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Fatture soggettivamente inesistenti: la prova presuntiva

Con l’ordinanza n. 4970/2024, la Cassazione ha stabilito che, in caso di fatture soggettivamente inesistenti, la prova della consapevolezza del contribuente di partecipare a una frode può essere fornita dall’Amministrazione Finanziaria anche tramite presunzioni. Spetta poi al contribuente dimostrare di aver agito con la massima diligenza. La Corte ha inoltre chiarito che le somme a titolo di risarcimento danni sono escluse dalla base imponibile IVA.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Soggettivamente Inesistenti: la Consapevolezza si Prova per Presunzioni

L’ordinanza n. 4970/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di IVA: la detraibilità dell’imposta in presenza di fatture soggettivamente inesistenti. Questa pronuncia ribadisce che l’Amministrazione Finanziaria non necessita di una prova diretta per dimostrare la malafede del contribuente, potendo basarsi su elementi presuntivi. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Un consorzio operante nel settore della logistica si vedeva recapitare diversi avvisi di accertamento per gli anni dal 2007 al 2011. L’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita detrazione dell’IVA su fatture considerate soggettivamente inesistenti. Secondo le indagini della Guardia di Finanza, il consorzio era parte di un complesso sistema fraudolento, finalizzato a ottenere manodopera a prezzi stracciati eludendo gli obblighi fiscali e contributivi. Il meccanismo si basava sull’utilizzo di cooperative, definite come meri ‘contenitori’ di forza lavoro, che emettevano fatture al consorzio per prestazioni di servizi. Tali cooperative, tuttavia, erano ritenute strumenti interni alla struttura fraudolenta, create e gestite da un unico soggetto per perpetrare l’illecito.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che la successiva Commissione Tributaria Regionale avevano dato ragione al consorzio. I giudici di merito ritenevano che l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito una prova ‘piena e diretta’ della consapevolezza degli amministratori del consorzio riguardo alla frode. Pur ammettendo che i prezzi ‘fuori mercato’ avrebbero dovuto insospettire e imporre una ‘maggiore prudenza’, la CTR aveva concluso che gli elementi forniti dall’Ufficio costituissero solo una ‘mera presunzione’, insufficiente a negare il diritto alla detrazione IVA.

L’Analisi della Cassazione sulle Fatture Soggettivamente Inesistenti

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando la visione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno censurato la sentenza d’appello per aver preteso una prova diretta della malafede, svalutando l’importanza della prova presuntiva. La Suprema Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento, in linea con la giurisprudenza europea, secondo cui:

1. L’onere della prova grava sull’Amministrazione: È l’Ufficio che deve dimostrare, sulla base di elementi oggettivi e specifici, che il destinatario della fattura sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, che l’operazione si inseriva in una frode IVA.
2. La prova può essere presuntiva: Tale prova non deve essere necessariamente diretta, ma può essere raggiunta attraverso presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti.
3. L’onere si inverte: Una volta che l’Amministrazione ha fornito tali indizi (come prezzi anomali, mancanza di struttura del fornitore, etc.), la palla passa al contribuente. Sarà quest’ultimo a dover dimostrare di aver adottato la massima diligenza esigibile per non essere coinvolto nella frode.

La CTR, quindi, ha errato nel ritenere insufficienti gli elementi presuntivi che pure aveva evidenziato, come il fatto che gli amministratori ‘non potessero non sapere’ dell’origine illecita dei prezzi.

La Questione delle Somme a Titolo di Danno

La Cassazione ha accolto anche un secondo motivo di ricorso, relativo alla non assoggettabilità a IVA di alcune somme addebitate al contribuente. Il caso riguardava somme pagate a titolo di danno per irregolarità nell’esecuzione di un contratto di logistica. La Corte ha chiarito che, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 633/1972, le somme dovute a titolo di risarcimento del danno, interessi moratori o penalità per inadempimenti contrattuali non costituiscono un corrispettivo per una cessione di beni o una prestazione di servizi. Di conseguenza, sono escluse dalla base imponibile IVA e non possono essere oggetto di detrazione.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda sul principio che il diritto alla detrazione dell’IVA non è assoluto, ma è subordinato alla buona fede del contribuente e all’assenza di partecipazione, anche solo colposa, a schemi fraudolenti. I giudici di legittimità hanno ritenuto che il tribunale d’appello abbia commesso un errore di diritto nel pretendere una prova diretta della ‘consapevolezza’, ignorando il valore degli indizi che, nel loro complesso, potevano logicamente condurre a ritenere che un imprenditore accorto si sarebbe reso conto dell’irregolarità. La conoscenza della frode può essere desunta da elementi oggettivi che avrebbero dovuto mettere in allarme qualsiasi operatore economico diligente. Allo stesso modo, la Corte ha riaffermato la natura risarcitoria e non corrispettiva delle penalità contrattuali, escludendole dal campo di applicazione dell’IVA in conformità con la normativa vigente.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese: la convenienza di un’offerta commerciale non può mai giustificare la negligenza. Di fronte a segnali di anomalia, come prezzi significativamente inferiori a quelli di mercato, un imprenditore ha il dovere di esercitare una diligenza superiore alla media per verificare l’affidabilità dei propri partner commerciali. Ignorare questi campanelli d’allarme espone al rischio di vedersi contestata la detrazione dell’IVA e di essere considerati, quantomeno, complici colposi di una frode fiscale. La Cassazione ha cassato la sentenza e rinviato il caso alla corte regionale per un nuovo esame che tenga conto dei principi enunciati.

In caso di fatture soggettivamente inesistenti, come può l’Amministrazione Finanziaria dimostrare la malafede del contribuente?
L’Amministrazione Finanziaria può dimostrare che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere della frode anche tramite prove presuntive, basate su elementi oggettivi e specifici, senza la necessità di una prova diretta e piena.

Cosa deve fare un’impresa per non perdere il diritto alla detrazione IVA se riceve una fattura sospetta?
L’impresa deve dimostrare di aver agito con la massima diligenza esigibile da un operatore accorto, adottando tutte le cautele ragionevoli per assicurarsi di non essere coinvolta in un’operazione di evasione fiscale.

Le somme pagate a titolo di risarcimento del danno sono soggette a IVA?
No, la sentenza ribadisce che le somme corrisposte a titolo di risarcimento del danno, così come quelle per interessi moratori o penalità, non concorrono a formare la base imponibile IVA e, quindi, non sono soggette a tale imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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