LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatture soggettivamente inesistenti: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la decisione dei giudici di merito, negando la detrazione IVA a una società per l’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti. L’Agenzia delle Entrate ha fornito elementi presuntivi sufficienti a dimostrare la frode, mentre la società non è riuscita a provare la propria buona fede e l’inconsapevolezza di partecipare a un meccanismo evasivo, nonostante la formale regolarità delle scritture contabili.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Soggettivamente Inesistenti: L’Onere della Prova del Contribuente

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, affronta un tema cruciale per le imprese: la detraibilità dell’IVA in presenza di fatture soggettivamente inesistenti. Questa pronuncia ribadisce i principi consolidati sull’onere della prova, chiarendo quali elementi l’Amministrazione Finanziaria deve fornire e cosa deve dimostrare il contribuente per non perdere il diritto alla detrazione. Analizziamo insieme i punti salienti di questa decisione per comprendere meglio i doveri di diligenza richiesti agli operatori economici per proteggersi dal coinvolgimento in frodi fiscali.

I Fatti del Caso: Una Contestazione di Detrazione IVA

Una società si è vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione un’ingente somma a titolo di IVA per l’anno d’imposta 2010. La contestazione si fondava sulla presunta natura fittizia delle fatture emesse da uno dei suoi fornitori. Secondo l’Ufficio, le operazioni, pur essendo state materialmente eseguite, erano da considerarsi soggettivamente inesistenti. Il fornitore, infatti, era ritenuto una mera società “filtro”, interposta in un più ampio meccanismo di frode carosello, priva di una reale struttura operativa e con una gestione palesemente anti-economica.
La società contribuente ha impugnato l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno respinto i ricorsi, confermando la legittimità dell’operato dell’Agenzia. I giudici di merito hanno ritenuto che l’Amministrazione avesse fornito sufficienti elementi indiziari per provare l’esistenza della frode e che, di contro, la società acquirente non avesse dimostrato la propria buona fede e la propria inconsapevolezza di partecipare allo schema illecito.

La Decisione della Cassazione sulle fatture soggettivamente inesistenti

La società ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidandosi a sei motivi di doglianza che spaziavano dal difetto di motivazione dell’avviso di accertamento, alla violazione delle regole sull’onere della prova e all’errata valutazione delle prove presuntive. La Corte di Cassazione ha esaminato e rigettato integralmente il ricorso, dichiarando alcuni motivi inammissibili e altri infondati. La decisione finale ha confermato la condanna della società e l’indetraibilità dell’IVA contestata.

Le Motivazioni

La Corte ha chiarito in modo dettagliato la ripartizione dell’onere della prova in materia di fatture soggettivamente inesistenti. Il ragionamento dei giudici si articola sui seguenti punti cardine:

1. Onere dell’Amministrazione Finanziaria: Spetta all’Agenzia delle Entrate dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici (purché gravi, precise e concordanti), non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. In altre parole, l’Ufficio deve provare che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, usando l’ordinaria diligenza, della frode.

2. Elementi Indiziari Rilevanti: Nel caso di specie, l’Amministrazione aveva messo in luce una serie di indizi significativi a carico della società fornitrice: approvvigionamento quasi totale da un ristretto numero di altre società prive di struttura, mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali, gestione economica palesemente anomala con ricarichi esigui che non coprivano i costi operativi. Questi elementi, nel loro complesso, erano sufficienti a fondare la presunzione di una frode.

3. Onere del Contribuente: Una volta che l’Amministrazione ha fornito questi elementi, la palla passa al contribuente. A quest’ultimo incombe la prova contraria: deve dimostrare di aver agito in totale assenza di consapevolezza di partecipare alla frode e di aver adoperato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto. Non è sufficiente, a tal fine, la mera regolarità formale della contabilità o la prova dell’avvenuto pagamento. La Corte sottolinea che l’imprenditore deve approfondire la posizione del proprio fornitore se emergono segnali di anomalia.

4. Irrilevanza della Consulenza di Parte: La Cassazione ha inoltre ribadito un principio processuale importante: la consulenza tecnica di parte ha natura di mero atto difensivo e non costituisce una prova autonoma. Pertanto, il giudice di merito non è tenuto a confutarla analiticamente, essendo sufficiente che la sua motivazione sia incompatibile con le conclusioni del consulente.

Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per tutte le imprese. La lotta alle frodi IVA, in particolare quelle basate su fatture soggettivamente inesistenti, richiede un elevato standard di diligenza. Non basta assicurarsi che la merce venga consegnata e che la fattura sia formalmente corretta. È necessario adottare protocolli di verifica dei propri partner commerciali, specialmente in presenza di nuovi fornitori o di condizioni economiche anomale. La semplice acquisizione di una visura camerale non è considerata sufficiente a dimostrare la propria buona fede. Le aziende devono essere in grado di provare di aver fatto tutto il possibile, secondo l’ordinaria diligenza professionale, per accertarsi della reale sostanza economica e della correttezza fiscale dei propri fornitori, per non rischiare di vedersi negato il diritto alla detrazione dell’IVA e di subire pesanti sanzioni.

In caso di fatture soggettivamente inesistenti, su chi ricade l’onere della prova?
L’onere della prova è ripartito: l’Amministrazione Finanziaria deve provare, anche con presunzioni, gli elementi della frode e la consapevolezza (o la conoscibilità con ordinaria diligenza) del contribuente. Successivamente, spetta al contribuente dimostrare di aver agito in buona fede e di aver adottato tutte le cautele necessarie per non essere coinvolto nella frode.

Cosa deve fare un’impresa per dimostrare la propria buona fede?
Non è sufficiente dimostrare la regolarità formale delle scritture contabili o l’avvenuto pagamento. L’impresa deve provare di aver usato la massima diligenza richiesta a un operatore accorto, verificando la posizione del fornitore e approfondendo eventuali anomalie. La mera acquisizione di una visura camerale o l’iscrizione al registro delle imprese non è ritenuta una prova esaustiva della buona fede.

Una perizia di parte è considerata una prova decisiva per la Corte di Cassazione?
No. La Corte ribadisce che una perizia stragiudiziale di parte ha la natura di un mero atto difensivo, privo di autonomo valore probatorio. Il giudice non è obbligato a confutarla punto per punto, essendo sufficiente che la sua decisione si basi su motivazioni logicamente incompatibili con le conclusioni della perizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati