Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21759 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26802/2017 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della TOSCANA n. 916/2017 depositata il 06/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il contribuente signor COGNOME NOME era destinatario di avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2007 e 2008, con ricostruzione sintetica del reddito in ragione della disponibilità di beni indice di maggior capacità contributiva.
Adiva il giudice di prossimità, sollevando motivi nel rito e nel merito, segnatamente il mancato contraddittorio preventivo all’emissione dell’atto impositivo.
I gradi di merito erano sfavorevoli alla parte contribuente che ricorre per cassazione affidandosi a due motivi cui replica il patrono erariale con tempestivo controricorso.
In prossimità dell’odierna adunanza, la parte contribuente ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni, rappresentando lo ius superveniens di cui al d.lgs. n. 158/2015 di mitigazione delle sanzioni e chiedendone l’applicazione.
CONSIDERATO
Vengono proposti due strumenti cassatori.
Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per nullità della sentenza in ragione di omessa pronuncia in violazione all’articolo 112 del codice di procedura civile, relativamente all’errore del collegio di prossimità circa la quantificazione del reddito ricostruito.
In altri termini, si contesta non sia stata data risposta alla censura di erroneità di presupposto del collegio di prime cure laddove ha ritenuto per entrambi gli anni la cifra fissata solo per il primo anno, il secondo avendo un ammontare diverso.
Il motivo non può essere accolto. Tale censura non risulta esplicita tra i motivi di doglianza ed in ogni caso l’errore sarebbe
favorevole alla parte contribuente poiché l’ammontare del reddito ricostruito per il 2007 e asseritamente applicato anche al 2008 è inferiore a quello effettivamente ricostruito per il 2008 che lo sopravanza di circa €.2400,00.
Peraltro, il carattere devolutivo dell’appello tributario consente l’esplicarsi del potere di annullamento merito, donde il collegio di secondo grado non è vincolato all’apprezzamento del primo e nei limiti dell’impugnazione può rimodulare il quantum del dovuto. Infatti, in applicazione dei principi della tassatività delle ipotesi di rimessione di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. e della conversione nei motivi di nullità in motivi di impugnazione (art. 161, comma 1, c.p.c.), con la conseguente possibilità per le parti di svolgere ugualmente nel grado superiore le loro difese, il giudice di appello, in caso di prospettata violazione dell’art. 112 c.p.c. nei motivi di gravame, non deve rimettere la causa al giudice di primo grado, né limitarsi a dichiarare la nullità della sentenza, ma deve decidere la causa nel merito (Cass. II, n. 27516/2016).
Peraltro, è ormai dato acquisito che non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cass. III, n. 24953/2020).
Il motivo non può pertanto essere accolto.
Con il secondo motivo si prospetta censura in parametro all’articolo 360 numero 3 del codice di procedura civile per violazione falsa applicazione dell’articolo 38 del DPR numero 600 del 1973,
nonché dell’articolo 22 del decreto-legge numero 78 del 2010 e dell’articolo 10 della legge numero 212 del 2000. Nella sostanza si lamenta che il collegio d’appello non abbia ritenuto applicabile alla fattispecie in oggetto il contraddittorio preventivo introdotto dal prefato decreto-legge numero 78 del 2010.
Il motivo non può essere accolto. Ed infatti la novella in questione ha introdotto l’obbligo del contraddittorio preventivo nell’accertamento mediante cosiddetto redditometro solo per le dichiarazioni non ancora scadute al momento della sua entrata in vigore, vale a dire quelle relative all’anno d’imposta 2009. Al contrario, il presente giudizio riguarda accertamento sintetico su annualità 2007 e 2008 per le quali, dunque, il contraddittorio preventivo non era normativamente previsto. Né si può argomentare che tale obbligo fosse implicito nel sistema. Ed infatti, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito. (Cass. S.U. n. 24823/2015).
Pertanto, il ricorso è infondato nel merito.
Con memoria depositata in prossimità dell’odierna adunanza, la parte contribuente ha rappresentato lo ius superveniens di cui al d.lgs. n. 158/2015 che ha mitigato le sanzioni con efficacia anche su tutti i giudizi in corso alla sua entrata in vigore.
La parte rappresenta il vantaggio della riduzione delle sanzioni dal 100% del dovuto in via capitale al 90%, con riduzione secca del 10%.
In tema di sanzioni per omesso versamento di tributi, il pagamento tardivo da parte del contribuente comporta l’applicazione del trattamento sanzionatorio più favorevole anche per i giudizi in corso, per effetto delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 all’art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997, in ragione del principio di “favor rei” previsto dall’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997 (cfr. Cass. T, n. 14848/2020).
Conseguentemente, la sentenza dev’essere cassata limitatamente ai profili attinenti alle sanzioni.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, rigetta i motivi, cassa la sentenza impugnata relativamente alle sanzioni e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per la Toscana, in diversa composizione, che provvederà al ricalcolo in ragione dello ius superveniens di cui al d.lgs. n. 158/2015, nonché a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 05/06/2024.