Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5340 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5340 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18020/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME AGOSTINO
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del VENETO n. 99/2018 depositata il 24/01/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, a seguito della notifica di un questionario, dell’esame della contabilità prodotta dalla parte e di un successivo contraddittorio, giusta avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, contestava a COGNOME NOME , titolare di impresa di trasporto e montaggio mobili per conto di terzi, in relazione all’a.i. 2010, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette ed indirette, l’indebita deduzione di costi relativi a quattro fatture emesse da COGNOME NOME , titolare di omonima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, siccome ritenute non inerenti ex art. 109, co. 5, TUIR perché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti.
Invero (a termini della sentenza impugnata): ‘1) i costi dedotti erano sprovvisti del requisito dell’inerenza in quanto il prestatore del servizio non aveva presentato il modello unico 2011 ma soltanto la dichiarazione IVA, nella quale non era stata riportata alcuna operazione attiva e passiva; 2) il COGNOME non era stato in grado di fornire alcun contratto in ordine ai lavori commissionati, né aveva dimostrato che gli stessi fossero stati eseguiti a giustificazione del corrispettivo dovuto al COGNOME, né le prove dei pagamenti gli estratti dei c/c bancari dai quali pote evincersi l’effettività dei pagamenti effettuati; 3) il COGNOME svolge attività prevalentemente RAGIONE_SOCIALE, incompatibile con gli importi fatturati ‘.
La CTP di RAGIONE_SOCIALE, adita dal contribuente, con sentenza n. 278/1/2015, accoglieva il ricorso.
Proponeva appello l’Ufficio, rigettato dalla CTR del Veneto, con la sentenza in epigrafe, sulla base, essenzialmente, della seguente motivazione:
e presunzioni utilizzate dall’Ufficio impositore per far scattare l’avviso di accertamento sono destituite di fondamento giuridico .
attività prestata dal RAGIONE_SOCIALE è compatibile con la prestazione richiesta e fatturata , avendo
collaborato per diversi anni con il titolare della ditta addetta al trasporto e montaggio di mobili per conto della RAGIONE_SOCIALE .
In ordine alla contestazione, con la quale l’Ag.E. deduce che i pagamenti non erano tracciabili in quanto sarebbero avvenuti in contanti, il Collego osserva, a parte l’infelice affermazione, che l’Ufficio avrebbe dovuto quantomeno verificare gli estratti dei c/c bancari del COGNOME, atteso che lo stesso in sede di contraddittorio con l’Ufficio aveva dichiarato che parte dei pagamenti al RAGIONE_SOCIALE erano stati effettuati in contanti sintomatico, a tal fine, è il flusso dei prelievi bancomat nel corso dell’anno 2010, pari a circa 134.000, a fronte di pagamenti dovuti al collaboratore di euro 44.388, e a volte anche mediante il rilascio di assegni bancari di c/c.
n sede di dibattimento penale la funzionaria dell’Ufficio impositore dichiarava che l’Ufficio ‘non ha svolto alcun approfondimento in merito agli assegni emessi dal COGNOME NOME nell’anno 2010 e ivi registrati in addebito pur avendo egli riferito all’Ufficio che i pagamenti al RAGIONE_SOCIALE avvenivano anche tramite assegni’.
E, inoltre, il giudice penale così si esprime: ‘Per quanto concerne l’attività svolta dal RAGIONE_SOCIALE, dalla deposizione della funzionaria è emerso che questi aveva una partita IVA registrata come agricoltore e faRAGIONE_SOCIALEme, pertanto si può ragionevolmente ritenere che l’imputato (n.d.r. il RAGIONE_SOCIALE) abbia esperienza in tema di montaggio di mobilia; pertanto, l’attività prestata al COGNOME ed oggetto di successiva fatturazione appare pienamente compatibile’.
Le motivazioni addotte dal giudice penale per mandare assolto il COGNOME sono pienamente condivisibili e spiegano la loro efficacia anche in questo giudizio tributario, atteso che le
presunzioni poste a base dell’accertamento operato dall’Ufficio sono prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza e, dunque, inefficaci.
Propone ricorso per cassazione l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo; il contribuente resta intimato.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: violazione e falsa applicazione dell’art. 109 tuir; degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. e dell’art. 654 cod. proc. civ., anche nel relativo combinato disposto, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.’.
1.1. ‘Il contribuente non ha ottemperato all’onere, su di sé gravante, di provare la deducibilità dei costi ‘de quibus’ e, anzi, sulla scorta della documentazione dimessa, emergeva la non inerenza dei costi contestati, i quali di conseguenza non sono legittimamente deducibili’. ‘Ufficio ha analizzato la documentazione prodotta’, relativamente ai ‘compensi pagati all”RAGIONE_SOCIALE‘, di cui alle seguenti fatture ‘: segue l’elenco RAGIONE_SOCIALE fatture recanti numero, data di emissione, importo e, tutte, la dicitura: ‘Descrizione: ‘prestazioni di manodopera presso Vs. cantieri, con vostri mezzi nel periodo ‘. ‘È altrettanto incontestato che il sig. COGNOME NOME per l’anno di imposta 2010 non ha presentato dichiarazione modello unico ed ha presentato la dichiarazione Mod. IVA con totale operazioni attive e passive pari a zero. Alla luce RAGIONE_SOCIALE pacifiche evidenze fattuali sopra esposte, l’Ufficio ha ritenuto, in diritto, che il componente negativo derivante dalle quattro fatture emesse dall’RAGIONE_SOCIALE fosse sprovvisto del requisito dell’inerenza ex art. 109, comma 5, tuir in quanto relativo ad operazioni oggettivamente inesistenti. Ad ulteriore conferma di quanto evidenziato è bene precisare che: a) non è stato fornito il contratto, né alcun criterio utilizzato per la determinazione del corrispettivo dovuto al sig. COGNOME, né risulta ‘specificamente’
dimostrata l’esecuzione di alcun lavoro a giustificazione del presunto corrispettivo dovuto al sig. COGNOME‘: b) non è stata fornita ‘specifica’ prova dei pagamenti, né i numerosi estratti conto sono idonei a dimostrare l’effettività di tali pagamenti al sig. COGNOME; c) il sig. COGNOME nell’anno in questione attività (RAGIONE_SOCIALE) del tutto diversa da quella fatturata, e neppure ha indicato nella dichiarazione dei redditi gli importi fatturati al sig. COGNOME; d) la descrizione RAGIONE_SOCIALE fatture in atti non appare ‘neppure astrattamente’ compatibile con l’attività realmente svolta dal sig. COGNOME‘. Anche a voler in ipotesi ritenere effettuate le prestazioni, è obiettivamente carente, alla luce RAGIONE_SOCIALE fatture, il requisito dell’inerenza. Le prestazioni non sono state provate -‘né il contrario attesta la stessa impugnata sentenza’ ad esempio mediante produzione RAGIONE_SOCIALE commesse dei clienti, mentre ‘le mere dichiarazioni di parte sono indiscutibilmente prive di valore probatorio’, ‘è pacifico del resto che per il 2010 il COGNOME ha fatturato al COGNOME l’importo complessivo di euro 36.990,00, che rappresenta addirittura il 48% dei componenti negativi dichiarati nel 2010 dal COGNOME, con un’incidenza sui ricavi del 28%)’. ‘Ignorando in diritto tutto quanto sopra, la sentenza oggi impugnata, ulteriormente errando, liquida la questione con riferimento ad alcune valutazioni rese nell’ambito del parallelo processo penale’. ‘Ebbene il ‘dictum’ penale non ha affermato la dimostrata esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, ma in sostanza solo che ‘non si può affermare (con certezza) che esse siano inesistenti”.
Il motivo è fondato e merita accoglimento.
2.1. La sentenza impugnata – nell’annettere, come visto, decisiva valenza al giudicato penale assolutorio (‘le motivazioni addotte dal giudice penale spiegano la loro efficacia anche in questo giudizio tributario’), così violando il principio per cui ‘la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula ‘perché il fatto non sussiste’, non spiega
automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare’ (Sez. 5, n. 17258 del 27/06/2019, Rv. 654693 -01) – ha pretermesso una complessiva valutazione degli indizi offerti dall’Amministrazione a sostegno della tesi dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni documentate dalle quattro fatture emesse dal RAGIONE_SOCIALE.
In tal guisa, essa ha violato una serie di insegnamenti consolidati nella giurisprudenza di legittimità, così riassumibili:
-‘in tema di IVA, una volta che l’Amministrazione finanziaria dimostri, anche mediante presunzioni semplici, l’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente, ai fini della detrazione dell’IVA e/o della deduzione dei relativi costi, provare l’effettiva esistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni contestate, non potendo tale onere ritenersi assolto con l’esibizione della fattura, ovvero in ragione della regolarità formale RAGIONE_SOCIALE scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, in quanto essi vengono di regola utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (cfr. da ult. Sez. 5, n. 28628 del 18/10/2021, Rv. 662471 -01);
-‘il diritto alla detrazione dell’imposta non sorge per il solo fatto dell’avvenuto pagamento dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì, l’inerenza dell’operazione all’impresa, requisito questo mancante in relazione all’IVA corrisposta per operazioni (anche parzialmente) oggettivamente inesistenti, stante la sua inidoneità a configurare un pagamento a titolo di rivalsa in quanto costituente un costo non inerente all’attività dell’impresa e potenziale espressione di distrazione verso finalità ulteriori e
diverse, tali da spezzare il detto nesso di inerenza’ (Sez. 5, n. 8919 del 14/05/2020, Rv. 657654 -01);
-‘una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova, anche mediante elementi indiziari, dell’oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, spetta al contribuente dimostrarne, di contro, l’effettiva esistenza, senza che, tuttavia, sia sufficiente a tal fine l’esibizione della fattura, documentazione di solito utilizzata proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia’ (Sez. 5, n. 26453 del 19/10/2018, Rv. 650797 -01).
2.2. Più in generale, sul tema della deducibilità dei costi, vale il principio che ‘la deducibilità di costi ed oneri richiede la loro inerenza all’attività di impresa, da intendersi come necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità -anche solo potenziale ed indiretta -secondo valutazione qualitativa e non quantitativa, la cui prova, in caso di contestazioni dell’amministrazione finanziaria, è a carico del contribuente, dovendo egli provare e documentare l’imponibile maturato e, quindi, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto di impresa perché in correlazione con l’attività di impresa e non ai ricavi in sé’ (Sez. 5, n. 24880 del 18/08/2022, Rv. 665495 -01).
2.3. Quanto, poi, alle risultanze descrittive RAGIONE_SOCIALE fatture, vale il principio che ‘una fattura che in un’unica descrizione accorpi attività dai contenuti più disparati non consente d’identificare l’oggetto della prestazione, di cui deve indicare natura, qualità e quantità, e non risponde alle finalità di trasparenza e conoscibilità di cui all’art. 21 del d.P.R. n. 633 del 1972, funzionali alle attività di controllo e verifica dell’Amministrazione finanziaria’: talché, oltre a ricorrere gli estremi per ‘l’irrogazione di sanzione ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. n. 471 del 1997’ (Sez. 5, n. 21980 del 28/10/2015, Rv.
637197 -01), è legittima l’indeducibilità dei costi ‘in ragione della genericità e laconicità della descrizione della prestazione in fattura e nel contratto regolante il rapporto fra due società e della conseguente impossibilità per il fisco di verificare analiticamente ed adeguatamente l’inerenza della spesa, tanto più necessaria atteso il suo ingente ammontare’ (Sez. 5, n. 21184 del 08/10/2014, Rv. 632824 -01). Del resto, sulla medesima linea, ricorre l’affermazione secondo cui, ‘in tema di IVA, ai fini della detrazione, le fatture per prestazioni di servizi devono contenere l’indicazione dell’entità e della natura degli stessi, nonché la specificazione della data nella quale sono stati effettuati o ultimati, come previsto dall’art. 226, punti 6 e 7, della direttiva 2006/112/CE: peraltro, l’Amministrazione finanziaria deve tenere conto anche RAGIONE_SOCIALE informazioni complementari eventualmente fornite dal soggetto passivo d’imposta, come si evince dall’art. 219 della detta direttiva, che assimila alle fatture tutti i documenti o messaggi che modificano o fanno specifico e inequivoco riferimento ad esse’ (Sez. 5, n. 29290 del 14/11/2018, Rv. 651606 -01; identicamente, più di recente, Sez. 5, n. 18208 del 24/06/2021, Rv. 661789 -01, relativamente ad una ‘fattispecie in tema di maggiori ricavi derivanti da cessione di unità immobiliari in cui l’Amministrazione ha ritenuto indeducibili i costi riportati in fatture emesse a lavori già ultimati e non riportanti natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto dell’operazione’).
2.4. Sotto altro profilo, in tema di prova per presunzioni, mediante la quale, come appena visto, l’Amministrazione può dimostrare l’oggettiva insussistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni, vige il principio secondo cui ‘il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola
necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che deve ritenersi censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento’ (Sez. 3, n. 9059 del 12/04/2018, Rv. 648589 -01.
In specificazione del principio di cui innanzi s’è ulteriormente precisato che ‘il giudice è tenuto, ai sensi dell’art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni ‘gravi, precise e concordanti’, laddove il requisito della ‘precisione’ è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della ‘gravità’ al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della ‘concordanza’, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia -di regola -desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro
combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un’analisi atomistica degli stessi. Ne consegue che la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione RAGIONE_SOCIALE circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma’ (Sez. 2, n. 9054 del 21/03/2022, Rv. 664316 -01).
2.5. In buona sostanza, la CTR
-anzitutto, non ha tenuto in alcuna considerazione gli indizi di oggettiva inesistenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni somministrati dall’Amministrazione, omettendone ‘a fortiori’ una valutazione d’insieme in un quadro nel complesso coerente: ciò, segnatamente, in riferimento alla presentazione, da parte del COGNOME, di dichiarazione con ricavi e reddito d’impresa pari a zero; alla natura di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della sua attività; alla mancata indicazione di alcun criterio per la determinazione dei, viepiù notevoli e ripetuti, compensi; al disallineamento della descrizione RAGIONE_SOCIALE prestazioni contenute nelle fatture rispetto alla natura RAGIONE_SOCIALE stesse siccome ritenute (sostanzialmente, per utilizzare le parole della sentenza penale, ‘montaggio di mobilia’); all’obiettiva genericità in sé di siffatta descrizione; all’incidenza dei costi sostenuti per le prestazioni del RAGIONE_SOCIALE sul totale dei costi di esercizio ed alla reiterazione negli anni dell’utilizzo di identiche fatture emesse dal medesimo nelle medesime condizioni;
-in secondo luogo, ha addossato all’Amministrazione oneri di ‘approfondimento’, in specie ‘in merito agli assegni emessi dal ‘, che non le competevano, giacché, raggiunta dall’Amministrazione la prova anche indiziaria dell’oggettiva inesistenza (ciò che, come subito si vedrà, competerà al giudice di rinvio accertare), spetta a chi si avvale RAGIONE_SOCIALE relative fatture fornire rigorosa prova contraria, sia dell’esistenza in sé RAGIONE_SOCIALE prestazioni che, ai fini della deducibilità dei costi, dell’inerenza all’attività d’impresa esercitata;
-in terzo luogo, ha richiamato acriticamente ‘le motivazioni addotte dal giudice penale’, siccome apoditticamente ritenute ‘pienamente condivisibili’, senza considerare che, a tenore dello stesso breve passaggio motivazionale della sentenza penale riportato nella sentenza impugnata, il giudice penale si esprime in termini di ‘compatibilità’ dell”attività prestata al COGNOME‘ con i codici di registrazione della partita IVA del RAGIONE_SOCIALE (‘agricoltore e faRAGIONE_SOCIALEme’): in disparte la considerazione della presa in considerazione della sola ‘attività svolta dal RAGIONE_SOCIALE‘ – a fronte di un complesso indiziario ben più nutrito che, invece, come detto, assume piena rilevanza nel giudizio tributario -la sola ‘compatibilità’, sufficiente all’assoluzione in sede penale in forza del canone dell”oltre ogni ragionevole dubbio’ (art. 530 cod. proc. civ.), non è affatto decisivo in sede tributaria, dove incombe sull’utilizzatore RAGIONE_SOCIALE fatture la prova di esistenza e, oltre, inerenza RAGIONE_SOCIALE prestazioni.
Conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 13 febbraio 2024.