Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7102 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7102 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23178/2017 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti e controricorrenti rispetto al ricorso incidentalecontro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO-VENEZIA n. 167/2017 depositata il 31/01/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con gli avvisi di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2011 per l’a.i. 2006, n. NUMERO_DOCUMENTO2011 per l’a.i. 2007 e NUMERO_DOCUMENTO/2011 per l’a.i. 2008 la. D.P. di Venezia dell’RAGIONE_SOCIALE delle entrate, sulla base dei rilievi contenuti nel PVC della compagnia di Mestre della Guardia di finanza in data 12 aprile 2011, rettificava le dichiarazioni presentate da RAGIONE_SOCIALE (esercente l’attività di commercio all’RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE), contestando l’indebita deduzione di costi documentati da fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE e ritenute relative ad operazioni oggettivamente inesistenti.
RAGIONE_SOCIALE presentava, con analoghi motivi, due separati ricorsi, il primo riguardante i primi due avvisi ed il secondo il restante.
2.1. La CTP di Venezia, con due analoghe sentenze, nn. 618/1/2014 dep. il 16 dicembre 2014 e 144/01/2015 dep. il 12 gennaio 2015, riqualificate le operazioni contestate come soggettivamente inesistenti, accoglieva parzialmente i ricorsi, riconoscendo la deducibilità dei costi ai fini dell’IRES e dell’IRAP, ma confermando l’indetraibilità dell’IVA ad essi relativa.
Proponevano appello l’RAGIONE_SOCIALE in INDIRIZZO principale ed RAGIONE_SOCIALE in via incidentale.
3.1. La CTR del Veneto, acquisita la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE dalle imputazioni ascrittegli perché il fatto non sussiste, riuniva i ricorsi e, con la sentenza di cui in epigrafe, dopo ampio riassunto delle deduzioni
delle parti in appello, rigettava entrambe le impugnazioni, confermando integralmente le sentenze di primo grado.
3.2. Così motivava:
Osserva: questa Commissione condivide le conclusioni del giudice di primo grado. In effetti, pur riconoscendo il fatto che la società sia stata considerata vitale dalla sentenza del tribunale di Venezia, non è possibile ignorare che il COGNOME era decaduto dalla carica e che risulta unico intermediario nelle operazioni commerciali oggetto di fatturazione e, quindi, soggetto diverso rispetto al soggetto emittente della fattura; ciò non vuol dire che le operazioni siano inesistenti: vi sono riscontri contabili e nessuna prova che il denaro, in tutto o in parte sia ritornato indietro.
Propongono ricorso per cassazione COGNOME NOME , nella qualità di legale rappresentante ed ex socio di RAGIONE_SOCIALE, e COGNOME NOME , nella qualità di ex socio di RAGIONE_SOCIALE, con sei motivi; resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, spiegando altresì ricorso incidentale con tre motivi. Resistono con controricorso i contribuenti al ricorso incidentale. I medesimi depositano altresì memoria telematica datata 2 febbraio 2024.
Considerato che:
Nella graduazione logica dei motivi del ricorso principale, assume rilievo prioritario, siccome potenzialmente decisivo, il quinto.
Con tale motivo si denuncia, in primo luogo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., inesistenza e/o nullità degli avvisi ‘per carenza del potere dirigenziale del delegato, che ha sottoscritto l’avviso di accertamento in mancanza della qualifica di dirigente’; violazione dell’art. 42 DPR n. 600 del 1973; in secondo
luogo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia: violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Sin dal primo grado NOME eccepiva che gli avvisi erano ‘sottoscritti da funzionario indicato quale direttore’: non era stato indicato se tale funzionario possedesse la qualifica dirigenziale necessaria per poter ricoprire il ruolo di direttore dell’Ufficio e di sottoscrittore degli avvisi’. NOME formulava appello incidentale sul punto. La CTR ha omesso di pronunciare. ‘L’onere di provare che il funzionario sottoscrittore avesse agito munito dell’apposita, preventiva, espressa e motivata delega è posto a carico dell’Amministrazione . Ma se l’Ufficio non allega la delega già all’avviso di accertamento, è evidente che il contribuente ha il diritto di contestare il mancato assolvimento dell’onere probatorio e la mancanza di valida delega’.
2.1. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
La CTR si è pronunciata sulla questione introdotta dal motivo, confermando integralmente la sentenza di primo grado, anche nella parte in cui, quindi, ‘in punto di sottoscrizione degli avvisi di accertamento’, osservava ‘che questa è conforme alle previsioni e statuizioni del citato art. 42 DPR 600/73’ (ultime due righe della penultima facciata della sentenza di primo grado).
A fronte di ciò, il motivo non specifica quale fosse il tenore preciso della contestazione formulata in primo grado: se in riguardo al difetto della qualifica dirigenziale in capo al sottoscrivente quale ‘direttore’ ovvero se in riguardo al difetto di delega in capo al sottoscrivente in vece del ‘direttore’. Siffatta ambiguità permane nella formulazione letterale della devoluzione a questa Suprema Corte laddove si afferma che ‘l’onere di provare che il funzionario
sottoscrittore avesse agito munito dell’apposita delega è posto a carico dell’Amministrazione’.
L’evidenziato difetto di precisione ed altresì di autosufficienza è tanto più rimarchevole alla luce dell’osservazione di cui al controricorso (p. 17) secondo cui la contestazione in primo grado riguardava la validità degli avvisi in quanto ‘dovevano essere sottoscritti dal direttore dell’Ufficio provvisto di qualifica dirigenziale. Per contro, in appello (cfr. la pagina 13) ed a seguito della produzione in giudizio da parte dell’Ufficio delle deleghe di firma , il contribuente aveva contestato la validità degli avvisi assumendo che il funzionario delegato alla firma il possesso della qualifica dirigenziale, conseguita all’esito di apposito concorso’.
Sicché il motivo è altresì inammissibile perché, non facendo menzione della produzione agenziale di cui è riferito invece in controricorso, non si confronta con il contenuto dei relativi documenti, ‘a fortiori non riprodotto’.
Esso è comunque manifestamente infondato.
Costituisce, infatti, insegnamento ricevuto di questa Suprema Corte (cfr., ‘ex multis’, Cass. n 28850 del 2019) quello a termini del quale ‘la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ex art. 42 del d.P.R. n. 600 del 1973 ha natura di delega di firma -e non di funzioni -poiché realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della
corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa’: talché, in definitiva, le vicende attinenti alla delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento, non acquisendo ‘rilevanza esterna’, rappresentano esercizio di poteri organizzativi meramente interni all’Ufficio, insindacabili, viepiù in cassazione, a misura che, come nella specie, non si contesti la riferibilità dell’avviso all’Ufficio stesso, come espressione dei suoi poteri.
Sotto altro profilo, è parimenti ricevuto in giurisprudenza (cfr., da ult., Cass. n. 5177 del 2020) il principio per cui, ‘in tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto RAGIONE_SOCIALE per il quadriennio 2002 -2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012′.
Con il primo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., vizio di ‘extra petitio’, rispetto alla motivazione della pretesa cristallizzata negli avvisi di accertamento: violazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990, dell’art. 56 DPR n. 633 del 1972 e dell’art. 112 c.p.c.
3.1. ‘Le sentenze di primo grado riconoscevano l’esistenza oggettiva delle operazioni di assistenza alle vendite, ma ne affermavano l’inesistenza soggettiva’. Esse scrivevano: ‘Si rileva infatti come tutte le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE non rappresentino una fornitura di prodotti ma esclusivamente prestazioni di servizi resi quali ‘assistenza alla vendita di prodotti siderurgici’ (vedi copie fatture allegate al pvc)’;
‘dagli elementi emergenti in ricorso appare del tutto evidente come le fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE siano soggettivamente inesistenti’.
La sentenza impugnata viola le disposizioni indicate in rubrica ‘stabilendo che le operazioni contestate sarebbero state soggettivamente inesistenti, mentre gli avvisi contestavano operazioni ‘oggettivamente inesistenti’ (come espressamente scritto in tutti gli avvisi)’.
3.2. Il motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
Esso è inammissibile perché non riproduce le devoluzioni alla CTR circa la contestazione della qualificazione delle operazioni, già ritenuta dalla CTP, come soggettivamente, anziché oggettivamente, inesistenti. Il ricorso (cfr . p. 18) si limita assai genericamente ad affermare che RAGIONE_SOCIALE, negli appelli incidentali, ‘sotto numerosi profili contestava la qualificazione da parte delle sentenze di primo grado delle operazioni come ‘soggettivamente inesistenti’ e l’indetraibilità dell’IVA’. Risulta pertanto disatteso il costante principio secondo cui, ‘nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del ‘fatto processuale’, intanto può
esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi’ (cfr., da ult., Cass. n. 28072 del 2021).
Esso è, altresì e comunque, infondato.
Insegna infatti questa Suprema Corte che non sussiste vizio di extrapetizione a misura che il giudice di merito si limiti a dare una diversa qualificazione dei fatti posti a fondamento della pretesa impositiva.
Più precisamente – come rilevato, ad es., da Cass. n. 33050 del 2019 – ‘nel processo tributario di appello, la novità della domanda deve essere valutata con riguardo ai presupposti di fatto e di diritto posti a fondamento dell’atto impositivo oggetto di ricorso, poiché il processo tributario ha natura impugnatoria e, pertanto, l’Ufficio assume la veste di attore in senso sostanziale, in quanto la pretesa impositiva è quella risultante dall’atto impugnato, sia sul piano del ‘petitum’ che su quello della ‘causa petendi’ (Cass., 27 giugno 2019, n. 17231). Inoltre, si è chiarito che, nel processo tributario d’appello, l’Amministrazione finanziaria non può mutare i termini della contestazione, deducendo motivi diversi da quelli contenuti nell’atto di accertamento, in quanto il divieto di domande nuove previsto al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, al quale non è consentito, innanzi al giudice del gravame, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo e, dunque, sul piano della ‘causa petendi’, da quelle recepite nell’atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di
ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell’atto stesso risulta esposto (Cass., 10 maggio 2019, n. 12467)’.
Nondimeno nella specie – in termini sovrapponibili a quanto osservato dalla citata Cass. n. 33050 del 2019 – ‘non v’è stata alcuna ‘mutatio libelli’, in quanto la Commissione regionale si è limitata a qualificare in modo diverso il medesimo fatto, costituito dalla emissione di fatture false da parte nei confronti della . Il fatto costitutivo della pretesa tributaria era, quindi, rappresentato dalla circostanza che la emetteva fatture false nei confronti della ‘.
Può a questo punto procedersi all’enunciazione congiunta, per economia espositiva, dei successivi tre motivi del ricorso principale e degli altrettanti del ricorso incidentale.
Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1754 e 2475 -bis cod. civ., dei principi civilistici sui negozi giuridici, degli artt. 19, 21 e 54 DPR n. 633 del 1972, della VI direttiva IVA e dell’art. 168, lett. a,) della direttiva n. 112 del 2006.
5.1. A differenza di quanto ritenuto dalla RAGIONE_SOCIALE, un’attività materiale, e non giuridica, qual è quella di assistenza alle vendite, non necessita di essere compiuta dal legale rappresentante di una società e se una persona fisica svolge detta attività, è la società che deve emettere la fattura.
Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., esistenza sotto il profilo soggettivo delle operazioni per cui è causa: violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 DPR n. 633 del 1972, della
VI direttiva IVA e dell’art. 168, lett. a), della direttiva n. 112 del 2006.
6.1. ‘La sentenza applica erroneamente i principi in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, perché la circostanza che la persona fisica che effettua la prestazione sia ‘soggetto diverso rispetto al soggetto emittente della fattura’ ricorre nel 100% dei casi nei quali la prestazione sia fornita da una persona giuridica’.
Con il quarto motivo del ricorso principale si denuncia, in primo luogo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., in punto di elemento soggettivo delle operazioni soggettivamente inesistenti: violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21 e 54 DPR n. 633 del 1972 e dell’art. 10 Cost. con riferimento alla violazione della giurisprudenza UE e dei principi comunitari sull’IVA; in secondo luogo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., omessa pronuncia: violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
7.1. ‘Nella motivazione della sentenza non vi è il minimo cenno sull’elemento soggettivo delle operazioni soggettivamente inesistenti’; né la CTR vaglia ‘se l’AF adempiuto l relativo onere della prova’.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., violazione degli artt. 115, 116 e 132 cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. e degli artt. 26, 53 e 61 D.Lgs. n. 546 del 1992.
8.1. La CTR ha respinto gli appelli dell’Ufficio limitandosi ad affermare di condividere le conclusioni della CTP. Trattasi tuttavia di conclusione apodittica, che in nessun modo esplicita l”iter’ logico -giuridico seguito per la decisione.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o
falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ., dell’art. 39, comma 1, lett. d), DPR n. 600 del 1973, dell’art. 109 tuir, dell’art. 54, comma 5, DPR n. 633 del 1972, degli artt. 5 e 25 D.Lgs. n. 446 del 1997, dell’art. 17 della direttiva n. 77/388/CE, dell’art. 167 della direttiva n. 2006/112/CE, dell’art. 654 cod. proc. pen. e dell’art. 20 D.Lgs. n. 74 del 2000.
9.1. I recuperi fondavano sulle risultanze delle indagini effettuate nel procedimento penale, da cui era risultato che RAGIONE_SOCIALE, fornitrice di RAGIONE_SOCIALE, oltre che della contribuente, sistematicamente emetteva fatture per operazioni inesistenti; sulle dichiarazioni del nuovo A.U. Dott.ssa COGNOME NOME (nominata, dietro impulso dell’A.G., per la sostituzione del COGNOME colpito da fallimento in proprio), secondo cui, sin dal 2004, RAGIONE_SOCIALE risultava aver cessato qualsiasi attività, sì da dover essere posta in liquidazione, una volta liquidate le partite debitorie; sulla circostanza che le prestazioni fornite alla contribuente sarebbero consistite in assistenza alla vendita di prodotti siderurgici, allorquando la contribuente aveva effettuato cessioni nei confronti di un solo cliente. L’onere probatorio incombente sulla parte pubblica è limitato alla dimostrazione, anche per presunzioni, dell’inesistenza delle operazioni, spettando a chi fa uso delle corrispondenti fatture fornire la prova contraria, che non può consistere nella regolarità formale dei documenti e dei pagamenti. Irrilevante è l’intervenuta assoluzione del legale rappresentante della contribuente in sede penale.
Con il terzo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo e controverso.
‘Le affermazioni della CTR di Venezia, già censurate con i precedenti motivi di ricorso, manifestano, in realtà, l’omesso esame
dei fatti decisivi costituiti dall’avvenuta contabilizzazione da parte della società RAGIONE_SOCIALE di operazioni passive ‘oggettivamente inesistenti”.
Nel potere di graduazione dei motivi – che compete a questa Suprema Corte di esercitare – assume priorità logico -giuridica il complesso dei motivi del ricorso incidentale. Questi, infatti, sono volti a contestare in radice il giudizio della CTR in ordine all’effettiva sussistenza delle prestazioni di cui alle fatture; mentre, invece, i motivi dal secondo al quarto del ricorso principale sono volti a censurare il giudizio della CTR, necessariamente postergato, in ordine alla ricorrenza di un’ipotesi di operazioni ‘solo’ soggettivamente inesistenti: operazioni, cioè, di per se stesse esistenti, ma non promananti dal soggetto che appare in fattura.
Tutti e tre i motivi del ricorso incidentale sono a tratti inammissibili ed a tratti infondati.
Deve premettersi, con riferimento al primo, che esso è infondato perché la CTR non si limita ‘sic et simpliciter’ a prestare adesione alla sentenza della CTP, ma esprime, sia graficamente che soprattutto contenutisticamente, una propria autonoma motivazione, sottolineando come, anche a tenere in considerazione la ‘vitalità’ di RAGIONE_SOCIALE ritenuta dalla sentenza penale, tuttavia a venire in rilievo era ineludibilmente la posizione del COGNOME, ‘unico intermediario nelle operazioni commerciali oggetto di fatturazione’ e nondimeno ‘decaduto dalla carica’: quindi non più in grado di spendere il nome di RAGIONE_SOCIALE e di impegnarla contrattualmente.
12.1 Proprio l’effettività, in punto di contenuto, di tale motivazione rende conto dell’inammissibilità e comunque infondatezza del secondo e del terzo motivo.
Essi sono inammissibili perché, in buona sostanza, mirano a sollecitare a questa Suprema Corte una nuova rivalutazione del materiale istruttorio già apprezzato dalla CTR, in violazione di canoni e limiti del giudizio di cassazione come momento di mero controllo della legalità degli atti oggetto di ricorso.
Essi poi sono altresì infondati perché effettuano tale sollecitazione senza confrontarsi -in disparte che con l’accertamento del giudice penale, solo concessivamente recepito dalla CTR (‘… pur riconoscendo il fatto che …’), circa la suddetta ‘vitalità’ di RAGIONE_SOCIALE – con l’accertamento direttamente compiuto dalla CTR medesima circa l’essere risultato il COGNOME, comunque ed in ogni caso, ‘unico’, e perciò ‘a priori’ effettivo, ‘intermediario’ – a prescindere da RAGIONE_SOCIALE – delle operazioni registrate in contabilità: talché i motivi – che non censurano siffatto secondo diretto accertamento della CTR – si rivelano decentrati rispetto alla vera ‘ratio decidendi’ addotta dalla medesima, siccome riferiti (in via di mera riproposizione della posizione originariamente rassegnata negli avvisi) a COGNOME RAGIONE_SOCIALE, in realtà uscita dall’orbita motivazionale della sentenza impugnata per lasciar spazio unicamente al COGNOME.
Le superiori considerazioni rendono conto altresì dell’inammissibilità ed infondatezza dei residui motivi del ricorso principale (secondo, terzo e quarto).
13.1. Inammissibile è il secondo motivo.
Premesso che – come dicevasi – non ‘funditus’, ma solo concessivamente, la CTR ha recepito l’assunto della ‘vitalità’ di RAGIONE_SOCIALE di cui alla sentenza penale, il motivo non allega la diversa qualifica – rispetto a quella di legale rappresentante eventualmente rivestita dal COGNOME in seno alla suddetta RAGIONE_SOCIALE sì da poterla comunque giuridicamente impegnare. All’uopo non giova l’allegazione della qualità di socio al 50% di COGNOME
COGNOME, che, differentemente da quanto opinato nel ricorso e nel controricorso al ricorso incidentale, al più consente all’agente di operare in via di mero fatto per conto della partecipata.
1.3.2. Il terzo motivo segue le sorti del precedente.
La circostanza che nella totalità dei casi di prestazione fornita da una persona giuridica la persona fisica che effettua la prestazione è diversa dalla persona giuridica che emette la fattura muove dal presupposto fattuale che alla persona giuridica sia imputabile la fornitura della prestazione, dovendone conseguire che alla medesima incomba di emettere la relativa fattura. Ora, nell’opporre tale circostanza alla sentenza impugnata, il motivo dà per scontato ciò che in realtà avrebbe dovuto dimostrare: ossia che il COGNOME agisse comunque – a prescindere dalla ‘decadenza dalla carica’ rilevata dalla CTR – per RAGIONE_SOCIALE, di guisa da potersi concludere che la prestazione, per il tramite del primo, promanasse dalla seconda.
Ma nessuna allegazione ed ‘a fortiori’ nessuna prova consta essere stata sul punto concretamente introdotta.
14.1. Venendo infine al quarto motivo, esso è infondato.
Non corrisponde al vero che la CTR abbia omesso di pronunciare sul profilo dell’elemento soggettivo, dovendosi piuttosto ritenere che la medesima abbia pronunciato anche su tale profilo, sebbene implicitamente, nel senso della sua sussistenza.
Né tale ritenuta sussistenza incorre nelle denunciate violazioni di legge.
Ad avviso della CTR – come detto – il COGNOME era l”unico intermediario nelle operazioni commerciali oggetto di fatturazione’.
Ora, si verteva pacificamente di rapporti diretti tra RAGIONE_SOCIALE ed il COGNOME, giacché era questi, finanche mutuando la formulazione del terzo motivo, ad effettuare (materialmente) la prestazione.
In tale contesto, le qualità soggettive del COGNOME – emergenti, con riferimento alla dichiarazione di fallimento ed alle relative conseguenze in punto di ‘decadenza dalla carica’ di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE, dagli atti di causa e per ciò stesso a disposizione del giudice ai fini della verifica in ordine alla concreta sussistenza degli elementi tipici della fattispecie – si palesavano nella prospettiva di RAGIONE_SOCIALE ed in ragione del regime di pubblicità che assiste la dichiarazione di fallimento – automaticamente rilevanti per la non imputabilità degli effetti della prestazione del medesimo alla suddetta RAGIONE_SOCIALE. Un tanto – in perfetta armonia con la giurisprudenza interna ed unionale citata nel motivo, ed ancora ampiamente in memoria, in tema di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti – determinava l’onere per RAGIONE_SOCIALE di fornire la prova contraria, riguardante la fattuale impossibilità di avere contezza dell’irregolarità nonostante l’attivazione di un’ordinaria diligenza (peraltro comunemente praticata nei rapporti imprenditoriali): onere, invece, inadempiuto.
In definitiva: entrambi i ricorsi vanno integralmente rigettati.
La soccombenza reciproca giustifica la compensazione delle spese.
NOME NOME e NOME NOME dovranno, sussistendone i presupposti, esser tenuti al versamento del cd. doppio contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta entrambi i ricorsi principale ed incidentale.
Compensa integralmente tra le parti le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di COGNOME NOME e di COGNOME NOME , di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso a Roma, lì 14 febbraio 2024.