Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34813 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34813 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7113/2016 R.G. proposto da : COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIR PROV DI PERUGIA, AGENZIA DELLE ENTRATE DIR PROV DI PERUGIA, RAGIONE_SOCIALE
-intimati-
RAGIONE_SOCIALE PERUGIA DIR REG DELL’UMBRIA, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PERUGIA n. 70/2016 depositata il 02/02/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
In data 6/8/2014 veniva notificato all’avv. COGNOME COGNOME un preavviso di fermo amministrativo dell’autovettura , sulla scorta di alcune cartelle di pagamento che il destinatario assumeva non essergli state in precedenza notificate e della cui esistenza, conseguentemente, sosteneva di aver appreso dal fermo.
Il contribuente impugnava tali atti avanti alla CTP di Perugia; il giudizio di primo grado si concludeva con l’accoglimento del ricorso nella parte in cui contestava la legittimità del fermo, in quanto avente ad oggetto un’autovettura utilizzata per scopi professionali; era invece disposto il rigetto del ricorso nella parte in cui si contestavano le cartelle citate.
Seguiva l’appello del contribuente e l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia, che venivano rispettivamente respinto il primo ed accolto il secondo, così da risultare confermato anche il fermo amministrativo sull’autovettura del ricorrente; detta sentenza è a sua volta l’oggetto del presente ricorso.
Ha quindi proposto ricorso per cassazione il contribuente sulla scorta di tre motivi.
Resiste con controricorso la sola Equitalia Centro.
E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il successivo 16 ottobre 2024, in vista della quale il contribuente ha depositato una memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
I motivi di ricorso possono di seguito compendiarsi come segue:
violazione art. 86 comma 2 del d.p.r. 602/1973 in relazione all’art. 62 del d.lgs. n. 546/1992 e nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c. in quanto, secondo il ricorrente, la natura strumentale all’esercizio della professione di avvocato avrebbe dovuto impedire la misura del fermo;
II) violazione artt. 139, 140 c.p.c. e 60 del d.p.r. n. 600/1973, in relazione all’art. 62 del d.lgs. n. 546/92 e nn. 3, 4 e 5 dell’art. 360 c.p.c., poiché il destinatario non sarebbe stato cercato presso il proprio studio ma unicamente presso la propria abitazione così che la notifica non si sarebbe completata, né la sentenza impugnata avrebbe motivato sul perché ha invece ritenuto il contrario; secondo il ricorrente egli avrebbe avuto conoscenza delle cartelle solo con la notifica del fermo, dovendosi perciò ritenere le stesse tempestivamente contestate;
III) violazione e falsa applicazione dell’art. 153 c.p.c. in relazione all’art. 63 del d.lgs. n. 546/92 e 360, nn. 3 e 5 c.p.c. , avendo la
CTR respinto in modo del tutto apodittico la propria richiesta di rimessione in termini.
Il primo motivo di ricorso risulta in parte infondato e per altra parte inammissibile.
La natura strumentale dell’auto vettura è stata motivatamente esclusa dalla sentenza impugnata, che sul punto ha osservato che tale qualità deve essere oggetto di specifica prova offerta dal contribuente, che non può essere desunta dalla mera titolarità del veicolo al fine di opporsi al fermo amministrativo. Aggiunge la sentenza ‘…che sia o meno, come pare nel caso di specie, una vettura di lusso, (la difesa del contribuente) non può essere presa in considerazione e va rigettata. L’odierno appellante avrebbe dovuto provare che l’autovettura posseduta fosse indispensabile al proficuo svolgimento dell’attività professionale. Ma tale allegazione è assente … Appare corretta l’affermazione di Equitalia Centro RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE laddove espone che sia il debitore a dover dimostrare la stretta connessione tra la propria attività e il mezzo, non potendo limitarsi a dire che l’autoveicolo è indispensabile per gli spostamenti’.
Ciò posto, il mezzo appare infondato laddove deduce in modo assertivo che la titolarità dell’auto da parte di un legale ne comprova di per sé la natura strumentale all’esercizio dell’attività professionale. In realtà, non basta essere imprenditori o, come nella specie, professionisti per ritenersi esentati dal fermo di cui all’art. 86 TU riscossione. Occorre, invece, dimostrare che l’auto è un bene strumentale, ovvero che è necessario per l’attività, come potrebbe essere un camion per la ditta di trasporti o un escavatore per l’impresa che si occupa in campo edile della movimentazione del terreno. La semplice circostanza di utilizzare il veicolo per raggiungere l’ufficio, lo studio o un negozio da sola non è sufficiente, in quanto il veicolo non deve essere visto come mezzo di trasporto, ma -per essere considerato strumentale – come
mezzo necessario all’esecuzione dell’attività stessa. Né vale invocare una presunzione di strumentalità, come sembra pretendere parte ricorrente, o elementi di prova a sé favorevoli tratti dalla propria dichiarazione dei redditi, nella parte in cui si fruisce della detrazione autodichiarata dei costi. Del resto, sono ormai diverse le Circolari emanate nel tempo dall’Agenzia delle Entrate (Circolari n. 37/E/1997, n. 48/E/1998, n. 1/E/2007, n. 11/E/2007; Risoluzione n. 59/E/2007), secondo cui il requisito della strumentalità deve essere comunque circoscritto ai soli casi in cui il conseguimento dei ricavi caratteristici dell’impresa dipende direttamente dall’impiego del veicolo.
Il mezzo proposto è altresì inammissibile, nella parte in cui pretende di ripercorrere il ragionamento probatorio svolto dai giudici di merito, attraverso un sindacato meritale che in questa sede non è consentito. A tal riguardo è sufficiente ricordare, sulla scia di un costante indirizzo, la più recente Sez. 2, ord. n. 10927 del 23/04/2024 (Rv. 670888 -01), per la quale ‘deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme’; in precedenza anche Sez. U, sent. n. 34476 del 27/12/2019 (Rv. 656492 – 03) ha affermato esplicitamente che ‘È inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’. Del resto, con più specifico riferimento alla valutazione probatoria dei documenti operata dal giudice del merito, Sez. 2, ord. n. 20553 del 19/07/2021 (Rv. 661734 01), secondo cui ‘La valutazione
delle prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione, sicché rimane estranea al vizio previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si è formato, a norma dell’art. 116, commi 1 e 2, c.p.c., in esito all’esame del materiale istruttorio mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità delle fonti di prova, atteso che la deduzione del vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. non consente di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali, contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una diversa interpretazione al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito’.
Inoltre, la motivazione della decisione di merito supera certamente la soglia minima di costituzionalità e non incorre in alcuna violazione dell’onere della prova , così come sopra delineato.
Deve infatti ritenersi che, come si desume letteralmente dal disposto dell’art. 86, comma 2, del d.p.r. n. 602 del 1973, modificato dal d.l. n. 69 del 2013, spetta al debitore dimostrare che il bene oggetto dell’iscrizione di fermo amministrativo è un bene mobile strumentale all’esercizio dell’attività di impresa o professionale, senza che a tal fine sia sufficiente dimostrare la propria qualità imprenditoriale o professionale e, nel caso di veicolo, la titolarità dello stesso, non potendo neppure trarre elementi di prova favorevoli dalla propria dichiarazione dei redditi e dalle detrazioni dei costi ivi applicate, occorrendo al contrario provare l’indispensabilità o almeno la ricorrente necessità di utilizzo del bene nell’esercizio dell’attività di cui sopra e per la produzione dei ricavi caratteristici della stessa, e non per altri fini connaturati
alla natura intrinseca del bene (come nel caso di veicoli la semplice utilizzazione per fini di spostamento).
Fondato appare invece il secondo motivo di ricorso, ove si contesta la regolarità della notifica delle cartelle di pagamento in atti meglio indicate.
La sentenza impugnata è sul punto di una laconicità inidonea a dare dimostrazione del percorso logico-giuridico seguito ai fini del proprio ragionamento decisorio. Il provvedimento si limita infatti ad affermare che ‘appare dall’esame degli atti e dei documenti del giudizio, come sia esatta la pronuncia di prime cure laddove afferma che le cartelle di pagamento fossero state ritualmente notificate ex art. 26, DPR 602, ed art. 60 DPR 600/73 al contribuente, mediante deposito nella Casa comunale -visto che da parte del messo comunale era stata verificata sia l’assenza di COGNOME NOME presso il proprio domicilio fiscale che l’impossibilità ad eseguire la consegna alle persone indicate dall’art. 139 c.p.c.’.
Quali siano gli atti di causa analizzati ed i documenti censiti non è dato comprendere. Neppure esaminata è la situazione di irreperibilità contestata dal contribuente, dovendosi a tal proposito distinguere -come questi sembra ammettere riconoscendo il proprio domicilio fiscale -la mera irreperibilità relativa da quella assoluta. Ma anche rispetto alla prima situazione, la sentenza non dà conto neppure se la CAD sia stata inviata o meno e se le cartoline di ricevimento al riguardo prodotte siano idonee o meno a dimostrare gli adempimenti necessari al completamento della fattispecie ex art. 140 c.p.c.
L’accoglimento d el secondo motivo di ricorso appare assorbente rispetto ad ogni altra considerazione, ivi compreso l’esame del terzo mezzo di impugnazione.
La pronuncia impugnata va quindi cassata con rinvio alla CTR dell’Umbria (nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di
secondo grado) affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso, attenendosi ai principi enunciati.
Il giudice del rinvio provvederà altresì alla regolamentazione delle spese, anche per il presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiarando assorbito il terzo; cassa la decisione impugnata nei limiti di cui in motivazione e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado dell’Umbria, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione