Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22490 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22490 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 7500/2023 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa d all’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania n. 6557/12/2022, depositata il 7.10.2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Salerno accoglieva il ricorso proposto dalla contribuente avverso l’avviso di accertamento, relativo ad imposte dirette e Iva, per l’anno di imposta 2013, notificatole a seguito ripresa a tassazione di costi relativi a fatture per operazioni ritenute oggettivamente
Oggetto: Tributi -Fatture per operazioni oggettivamente inesistenti
inesistenti, emesse dall’impresa individuale emittente, Just for you di Vitolo Romano;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania rigettava l’appello dell ‘Agenzia delle entrate osservando, per quanto qui rileva, che non era stato debitamente soddisfatto l’onere della prova incombente sull’Ufficio, posto che ‘ l’esistenza dei pagamenti effettuati dalla società appellata, la relazione tecnica qualificante il lavoro svolto prevalentemente da remoto dalla società RAGIONE_SOCIALE, l’assenza di prova di un collegamento tra i continui prelevamenti di somme e l’attività in contestazione considerato che non vi è prova di comportamenti restitutori, lascia propendere per il mancato raggiungimento della prova da parte dell’Amministrazione della consapevolezza della società appellata circa la condotta della società RAGIONE_SOCIALE‘ , precisando che ‘ nessun elemento di senso contrario risulta essere stato acquisito al processo con le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza’;
-l ‘Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
RAGIONE_SOCIALE rimaneva intimata.
CONSIDERATO CHE
Preliminarmente va disattesa la richiesta di trattazione congiunta del presente procedimento con quelli iscritti ai nn. 31381/2021 e 8432/2022, non sussistendo ragione alcuna di opportunità o di economicità che può consigliare il differimento del presente procedimento, già pronto per la decisione;
ciò posto, con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 111, comma 6, Cost., 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ., 118 Disp. att. cod. proc. civ., 1, comma 2, 36, comma 2, nn. 2 e 4,
53 e 54 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., in quanto la sentenza impugnata presenta una motivazione meramente apparente, contraddittoria e perplessa, così da rendere incomprensibile l’iter logico – giuridico seguito dai giudici di appello per pervenire alla decisione;
il motivo è infondato;
come hanno sottolineato le Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 7.04.2014), l’anomalia motivazionale denunciabile in Cassazione è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
-deve trattarsi, dunque, di un’anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, ma anche nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili o nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, non essendo più ammissibili mere censure di contraddittorietà ed insufficienza motivazionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017);
solo in tali casi la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo” , in quanto, benché graficamente esistente, non rende percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. 3.11.2016, n. 22232);
la sentenza impugnata non è affetta da tale grave vizio, in quanto presenta una motivazione che, a prescindere dalla sua correttezza o meno, palesa l’ iter logico seguito dai giudici di appello, che hanno
indicato gli elementi in base ai quali hanno ritenuto illegittima la pretesa;
-le argomentazioni svolte esplicitano, quindi, le ragioni della decisione, per cui eventuali profili di insufficienza della motivazione, anche se sussistenti, non la viziano in modo così radicale da renderla meramente apparente, dovendosi ritenere che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (Cass. Sez. U. 7.04.2014, n. 8053);
con il secondo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 19, 21, 54 e 55 del d.P.R. n. 633/72, 39, comma 2, lett. d) d.P.R. n. 600/1973, 109 TUIR (d.P.R. n. 917/1986), 2697, 2727 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. , per avere la CTR escluso la sussistenza di operazioni oggettivamente inesistenti applicando erroneamente i richiamati principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, dando rilievo alla regolarità formale delle scritture e dei pagamenti e non considerando gli elementi forniti dall’Ufficio, quali la verosimile retrocessione alla società contribuente delle somme dalla stessa pagate a Vitolo Romano, desumibile dai prelievi in contanti , effettuati da quest’ultimo senza alcuna giustificazione in corrispondenza degli incassi degli assegni e/o dei bonifici bancari relativi alle fatture contestate, l ‘omessa dichiarazione d e i redditi e l’assenza di rilevanti elementi di spesa o di investimento da parte dello stesso Vitolo; la circostanza che il COGNOME non ha mai assunto alcun dipendente e non ha mai presentato il Modello 770, non ha mai avuto una struttura operativa presso la sede ; l’entità delle prestazioni fornite era ingiustificata, in mancanza di una struttura aziendale di produzione e di una concreta attività economica; a fronte di tali circostanze la contribuente si è limitata ad esibire mail da cui erano desumibili solo offerte generiche, senza produrre i relativi contratti con una chiara indicazione della
natura delle prestazioni (descritte come generiche attività di consulenza) e dei compensi pattuiti ; rileva, inoltre, che l’aspetto soggettivo (consapevolezza del cessionario) non ha alcun rilievo nel caso in esame, trattandosi di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti;
il motivo è fondato;
questa Corte ha più volte affermato, con riferimento alla questione della deducibilità dei costi e della detraibilità dell’IVA, che, nel caso di fatture per operazioni inesistenti, una volta assolta da parte dell’Amministrazione finanziaria la prova, anche mediante elementi indiziari, dell’oggettiva inesistenza delle operazioni, spetta al contribuente dimostrarne l’effettiva esistenza, senza che, tuttavia, sia sufficiente a tal fine l’esibizione della fattura, né la dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento adoperati, i quali vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia ( ex plurimis , Cass. 19.10.2018, n. 26453);
-più precisamente, l’onere posto a carico dell’Amministrazione finanziaria può ritenersi assolto, ‘ qualora siano forniti validi elementi che, alla stregua dell’art. 39, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 600/1973, e dell’art. art. 54, comma 2, d.P.R. n. 633/1972, possono anche assumere la consistenza di attendibili indizi, per affermare che le fatture sono state emesse per operazioni fittizie, ovvero che dimostrino in modo certo e diretto la inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero la inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione’ (Cass. 18.10.2021, n. 28628). Il giudice di merito, solo dopo avere valutato gli elementi presuntivi forniti dall’Ufficio, sia singolarmente che complessivamente, ritenendoli dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, potrà esaminare l’eventuale
prova contraria offerta dal contribuente, verificando se la stessa sia idonea a scalfire il quadro probatorio posto alla base dell’atto impositivo;
la CTR non ha seguito i principi sopra indicati, limitandosi a procedere ad un esame parcellizzato dei vari elementi indiziari, posti dall’Ufficio a fondamento dell’inesistenza delle operazioni contestate, fra i quali erano stati indicati i prelievi in contanti, effettuati dal COGNOME senza alcuna giustificazione in corrispondenza degli incassi degli assegni e/o dei bonifici bancari relativi alle fatture contestate (sintomatici, proprio per la vicinanza temporale con gli incassi, della verosimile retrocessione alla società contribuente delle somme dalla stessa corrisposte al Vitolo), la mancanza di una sede operativa e di dipendenti da parte dell’impresa emittente , la mancata dichiarazione di redditi da parte della medesima;
i giudici di appello non hanno, quindi, considerato tali elementi anche in modo unitario ed, anzi, li hanno valutati solo al fine di escludere la prova della ‘consapevolezza della società appellata circa la condotta della società RAGIONE_SOCIALE , sebbene la contestazione riguardasse operazioni oggettivamente inesistenti, in ordine alle quali l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare che l’operazione non è stata mai posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in via indiziaria o presuntiva, ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo ( ex multis , Cass. n. 28628 del 2021);
in conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania per nuovo
esame e per la liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata, in ordine al motivo accolto, e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 28 maggio 2025.