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Fatture inesistenti: onere della prova per il Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha chiarito i principi sull’onere della prova in caso di contestazione di fatture inesistenti. Se l’Amministrazione Finanziaria fornisce indizi gravi, precisi e concordanti sulla fittizietà delle operazioni, spetta al contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle stesse. La Corte ha inoltre ribadito l’indeducibilità delle sanzioni tributarie e dei relativi interessi passivi, e i criteri per la motivazione degli avvisi di accertamento.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Fatture Inesistenti: la Cassazione chiarisce l’Onere della Prova

La gestione dei costi e la corretta documentazione fiscale sono al centro della vita di ogni impresa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di fatture inesistenti, con particolare riguardo alla ripartizione dell’onere della prova tra Amministrazione Finanziaria e contribuente. Comprendere queste regole è essenziale per evitare pesanti contestazioni fiscali.

Il Caso: Accertamento Fiscale per Costi Indebiti

Una società a responsabilità limitata si era vista notificare un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava l’indebita deduzione di costi e detrazione IVA per l’anno 2010. Le contestazioni si basavano su tre pilastri:

1. Operazioni oggettivamente inesistenti: utilizzo di fatture emesse da due diverse società fornitrici per servizi e beni mai ricevuti.
2. Costi non inerenti: acquisto di autoricambi documentato da fatture che non specificavano il veicolo aziendale a cui erano destinati.
3. Costi indeducibili: deduzione di sanzioni e interessi passivi derivanti da precedenti cartelle di pagamento.

Inizialmente, la Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione alla società, annullando l’accertamento per vizi procedurali e di merito. L’Amministrazione Finanziaria, tuttavia, ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sull’Onere della Prova per Fatture Inesistenti

La Suprema Corte ha accolto gran parte dei motivi di ricorso dell’Agenzia, cassando la sentenza regionale e rinviando la causa a un nuovo esame. Il cuore della decisione riguarda proprio l’onere della prova in caso di fatture inesistenti.

I giudici hanno riaffermato un principio consolidato: l’Amministrazione Finanziaria può assolvere al proprio onere probatorio anche tramite presunzioni semplici, purché siano gravi, precise e concordanti. Nel caso di specie, l’Agenzia aveva fornito diversi elementi indiziari, come la cessazione dell’attività di un fornitore prima dell’emissione delle fatture e la mancanza di una struttura organizzativa adeguata da parte dell’altro.

Una volta che il Fisco ha presentato un quadro indiziario solido, la palla passa al contribuente. Spetta a quest’ultimo, infatti, fornire la prova contraria, dimostrando l’effettiva esistenza delle operazioni commerciali contestate. La Corte ha chiarito che non è sufficiente esibire la fattura o la prova del pagamento (come un assegno), poiché questi elementi sono spesso utilizzati proprio per dare un’apparenza di realtà a operazioni fittizie.

Altri Principi Affermati: Motivazione e Inerenza dei Costi

L’ordinanza ha toccato anche altri punti cruciali per il contenzioso tributario:

Motivazione dell’accertamento: È legittima la motivazione per relationem*, ovvero tramite rinvio a un Processo Verbale di Constatazione (PVC) della Guardia di Finanza, a condizione che tale verbale sia stato consegnato o sia comunque a disposizione del contribuente.
* Inerenza dei costi: Per i costi relativi all’acquisto di autoricambi, spetta sempre al contribuente dimostrare la loro correlazione con l’attività d’impresa, ad esempio provando a quali mezzi aziendali erano destinati.
* Indeducibilità di sanzioni e interessi: Le sanzioni per illeciti tributari non sono mai un costo deducibile, poiché non sono funzionali alla produzione di reddito. La Corte ha esteso questo principio anche agli interessi passivi collegati a tali sanzioni, in quanto ne seguono la natura accessoria e punitiva.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base del principio di ripartizione dell’onere probatorio sancito dall’art. 2697 del Codice Civile. In materia tributaria, l’Amministrazione deve provare i fatti costitutivi della pretesa fiscale, mentre il contribuente deve provare i fatti che estinguono o modificano tale pretesa, come l’effettività dei costi portati in deduzione. Per le operazioni inesistenti, una volta che il quadro indiziario del Fisco è robusto, l’onere del contribuente si intensifica: deve superare le presunzioni con prove concrete e oggettive dell’avvenuta prestazione o cessione. La Corte ha ritenuto che la decisione regionale avesse errato nell’invertire questo onere, addossando all’Amministrazione una prova ulteriore (come la malafede del contribuente) non richiesta dalla legge quando l’inesistenza è oggettiva.

Conclusioni: Implicazioni per le Imprese

Questa ordinanza serve da monito per tutte le imprese sulla necessità di una gestione documentale rigorosa e trasparente. Non basta pagare una fattura per garantirsi la deducibilità del costo; è fondamentale essere in grado di dimostrare, in caso di controllo, che a quel documento corrisponde una reale e inerente operazione economica. Per le aziende, ciò significa conservare non solo le fatture, ma anche documenti di trasporto, contratti, corrispondenza e qualsiasi altro elemento utile a provare la concretezza delle transazioni con i propri fornitori. Ignorare questi principi espone al rischio di vedersi contestare costi e recuperare imposte, sanzioni e interessi.

A chi spetta l’onere della prova in caso di contestazione di fatture inesistenti?
Inizialmente, l’onere spetta all’Amministrazione Finanziaria, che deve fornire indizi gravi, precisi e concordanti sull’inesistenza dell’operazione. Una volta forniti questi indizi, l’onere si sposta sul contribuente, che deve dimostrare con prove concrete l’effettiva realizzazione dell’operazione fatturata.

È sufficiente dimostrare di aver pagato una fattura per dedurne il costo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola esibizione della fattura e della prova del pagamento non è sufficiente a dimostrare l’esistenza dell’operazione, poiché questi elementi vengono di regola utilizzati proprio per simulare operazioni fittizie.

Le sanzioni e gli interessi passivi derivanti da cartelle di pagamento sono costi deducibili?
No. La Corte ha ribadito che le sanzioni tributarie non sono mai deducibili dal reddito d’impresa. Questo principio di indeducibilità si estende anche agli interessi collegati a tali sanzioni, data la loro natura accessoria e sanzionatoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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