Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17858 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17858 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27270/2018 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-ROMA n. 1203/2018 depositata il 23/02/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In punto di fatto, dalla sentenza epigrafata emerge quanto segue:
Con due avvisi di accertamento dell’agenzia delle entrate di Latina si contestavano alla società RAGIONE_SOCIALE dopo la fase del contraddittorio, maggiori imposte sul reddito della società stessa, IRAP e IVA, relative al periodo 2007.
1.1. Più ampia è la narrativa del ricorso per cassazione, dalla quale si apprende che
gli atti recepivano gli esiti delle indagini di polizia giudiziaria eseguite dalla Guardia di finanza nell’ambito del procedimento penale n. 1823/10 nei confronti delle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di COGNOME Andrea operanti nel settore di rottami ferrosi.
Dalle indagini emergeva che tra le società in questione era stata costituita un’associazione finalizzata alla frode fiscale e che le suddette società erano state create solo ed esclusivamente al fine di consentire ai reali proprietari dei materiali ferrosi di vendere il prodotto ‘in nero’ .
Tra risultava esserci la società RAGIONE_SOCIALE in capo alla quale la GdF procedeva, pertanto, ad effettuare una verifica constatando la contabilizzazione, negli anni d’imposta 2006, 2007, 2008 e 2010, di fatture emesse dalle sopraindicate società.
Tali fatture venivano riferite ad operazioni soggettivamente inesistenti e quindi veniva escluso il diritto alla detrazione.
Per quanto concerne specificamente l’anno di imposta 2007, con l’atto TKF0331101186/2011 venivano recuperate le corrispondenti maggiori imposte IRES, IVA ed IRAP.
1.2. La circostanza che l’avviso di accertamento oggetto di giudizio avesse attinto la contribuente per la contabilizzazione di
fatture per operazioni soggettivamente inesistenti trova conferma a p. 21 del controricorso, dove si legge:
Sia il PVC che gli avvisi di accertamento ripetutamente affermano che la contestazione mossa involge un presunto utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti . n forza dell’art. 8, comma 1, del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, è stato eliminato qualsiasi dubbio applicativo in riferimento alla deducibilità dei costi realmente sostenuti ma connessi a fatture ritenute soggettivamente inesistenti: tali costi, se inerenti, sono ormai sempre deducibili.
La CTP di Latina, adita impugnatoriamente dalla contribuente, con sentenza n. 101/03/13 depositata il 19 marzo 2013, accoglieva integralmente il ricorso, così (come da p. 3 controric.) motivando:
‘(…) Dalla documentazione agli atti emerge che la società ricorrente non è stata coinvolta nel procedimento penale per frode (…). Dal relativo PVC emerge che la società ricorrente non è stata parte attiva in tale frode fiscale perché estranea alle vicende contestate alle società indagate’;
‘Dai documenti prodotti in sede di ricorso, anche di natura non fiscale, è emerso, altresì, che le fatture contestate sono state emesse per costi effettivamente sostenuti e che i relativi pagamenti sono tracciabili perché effettuati attraverso il sistema bancario’;
‘L’IVA applicata sui corrispettivi è stata liquidata nel rispetto della normativa di carattere speciale vigente nel commercio dei rottami e dei metalli non ferrosi (…)’;
‘La Commissione ritiene, pertanto, che i costi contestati siano deducibili e detraibili’.
L’Agenzia delle entrate proponeva appello, rigettato dalla CTR del Lazio, con la sentenza epigrafata, sulla base della seguente motivazione:
Va premesso che la contestazione dell’Ufficio era originata da indagini effettuate dalla GdF nell’ambito d procedimento penale per frode fiscale, la predetta società è risultata del tutto estrane.
Le censure dedotte dall’Agenzia delle entrate riguardano soltanto la fattura n. 49 del 30.3.07 emessa da RAGIONE_SOCIALE, regolata con assegno bancario, in cui il prezzo unitario di acquisto era indicato in euro 200,00 poi lievitato in due anni ad euro 410,73; di qui la presunta riconducibilità della fattura ad un soggetto meramente cartolare.
Le tesi dell’Ufficio non sono fondate.
Va innanzitutto rimarcato che il gravame si riferisce a prezzi di materiale ferroso, circostanza mai contestata nell’accertamento originario, né nel PVC prodromico allo stesso e si tratta, pertanto, di motivi nuovi in appello.
Va poi rilevato come la documentazione prodotta dalla controparte sia sufficiente a giustificare i costi deducibili e detraibili, anche alla luce della normativa in materia di operazioni soggettivamente inesistenti; dagli atti emerge, infatti, che la fattura contestata è stata emessa per costi effettivamente sostenuti, con la corretta applicazione dell’IVA e che i relativi pagamenti sono tracciabili attraverso il sistema bancario.
Da quanto precede consegue che il gravame non merita accoglimento .
Propone il ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con due motivi, cui resiste la contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Primo motivo: ‘Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 e dell’art. 57 del D.Lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’.
1.1. L’affermazione della CTR sui ‘motivi nuovi in appello’ è errata. ‘ell’appello dell’Ufficio, alle pag. 4 e 5, l’Agenzia delle Entrate dissertava sui prezzi del materiale ferroso per chiarire determinati aspetti della contestazione rilevata e per evidenziare che, ai fini della legittima deduzione di costi, occorreva che ci fossero i requisiti della certezza, inerenza, oggettiva determinabilità e competenza ‘. Segue la fotoriproduzione delle pp. 4 e 5 del ricorso in appello.
1.2. Il motivo è inammissibile.
A fronte dell’affermazione della CTR secondo cui il riferimento nel ricorso in appello alla questione dei ‘prezzi d materiale ferroso’ (‘sub specie’ di un’ingiustificata ‘lievitazione’, in quanto, come rilevato in esordio di motivazione, ‘il prezzo unitario di acquisto era indicato in euro 200,00 poi lievitato in due anni ad euro 410,73’) costituiva ‘circostanza mai contestata nell’accertamento originario, né nel PVC prodromico allo stesso’, in ragione di ciò integrando un ‘novum’ non consentito, il motivo non riproduce né gli atti amministrativi (avviso e PVC) né, per vero, le controdeduzioni agenziali in primo grado. In tal guisa esso incorre in difetto di autosufficienza, foriero d’inammissibilità.
Secondo motivo: ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 del DPR 26.10.1972 n. 633, dell’art. 109 del DPR 917/1986 (TUIR), dell’art. 39 DPR 600/73 e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’.
2.1. La CTR non ha ‘considerato che l’Amministrazione Finanziaria può liberamente superare le risultanze documentali, contrapponendo ad esse circostanze ed elementi di fatto comprovanti la fittizietà delle operazioni e che, in tal caso, l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle stesse si sposta nuovamente a carico del contribuente, il quale non potrà limitarsi ad opporre documentazione formale’.
2.2. Preliminarmente è a rilevarsi che il motivo supera il vaglio di ammissibilità perché individua con precisione il vizio affliggente la sentenza impugnata, formulando pertinenti censure, a loro volte ragguagliate a corrispondenti violazioni di legge.
2.3. Sempre in via preliminare è a farsi carico di un’eccezione di giudicato interno formulata in controricorso (p. 16) con riguardo al primo motivo, ma suscettibile di rilevare anche con riguardo al
secondo. Si deduce infatti in controricorso che la statuizione di annullamento dell’avviso da parte della CTP per esser stata l’IVA ‘applicata ‘nel rispetto della normativa di carattere speciale vigente nel commercio dei rottami e dei metalli non ferrosi” (p. 20) sarebbe passata in giudicato poiché ‘l’Agenzia delle Entrate in sede di appello ha semplicemente proposto una pseudo -contestazione dal significato oscuro’. Nondimeno, detta ‘pseudo -contestazione’ (ivi riprodotta) rende conto invece dell’estensione dell’impugnazione, oltreché al profilo dell’indeducibilità dei costi, a quello dell’indetraibilità dell’IVA (nei seguenti termini, infatti, il controricorso riporta l’appello: ‘ se l’acquisto, annotato nei relativi registri, non è riconoscibile in tutto o in parte appare evidente come non possa neppure essere riconosciuto il relativo diritto alla detrazione’: ciò che comprova, inequivocabilmente, la negazione, da parte dell’Agenzia, del diritto della contribuente alla detrazione dell’IVA).
2.4. Fermo quanto precede, il motivo è fondato.
2.4.1. La CTR, genericamente affermando che ‘la documentazione prodotta dalla controparte sufficiente a giustificare i costi deducibili e detraibili, anche alla luce della normativa in materia di operazioni soggettivamente inesistenti; dagli atti emerge, infatti, che la fattura contestata è stata emessa per costi effettivamente sostenuti, con la corretta applicazione dell’IVA e che i relativi pagamenti sono tracciabili attraverso il sistema bancario’, viola ripetuti insegnamenti della giurisprudenza di questa Suprema Corte.
2.4.2. Più precisamente, quanto alla detraibilità dell’IVA, in recepimento della giurisprudenza unionale, a termini della quale, dinanzi ad operazioni soggettivamente inesistenti, l’Ammini -strazione è tenuta a provare che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che la cessione si inseriva in una evasione dell’IVA,
ma non anche la partecipazione all’evasione stessa (cfr. Corte Giust Ppuh, C -277/14; Corte Giust. COGNOME, C -285/11), questa Suprema Corte insegna che, ‘in tema di detrazione dell’IVA, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, anche in via indiziaria, non solo che il fornitore era fittizio, ma anche che il destinatario era consapevole, disponendo di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto, che l’operazione era finalizzata all’evasione dell’imposta, essendo sostanzialmente inesistente il contraente; incombe, invece, sul contribuente la prova contraria di aver agito nell’assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi’ (così, tra le innumerevoli, Sez. 5, n. 24471 del 09/08/2022, Rv. 665800 -02).
2.4.3. Tanto a valere sul versante della detraibilità dell’IVA, su quello della deducibilità dei costi, si afferma che, ‘in tema di imposte sui redditi, a norma dell’art. 14, comma 4 bis, della l. n. 537 del 1993, nella formulazione introdotta con l’art. 8, comma 1, del d.l. n. 16 del 2012, conv. dalla l. n. 44 del 2012’ , ‘l’acquirente dei beni può dedurre i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, non utilizzati direttamente per commettere il reato, anche per l’ipotesi in cui sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che, a norma del T.U. delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. n. 917 del 1986, siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza,
certezza, determinatezza o determinabilità’ (Sez. 5, n. 11020 del 05/04/2022, Rv. 664285 -01). Ciò, peraltro, fermo restando che, in caso di accertamento delle imposte sui redditi, ‘spetta al contribuente l’onere della prova dell’esistenza, dell’inerenza e, ove contestata dall’Amministrazione finanziaria, della coerenza economica dei costi deducibili. A tal fine non è sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata dall’imprenditore, occorrendo anche che esista una documentazione di supporto da cui ricavare, oltre che l’importo, la ragione e la coerenza economica della stessa, risultando legittima, in difetto, la negazione della deducibilità di un costo sproporzionato ai ricavi o all’oggetto dell’impresa’ (Sez. 5, n. 13300 del 26/05/2017, Rv. 644248 -01; cfr. anche Sez. 5, n. 24880 del 18/08/2022, Rv. 665495 -01, secondo cui ‘la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità -anche solo potenziale ed indiretta -secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’Amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé’).
Ne consegue, in accoglimento del secondo motivo, che la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per procedere a nuovo esame ed ‘in limine’ per valutare altresì, ricorrendone, beninteso, i presupposti sia processuali che sostanziali, l’eventuale incidenza del citato art. 14, comma 4 bis, l. n. 537 del 1993.
Detto giudice, infine, regolerà tra le parti le spese di lite, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo, e, per l’effetto, cassa in relazione la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 10 aprile 2025.