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Favor rei tributario: Cassazione su sanzioni ridotte

Un contribuente viene accertato per redditi esteri non dichiarati. La Cassazione rigetta i motivi su scudo fiscale e onere della prova, ma accoglie quello sul favor rei tributario, annullando la sentenza sulle sanzioni e rinviando al giudice di merito per l’applicazione della norma più favorevole.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Favor Rei Tributario: la Cassazione riduce le sanzioni per redditi esteri

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 33502/2024) offre importanti chiarimenti sulla gestione dei capitali detenuti all’estero e sulle sanzioni applicabili in caso di omessa dichiarazione. La pronuncia si concentra sul principio del favor rei tributario, un concetto fondamentale che può portare a una significativa riduzione delle sanzioni per il contribuente, anche a processo in corso. Analizziamo i dettagli di questo caso complesso per comprendere le implicazioni pratiche per chi detiene attività finanziarie oltre confine.

I Fatti del Caso: Investimenti all’Estero e Accertamento Fiscale

La vicenda riguarda un contribuente che aveva affidato ingenti capitali, per oltre un milione e mezzo di euro, a un legale di fiducia affinché li investisse in Svizzera. A seguito di un’indagine della Guardia di Finanza, emergevano prove della detenzione di tali somme e della percezione di interessi non dichiarati al Fisco italiano per le annualità dal 2004 al 2007.

L’Agenzia delle Entrate notificava quindi al contribuente diversi avvisi di accertamento, contestando l’omessa dichiarazione dei redditi da capitale. Il contribuente si difendeva sostenendo principalmente due punti: di aver aderito allo “scudo fiscale”, regolarizzando una piccola parte dei capitali, e di essere stato vittima di un’appropriazione indebita da parte del legale, non avendo quindi mai effettivamente percepito gli interessi contestati.

Nei primi gradi di giudizio, le commissioni tributarie giungevano a decisioni contrastanti, ma la Commissione Tributaria Regionale dava infine ragione all’Agenzia delle Entrate. Il contribuente decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione e l’Onere della Prova

La Corte di Cassazione ha esaminato i diversi motivi di ricorso, rigettandone la maggior parte. In particolare, ha stabilito che:

1. Scudo Fiscale: L’adesione allo scudo fiscale copre e preclude l’accertamento solo per le somme e le attività specificamente dichiarate. Nel caso di specie, avendo il contribuente “scudato” solo 10.000 euro, l’Amministrazione finanziaria era pienamente legittimata ad accertare i restanti capitali, di importo ben superiore.
2. Onere della Prova: Spetta al contribuente dimostrare in modo inequivocabile di non aver percepito i redditi. Nonostante le denunce e gli articoli di giornale prodotti, il contribuente non è riuscito a fornire la prova di una condanna definitiva del legale per l’appropriazione dei fondi. Di fronte agli elementi indiziari raccolti dal Fisco (documenti sul calcolo degli interessi, corrispondenza, IBAN svizzero), la Corte ha ritenuto corretta la valutazione del giudice di merito che ha presunto la percezione dei redditi.
3. Raddoppio dei Termini di Accertamento: La Corte ha confermato la legittimità del raddoppio dei termini per l’accertamento. Tale meccanismo scatta in caso di violazioni che comportano obblighi di denuncia penale, come l’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi per investimenti esteri, che fa scattare una presunzione di evasione.

Il Principio del Favor Rei Tributario: L’Unico Motivo di Ricorso Accolto

L’unico motivo di ricorso che la Corte ha ritenuto fondato è quello relativo all’applicazione delle sanzioni. Il contribuente aveva invocato il principio del favor rei, secondo cui, se la legge cambia prima della sentenza definitiva, si deve applicare la norma più favorevole al trasgressore.

Nel corso del giudizio, era entrato in vigore il D.Lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto una disciplina sanzionatoria in parte più mite rispetto a quella vigente all’epoca dei fatti. La Corte di Cassazione ha affermato che lo ius superveniens (la nuova legge) più favorevole deve essere applicato a tutti i giudizi in corso. Pertanto, è compito del giudice di merito verificare quale sia la disciplina sanzionatoria concreta più vantaggiosa per il contribuente e rideterminare le sanzioni di conseguenza.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Corte si fonda su principi consolidati. Da un lato, la responsabilità fiscale del contribuente per i redditi prodotti da capitali esteri è piena, a meno che non fornisca una prova rigorosa e incontrovertibile della mancata percezione, come una sentenza passata in giudicato. La parziale adesione a sanatorie come lo scudo fiscale non crea una “zona franca” per gli importi non dichiarati. Dall’altro lato, la Corte riafferma la natura afflittiva delle sanzioni tributarie, che le avvicina a quelle penali e giustifica la piena applicazione del principio del favor rei. Se il legislatore decide di mitigare il trattamento sanzionatorio per una certa violazione, questa scelta deve riflettersi anche sulle controversie non ancora definite, garantendo parità di trattamento.

Conclusioni

Questa sentenza offre due lezioni fondamentali. La prima è un monito sulla gestione dei capitali all’estero: la regolarizzazione tramite scudi fiscali deve essere completa e trasparente, e l’onere di provare eventuali eventi avversi, come una truffa, ricade interamente sul contribuente. La seconda è una conferma importante: il principio del favor rei tributario è un diritto del contribuente, che può e deve essere fatto valere in ogni stato e grado del giudizio. La decisione della Cassazione, pur confermando l’accertamento sul reddito, ha annullato la sentenza sulle sanzioni, rinviando il caso alla corte di merito per un nuovo calcolo basato sulla legge più favorevole. Ciò dimostra come, anche in caso di accertata evasione, esistano strumenti legali per mitigare le conseguenze sanzionatorie.

Lo scudo fiscale copre tutti i capitali detenuti all’estero, anche se se ne dichiara solo una parte?
No. Secondo la sentenza, lo scudo fiscale preclude l’accertamento tributario solo “limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio”. Pertanto, copre esclusivamente gli importi specificamente dichiarati e non crea alcuna immunità per i capitali non emersi.

In caso di accertamento, su chi ricade l’onere di provare che i redditi da capitali esteri non sono stati percepiti?
L’onere della prova ricade sul contribuente. A fronte degli elementi indiziari raccolti dall’Amministrazione finanziaria che dimostrano la disponibilità dei capitali e la potenziale percezione di interessi, spetta al contribuente fornire prove concrete e definitive (come una sentenza di condanna per appropriazione indebita) che dimostrino la sottrazione dei fondi e la mancata percezione dei redditi.

Se cambia la legge sulle sanzioni tributarie durante un processo, si può applicare la nuova norma più favorevole?
Sì. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso su questo punto, affermando che il principio dello ius superveniens (o favor rei) è pienamente applicabile in materia di sanzioni tributarie. Il giudice del merito ha il compito di verificare se la nuova disciplina sia più favorevole per il contribuente e, in caso affermativo, di applicarla per rideterminare l’importo delle sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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