermo amministrativo su beni mobili registrati un atto funzionale a portare a conoscenza del debitore la pretesa dell’Amministrazione finanziaria , non inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata -non necessaria la preventiva notifica di atti di intimazione di pagamento ex art. 50 del d.P.R. n. 602/73, disposizione applicabile soltanto nell’ambito dell’esecuzione forzata (è richiamata espressamente Cass. n. 22018 del 2017); tale ratio decidendi è stata considerata dal giudice di appello assorbente degli altri motivi proposti con riguardo agli atti di intimazione precedenti atteso che ‘ non era controverso che la società avesse ricevuto, in precedenza, notifica dei relativi accertamenti e cartelle ‘; pertanto, la CTR, in ossequio ai principi sopra richiamati, ha sostanzialmente escluso l’illegittimità derivata del preavviso di fermo per assunta mancata notifica delle intimazioni di pagamento ivi richiamate, essendo incontestata, nella specie, la previa notifica degli atti a monte presupposti (avvisi di accertamento e cartelle di pagamento) ed essendo la preventiva notifica dell’intimazione di pagamento prevista ex art. 50 cit . soltanto nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata.
2.Con il secondo motivo si denuncia in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omessa motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo per il giudizio attinente all’illegittimità derivata del preavviso di fermo stante la mancata notifica degli atti presupposti richiamati esplicitamente ne ll’atto impugnato; in particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe reso sulla questione una motivazione meramente apparente, consistente in argomentazioni inidonee a fare comprendere l’iter logico -giuridico sotteso alla decisione.
2.1. Il motivo si profila inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.2.In primo luogo il mezzo utilizzato non è consono alla censura proposta con la quale si denuncia in sostanza il vizio di motivazione apparente; invero, la detta doglianza avrebbe dovuto essere formulata quale error in procedendo ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., non rispondendo quindi all’archetipo del vizio denunciato (per l’inammissibilità del motivo non rispondente, nella sostanza, all’archetipo della censura denunciata, ex plurimis, 2019, n. 26358; Cass. 2018, n. 10862).
2.3.Peraltro, il motivo è, comunque, inammissibile nella parte in cui denuncia un vizio di omessa motivazione in quanto trattasi di vizio non più censurabile in virtù della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 cpc, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis .
2.4.Invero, anche a volere ricondurre la censura al vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’interpretazione di questa Corte ha chiarito come detta disposizione, abbia introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per
sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U, 07/04/2014, n. 8053). Costituisce, pertanto, un “fatto”, agli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non una “questione” o un “punto”, ma un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, un preciso accadimento ovvero una precisa circostanza naturalistica, un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante (Cass. Sez. 1, 04/04/2014, n.7983; Cass. Sez. 1, 08/09/2016, n. 17761; Cass. Sez. 5, 13/12/2017, n. 29883; Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152; Cass. Sez. U., 23/03/2015, n. 5745; Cass. Sez. 1, 05/03/2014, n. 5133). Non costituiscono, viceversa, “fatti”, il cui omesso esame possa cagionare il vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: le argomentazioni o deduzioni difensive (Cass. Sez. 2, 14/06/2017, n. 14802: Cass. Sez. 5, 08/10/2014, n. 21152 Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 2268 del 26/01/2022); nella specie, la censura formulata dalla ricorrente non riguarda l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, ma la valutazione di deduzioni difensive svolte nel giudizio di merito concernenti l ‘assunta illegittimità derivata dell’impugnato preavviso di fermo per mancata notifica degli atti di intimazione di pagamento ivi richiamati sicché essa esula dal dedotto vizio di motivazione. Tanto più che, nella sentenza impugnata, la CTR ha disatteso tale censura nel ritenere non necessaria a fini della legittimità del preavviso di fermo – non inserito come tale nella sequenza procedimentale dell’espropriazione forzata – la previa notifica degli atti di intimazione di pagamento ex art. 50 del d.P.R. n. 602/1973, trattandosi di disposizione applicabile soltanto nel circoscritto ambito dell’esecuzione forzata ed essendo incontestata la previa notifica, nella specie, degli atti presupposti costituiti dagli avvisi di accertamento e dalle cartelle di pagamento.
2.5.Peraltro, il motivo è inammissibile anche perché in presenza di una cd. doppia conforme di merito, la ricorrente, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 348 -ter, quinto comma, cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello,
dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 06/05/2020, n. 8515; sez. 5, Sentenza n. 35893 del 2023), il che non è avvenuto nel caso in esame emergendo comunque dal contenuto del ricorso che identica è la quaestio facti esaminata dalle due commissioni.
Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omessa motivazione della sentenza impugnata su un punto decisivo per il giudizio attinente all’illegittimità della pretesa esattiva per violazione del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.; in particolare, la CTR non avrebbe argomentato alcunché, incorrendo in una motivazione omessa, in quanto apparente, sulla questione – non oggetto di contestazione da parte dell’Agenzia – Riscossione in sede di costituzione in primo grado -dell’eccepita illegittimità derivata del preavviso di fermo per mancata notifica degli atti presupposti ivi richiamati.
3.1.Il motivo è inammissibile in quanto, oltre a dedurre -come già argomentato con riguardo al secondo motivo- un vizio di motivazione apparente ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. in luogo che ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., denuncia contraddittoriamente un vizio di ‘ omessa motivazione ‘ ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. -che anche volere ricondurlo a quello denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. è relativo di per sè all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo -in relazion e ad una questione (l’assunta illegittimità derivata del preavviso di fermo per mancata notifica degli atti di intimazione di pagamento ivi richiamati) che di per sé, ad avviso della ricorrente, non avrebbe costituito oggetto di contestazione con conseguente assunta violazione dell’art. 115 c.p.c.
3.2.In ogni caso, va ribadito che nel processo tributario, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. opera sul piano della prova e non contrasta, né supera, il diverso principio per cui la mancata presa di posizione
sul tema introdotto dal contribuente non può restringere il thema decidendum ai soli motivi contestati se sia stato chiesto il rigetto dell’intera domanda (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 22616 del 09/08/2024).
3.3.Il motivo si espone altresì al profilo sopra evidenziato di inammissibilità
Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 86 del d.P.R. n. 602/73, come riformulato dall’art. 52/1 lett. m-bis del d.l. n. 69 del 2013 per avere la CTR ritenuto non ‘ strumentale ‘ all’attività di impresa della società contribuente il veicolo oggetto dell’impugnato preavviso di fermo, sebbene la contribuente avesse provato attraverso la produzione della copia della fattura di acquisto del mezzo, dello stralcio del registro dei beni ammortizzabili e della copia della visura storica del PRAl’utilizzo del mezzo per il trasporto del personale dipendente e, pertanto, la strumentalità del mezzo all’esercizio dell’attività di impresa.
4.1.Il motivo si profila inammissibile.
4.2. In base all’art. 86, comma 2, del Dpr 602/1973 , la procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall’agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari, salvo che il debitore o i coobbligati, nel predetto termine, dimostrino all’agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all’attività di impresa o della professione.
4.3.Questa Corte (Cass., sez. 5, 11 gennaio 2018, n. 450) ha affermato che il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione
tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime “la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale”, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. In particolare, la Corte ha precisato che, comunque, “l’antieconomicità e l’incongruità della spesa sono indici rivelatori della mancanza di inerenza, pur non identificandosi con essa”. In tema di reddito d’impresa, ai fini della deducibilità dei costi sostenuti, il contribuente è tenuto a dimostrarne l’inerenza, intesa in termini qualitativi e dunque di compatibilità, coerenza e correlazione, non già ai ricavi in sé, ma all’attività imprenditoriale svolta, sicché deve provare e documentare l’imponibile maturato, ossia l’esistenza e la natura dei costi, i relativi fatti giustificativi e la loro concreta destinazione alla produzione (Sez. 5, Sentenza n. 2224 del 02/02/2021).
4.4.Poste tali premesse, in tema di determinazione del reddito d’impresa, ai sensi dell’art. 121 bis (ora 164) del d.P.R. n. 917 del 1986, sono integralmente deducibili i costi concernenti i veicoli destinati esclusivamente all’attività propria dell’impresa: è peraltro onere del contribuente dimostrare tale presupposto, quale fatto costitutivo del diritto alla integrale deduzione, ferma restando la presunzione di uso promiscuo dei mezzi che, pur essendo strumentali all’attività d’impresa, non sono indispensabili per l’esercizio della stessa (Sez. 5 – , Ordinanza n. 31031 del 30/11/2018).
4.5. Nella specie, il motivo, pur prospettando una violazione di legge, in realtà tende inammissibilmente ad una nuova interpretazione di questioni di merito, in quanto la CTR -premesso che, conformemente ai principi sopra richiamati, ai fini della prova della strumentalità del veicolo necessaria per escludere il fermo, non era sufficiente l’acquisto del bene con fattura come ‘ strumentale ‘ nonché l’inserimento dello stesso nel registro dei beni ammortizzabili -ha escluso -con
un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità -che, nella specie, la contribuente avesse assolto all’onere probatorio di dimostrare, in presenza di pluralità di veicoli adibiti a trasporto di persone, la stretta inerenza del l’auto mezzo ai risultati economici aziendali e, dunque, la destinazione dello stesso esclusivamente all’attività propria dell’impresa .
5.In conclusione, il ricorso va rigettato.
6.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo;
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 10.700,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.
Dà atto, ai sensi dell’art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2025