Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22128 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22128 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/08/2024
Oggetto: IVA – fatture per operazioni inesistenti
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10140/2022 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-ricorrente -contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto in Milano, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 296/11/2022, depositata il 3 febbraio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale della Lombardia accoglieva gli appelli proposti da RAGIONE_SOCIALE avverso le sentenze nn. 90-91/2/2021 della Commissione tributaria provinciale di Lecco che ne aveva respinto i ricorsi contro gli avvisi di accertamento IVA 2014-2015.
La CTR osservava in particolare che le pretese creditorie erariali erano infondate, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non aveva adeguatamente comprovato sia l’ inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture in contestazione ossia la natura di “cartiera” dell’emittente RAGIONE_SOCIALE sia la consapevolezza di tale circostanza da parte della società contribuente.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE deducendo quattro motivi.
Resiste con controricorso la società contribuente.
Considerato che:
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata della vizio motivazionale assoluto (motivazione apparente) in violazione degli artt. 36, d.lgs 546/1992, 112, 132, cod. proc. civ., 111, settimo comma, Cost.
La censura è infondata.
Va ribadito che «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più
varie, ipotetiche congetture» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01).
La motivazione della sentenza impugnata non corrisponde affatto ai paradigmi invalidanti di cui al citato consolidato arresto giurisprudenziale, poichè contiene una puntuale ed articolata argomentazione circa le statuizioni assunte, ben oltre il “minimo costituzionale” (v. Sez. U, 8053/2014).
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 9, 21, 54, dPR 633/1972, 109, dPR 917/1986, 2697, 2727, 2729, cod. civ., poiché la CTR ha affermato non esservi in atti prova adeguata dei fatti costitutivi RAGIONE_SOCIALE pretese creditorie erariali (fatturazione soggettivamente inesistente da parte della RAGIONE_SOCIALE e relativa consapevolezza di tale circostanza da parte dell’utilizzatrice società contribuente).
La censura è inammissibile.
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorrente non ha infatti articolatamente riprodotto le risultanze del PVC prodromico agli atti impositivi impugnati e ciò inibisce alla Corte di valutare se effettivamente l’accertamento in fatto negativo della natura di “cartiera” della società emittente RAGIONE_SOCIALE fatture in contestazione rappresenti o meno le denunciate violazioni di legge da parte del giudice tributario di appello.
In tal senso non possono considerarsi (auto)sufficienti i generici riferimenti a detto atto istruttorio contenuti nelle premesse narrative del ricorso RAGIONE_SOCIALEle.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.la ricorrente denuncia l’omesso esame di fatti decisivi controversi e con il quarto motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- si duole della violazione/falsa applicazione degli artt. 2700, 2729, cod. civ., sempre poiché la CTR ha negato la sussistenza di prove adeguate dell’inesistenza soggettiva RAGIONE_SOCIALE fatture de quibus .
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono inammissibili.
Va infatti ribadito che:
-«In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura é possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione» ( ex multis Cass., n. 26110 del 2015);
-«Con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Cass. n. 9097 del 07/04/2017);
«Il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della
sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante» (Cass., n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 – 01) e che «La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione» (Cass., n. 19547 del 04/08/2017, Rv. 645292 – 01).
Sulla base di tali consolidati e pienamente condivisibili arresti giurisprudenziali risulta evidente l’inammissibilità dei mezzi in
esame, in quanto collidenti con i limiti del giudizio di legittimità quali appunto tracciati dagli arresti stessi.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 14.000 per onorari, euro 200 per esborsi oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.
Cosi deciso in Roma 29 maggio 2024
Il presidente