Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3754 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23997/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall.’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende, ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria RAGIONE_SOCIALE di Roma n. 1426/06/15, depositata il giorno 11 marzo 2015; udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 5 dicembre
2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La controversia trae origine da una contestazione promossa nei confronti della società contribuente, a seguito di PVC,
dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dogane per tardiva registrazione di fatture (n. 21) per acquisti intracomunitari e sospensione di rimborso IVA.
Da tale PVC scaturivano in particolare: un atto di contestazione, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE; un atto di irrogazione sanzioni IVA, a seguito RAGIONE_SOCIALE deduzioni ex art. 16 del d.lgs. n. 472/1997 proposte dalla società avverso il predetto atto di contestazione; infine, un provvedimento di sospensione di rimborso del credito IVA, vantato dal contribuente per l’anno 2006, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE.
L’atto di sospensione e quello di irrogazione vennero impugnati dalla contribuente e la C.T.P. accolse i ricorsi con conseguente annullamento degli atti impositivi.
La decisione venne impugnata dall’RAGIONE_SOCIALE e riformata integralmente dal giudice di seconde cure.
Per quel che rileva in questa sede, deve evidenziarsi che il giudice di seconde cure affermò che la sentenza pronunciata dalla C.T.P. fosse di fatto inesistente in violazione dell’art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992 ‘essendosi i primi giudici limitati ad elencare, per quattro pagine, tutta una serie di precedenti, principi e massime giurisprudenziali, ma astenendosi totalmente dal collegarli, quanto meno per relationem, alla fattispecie e dall’esaminare nel merito la controversia.’ Muovendo da siffatta premessa, la C.T.R. rivisitò integralmente nel merito la controversia accogliendo così accogliendo integralmente le censure formulate dall’RAGIONE_SOCIALE, evidenziando, tra le altre cose, come la sospensione del rimborso fosse stata legittimamente adottata a norma dell’art. 23 del d.lgs. 472 del 1997, essendo stato previamente notificato al contribuente l’atto di contestazione contenente l’irrogazione di sanzioni per le infrRAGIONE_SOCIALE.
Circa la natura RAGIONE_SOCIALE infrRAGIONE_SOCIALE contestate, ed accertate, la C.T.R. affermò come nella specie trovasse applicazione l’art. 47 del d.l. n. 331 del 1993, che prevede termini perentori per la
registrazione RAGIONE_SOCIALE fatture, evidenziandone la finalità, dalla quale discendeva la natura sostanziale della violazione, ossia quella di consentire ad ogni stato membro di potere effettuare con stringente tempestività i controlli incrociati per verificare quanto dichiarato dai soggetti comunitari e ciò anche al fine di evitare e prevenire il fenomeno RAGIONE_SOCIALE frodi fiscali in ambito comunitario.
RAGIONE_SOCIALE impugna la prefata decisione con 5 motivi, resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
In prossimità dell’adunanza la società ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con il primo si denuncia la violazione del combinato disposto degli artt. 329, secondo comma, 100 c.p.c., nonché 35 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e 276 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 e n. 3 c.p.c.
Nella prospettazione del ricorrente la CTR avrebbe dovuto rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio per difetto di interesse, non avendo impugnato il capo, autonomo, con il quale era stata disposto l’annullamento degli atti per difetto di motivazione.
1.2. Il motivo è infondato, la C.T.R. ha affermato la totale inesistenza della decisione (e tale parte della motivazione non è stata nemmeno oggetto di specifica censura) accogliendo le censure dell’A.E. confermando così espressamente, la legittimità dei provvedimenti impugnati.
Peraltro, a ben vedere il giudice di prime cure aveva semplicemente affermato che l’A.D. non avesse provato la legittimità dei provvedimenti ed è questo che correttamente era stato oggetto di censura da parte dell’Ufficio in appello.
2.Con il secondo motivo di denuncia la violazione dell’art. 38bis del d.p.r. n. 633 del 1972, dell’art. 7 della l. 212 del 200 e dell’art.
23 del d.lgs. n. 472 del 1997 perché nell’atto emesso, e nella fattispecie concreta, non vi sarebbe alcun reato o riferimento a presunto reato che giustifichi la sospensione ex art. 38bis, norma espressamente indicata quale violata nei provvedimenti dell’A.E.
La censura è infondata. Dalla lettura del provvedimento è chiaro che, al di là dell’erroneo riferimento al 38bis, l’atto, così come anche ritenuto dal giudice di seconde cure, è motivato in relazione ai presupposti previsti dall’art. 23 e rispetto a tale disposizione non sussiste alcuna violazione, né tanto meno censure specifiche in merito.
3.Con il terzo si denuncia la violazione dell’art. 10, terzo comma, della l. n. 212 del 2000 per aver il giudice di merito disconosciuto l’applicabilità della causa di non punibilità, essendo stata commessa nella specie una violazione meramente formale e non sostanziale.
Il motivo è infondato.
Com’è noto la differenza tra violRAGIONE_SOCIALE meramente formali e sostanziali si fonda su un criterio sostanziale: se la trasgressione della disposizione determina un pregiudizio per l’imposizione, in senso ampio, la violazione è sostanziale; se manca un simile pregiudizio ma comunque ne resta incisa la possibilità dell’esercizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE o dei poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria, la violazione è formale; se, invece, entrambe le condizioni sono assenti, allora la lesione della regola resta derubricata – in assenza di una disposizione che ne censuri in ogni caso la trasgressione, che può essere rilevante anche in assenza di una compromissione effettiva dei poteri di controllo ove il legislatore ne abbia valutata l’astratta idoneità rispetto a tale esito -a mera irregolarità. Ai fini della distinzione tra violRAGIONE_SOCIALE formali e violRAGIONE_SOCIALE meramente formali, invero, la recente decisione n. 28938/2020 ha rilevato che la valutazione «deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto
pregiudizio all’esercizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento» e, dunque, in altri termini, deve essere operato un giudizio in astratto che pone in relazione il bene giuridico tutelato e la fattispecie giuridica alla quale va ricondotta la specifica trasgressione (cfr. Cass. n. 16450 del 2021). Un utile parametrocriterio per distinguere, sul piano normativo, tra le violRAGIONE_SOCIALE sostanziali e le violRAGIONE_SOCIALE formali, invero, può essere individuato nella stessa sanzione delineata dal legislatore: quando la sanzione è prevista in misura proporzionale all’imposta (non dichiarata o non versata ovvero per un imponibile non dichiarato) la violazione è sostanziale. Ove, invece, la sanzione sia fissata tra limiti minimi e massimi predefiniti la violazione è formale poiché manca, in questo caso, una diretta riferibilità del comportamento illecito all’imposta o all’imponibile.
Questa Corte, nel delineare le condizioni rilevanti ai fini del comma in questione, ha posto specifico risalto alla necessità di un effettivo e concreto riscontro «dell’alterazione della determinazione della base imponibile», non essendo sufficiente la sola idoneità astratta a provocare un simile pregiudizio («ai fini del cumulo giuridico previsto dall’indicato comma 1 dell’art. 12, è necessario che per le «violRAGIONE_SOCIALE formali» da esso indicate non operi la sopra menzionata causa di non punibilità (non siano, cioè, «meramente formali») e che, allo stesso tempo, le violRAGIONE_SOCIALE non incidano sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo … l’indicata tardività RAGIONE_SOCIALE fatturRAGIONE_SOCIALE non ha alterato l’imponibile»). In questo senso si esprime altresì Cass. n. 1830 del 2019.
4.Premesso quanto innanzi, il principio applicabile nella specie è il seguente: il ritardo nella fatturazione, sanzionato dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 471 del 1997, integra una violazione formale e non anche sostanziale dell’art. 21, comma 4, d.P.R. n. 633 del
1972 ove la condotta, pur oggettivamente lesiva per l’esercizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di controllo, non abbia arrecato alcun pregiudizio, con accertamento di fatto di competenza del giudice di merito, sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta o sul versamento del tributo, sicché, in caso di pluralità di violRAGIONE_SOCIALE della medesima disposizione, è applicabile l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 (Cass. n. 1691 del 2022).
Il giudice di merito ha effettuato un accertamento, richiamando all’uopo la finalità e la natura RAGIONE_SOCIALE disposizioni che regolano il ritardo nella fatturazione, che non è quindi sindacabile in questa sede.
Ne consegue il rigetto del motivo.
5.Con il quarto motivo si denuncia la nullità della sentenza per omessa pronuncia circa la proporzionalità RAGIONE_SOCIALE sanzioni irrogate.
Il ricorrente osserva che dalla riconosciuta non applicabilità della causa di non punibilità invocata dalla società contribuente i Giudici di appello hanno ricavato la legittimità della sanzione irrogata nei confronti della società con l’avviso di irrogazione. Nulla, secondo la prospettazione del ricorrente, sarebbe stato statuito dai giudici di appello con riguardo alla misura della sanzione irrogata, con specifico riferimento alla proporzionalità della stessa.
Viene altresì in considerazione quanto osservato dal ricorrente nella memoria depositata ex art. 380-bis c.p.c.
Con tale memoria il ricorrente ha evidenziato come l’art. 6 del d.lgs. n. 471 è stato modificato dall’art. 15, primo comma lett. f) del d.lgs. n. 158 del 2015, in vigore dal primo gennaio 2016, che ha introdotto il comma 9-bis, recante una disciplina sanzionatoria speciale applicabile alle violRAGIONE_SOCIALE in materia di inversione contabile nonché, in materia di operRAGIONE_SOCIALE intracomunitarie.
Tale ius superveniens ha introdotto quindi una disciplina sanzionatoria più favorevole che nel rispetto del principio del favor rei, come declinato dal terzo comma dell’art. 3 del d.lgs. n. 472 del
1997, nella prospettazione del ricorrente deve trovare applicazione alla fattispecie in esame.
Sicché il ricorrente evidenzia che, ancorché non dovesse ritenersi che la fattispecie in esame sia attinta dalla citata novella legislativa, anche la fattispecie di cui al primo comma del citato art. 6 sia stata oggetto di modifica, dal primo comma lett. f) dell’art. 15 del d.lgs. n. 158/2015. Nella versione, vigente alla data del primo gennaio 2016, la disposizione prevede, quindi, una forbice edittale minore (compresa tra il 90 ed il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato) e comunque l’applicazione di una sanzione fissa (compresa tra 250.00 e 2.000,00) nell’ipotesi di violRAGIONE_SOCIALE non incidenti sulla corretta liquidazione del tributo.
Il motivo è fondato nei termini di cui in prosieguo.
Ai sensi dell’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 471 del 1997, «chi viola gli obblighi inerenti alla documentazione e alla registrazione di operRAGIONE_SOCIALE imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto … è punito con la sanzione amministrativa compresa fra il novanta e il centoottanta per cento dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio». Entità della sanzione così sostituita (a quella ricompresa tra il cento ed il duecento per cento) dall’art. 15, comma 1, lett. f), n. 1, del d.lgs. n. 158 del 2015, a decorrere dal 10 gennaio 2016. «Alla stessa sanzione, commisurata all’imposta, è soggetto chi indica, nella documentazione o nei registri, una imposta inferiore a quella dovuta». In forza dell’ultimo periodo aggiunto all’art. 6, comma 1, in oggetto (dal citato art. 15, comma 1, lett. f, n. 1, del d.lgs. n. 158 del 2015), sempre a decorrere dal 1°gennaio 2016, «la sanzione è dovuta nella misura da euro 250 a euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo». Ratio della norma, solo confermata dalla detta modifica del 2015 sostanzialmente incidente in melius sul trattamento sanzionatorio,
è dunque quella di prevenire, mediante l’effetto deterrente della comminatoria di sanzione amministrativa pecuniaria, violRAGIONE_SOCIALE tributarie in materia di IVA non solo sostanziali, in quanto incidenti sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento, ma anche formali, cioè tali da arrecare pregiudizio all’esercizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di controllo, pur non incidendo sulla base imponibile o sull’imposta o sul versamento (per un riferimento alla finalità RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative per violRAGIONE_SOCIALE tributarie si veda anche Cass. sez. 5, 04/06/2014, n. 12460, Rv. 631103-01). In materia di irrogazione di sanzioni amministrative per violRAGIONE_SOCIALE di norme tributarie, nel rispetto del principio del ‘favor rei’, trova applicazione il trattamento più favorevole di cui al d.lgs. 24/09/2015 n. 158, la cui utilizzabilità quale ‘ius superveniens’ è assicurata in pendenza di giudizio dall’art. 32, comma 1, (come modificato dall’art.1, comma 133, della l. 28/12/2015 n. 208), a condizione che vi sia un processo ancora in corso ed il provvedimento impugnato non sia, quindi, divenuto definitivo (cfr., Sez. 6-5, 27/06/2017, n. 15978; id., Sez. 5, 24/01/2018, n. 1706; Sez. 5 30/03/2021, n. 8716; sul trattamento sanzionatorio più favorevole in caso di cd. reverse charge, -v. Sez. 5, 12/12/2019, n. 32552), condizioni che ricorrono tutte nel caso in esame.
In conclusione, la sopravvenuta revisione del sistema sanzionatorio tributario, introdotta dal d.lgs. n. 158 del 2015 e vigente dal 1° gennaio 2016 a norma dell’art. 32 del medesimo d.lgs., applicabile retroattivamente in forza del principio del ‘favor rei’, comporta, in accoglimento del quarto motivo del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio alla CTR per la rideterminazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
6.Con il quinto motivo si denuncia la falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 47 del d.lgs. n. 331 del 1993 e dell’art. 6 del d.lgs. n. 471 del 1997 nonché dell’art. 7 del d.lgs. n.
472 del 1997 (in via subordinata al non accoglimento del quarto motivo).
Con questo motivo ci si duole per aver la CTR ritenuto legittima la sanzione irrogata nella misura del 100 per cento della imposta sul valore aggiunto relativa all’imponibile non tempestivamente registrato indicato nella fattura di importo più elevato maggiorata del 25 per cento. Nella prospettazione del ricorrente tale misura appare del tutto sproporzionata rispetto all’infrazione commessa. Il motivo è assorbito dall’accoglimento della quarta censura.
In conclusione, la sentenza della C.T.R. di Roma, rigettati il