Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33502 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 33502 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME , rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, del Foro di RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME, che hanno indicato recapito PEC, avendo l’impugnante dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del terzo difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’RAGIONE_SOCIALE, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 5462, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 10.7.2015, e pubblicata il 16.12.2015;
–
–
Oggetto:
Irpef
2004/2007
Redditi
detenuti
all’estero
non
dichiarati – Scudo fiscale – Oneri
probatori –
Raddoppio
dei
termini
di
accertamento
Presupposti – Sanzioni.
ascoltata la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; raccolte le conclusioni del AVV_NOTAIO.M., AVV_NOTAIO.AVV_NOTAIO, il quale ha confermato la richiesta di rigetto del ricorso; ascoltate le conclusioni rassegnate, per il ricorrente, dall’AVV_NOTAIO, che ha domandato l’accoglimento del ricorso e, per la controricorrente, dall’AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto dell’impugnativa;
la Corte osserva:
Fatti di causa
La RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, a seguito di indagini fiscali svolte nei confronti di COGNOME NOME con particolare riguardo ai capitali ed alle attività finanziarie detenute all’estero e non dichiarate, mediante Processo Verbale di Costatazione consegnato il 21.2.2011 (allegato dal ricorrente in copia nella sua produzione), contestava che il contribuente aveva, tra l’altro, effettivamente investito elevati capitali in Svizzera con riferimento agli anni dal 2004 al 2009. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, recepite le valutazioni effettuate dai verificatori, redigeva separati avvisi di accertamento per i diversi anni. Con riferimento agli anni dal 2004 al 2007 notificava al contribuente gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, n. NUMERO_DOCUMENTO, n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO contestando, per quanto ancora d’interesse, il conseguimento di un reddito da capitale in relazione agli interessi percepiti sui fondi detenuti all’estero, da assoggettare ad imposta sostitutiva del 27% in quanto reddito da capitale, in relazione all’anno 2007, e del 12,50%, qualificandoli invece come redditi diversi per gli anni dal 2004 al 2006, oltre accessori e sanzioni.
NOME COGNOME impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, proponendo plurime censure. La CTP reputava parzialmente fondate le difese del ricorrente, in particolare ritenendo che il contribuente, come da lui ammesso, avesse percepito somme a titolo di interessi negli anni
2004 e 2005, nonché stimando non esservi prova che avesse percepito somme a tale titolo negli anni 2006 e 2007. In conseguenza annullava l’atto impositivo relativamente a tali due ultimi anni.
Il contribuente spiegava appello avverso la decisione della CTP, per la parte che lo aveva visto soccombere, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, e l’Amministrazione finanziaria proponeva appello incidentale avverso la pronuncia adottata dalla CTP, per la parte in cui era rimasta soccombente. La CTR valutava infondate le difese proposte dal contribuente, ed invece fondate quelle introdotte dall’RAGIONE_SOCIALE. In conseguenza rigettava il ricorso principale del contribuente ed accoglieva l’impugnazione incidentale dell’RAGIONE_SOCIALE, riaffermando la piena validità ed efficacia degli avvisi di accertamento.
Avverso la pronuncia adottata dalla CTR di Milano ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a sette motivi di impugnazione. Resiste mediante controricorso l’RAGIONE_SOCIALE. Il contribuente ha pure depositato memoria.
4.1. Ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, ed ha domandato il rigetto del ricorso.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente contesta la violazione dell’art. 13 bis , in part. quarto comma, del Dl n. 78 del 2009, e dell’art. 14, in part. primo comma, lett. a), del Dl. n. 350 del 2001, perché non poteva essere accertato alcun reddito estero nei confronti del ricorrente, il quale aveva aderito al c.d. scudo fiscale.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto in subordine ed in relazione ai soli anni 2006 e 2007, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il contribuente censura la CTR per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, perché non vi era alcun reddito su cui operare l’imposizione, in quanto l’intero capitale investito gli era stato illecitamente sottratto.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento agli anni 2004 e 2005, il contribuente critica la violazione degli artt. 12, comma 2 ter , e 2 del Dl. n. 78 del 2009, nonché dell’art. 43 del D.Lgs. n. 600 del 1973, per non avere la CTR rilevato la denunciata decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa tributaria, non potendo operare il raddoppio dei termini di accertamento.
Mediante il quarto mezzo di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR erroneamente ritenuto integrate le presunzioni gravi, precise e concordanti, della percezione di un reddito dall’estero da parte del contribuente, essendosi invece raccolti plurimi elementi dimostrativi dell’attività fraudolenta svolta dall’AVV_NOTAIO nei confronti del NOME, cui ha sottratto il patrimonio investito.
Con il suo quinto motivo di ricorso, subordinatamente proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ed in relazione al solo anno 2007, il contribuente contesta la violazione dell’art. 44 del Dpr n. 917 del 1986 (Tuir) perché anche a voler ritenere che il contribuente abbia conseguito redditi all’estero, questi non potevano essere qualificati come interessi e altri proventi derivati da mutui, depositi e conti correnti, ed assoggettati perciò a prelievo nella misura del 27%, ma tali proventi avrebbero dovuto essere qualificati come redditi diversi, ed essere assoggettati ad imposta sostitutiva con aliquota del
12,50%, come del resto ritenuto dai Militari della RAGIONE_SOCIALE che hanno proceduto all’accertamento tributario.
Mediante il sesto strumento di impugnazione introdotto, ‘in estremo subordine’ (ric., p. 30), ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., con riferimento a tutte e quattro le annualità, il ricorrente censura la violazione dell’art. 1, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 471 del 1997, perché nessuna sanzione tributaria poteva essere inflitta al contribuente, che non si è reso responsabile di alcuna dichiarazione infedele, non avendo percepito i redditi che gli vengono contestati.
Con il settimo motivo di ricorso, in ulteriore subordine, il NOME domanda applicarsi il principio del favor rei in materia di sanzioni, essendo sopravvenuta la legge n. 208 del 2015, che ha ridotto le sanzioni tributarie conseguenti alla dichiarazione infedele.
Sembra opportuno ripercorrere, in estrema sintesi, le vicende che hanno originato il presente giudizio. NOME COGNOME affidava all’AVV_NOTAIO ingenti capitali, che ammette nella misura di 1.650.000,00 Euro, somme detenute in Svizzera che aveva ricevuto in eredità dal nonno, perché fossero investite. La GdF rinveniva presso il legale evidenze della detenzione di capitali del contribuente all’estero, in Svizzera, e del versamento in suo favore di somme a titolo di interessi. Queste ultime sono l’oggetto principale del presente giudizio. Il COGNOME, nella sua dichiarazione dei redditi, non annotava la detenzione dei capitali all’estero e la percezione di interessi. L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE emetteva pertanto separati avvisi di accertamento, uno con riferimento all’anno 2009, che è oggetto presso questa Corte del fascicolo NUMERO_DOCUMENTO, trattato contestualmente nell’odierna udienza, un altro in relazione all’anno 2008, atto impositivo che è oggetto presso questa Corte del fascicolo RGN 17575/19, trattato contestualmente nell’odierna udienza nonché emetteva, con riferimento agli anni dal 2004 al 2007 separati atti impositivi, la cui
impugnazione è confluita nel fascicolo RGN 14772/16, che è oggetto di questo giudizio, richiedendo il pagamento dei tributi che riteneva essere stati evasi.
8.1. Il COGNOME proponeva azioni giudiziarie in Italia ed in Svizzera nei confronti del COGNOME, sostenendo che l’AVV_NOTAIO si era appropriato dei fondi che gli erano stati affidati per l’investimento all’estero. I procedimenti non si concludevano con l’affermazione della responsabilità del AVV_NOTAIO per essersi appropriato dei fondi consegnatigli dal COGNOME.
Mediante il primo strumento d’impugnazione il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, perché non poteva essere accertato alcun reddito estero nei suoi confronti, avendo aderito al c.d. scudo fiscale.
9.1. La censura risulta infondata. Il ricorrente ha aderito allo scudo fiscale con dichiarazione riservata per un valore di Euro 10.000,00, rispetto ad un capitale di Euro 1.650.000,00 che ammette di aver investito all’estero ma sostiene essergli stato sottratto. Di questa sottrazione però, non è riuscito a fornire la prova, come si è anticipato e come meglio si illustrerà nel prosieguo. Lo scudo fiscale, invero, preclude l’accertamento tributario ‘limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio’ (art. 14, comma 1, Dl n. 350 del 2001, ma cfr. anche il comma 6), nel caso di specie risulta ‘scudata’, pertanto, la somma di Euro 10.000,00, mentre la contestazione è di avere detenuto all’estero, percependo gli interessi, capitali non dichiarati per un valore superiore al milione e mezzo di Euro.
Il primo motivo di ricorso risulta pertanto infondato, e deve perciò essere rigettato.
Mediante il secondo strumento di impugnazione il contribuente censura la decisione della CTR per aver omesso l’esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione
tra le parti, perché non vi era alcun reddito su cui operare l’imposizione, in quanto l’intero capitale investito gli era stato illecitamente sottratto.
Con il quarto motivo di ricorso il contribuente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ed oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR erroneamente ritenuto integrate le presunzioni gravi, precise e concordanti, della percezione di un reddito dall’estero da parte del contribuente, essendosi invece raccolti plurimi elementi dimostrativi dell’attività fraudolenta svolta dall’AVV_NOTAIO nei confronti del COGNOME, cui ha sottratto il patrimonio investito.
Il secondo ed il quarto strumento d’impugnazione presentano uniformità di censura e rivelano elementi di connessione, possono perciò essere trattati congiuntamente per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
10.1. Premesso che la selezione degli elementi di prova, e di quelli che occorre valorizzare ai fini della decisione, compete al giudice del merito, può innanzitutto ricordarsi che i Militari verbalizzanti hanno raccolto una pluralità di indizi di responsabilità a carico del contribuente. Si è già visto che lui stesso ammette di avere consegnato ingenti somme all’AVV_NOTAIO e di averne ricevuto in due occasioni la corresponsione di somme a titolo di interessi. A tanto deve aggiungersi che presso l’affidatario del denaro è stata rinvenuta una cartellina contenente documentazione riferibile al ricorrente riportante, tra l’altro, l’ammontare RAGIONE_SOCIALE somme investite, le modalità di calcolo degli interessi, l’Iban di un conto corrente svizzero che l’odierno ricorrente ha ammesso essergli riferibile e di cui aveva comunicato gli estremi al fiduciario, ed inoltre corrispondenza intercorsa tra il AVV_NOTAIO ed il NOME, contenente accordi sulla modalità di accredito degli interessi per il tramite dell’AVV_NOTAIO svizzero NOME COGNOME in De COGNOME.
A fronte di questi rilevanti elementi indiziari il contribuente allega articoli di giornale che riportano RAGIONE_SOCIALE indagini svolte nei confronti del COGNOME, sospettato di aver posto in essere plurime truffe, nonché denunce e procedimenti civili intentati nei confronti del fiduciario. Il ricorrente non è stato in grado di dimostrare, però, che alcun procedimento giudiziario abbia comportato la condanna del COGNOME per essersi appropriato dei fondi che gli erano stati pacificamente consegnati dal contribuente.
10.1.1. Il giudice del merito, esprimendo il giudizio sul fatto processuale che gli compete, raffrontati gli elementi assicurati dalle parti al processo, li ha valutati e confrontati, ed ha ritenuto assolutamente pregnanti e decisivi gli elementi indiziari assicurati dall’Amministrazione finanziaria, ed in conseguenza inadeguati a contrastarli quelli proposti dal NOME.
10.2. Il ricorrente ripropone i suoi argomenti, domandando una rivalutazione dei fatti di causa inammissibile in sede di giudizio di legittimità, e non contrasta efficacemente la pronuncia del giudice dell’appello, non dimostra che la sua valutazione sia risultata errata, non chiarisce perché gli elementi valorizzati dalla CTR dovrebbero invece ritenersi certamente recessivi rispetto agli elementi da lui forniti.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso risultano pertanto, nella parte in cui possano ritenersi ammissibili, comunque infondati, e devono perciò essere rigettati.
Con il terzo motivo di ricorso il contribuente critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame per non avere rilevato la denunciata decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa tributaria, con riferimento agli anni 2004 e 2005, non potendo operare il raddoppio dei termini di accertamento.
11.1. Invero il contribuente ha ammesso che il capitale in relazione al quale ha, nella ricostruzione dell’Amministrazione
finanziaria, percepito gli interessi per cui è causa, era detenuto all’estero dal nonno, e lui lo aveva ereditato. Ha pure ammesso di aver percepito detti interessi proprio in relazione agli anni 2004 e 2005, e di avere comunicato al AVV_NOTAIO l’Iban del suo conto corrente svizzero dando disposizioni alla banca perché seguisse le istruzioni dell’AVV_NOTAIO. Dalla corrispondenza intercorsa con l’intermediario emerge che sono anche intervenute pattuizioni sulla modalità di corresponsione RAGIONE_SOCIALE somme. Un’ulteriore conferma della detenzione dei capitali all’estero dipende dalla stessa adesione del contribuente al c.d. scudo fiscale.
11.2. L’Amministrazione finanziaria, nel suo controricorso, evidenzia un dato certo, in relazione agli anni in contestazione il contribuente non ha dichiarato la detenzione di capitali all’estero, avendo omesso la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi. Operava pertanto la presunzione di evasione ed il raddoppio dei termini di accertamento dipendente dalla presentazione di una dichiarazione dei redditi infedele, in applicazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’art. 12 del Dl. n. 78 del 2009, commi 2 bis e 2 ter , che sono retroattive (cfr. ad es. Cass. sez. V, 14.11.2019, n. 29632).
Il terzo strumento di impugnazione risulta pertanto infondato, e deve essere respinto.
Con il suo quinto motivo di ricorso, subordinatamente proposto con riferimento al solo anno 2007, il contribuente contesta la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR perché, anche a voler ritenere che il contribuente abbia conseguito redditi all’estero, questi non potevano essere qualificati come interessi e altri proventi derivati da mutui, depositi e conti correnti, ed assoggettati perciò a prelievo nella misura del 27%, ma tali proventi avrebbero dovuto essere qualificati come redditi diversi, ed essere assoggettati ad imposta sostitutiva con aliquota del 12,50%, come del resto ritenuto dai Militari della RAGIONE_SOCIALE di
RAGIONE_SOCIALE che hanno proceduto all’accertamento tributario, e dalla stessa Amministrazione finanziaria con riferimento agli anni precedenti.
12.1. Invero le valutazioni espresse dall’Ufficio finanziario in relazione a diversi anni di imposta non sono vincolanti, e quella operata nell’avviso di accertamento relativo all’anno 2007, avendo l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE qualificato gli interessi quale reddito da capitale (art. 44, comma 1, lett. h) del Tuir), appare corretta ed immeritevole di censura.
Il quinto motivo di ricorso deve essere pertanto rigettato perché infondato.
Mediante il sesto strumento di impugnazione introdotto, ‘in estremo subordine’ (ric., p. 30) con riferimento a tutte e quattro le annualità, il ricorrente censura la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice dell’appello perché nessuna sanzione tributaria poteva essere inflitta al contribuente, il quale non si è reso responsabile di alcuna dichiarazione infedele, non avendo percepito i redditi che gli vengono contestati.
13.1. Invero, il motivo di ricorso presenta un’evidente petizione di principio, perché dà per scontato proprio quanto il contribuente non è riuscito a dimostrare, cioè che non ha percepito il reddito da corresponsione di interessi che gli viene contestato. La tesi che il contribuente non abbia percepito il reddito è rimasta indimostrata, e ne consegue che la sua dichiarazione dei redditi risulta infedele, e perciò assoggettabile a sanzione.
Il quinto strumento di impugnazione risulta pertanto infondato e deve essere respinto.
Con il settimo motivo di ricorso, in ulteriore subordine, il NOME domanda applicarsi il principio del favor rei in materia di sanzioni, essendo sopravvenuta la legge n. 208 del 2015, che ha ridotto le sanzioni tributarie conseguenti alla dichiarazione infedele.
La revisione del sistema sanzionatorio invocata dal ricorrente, di cui al D.lgs. n. 158 del 2015, in effetti non ha previsto una generalizzata riduzione RAGIONE_SOCIALE sanzioni tributarie, ma ha dettato una diversa disciplina che risulta in parte favorevole per il contribuente.
Lo ius superveniens risulta peraltro vigente in relazione a tutti i giudizi ancora in corso (cfr. Cass. sez. V, 30.3.2021, n. 8716), ed è compito innanzitutto del giudice del merito pronunziarsi sul se debba applicarsi al contribuente una disciplina sanzionatoria più favorevole.
In proposito l’Amministrazione finanziaria ha affermato che avrebbe provveduto d’ufficio a rideterminare la sanzione con applicazione del regime più favorevole, ma non ha fornito ulteriori riscontri, in particolare non ha neppure prospettato di aver provveduto all’applicazione della corretta disciplina.
14.1. Inoltre, verificato quale sia la corretta sanzione applicabile, in considerazione del disposto di cui al D.Lgs. n. 158 del 2015, occorrerà anche valutare la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente in memoria, in relazione alle previsioni di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 87 del 2024.
Il settimo strumento di impugnazione risulta quindi fondato e deve essere pertanto accolto.
In definitiva deve essere accolto il settimo strumento d’impugnazione, respinti gli ulteriori, e la pronuncia della CTR deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il settimo motivo di ricorso introdotto da NOME NOME , respinti gli ulteriori, cassa la decisione impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia perché proceda a
nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29.11.2024.