Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7241 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7241 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 18/03/2024
Oggetto: tributi operazioni soggettivamente inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1215/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALEe dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), in qualità di titolare della cessata impresa individuale RAGIONE_SOCIALE Cusumano RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale a margine del
contro
ricorso, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, n. 2536/03/15, depositata in data 8 giugno 2015 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14 febbraio 2014
dal Consigliere Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
Il contribuente COGNOME NOME , titolare dell’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, esercente l’attività di commercio di autoveicoli, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2006 con il quale, a seguito di PVC, venivano disconosciuti costi e ritenuta indebita la detrazione IVA in relazione ad alcune fatture di acquisto emesse dall’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, in quanto impresa priva di organizzazione.
La CTP di Palermo ha accolto il ricorso con riferimento alla preliminare eccezione di incompetenza funzionale dell’autorità emittente.
La CTR della Sicilia, con sentenza qui impugnata, ha rigettato nel merito l’appello dell’Ufficio. Ha osservato il giudice di appello che la ripresa è fondata sul disconoscimento di costi sostenuti dal contribuente per l’acquisto di beni , ritenendo in proposito che gli acquisti fossero effettivamente avvenuti « in modo oggettivo », desumendo tale circostanza da una serie di elementi, quali la prova del pagamento delle prestazioni a mezzo di assegni bancari e la prova della rivendita dei beni acquistati dal fornitore, con conseguente certezza dei costi sostenuti. Il giudice di appello ha, poi, ritenuto che non vi fosse prova del coinvolgimento del contribuente nella frode consumata a monte, in considerazione anche del fatto che il contribuente era stato
mandato assolto in sede penale dal delitto di utilizzo di fatture inesistenti.
Propone ricorso per cassazione l’Ufficio , affidato a due motivi, cui resiste con controricorso il contribuente.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 19 e 54 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 39, primo comma, lett. d) d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 , dell’art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), nonché degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., per avere la sentenza impugnata annullato le riprese . L’ufficio ricorrente premette, trascrivendo l’atto impositivo, che l’Ufficio ha contestato l’inesistenza soggettiva di sette fatture di acquisto dall’impresa individuale RAGIONE_SOCIALE, anche ai fini della indebita detrazione IVA, deducendone la natura di operatore fittizio ( missing trader ), nell’ambito di una frode IVA finalizzata a far ricadere sul suddetto fornitore gli obblighi IVA di acquisti di autovetture intracomunitarie, laddove il suddetto fornitore sarebbe stato fittiziamente interposto nella catena distributiva. Operata tale precisazione il ricorrente, nel ribadire che « la pretesa tributaria (…) si fonda sull ‘ inesistenza soggettiva delle operazioni non essendo stata contestata in alcun modo l’esistenza delle merci o la loro consegna » (pag. 10 ricorso), censura la sentenza impugnata:
nella parte in cui disconosce -in disparte la questione dell’indeducibilità dei costi – il diniego della indebita detrazione IVA da soggetto fittiziamente interposto;
nella parte in cui valorizza l’effettiva esistenza delle operazioni di acquisto delle autovetture per effetto della rivendita delle stesse ai terzi acquirenti, trattandosi nella specie di disconoscimento della
detrazione IVA per effetto di interposizione fittizia e non di inesistenza oggettiva delle operazioni sottostanti;
nella parte in cui desume l’esistenza oggettiva delle operazioni dall’esistenza di fatture e titoli di credito (assegni bancari), laddove nelle frodi carosello consumate a monte l’emissione di fatture e l’esistenza di mezzi di pagamento « fanno parte della tipica messa in scena nelle frodi carosello »;
nella parte in cui deduce la mancata prova del coinvolgimento del contribuente nella frode IVA consumata a monte, laddove il Diritto dell’Unione ricollega la prova del coinvolgimento nella frode consumata a monte della catena distributiva non a una consapevolezza soggettiva, bensì all’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere che il cessionario fosse in grado di sapere o avrebbe dovuto comunque sapere che l’operazione di acquisto si inscriveva in una evasione consumata a monte.
Con il secondo motivo si deduce in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, sesto comma Cost., 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché degli artt., 1, comma 2, 36, comma 2, nn. 2 e 4, 53, 54 d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ritenendo che la motivazione espressa nella sentenza impugnata è apparente e, in ogni caso, non avrebbe indicato, né spiegato per quali ragioni il giudice di appello ha ritenuto non decisivo il quadro istruttorio emerso in sede ispettiva.
Il primo motivo è fondato. L’Ufficio ricorrente ha contestato la soggettiva inesistenza delle fatture di acquisto al fine di accertare l’indebito esercizio della detrazione da parte del cessionario. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ove si verta in tema di corretto esercizio della detrazione in relazione a fatture di acquisto emesse da società prive di organizzazione o da soggetti interposti,
l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inserisse in una evasione dell’imposta dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi specifici, che il contribuente fosse a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo usando l’ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente. Ove l’Amministrazione assolva al proprio onere della prova, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto (Cass., Sez. V, 28 dicembre 2022, n. 37889; Cass., Sez. V, 13 luglio 2022, n. 22190; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2021, n. 40690; Cass., Sez. V, 17 agosto 2021, n. 22969; Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22107; Cass., Sez. V, 20 luglio 2021, n. 20648; Cass., Sez. V, 8 luglio 2021, n. 19387; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2020, n. 25426; Cass., Sez. V, 20 luglio 2020, n. 15369; Cass., Sez. V, 28 febbraio 2019, n. 5873; Cass., Sez. V, 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., Sez. V, 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., Sez. V, 20 aprile 2018, n. 9851; Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9721; Cass., Sez. U., 12 settembre 2017, n. 21105).
4. Tali principi riposano sulla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui la natura indebita della detrazione si configura nel caso in cui un soggetto passivo avrebbe dovuto sapere di partecipare, tramite l’operazione di cui trattasi e, in particolare, con il proprio acquisto, a un’operazione che si iscriveva in un’evasione dell’IVA commessa dal fornitore o da un altro operatore intervenuto a monte o a valle nella catena di cessione (Corte di Giustizia UE, 18 maggio 2017, Litdana, C624/15, punto 33; Corte di Giustizia UE, 18 dicembre 2014, N. 1272 .G. 6di 11 Est. F. Schoenimport «RAGIONE_SOCIALE»
NOME COGNOME, C-131/13, C-163/13 e C-164/13, punti 49 e 50; Corte di Giustizia UE, 6 dicembre 2012, COGNOME, C-285/11, punti da 38 a 40; Corte di Giustizia UE, 6 settembre 2012, NOMECOGNOME, C-273/11, punto 54; Corte di Giustizia UE, 21 giugno 2012, NOME e NOME, C-80/11 e C/142/11, punto 46; Corte di Giustizia UE; 6 luglio 2006, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, C- 439/04 e C440/04, punti 45, 46, 56); ragione per cui deve ritenersi esigibile da un accorto operatore commerciale l’adozione di tutte le misure che gli si possa ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a partecipare a una evasione di imposte (Corte di Giustizia UE, 17 dicembre 2020, n. Bakati Plus, C-656/19, punto 80; Corte di Giustizia UE, Corte di Giustizia UE, 17 ottobre 2019, Unitel, C-653/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 28 marzo 2019, Vin, C-275/18, punto 33; Corte di Giustizia UE, 8 novembre 2018, Cartrans Spedition, C-495/17, punto 41; Corte di Giustizia UE, Litdana, cit., punto 34).
Da tali principi vanno tratte le seguenti conclusioni. In primo luogo, è irrilevante la prova dell’esistenza oggettiva delle operazioni, posto che l’Ufficio si è limitato, come indicato nel ricorso, a disconoscere l’interposizione fittizia del fornitore al fine di evadere l’imposta sugli acquisti intracomunitari .
6. In secondo luogo, la prova dell’Ufficio (come anche la prova contraria del contribuente) non può attenere a circostanze meramente soggettive, ma deve riguardare l’adozione di tutte quelle cautele necessarie ed esigibili da un accorto operatore professionale che gli consentano di ritenere di avere preso parte di una frode IVA consumata a monte della catena distributiva. Giudizio di buona fede di carattere oggettivo, a commisurarsi allo standard di diligenza richiesto a un accorto operatore professionale che si trovi ad operare in analoghe condizioni di mercato (Cass., Sez. V, n. 37889/2022, cit.). Tale
standard di diligenza va, poi, commisurato alle circostanze del caso concreto, dovendo trarsi il giudizio di consapevolezza del contribuente della frode IVA commessa a monte in base a indizi oggettivi dai quali dedurre il fatto ignoto che un analogo operatore commerciale si sarebbe potuto avvedere della frode.
La sentenza impugnata non si è attenuta a tali principi e va cassata con rinvio, al fine di accertare l’esistenza di elementi oggettivi in base ai quali dedurre che il contribuente sapesse o dovesse sapere di avere preso parte a una frode IVA consumata a monte. Il secondo motivo è assorbito. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 14 febbraio 2024